Io e la Vale

di
genere
tradimenti

Prologo

Il momento preciso in cui la mia vita ha subito quello che i manuali di psicologia chiamerebbero shift epistemologico – un cambiamento radicale, tanto per essere chiari, nella percezione del mondo o di te stesso, o più probabilmente di entrambi – è stato quel giorno in cui mio marito mi ha confessato quel suo desiderio perverso di vedermi con un altro uomo. Una fantasia insistente e cristallina che aveva coltivato come una pianta carnivora a cui dai da mangiare non perché ti piace ma perché ti inquieta.

Ora ditemi: quale tipo di donna non vorrebbe un compagno di vita che la ama esattamente per quello che è, con i suoi difetti, le sue bizzarrie, le sue debolezze, i suoi complessi? Che la stimi a tal punto da concederle la libertà di esprimere sé stessa come meglio crede, e con una tale assenza di barriere che potrebbe essere percepita, e qui sta il problema, non tanto come libertà quanto come un abisso infinito in cui puoi precipitare, se non sai come gestirla?

Vi siete mai chiesti cosa significhi gestire la libertà? La risposta è che non esiste una risposta semplice. La libertà, come tante altre cose nella vita (tipo i desideri perversi di tuo marito), è un concetto che tende a sgretolarsi quanto più tenti di afferrarlo.)

Io mi considero una donna fortunata. Perché oltre ad avere un marito assertivo, ho una persona con cui posso confidarmi. Permettete: oggi vi voglio parlare della mia amica Vale.

1.

“Oh, Vale, hai sentito dell’ultimo pasticcio di Laura?"
"..."
"L’hanno vista con il migliore amico di suo marito.”
“Ah. Non è che mi stupisca, Arianna. L’infedeltà oggi è più comune dei selfie.”
“A me sembra che tradire il partner sia un po’ come tradire l’idea stessa di impegno.”
“Impegno? Ma dai, chi ha tempo per queste cose? In un mondo dove tutto è ‘usa e getta’, la fedeltà è solo un bel nome per una gabbia.”
“Una gabbia? Non sarebbe meglio avere qualcuno su cui puoi contare e che ti rispetta? Cambiare partner come se fossero scarpe mi sembra un po' eccessivo.”
“Se il tuo partner è più noioso di una partita a Risiko, perché non cambiare canale? È come cambiare col telecomando quando il programma fa schifo.”
“Io penso che ci debba essere qualcosa di più profondo in una relazione. Ma forse sono solo una romantica fuori tempo Davide.”
“O forse stai cercando di tenere in vita un modello che è già obsoleto. La vita è troppo corta per non divertirsi un po’, no?”
“A proposito, Vale, sai cosa mi ha confessato mio marito?”

Valentina e io siamo amiche da sempre, da quando eravamo ragazzine. Conosciamo ogni segreto l’una dell’altra, e non è mai stato un mistero che lei non avesse mai preso il matrimonio sul serio. L’idea di essere fedele le appare quasi comica, un vincolo da infrangere, un limite da oltrepassare senza remore.
Non c’è tradimento che non abbia già messo in scena. Suo marito? Un burattino inconsapevole, con la testa cinta di corna così grandi che non so come fa a passare dalle porte di casa. Lei? Sempre pronta a fare una nuova conquista, non fa altro che saltare da un’avventura all’altra, come se fosse in una continua sfida contro la noia.

C'era stata quella volta in particolare di cui voglio raccontarvi.
“Ehm Arianna, ti volevo chiedere... Domani mattina tuo marito lavora?”
“Come tutte le mattine.”
“Mi presti casa tua?”
“Ma sei fuori? E per quale motivo? Hai intenzione di fare una festa privata?”
“Esattamente. Solo che il ‘privato’ è un po’ più… intimo.”
”…”
“Solo un favore dai...”
"..."
“Tu potresti assistere!”
“Ossia? Vuoi che ti faccia da pubblico mentre il tuo ragazzone di turno ti scopa?”
“Se ti va, puoi pure prendere appunti e commentare. Ci scrivi una delle tue storie, dai!”
Avevo tentato di oppormi, ma Vale è una forza della natura, capace di piegarti al suo volere con la sola potenza della sua sfacciataggine.
E così, quella volta, non solo l'avevo lasciata usare casa mia per il suo incontro, ma, peggio ancora, mi aveva convinta a restare e a guardare.
“Dai, sarà divertente,” aveva detto, con la stessa naturalezza con cui mi avrebbe chiesto di uscire per un caffè.

