In sala regia
di
Rubber soul
genere
etero
Hanno scelto un nome impronunciabile per promuovere il loro gruppo.
Ho tentato, e non solo io, di convincerli a un ripensamento ma con scarso successo. Sono bravi a suonare, su questo non ci piove, ma con un nome così non faranno tanta strada. Sono bravi ma hanno composto tredici canzoni terribilmente contorte per il loro primo album, difficili da interpretare e soprattutto da ascoltare, esattamente come il loro nome e le loro stranezze. Sono tutti matti.
Hanno iniziato a marzo a frequentare la mia modesta sala di registrazione e, tranne un assolo di chitarra in sospeso, sono rimasti solo gli interventi vocali di una delle due cantanti, Francesca.
Le ragazze sono belle tutte e due, ma Francesca è bella il doppio. Vent'anni, una ragazzina per me che ne ho quarantacinque.
È stata quasi sempre presente alle registrazioni, io e lei spesso da soli in sala regia abbiamo instaurato un bel rapporto d'intesa, basato principalmente sui commenti relativi alle esecuzioni dei vari componenti del gruppo, alle prese con difficoltà assurde che loro stessi avevano concepito.
Oggi, agosto inoltrato, Francesca è venuta qui a registrare una delle due canzoni di sua competenza.
Non mi aspettavo che venisse da sola, so che c'è del tenero tra lei e il batterista ...
Entra e mi toglie il fiato.
Dall'alto al basso: capelli biondi sapientemente raccolti in una treccia che arriva a metà schiena, maglietta tanto minuscola da coprire appena il seno, rosa, leggermente arricciata sotto le ascelle, una cintura blu mollemente aggrappata ai fianchi, gonnellina bianca svasata a pieghe, lunga non più di trenta centimetri, scarpe da ginnastica, bianche immacolate.
Viene da una breve vacanza al mare e la sua abbronzatura crea uno splendido contrasto con il colore delicato degli indumenti.
Non è la prima volta che arriva qui in tenuta estiva, ma oggi ha superato ogni aspettativa. E adesso me la trovo davanti, al di là del vetro, e non è certo l'occasione migliore per concentrarmi.
“Pronta?”
“Vai”
“Mando la base, stai un po' più lontana dal microfono, sì, così va bene. Vado”
Per la prima volta la sento cantare, niente di eccezionale, la voce un po' troppo acerba e spesso leggermente calante. A peggiorare la situazione c'è la canzone, che segue una linea melodica tortuosa, come le altre e come il nome del gruppo.
E per la prima volta la vedo cantare.
Rimango in estasi a bocca aperta per i quattro minuti della canzone. Sconvolto dalla sua carica di sensualità tento inutilmente di staccare gli occhi dalla sua immagine, ma è troppo intenso quello che mi sta trasmettendo, fissandomi negli occhi attraverso il vetro sembra cercare conferme alle sue doti canore ma io non la sento neanche più, l'unica conferma di cui può essere certa è che ho smesso in questo momento di considerarla una ragazzina, e mi sta creando un subbuglio ormonale che non credevo fosse possibile.
Registriamo un'altra traccia, altri quattro minuti di incanto.
“Togliti la cuffia e vieni qui che le risentiamo”
Lei cerca lo sgabello per sedersi e lo trova occupato dalla sua stessa borsa. Non ci pensa due volte, si viene a sedere sopra il mio ginocchio a guardare il cursore che scorre sullo schermo del Mac e commentare la propria pessima esecuzione canora.
Appena comincia a pesarmi le infilo sotto anche l'altro ginocchio in modo da distribuire il peso. Anche lei si mette comoda, non più sulle ginocchia ma si sposta indietro, gradualmente ma in modo deciso, fino a trovare la posizione più comoda per lei e molto più imbarazzante per me.
Continua imperterrita ad esprimere commenti sulla canzone appena registrata, come se non si accorgesse di quello che sta provocando.
Io indosso un paio di pantaloni molto leggeri che vengono a contatto diretto con la pelle delle sue natiche, c'è ben poco che divide i nostri due sessi, non è possibile che non senta il progressivo cambiamento di consistenza del suo 'sedile', oltretutto non sta neanche ferma, i suoi movimenti sono ormai chiaramente erotici e provocatori, anche se parla di tutt'altro.
Io non ascolto più quello che dice, faccio ripartire la registrazione e le appoggio timidamente le mani sui fianchi scoperti. Lei non fa una piega.
Comincio ad sfiorarle la pelle nuda non coperta dalla maglietta, sulla schiena, sulla pancia, poi allungo le mani sulle ginocchia e percorro le sue cosce con entrambe le mani, fino all'inguine, fino a che lei manifesta finalmente una prima reazione.
