Il regalo misterioso - cap.3

di
genere
dominazione

Il mattino seguente, Emma si svegliò con un peso che le gravava sul cuore. Il ricordo della sera prima era ancora vivido nella sua mente, ma stavolta non c'era l'eccitazione di quel momento segreto. C'era solo una strana sensazione di disagio, come se avesse oltrepassato una linea invisibile che non avrebbe dovuto varcare. Si alzò dal letto, l’intimo che aveva indossato la sera precedente ancora sparso sul pavimento, e il volto pallido di chi si era svegliato con la consapevolezza di aver fatto qualcosa che, a mente fredda, sembrava sbagliato.

Mentre si preparava per la scuola, le domande si affollavano nella sua testa. Perché l'aveva fatto? Cosa le aveva spinto ad agire in quel modo? Non riusciva a trovare una risposta razionale. L'istinto, il desiderio di provare qualcosa di nuovo, forse, ma perché si era sentita così spinta a continuare, anche quando avrebbe potuto fermarsi? E quella sensazione di piacere, che sembrava così fuori posto, così indecente... perché le era piaciuto?

Si specchiò nel piccolo specchio del corridoio, cercando di trovare un segno di quella ragazza che aveva visto la sera prima nel video. Non la riconosceva. La sua immagine riflessa sembrava distante, estranea, come se fosse stata qualcun altro.

Quando uscì di casa, cercò di scrollarsi di dosso il malessere che la opprimeva, ma la sua mente non smetteva di tornare indietro a quella notte. Aveva cercato di respingere quei pensieri, ma erano troppo potenti, troppo invadenti. Eppure, non riusciva a capire perché, in fondo, sperava che ci fosse qualcosa di più, qualcosa che avrebbe potuto farle dimenticare la confusione che ora la tormentava.

Quando tornò a casa vide sulla porta la solita borsetta. Una fitta al cuore le attraversò il petto. Non sapeva perché, ma sentiva di voler aprire quel sacchetto, di voler scoprire cosa si fosse inventato ora. Il suo respiro si fece più pesante mentre si avvicinava alla porta e raccoglieva il pacchetto. Lo prese e lo portò rapidamente in camera. Non c’erano i suoi genitori, ma per sicurezza chiuse la porta dietro di sè.

Lo aprì, trovò solo un biglietto: “Oggi alle 18.45, al parcheggio in via… quando ci sei manda un messaggio per altre informazioni. Vieni vestita casual”

Quel mistero, quel piacere e quel senso di colpa, tutto si intrecciava in un gioco che non poteva fermare, che forse non voleva fermare.

Poteva scegliere di andarci, e forse avrebbe capito qualcosa di più su di lui. O forse no. Ma in fondo, non era solo la curiosità che la spingeva. Era la speranza che, alla fine, tutto avrebbe avuto un senso e avesse smesso. Che ogni cosa, ogni scelta, avrebbe trovato una sua giustificazione. Anche se, in realtà, non c’era una vera risposta.

Eppure, mentre teneva il sacchetto tra le mani, una parte di lei non riusciva a trattenere il desiderio di andarci. Qualcosa che, forse, le avrebbe fatto sentire meno sola nel caos che si era creata nella sua mente.

L'aria sembrava più densa, quasi come se il mondo stesso si stesse preparando a qualcosa che non avrebbe potuto essere fermato. Emma si trovò al parcheggio all'orario stabilito, vestita casual, ma con la sensazione di non essere mai stata così lontana dalla realtà. I suoi passi erano più lenti del solito, come se ogni movimento fosse pesato da una decisione che non poteva più rimandare. Non sapeva esattamente cosa aspettarsi, ma la curiosità aveva preso il sopravvento.

Prese il telefono dalla tasca, scrisse un breve messaggio: "Sono arrivata." Le mani tremavano leggermente mentre lo inviava, ma una volta fatto, si sentì come se avesse liberato una parte di sé. Non c'era più ritorno.

Pochi secondi dopo, il messaggio di risposta arrivò: "Vai verso l'ingresso principale. L'ascensore è a sinistra. Prendi l'ultimo piano." La sua mente cominciò a correre, ma qualcosa dentro di lei la spingeva ad andare avanti, a non fermarsi. Un piccolo brivido percorse la sua schiena mentre si avvicinava all'ingresso del palazzo, ogni passo sembrava più significativo del precedente.

Arrivò davanti all'ascensore, e, con un respiro profondo, premette il pulsante. Il suono delle porte che si aprivano le fece battere il cuore un po' più velocemente. Dentro, l'aria era fredda e sterile, e il suo riflesso nello specchio dell'ascensore le restituiva un volto nascosto da un cappello forato in modo che nascondesse il viso lasciando scoperti gli occhi, naso e bocca. Un po’ d’ansia. Sapeva che era lui.

Lui premette il tasto per l'ultimo piano, e l'ascensore cominciò a salire, il rumore del suo movimento che si mescolava al battito del suo cuore. Non disse nulla. Ogni piano che passava sembrava una distesa di attimi che le sfuggivano, ma non c'era nulla che potesse fermarla ormai. A un certo punto preme lo stop.

Il suo silenzio ghiaccia Emma, l’uomo sembrava controllasse tutto. Lei voleva chiederle il senso di tutto, ma non ci riusciva. In un istante, ma a suo contempo con immensa pace e tranquillità si abbassa i pantaloni e espone un cazzo grosso e dritto verso di lei.

Emma voleva urlare, premere un qualsiasi pulsante e scappare, ma qualcosa la blocca. L’uomo gli indica il suo cazzo. Capisce le sue intenzioni. Una voce nella sua mente, quella della sua ultima resistenza, le dice di scappare ora, fa un passo, un altro, ma nella direzione sbagliata. Come se stregata, si inginocchia e inizia a succhiare.

Il suo respiro era pesante, la tensione tra di loro palpabile, eppure Emma non si fermò. Il confine tra la curiosità e il timore si era ormai annullato, ed era come se tutto fosse parte di un gioco che non poteva più essere interrotto.

Non riesce a pensare a nulla, ma solo di fare del suo meglio. Era grosso, turgido, buono… e sentirlo ansimare leggermente la incoraggia, finché non ottiene il suo premio dentro di lei.

Lui la guardò intensamente, senza dire una parola, ma il suo sguardo parlava più di mille frasi. Emma non sapeva cosa sarebbe successo dopo, ma in qualche modo si sentiva pronta a scoprirlo. La scelta era stata presa, e ora doveva solo lasciarsi guidare, senza più dubbi.

Lui come se nulla fosse successo, preme un piano terra, le indica l’uscita e se ne va.
scritto il
2025-01-15
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