Quella mattina, presto, Valentina si presentò a casa mia con la sua macchina, frizzante e allegra come sempre. Io ero ancora mezza addormentata, ma lei non perse tempo.
“Andiamo,” disse, e io mi infilai in macchina, senza neanche sapere bene cosa mi aspettasse. Ci dirigemmo verso la palestra, quel posto dove passavamo un’ora a illuderci che stessimo migliorando, che stessimo scolpendo i nostri corpi, quando in realtà non facevamo altro che sfogare la frustrazione della vita coniugale in esercizi meccanici e ripetitivi.
Lì ci aspettava Gabriele, il suo personal trainer, un ragazzo giovane, sui vent'anni, il tipo che una come Valentina avrebbe potuto divorare in un boccone senza nemmeno fare un rutto. Era bruno, in forma, con quel sorriso malizioso stampato in faccia, come se sapesse esattamente il potere che aveva sulle donne che seguiva. Non era magro, ma neanche troppo muscoloso, una via di mezzo perfetta, un corpo che suggeriva piacere senza risultare minaccioso. L’allenamento durò circa un’ora. Vale si era impegnata come mai la vedevo fare: flessioni, pesi, addominali, con una dedizione che non le avevo mai visto nemmeno quando andavamo a fare shopping con la carta di credito dei nostri mariti.

Alla fine, Gabriele ci elogiò, quasi con un tono paternalistico, come se fossimo due bambine diligenti. Ci propose una centrifuga al bar della palestra e lì, sotto il mio naso, organizzarono tutto. Non c’era stato bisogno di parole esplicite, bastavano gli sguardi, i sorrisi, i movimenti sottili che tradivano un’intesa che si era già formata senza che me ne accorgessi. Il gioco era fatto prima ancora che potessi rendermene conto.
Quando andammo in bagno, Valentina mi prese da parte.
"Tu aspetta qui, io vado a casa tua, ti mando un messaggio quando è il momento,” disse, guardandomi attraverso lo specchio, “rimani lì, e ti godi lo spettacolo dal vivo.”
Stavo per dirle che no, che non avevo intenzione di partecipare a quell’assurdità, ma lei continuò a parlare come se non avesse sentito una parola delle mie obiezioni. La frana Valentina si era già innestata, stava rotolando a valle e io non potevo fermarla.
Con un misto di disgusto e curiosità, cedetti. Le diedi le chiavi di casa, come una sciocca, e attesi al bar il messaggio che mi avrebbe invitato a tornare. Tornare a casa mia, alla mia vita, per assistere alla sua scopata...

Nemmeno trenta minuti, squillò il telefono e Valentina, con la sua solita leggerezza, mi disse che tutto era pronto, che potevo assistere allo spettacolo. Ero lì, con il cellulare ancora in mano, e in una frazione di secondo decisi di seguire questo assurdo copione. Presi un taxi e mi diressi verso casa, tra la sensazione di star facendo qualcosa di completamente sbagliato e quella di attraversare una soglia che non avevo mai immaginato di varcare.
Quando arrivai, la porta è già aperta. Non c'era bisogno di bussare, tutto era preparato per il mio ingresso furtivo. Entrai in casa con una calma apparente, dentro di me sentivo la tensione montare. Come un rituale, per entrare in questo nuovo mondo di voyeurismo assurdo e perverso, mi tolsi le scarpe da ginnastica e camminai in punta di piedi, cercando di non fare rumore, come se mi stessi addentrando in un tempio sacro.
Appena arrivai nel soggiorno, sentii gli inequivocabili gemiti. Forti, intensi, senza alcun tentativo di moderazione. Vale non si tratteneva, e nemmeno Gabriele, il personal trainer che, per la differenza d’età, avrebbe potuto benissimo essere suo figlio. Mi nascosi dietro la colonna, proprio nel punto in cui la stanza forma un angolo a “L” che mi permetteva di avere una visuale perfetta senza essere vista.
La stanza era il l'impeccabile riflesso dei miei gusti: il mio divano Roche Bobois, il mio quadro di Kathleen Goncharov, finalmente appeso alla parete, e la libreria che ospitava i miei amati postmoderni: Foster Wallace, Pynchon, Gaddis, Barth. Ma a dominare la scena, in modo colorato, erano i loro corpi nudi, che sembravano prendere il posto di ogni altro elemento d’arredo.

Gabriele era tra le gambe della Vale, sudato, concentrato, spietato. La mia amica teneva le gambe sollevate, le ginocchia piegate, la postura di chi è abituata a questo tipo di ginnastica, anche se stavolta non si trattava di esercizi di stretching o pilates. Gabriele spingeva, forte, profondamente, con una ferocia quasi animalesca, come se volesse scavare dentro di lei, come se il corpo della donna fosse una sorta di ostacolo da abbattere, una resistenza fisica da superare. E Valentina? La Vale urlava. Ma non erano semplici gemiti, non è il tipo di suono che ti aspetti in una scena di sesso normale. No, erano urla quasi isteriche, frenetiche, come se stesse rincorrendo una scarica elettrica di estasi che rischiava di far saltare il contatore, come se ogni spinta di Gabriele la frantumasse e la riassemblasse in un lampo di dolore e delirio.