Le si accappona improvvisamente la pelle e sento che un brivido la fa trasalire. Mi prende i polsi e me li ferma solo quando le dita arrivano a toccare la stoffa delle mutandine.
Rimane in silenzio per qualche attimo e poi ricomincia implacabilmente a criticare la sua voce, come se non stesse succedendo niente, mi rilascia i polsi e ricomincio ad accarezzarla.
Questa volta è lei a far ripartire la registrazione, con il chiaro intento di permettere che le mie mani siano libere di continuare ad esplorarla.
Poi smette di parlare e forse di respirare. I movimenti dei suoi glutei sono impercettibili ma inequivocabili.
Arrivo alle tette senza opposizioni, le raccolgo nelle mani e le vezzeggio dolcemente, mi soffermo sui capezzoli e mi lascia fare, poi si lascia di nuovo accarezzare tutta senza apparentemente condividere il mio stato d'animo, ma mi ferma ancora quando la mia mano raggiunge il punto che lei ritiene inviolabile.
Ormai pensi pure quello che vuole, è stata lei a cominciare, se proprio è contraria alla mia intraprendenza le basta spostare la borsetta sul tavolino e sedersi sullo sgabello, se rimane in questa posizione significa che è disposta a farmi continuare nei miei loschi propositi. Mi aspetto di essere fermato per la terza volta, dopodiché le direi gentilmente di togliersi dai coglioni, e invece la sento cedere, le cosce si socchiudono e le mie dita colgono l'occasione per insinuarsi dentro le mutandine, soffermandosi sul pube. Glielo accarezzo piano e le provoco un sussulto e un sospiro che considero innegabilmente invitante.
La bacio sul collo, le sfioro l'orecchio con le labbra e lei si abbandona a un gemito di piacere lasciando cadere la testa in avanti. Vuol dire “sì, continua”, come quella volta che le ho massaggiato innocentemente le spalle. Ribadisco, innocentemente! Va be', ho avuto un'erezione immediata ma innocente, nel modo più assoluto.
Le sue natiche premono contro il mio sesso senza più ritegno, si sta sciogliendo mentre infilo un dito nel suo nido, sta ansimando mentre io sto scoppiando di desiderio.
Non vedo le espressioni del suo viso, certo se ci fossimo guardati negli occhi non saremmo arrivati a questo punto. Va bene così, forse mi sentirò meno colpevole.
Ma adesso è il momento di realizzare il mio sogno, lei è ormai pronta come me, basta un niente per abbattere l'ultima difesa.
Non mi ostacola più, è disponibile e disposta, ormai è mia, le mutandine scivolano via facilmente quel tanto che basta, e il mio sesso sta già pregustando il momento … la prendo nei fianchi e l'accompagno contro di me.
Lei oppone ancora un minimo di resistenza ma ormai è fatta, fra un attimo sarà mia, potrò entrare in lei e goderla, come avevo già cominciato a goderla al di là del vetro, c'è un misero centimetro tra i nostri sessi, le mie mani l'attirano giù e i nostri organi si toccano, lei è ancora un po' tesa, deve solo abbandonarsi sopra di me, sento già il calore e l'umidità, sììììì ...
Si alza di scatto, si rimette a posto in fretta e furia, deglutisce il suo desiderio, la canzone è finita da un po' ed è appena scoppiato un silenzio irreale, poi mi chiede di fargliela registrare un'altra volta, che di certo l'avrebbe cantata molto meglio.
Senza guardarmi, senza vedere lo sconforto stampato sulla mia faccia, senza vedere il mio uccello che rimane lì confuso, destinato ad essere rimesso inesorabilmente nella sua gabbia.
Le ho fatto notare che nel suo gruppo non ce n'è uno a posto, lei compresa.
Ho tentato, e non solo io, di convincerli a un ripensamento ma con scarso successo. Sono bravi a suonare, su questo non ci piove, ma con un nome così non faranno tanta strada. Sono bravi ma hanno composto tredici canzoni terribilmente contorte per il loro primo album, difficili da interpretare e soprattutto da ascoltare, esattamente come il loro nome e le loro stranezze. Sono tutti matti.
Hanno iniziato a marzo a frequentare la mia modesta sala di registrazione e, tranne un assolo di chitarra in sospeso, sono rimasti solo gli interventi vocali di una delle due cantanti, Francesca.
Le ragazze sono belle tutte e due, ma Francesca è bella il doppio. Vent'anni, una ragazzina per me che ne ho quarantacinque.