Le loro figure si muovevano come in un ritmo meccanico, implacabile. Lui colpiva, lei rispondeva, e il ciclo si ripeteva all’infinito, la macchina ben oliata di due corpi nati per fare sesso, che sanno esattamente come funzionare. Ma c’era qualcosa di surreale in tutto questo, qualcosa di slegato dalla realtà, come se la scena fosse distorta, come se fossi finita in un’altra dimensione dove tutto è amplificato, dove ogni respiro, ogni gemito, ogni movimento del loro corpo nudo si trasforma in un atto di violenza coreografata. Loro lo sapevano! Avevano allestito lo spettacolo sapendo che avrebbero avuto un pubblico.

Spinta da una tensione sessuale accumulata da anni di sesso benedeucato con lo stesso uomo, persi il controllo. La mia mano iniziò a muoversi da sola, è scivolò giù, oltre il bordo dei leggings, finché non trovò quel punto di calore, quella fessura umida e invitante che sembrava supplicare un minimo di attenzione. E io, come se rispondessi a un richiamo irresistibile, iniziai a soddisfare la sua richiesta. Le dita erano delicate, esitanti all'inizio, ma non ci volle molto perché trovassero il ritmo, la sincronia con quello che stava accadendo dall’altra parte della colonna.
Le sensazioni si fecero sempre più intense, ogni fibra percorsa da un brivido, un’esplosione di variazioni da un caldo avvolgente a un freddo elettrizzante. Le labbra, morbide e bagnate, risposero con una reazione immediata, accogliendo e adattandosi ai miei movimenti con un’armonia che sembrava musicale.
La clitoride, nascosta sotto il cappuccio, si rivelò una sorgente di stimoli esplosivi, un punto focale di piacere che amplificava ogni contatto. Le sensazioni si intrecciarono e si moltiplicarono, creando un mosaico di piacere sconvolgente e irresistibile. Un fuoco che brucia lentamente, ma che ebbe il potere di incendiarmi completamente.
E poi arrivò. La prima scarica elettrica che mi attraversò il corpo come un fulmine, costringendomi a trattenere il respiro, a mordermi il labbro inferiore per non urlare, per non denunciare la mia presenza in quella scena voyeuristica, in quel teatro perverso in cui mi ero inconsapevolmente ritrovata a giocare il ruolo di spettatrice segreta. Ma quel primo orgasmo non fu l’unico. Ne seguirono altri, uno dopo l'altro. Non avevo mai provato un piacere così intenso in solitaria, mai. Non avevo bisogno di nessuno. Solo il mio sguardo su di loro, il corpo di Gabriele che colpiva la Vale con la precisione di una macchina, il modo in cui le loro figure si contorcevano e si flettevano; tutto era collegato in un unico circuito, una sinergia perfetta tra me e loro. Stavo lì, nascosta, godendo tanto quanto loro.

Seguendo un copione scritto appositamente per loro da qualche dio del sesso, cambiarono posizione. Gabriele si mosse con una fluidità atletica, passò dal classico missionario alla pecorina, e Valentina si piegò in avanti, come se fosse programmata per riceverlo in quella nuova configurazione. E quando pensavo che il ritmo non potesse intensificarsi, Vale cambiò ancora. Salì sopra di lui, cavalcandolo come una donna che sa esattamente cosa vuole e come ottenerlo, come una regina che si appropria del suo trono. Gabriele la afferrò per la vita, con la forza di un uomo deciso a imporsi, e spinse il suo strumento con precisione brutale, profondamente dentro di lei, fino al momento finale, quando il suo corpo si irrigidì, e tutto culminò in un’esplosione che sembrava più il grido per battaglia vinta che un semplice atto sessuale.

Il momento in cui Gabriele spruzzò dentro la mia amica scatenò il mio punto di rottura. Potevo quasi sentirlo, come se quella scarica mi attraversasse. La Vale tremava, piegata sopra di lui, completamente esausta, il suo corpo inzuppato, sconfitto dal piacere, il volto trasfigurato in un'espressione che oscillava tra la soddisfazione estrema e l'abbandono totale. E io, ancora nascosta, ancora silenziosa, con il cuore che martellava nel petto, sapevo di aver partecipato a tutto questo in un modo che non avrei mai immaginato, senza mai muovermi dal mio angolo ombroso.

2.

Non ero esattamente soddisfatta, anzi direi piuttosto disturbata, dal modo in cui Valentina reagì quando, con un certo sforzo - e fatica, mentale, fisica, psicologica, prendete voi la vostra preferita - le ho confidato non solo la mia irremovibile fedeltà, ma anche la perversa richiesta di mio marito, cioè di vedermi (sì, proprio me!) fare sesso con un altro uomo. E non da sola, bensì davanti a suoi occhi! Questa roba che ai filosofi potrebbe sembrare solo una questione di punti di vista, o agli psichiatri un caso da manuale di proiezioni e sublimazioni, a me suonava solo come un immenso, insormontabile NO.

E lei – Vale, dico – che fa? Prima coglie l’onda della mia irritazione, se ne accorge (perché non si può non accorgersene quando una donna inizia a mordicchiarsi le unghie con la furia di chi sta combattendo una battaglia interiore), poi, come se fosse lì per venderti una polizza vita, mi snocciola un intero campionario di storie, tipo: "Oh, conosco tantissime coppie, sai, che con queste avventure (termine vago, volutamente) hanno ritrovato una vitalità che neanche ai tempi delle prime lune di miele," e io lì a fissarla, cercando di non pensare alla follia di tutto questo discorso.
"Ravvivare il rapporto," diceva, come se stesse parlando di dare una mano di vernice a una vecchia casa piuttosto che di… beh, sì, il termine giusto è incornare mio marito. Solo che, in questo caso, l'incornamento sarebbe avvenuto con suo pieno consenso. Cosa che, ironicamente, lo rendeva ancora più strano, se possibile.

“Dimmi un attore che ti piace tanto.”
“Mmmm, che ne so, Matthew McConaughey da giovane, o Michael Fassbender.”
“Ok, Arianna. Adesso immagina di capitare per sbaglio in una stanza con Michael che si masturba come in Shame…”
“Oh, mio dio, Vale. Non credo che potrei gestire una cosa del genere.”
“Cosa faresti?”
”…”
“E’ lì, nudo, col suo uccello in mano, e quando ti vede entrare gli si illuminano gli occhi…”
”Ma Vale!"
“Non lo aiuteresti a portare a termine l’opera?”
Senza preavviso, la mia amica iniziò a sbottonarmi i pantaloni, con uno sguardo che diceva tutto. Le sue dita si insinuarono, trovando la mia vulva, che, devo ammettere, stava sgocciolando, letteralmente.
“Guarda come sei, cazzo,” ha detto lei, in tono accusatorio ma eccitato allo stesso tempo. “Calda e bagnata come una piccola puttana, e ancora dici che ci devi pensare?”
E lì, in quel momento, con la sua mano che scandagliava la mia figa, ho capito che il mio controllo se n’era andato in vacanza senza lasciare un recapito.

La bravura di Valentina non ha tardò a produrre risultati stupefacenti: non ci è volle molto perché il mio corpo iniziasse a rispondere, in modo automatico. Mi sentivo intrappolata in questa rete di piacere che vibrava attraverso ogni fibra del mio essere, e tutto questo ha un effetto strano, perché mentre succede senti che stai perdendo ogni tipo di controllo razionale, ma c’è una parte della tua mente, quella che non può spegnersi, che continua a osservare tutto, come se stesse prendendo appunti per una futura discussione filosofica sui meccanismi del piacere.

Ad un certo punto mi sentii gemere, e non quei piccoli gemiti controllati che fai quando vuoi sembrare sexy, ma un tipo di gemito animale, crudo, incontrollato, il genere di suono che il tuo corpo produce quando smette di fingere di avere un'anima pensante. In mezzo a tutto questo, mi ritrovai a balbettare suppliche.
“Ancora! Ancora! Ti prego non fermati!”
“Lasciati andare, amica mia, accogli il piacere.”
“Ancora, Vale, non fermarti!”
La cosa assurda, e qui devo ammettere che è stato un pensiero fugace, ma molto presente, è che la mia mente non capiva perché la stessi implorando. Cioè, c'era una parte di me che stava godendo, certo, ma c’era anche quella piccola, fastidiosa voce interiore che non faceva altro che interrogarsi su cosa stesse veramente accadendo, come se tutto ciò fosse uno strano gioco di potere che sfuggiva alla mia comprensione.
Il volto di Valentina, quando ci siamo scambiate quello sguardo breve, ma carico di significati, esprimeva un piacere particolare, quasi sadico, o forse solo profondamente soddisfatto, come se stesse ottenendo qualcosa che andava oltre il semplice piacere fisico. E la parte peggiore è che, in quel momento, non riuscivo a comprendere se quel piacere che vedevo nel suo sguardo fosse collegato al potere che esercitava su di me o a qualcosa di più profondo, qualcosa di molto più intimo e allo stesso tempo totalmente incomprensibile.

E poi, ovviamente, siamo arrivati al punto in cui ero completamente nuda – e questa parte andrebbe spiegata, perché non si trattava solo di nudità fisica, ma di una sorta di denudamento psicologico, come se ogni strato di difesa che avevo costruito fino a quel momento fosse stato eliminato in un istante. E mentre Vale continuava a usare le dita, e poi la bocca, con quella sua “lingua birichina” (permettetemi di cadere nel cliché chiamandola così), sentivo i miei capezzoli sottoposti a un’attenzione quasi esagerata, come se fossero diventati il centro del suo universo sensoriale. Fu proprio in quel momento che la mia mente, finalmente, si ritirò dalla scena con un biglietto per l’uscita di emergenza, stanca di tutta quella carneficina emotiva

Finimmo nel letto. Cioè, non che ci fossi già, nel letto, ma il passaggio fu talmente naturale che nemmeno me ne accorsi. E lì, Valentina ha fatto quella cosa che gli uomini pensano di saper fare “bene” (uomini, prendete un’insegnante, leggete Cosmopolitan, cercate un tutorial su YouTube, che io non ne ho trovato uno, dico uno, uno solo, che me lo avesse fatto la metà di “bene”): ha seppellito il suo viso tra le mie gambe, e senza più un minimo di lucidità, il mio corpo decise di tradirmi completamente e andare per conto suo. Leccava, mordicchiava, e c’era qualcosa di assurdo, perché ogni volta che pensavo che non potesse peggiorare (o migliorare, dipende dai punti di vista), lei riusciva a trovare un altro modo per spingermi oltre i limiti di ciò che pensavo fosse possibile provare. È stato come se il mio corpo stesse esplodendo, letteralmente, in una serie di spasmi violenti e irrefrenabili.

E sì, è vero, non avevo mai provato nulla di simile, nemmeno nei primi anni del mio matrimonio. Ma qui la questione è che non si trattava solo di un'esperienza fisica. Si trattava di quel miscuglio di confusione, piacere e terrore che mi stava attraversando. Valentina non sembrava avere intenzione di fermarsi e mi ritrovai a essere trascinata in questo vortice di sensazioni, completamente imbrattata (e non solo in senso fisico) dalla sua lingua, dalle sue dita, e dal suo insaziabile desiderio di trasformarmi nel suo piccolo giocattolo privato.

“Dimmi, dimmi…, dimmi che sei una puttanella depravata…, dimmi!”, mi sussurrò all'orecchio con un'insistenza insidiosa e un tono di voce rauco esasperante, “Parla, voglio sentire!”
“Argh! Ahnn! …, sono…, sono…, sono una troietta…, Ahhh! Una piccola puttana depravata! …, Ahhh!” risposi alle insistenze, balbettando le parole intervallate da gemiti e urla isteriche.

Non appena sentì dire esattamente quello che voleva sentirsi dire, Valentina, con la sua abilità di passare da zero a cento in meno di un secondo, come una macchina sportiva senza freni emotivi, andò fuori giri. Si lanciò con una tale foga che tutto il mio corpo reagì in maniera quasi pavloviana, sentii quattro delle sue dita infilarsi così in profondità dentro di me che sembrava stessero cercando di scavare fino alla mia anima, e poi c’era la sua bocca, un’energia infinita che sembrava completamente scollegata dalle leggi della fisica. E sì, era quel tipo di manipolazione – lo dico con una punta di distacco, ma so che il distacco non rende giustizia alla verità dell’esperienza, che a conti fatti sarebbe intraducibile a parole – che mi ha portato a sperimentare qualcosa di cui, fino a quel momento, avevo solo letto, o sentito parlare come di un mito urbano, una leggenda del corpo femminile.

Alla fine ci siamo ritrovate entrambe, sudate ed esauste, sdraiate su lenzuola inzuppate non solo di sudore, ma di una quantità sorprendente di fluidi corporei – e qui devo dire che, in un certo senso, la mia mente è tornata dalla sua gita fuori porta e ha iniziato a osservare il tutto dall'alto, quasi come se stesse catalogando i fatti, come se io fossi un personaggio di un racconto che qualcun altro stava scrivendo, e tutto questo era parte di una narrativa più ampia che ancora non capivo del tutto.
Valentina, che, tra parentesi, aveva avuto il suo momento di piacere estremo, anche se non ho idea di come o quando sia successo esattamente, visto che ero troppo occupata a cercare di non svenire sotto le sue manovre, si distese accanto a me con un’espressione di assoluta serenità. E ci fu un momento in cui capii che, in qualche modo, eravamo entrambe cambiate. Non solamente io, ma anche lei. La nostra amicizia. Non sapevo esattamente come, o in che direzione, ma sapevo che non sarebbe più stata come prima.

Poi c’è stata la doccia – ed ecco il punto, perché la doccia assieme, che di per sé dovrebbe essere un momento di purificazione, non ha fatto altro che mescolare ulteriormente le mie emozioni, l'acqua che scorreva sul mio corpo mi ricordava quello che era appena successo.
“Cederai alla proposta di tuo marito?”, disse Valentina, nel suo solito stile pragmatico e diretto, con una voce che oscillava tra il serio e il giocoso,
“Non trovi assurdo che una donna nuda sotto la doccia, dopo aver appena fatto sesso con un'amica, si metta a parlare di suo marito?”
“Dai, Arianna, so che ci hai pensato.”
“No, non credo di essere pronta a un’esperienza extraconiugale,” dissi.
“E quello che è appena successo tra noi cos’altro è?”
Aveva ragione.
“E se fosse uno come Fassbender?” insistette la mia amica.
“Forse, forse, forse, e sottolineo forse,” aggiunsi “potrei essere pronta a un’esperienza extraconiugale, ma senza mio marito che mi guardi.”
“E se ci fossi io, ad aiutarti?”
“Forse, forse, forse, e sottolineo forse, con uno sconosciuto che dopo non rivedrei mai più.”
Valentina, naturalmente, che non ha ancora imparato che tra il bianco e nero esistono diverse sfumature di grigio. prese la mia risposta come una conferma entusiasta, saltellando euforica sotto l'acqua, come se fosse stata lei a ricevere un grande dono. Il suo volto si illuminò di una gioia che era quasi infantile, una sorta di eccitazione puerile che la contraddistinguono da tutte le altre mie amiche. E disse qualcosa che mi colpì come un pugno allo stomaco, perché non era solo una battuta, era una specie di dichiarazione solenne:
“Allora il fatto è questo: venerdì pomeriggio verrai a casa mia... e ci penserò io alla tua iniziazione di donna depravata!”
E lo disse con quel suo tono che non lasciava spazio a interpretazioni, quel tipo di convinzione intransigente che può solo derivare dalla totale fiducia in se stessi e nell'ineluttabilità del proprio potere sugli altri. Cosa ancora più incredibile, mi ritrovai a fissarla con un misto di stupore e terrore, chiedendomi come diavolo fossimo arrivate a questo punto, e soprattutto come io, che fino a qualche settimana fa ero convinta di avere un matrimonio solido e una vita piuttosto ordinaria, mi ritrovassi sull'orlo di un abisso fatto di desideri incontrollabili e decisioni che avrebbero cambiato per sempre il mio modo di vedere me stessa e il mondo che mi circonda.

3.

La mattina del giorno stabilito, la Vale mi mandò mandato un messaggio contenente una serie di istruzioni tanto specifiche quanto fastidiosamente minuziose, che avrei dovuto seguire alla lettera prima di recarmi a casa sua, come se ogni dettaglio assurdo, come il colore delle mutandine o l’esatta pressione esercitata dal tacco sul pavimento mentre camminavo, fosse una componente essenziale di un misterioso rituale di preparazione che solo lei riusciva a decifrare.

Scesi dall’auto, nel parcheggio riservato ai visitatori del condominio dove viveva Valentina, percependo una sensazione di disagio crescente dovuta a uno di quegli esperimenti modaioli come il volgare microtanga, che, seppur concepiti con l’idea di migliorare l’estetica generale della silhouette femminile, almeno a detta delle riviste patinate che trovi ormai solo dalla parrucchiera, risultano in pratica qualcosa di molto simile a una forma moderna di auto-punizione; il filo si infilava in una zona poco confortevole, mentre il vestito scollato che avevo scelto (un mini Izzy nero di Michael Costello da gara di troiaggine) faceva sì che i capezzoli venissero accarezzati, direi quasi molestati dal tessuto, creando un effetto gonfiore che produceva una fastidiosa pelle d’oca su tutto il corpo.

Superata questa sensazione, incrociai uno dei portieri, un giovane visibilmente sopraffatto dal suo immaginario erotico, che, come emergeva chiaramente dal suo sguardo, per usare una metafora navale, si nutriva con eccessiva vivacità dell'idea di ‘toccare’ e ‘affondare. Sono sicura che avrebbe potuto trarre soddisfazione perfino da un mio breve cenno con la mano.
(Non è che questo fenomeno sia raro. Sì, dico proprio a te, maschio medio italiano. Spiegami perché molti degli uomini con cui interagisco (portieri, autisti, cassieri al supermercato) sembravano soggetti a questo tipo di sovraccarico sensoriale indotto da una femminilità percepita. Cosa che, in realtà, dice molto di più sulla vostra proiezione immaginativa (basata, secondo un'ipotesi piuttosto plausibile, sulla cultura pop e una massiccia esposizione a Pornhub) che non su me stessa, una comune donna come ce ne sono tante. Chiusa parentesi.)

Quando suonai il campanello, la porta si aprì immediatamente, e se io sembravo una escort in pausa pranzo, Valentina mi apparve vestita in quello che poteva essere descritto come un esperimento fallito di decenza domestica: un paio di mutandine talmente minuscole che sembravano più un simbolo concettuale di biancheria intima che un vero capo d'abbigliamento, come se la loro esistenza fosse giustificata solo dalla volontà di provocare più che da un'effettiva utilità, e una canottiera che a stento conteneva la generosa abbondanza del suo seno. Mi invitò a sedermi sul divano in pelle a del soggiorno, uno di quei divani Eicholz che sembrano progettati più per impressionare gli ospiti che per offrire vero comfort, e mi versò un bicchiere di Coma Cosmico (no, cari lettori, non voglio avervi sulla coscienza e quindi non vi spiegherò la composizione di questo cocktail, inventato da un vecchio amico d’università della Vale. Vi dirò solamente che basta una sorsata a farti lasciare il pianeta, figuriamoci un bicchiere).
"Cioè, Vale... questo coso è legalmente bevibile? Perché mi sembra più una sfida di sopravvivenza che un drink."
“Ma è per rilassarsi, no? Non vorrai mica rimanere tutta rigida e sobria in un mondo che praticamente richiede di essere filtrato con almeno tre strati di alcol?"
"Ma rilassarsi tipo viaggio interspaziale in teletrasporto, o rilassarsi tipo... mi addormento e sogno di essere una sirena?"
"Entrambi. Dipende solo da quanto in fretta lo bevi."

Questo breve dialogo mi fece ricordare che aveva in mente qualcosa di più dell'ordinare una pizza. Ed è esattamente ciò che fece subito dopo: "Ordiniamo una pizza!" annunciò con l’entusiasmo forzato di chi cerca di rendere accettabile la decisione apparentemente assurda di una pizza a metà pomeriggio. L’ho guardata digitare il numero e specificare dettagli con la meticolosità di chi stesse organizzando una transazione commerciale di una certa rilevanza. Non riuscivo a capire nulla, ma ciò non toglieva che ci fosse qualcosa di chiaramente preparatorio in tutto questo, come se Valentina avesse preordinato non solo il nostro spuntino, ma anche una sequenza di eventi che presto avrebbe rivelato la sua reale intenzione.

Mezz'ora dopo, il campanello suonò.
“Il treno è partito, indietro non si torna”, disse la Vale, palesemente alticcia, andando ad aprire la porta.
Non appena vidi il fattorino, un giovane corpulento ma stranamente attraente, con una barba curata e una maglietta che faceva evidenziare in modo sospetto il suo torace ampio e i jeans che esageravano la prominenza dell'inguine, capii che il pomeriggio stava per prendere la piega immaginata.
"Questo qui è Roberto, Vasco per gli amici, il mio fattorino preferito! E capirai subito il perché!", disse Vale con un sorriso che conteneva più significato di quanto fosse lecito aspettarsi in una frase così innocente.
“Pizza calda per... Arianna?", disse il ragazzo, sguardo da sopra la scatola, con quel sorriso che uno crede seducente ma che è più un misto tra incertezza e eccessiva autostima.
"Già. La pizza. Ovviamente. E niente più di quello, vero?", dissi, occhi puntati sui jeans troppo attillati di Vasco.
“Beh, sai... c’è molto di più nella consegna di una pizza. Tipo... passione. Dedizione. E...", sguardo intenso, cercando di far apparire la scatola della pizza come qualcosa di malizioso e proibito "...soddisfazione garantita."
Scoppiai a ridere
"Passione? Per una quattro formaggi? Seriamente, Vasco, chi ti scrive le battute? Il manuale dell'elettricista sexy?"
"Guarda che posso consegnare molto più di una pizza, se sai cosa intendo. La mia specialità è far felici le clienti... più del solito. Dille qualcosa tu, Valentina..."
"Ah, capisco. Tipo, se apro la scatola, mi trovo una sorpresa extra? Che so, un paio di candeline o... un'altra cosa da mangiare?"
"Qualcosa che non troveresti mai nel menù, te lo garantisco."

Senza aspettare altro, Valentina cominciò ad aiutare Roberto, in arte Vasco a spogliarsi, e in pochi istanti mi trovai davanti un esemplare di maschio dal corpo splendido, munito di un attrezzo di dimensioni interessanti, sopra delle palle decisamente sovrabbondanti, che già dava segni di vita propria.

Da quel punto in poi, le cose presero il loro corso a una velocità impressionante.
Con la sua solita sicurezza, la Vale si liberò della maglietta e si mise in ginocchio davanti a Vasco, tenendo il palo per la base e facendolo scomparire nella sua bocca, godendosi l'erezione che cresceva dentro di lei. L’atmosfera era carica di elettricità e curiosità, la mia amica succhiava il grosso cazzo del ragazzo come se non avesse fatto altro nella sua vita, vedevo scomparire e riapparire la cappella tra le labbra rosse. Con un sorriso complice si voltò verso di me, e io, vincendo i miei timori, decisi di unirmi al banchetto. Lo presi in bocca anche io, mentre l’avidità della mia amica si attaccò alle palle succhiandole e provocando dei risucchi osceni. Ogni tanto mi staccava il viso dall’asta per mulinarmi in bocca la sua lingua, limonandomi con entusiasmo. Inutile dire che avevo la fica fradicia.

Dopo un po' Valentina mi fece alzare, mi tolse il vestito, e mi riportò sul divano, facendomi sdraiare sulla schiena mentre lei, già nuda, si sedeva sulla mia faccia, massaggiandosi la vulva sulla mia bocca. Mi sollevò le gambe, le aprì e chiamò il ragazzo.
“Forza Vasco, fatti sotto, questa fighetta calda aspetta solo di essere riempita”.
Con una spinta vigorosa, il ragazzo mi imbottì con la sua pistola, provocando un impatto tale che non riuscii a trattenere un lungo e rauco gemito, una specie di “ahhhuuugggh”, sospirando ancora di più quando cominciò a colpire con movimenti pelvici vigorosi e profondi, che non ci misero molto a farmi sperimentare una successione orgasmica così strabiliante che i miei gemiti si trasformarono in urla isteriche e furono attutiti nel momento in cui Valentina mi schiacciò con tutto il suo peso la figa sulla faccia, costringendomi ad assaporarla senza fermarmi.

La performance di Roberto, in arte Vasco, continuò in qualcosa di veramente notevole, perché col passare del tempo intensificò i suoi movimenti, regalandomi ondate consecutive, che mi gustavo assieme nettare della Vale, che si riversava nella mia bocca al suono dei suoi folli gemiti.
Il mio corpo divenne un territorio selvaggio, impantanato in una serie di risposte viscerali e incontrollabili.
L’energia ininterrotta del ragazzo suggeriva la possibilità di un prolungamento indefinito di quell'esperienza, un pomeriggio che potenzialmente si sarebbe potuto trascinare in un'epopea di intensità incessante.

Valentina, con una tempistica impeccabile, decise che era arrivato il momento di riequilibrare la situazione. Con una precisione chirurgica, interruppe la nostra zumba e ci separò, orchestrando il cambiamento di scena in una produzione teatrale in cui ogni attore ha un ruolo ben definito. La sua intenzione era Arianna: voleva anche lei un po’ di cazzo!

Con la mia amica carponi sul divano che riceveva Vasco nella sua figa, mi spostai davanti al suo viso e, memore di quanto era successo pochi giorni prima nel suo letto, allargai le gambe.
“Tocca a te succhiare, tesoro,” le dissi, stupendomi delle mie parole.
Niente da fare ragazzi, le cene con le amiche, stare sotto al piumone nudi a guardare Netflix con mio marito, camminare a piedi nudi sull’erba bagnata o tuffarmi da una scogliera, toglietemi tutto, ma nulla eguaglia la lingua della Vale che sguazza nella mia figa!
Devo scriverlo che ancora una volta, ho sperimentato orgasmi multipli! Ma quello che resterà nella top ten dei magic moment della mia vita è stato il momento in cui, quando la Vale ha inserito due dita a uncino nella mia vulva strofinando con un ritmo frenetico il mio punto G, ho visto l’unicorno, e sono esplosa, spruzzando su viso della mia amica una quantità esagerata di liquido uretrale. Invece che la faccia disgustata che mi sarei aspettata, la Vale cercò di berlo tutto, mi sorrise e disse: “Grazie del tuo regalo, Arianna”, Poche parole che esprimono meglio di tutte l’essenza della mia grande amica.

Non vi sto ad annoiare oltre, se volete farvi una pippa guardatevi pure un filmino sul web: più di una volta abbiamo cambiato posizione, lasciandomi stupita dalla resistenza di Vasco, una vera macchina per scopare senza alcun segno di rallentamenti.
Dopo un bel po’ di tempo (qualche ora?), Vasco ci chiese di inginocchiarci davanti a lui. Iniziò una vigorosa masturbazione, mentre io e la Vale leccammo e succhiammo le palle, fino a quando raggiunse il suo orgasmo: un getto profuso di sperma proiettato nell'aria, che cadde sui nostri volti e sui nostri seni. Nello stesso momento in cui Roberto, in arte Vasco, barcollava cercando di restare in piedi, la Vale non perse tempo e mi leccò le tette, gustando tutto lo sperma rimasto, facendo lo stesso sul mio viso, poco prima di infilarmi la lingua in bocca, permettendomi di assaggiare la calda e densa sborra del maschio.

Mentre io, ormai esausta, mi abbandonavo sul divano, Valentina si occupò diligentemente di condurre il ragazzo in bagno. Il tempo trascorso suggerì che il suo interesse per l'igiene del ragazzo fosse solo una parte del quadro, un dettaglio insignificante rispetto a quello che i due stavano nuovamente combinando. Non me ne preoccupai, quello che avevo appena fatto lo avrei ricordato per sempre.

Non molto dopo, quando il ragazzo se n'era finalmente andato, io le Vale restammo abbracciate a parlare per il resto del pomeriggio.
“Allora, Arianna, come ti è sembrata? Ti è piaciuto?”
“Oh, sì, è stato intenso. Ma è strano, sai? Il mio corpo ha reagito in modo che non mi aspettavo.”
“Davvero? Com’è possibile che a volte il corpo faccia una cosa e la mente un’altra? È come se ci fosse una disconnessione totale.”
“Esattamente, Vale. E poi, quando tutto finisce, non sai bene cosa pensare. È come se il cervello fosse confuso.”
“E’ proprio questa confusione che rende tutto così interessante. È come se fosse il caos a spingerci avanti. E ogni tanto, nel caos, troviamo qualcosa di veramente speciale.”
Già, a volte dimentico che quella sfacciata audace libertina che è la mia miglior amica, è anche laureata in filosofia

Prima di andarmene, Valentina mi fermò sulla porta e mi disse:
“Hai intenzione di continuare a esplorare nuovi orizzonti, oppure ti vuoi fermare qui? Se segui questa strada, non passerà molto prima che tu possa sorprendere tuo marito, rivelandogli che la ‘femmina’ che ha in casa non è altro che un turbine di energia e vitalità.”
Al momento non seppi cosa rispondere. Chi ha letto i miei racconti sa quale fu la mia scelta...

scritto il
2024-11-03
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