È stata quasi sempre presente alle registrazioni, io e lei spesso da soli in sala regia abbiamo instaurato un bel rapporto d'intesa, basato principalmente sui commenti relativi alle esecuzioni dei vari componenti del gruppo, alle prese con difficoltà assurde che loro stessi avevano concepito.
Oggi, agosto inoltrato, Francesca è venuta qui a registrare una delle due canzoni di sua competenza.
Non mi aspettavo che venisse da sola, so che c'è del tenero tra lei e il batterista ...
Entra e mi toglie il fiato.
Dall'alto al basso: capelli biondi sapientemente raccolti in una treccia che arriva a metà schiena, maglietta tanto minuscola da coprire appena il seno, rosa, leggermente arricciata sotto le ascelle, una cintura blu mollemente aggrappata ai fianchi, gonnellina bianca svasata a pieghe, lunga non più di trenta centimetri, scarpe da ginnastica, bianche immacolate.
Viene da una breve vacanza al mare e la sua abbronzatura crea uno splendido contrasto con il colore delicato degli indumenti.
Non è la prima volta che arriva qui in tenuta estiva, ma oggi ha superato ogni aspettativa. E adesso me la trovo davanti, al di là del vetro, e non è certo l'occasione migliore per concentrarmi.
“Pronta?”
“Vai”
“Mando la base, stai un po' più lontana dal microfono, sì, così va bene. Vado”
Per la prima volta la sento cantare, niente di eccezionale, la voce un po' troppo acerba e spesso leggermente calante. A peggiorare la situazione c'è la canzone, che segue una linea melodica tortuosa, come le altre e come il nome del gruppo.
E per la prima volta la vedo cantare.
Rimango in estasi a bocca aperta per i quattro minuti della canzone. Sconvolto dalla sua carica di sensualità tento inutilmente di staccare gli occhi dalla sua immagine, ma è troppo intenso quello che mi sta trasmettendo, fissandomi negli occhi attraverso il vetro sembra cercare conferme alle sue doti canore ma io non la sento neanche più, l'unica conferma di cui può essere certa è che ho smesso in questo momento di considerarla una ragazzina, e mi sta creando un subbuglio ormonale che non credevo fosse possibile.
Registriamo un'altra traccia, altri quattro minuti di incanto.
“Togliti la cuffia e vieni qui che le risentiamo”
Lei cerca lo sgabello per sedersi e lo trova occupato dalla sua stessa borsa. Non ci pensa due volte, si viene a sedere sopra il mio ginocchio a guardare il cursore che scorre sullo schermo del Mac e commentare la propria pessima esecuzione canora.
Appena comincia a pesarmi le infilo sotto anche l'altro ginocchio in modo da distribuire il peso. Anche lei si mette comoda, non più sulle ginocchia ma si sposta indietro, gradualmente ma in modo deciso, fino a trovare la posizione più comoda per lei e molto più imbarazzante per me.
Continua imperterrita ad esprimere commenti sulla canzone appena registrata, come se non si accorgesse di quello che sta provocando.
Io indosso un paio di pantaloni molto leggeri che vengono a contatto diretto con la pelle delle sue natiche, c'è ben poco che divide i nostri due sessi, non è possibile che non senta il progressivo cambiamento di consistenza del suo 'sedile', oltretutto non sta neanche ferma, i suoi movimenti sono ormai chiaramente erotici e provocatori, anche se parla di tutt'altro.
Io non ascolto più quello che dice, faccio ripartire la registrazione e le appoggio timidamente le mani sui fianchi scoperti. Lei non fa una piega.
Comincio ad sfiorarle la pelle nuda non coperta dalla maglietta, sulla schiena, sulla pancia, poi allungo le mani sulle ginocchia e percorro le sue cosce con entrambe le mani, fino all'inguine, fino a che lei manifesta finalmente una prima reazione.
Le si accappona improvvisamente la pelle e sento che un brivido la fa trasalire. Mi prende i polsi e me li ferma solo quando le dita arrivano a toccare la stoffa delle mutandine.
Rimane in silenzio per qualche attimo e poi ricomincia implacabilmente a criticare la sua voce, come se non stesse succedendo niente, mi rilascia i polsi e ricomincio ad accarezzarla.
Questa volta è lei a far ripartire la registrazione, con il chiaro intento di permettere che le mie mani siano libere di continuare ad esplorarla.
Poi smette di parlare e forse di respirare. I movimenti dei suoi glutei sono impercettibili ma inequivocabili.
Arrivo alle tette senza opposizioni, le raccolgo nelle mani e le vezzeggio dolcemente, mi soffermo sui capezzoli e mi lascia fare, poi si lascia di nuovo accarezzare tutta senza apparentemente condividere il mio stato d'animo, ma mi ferma ancora quando la mia mano raggiunge il punto che lei ritiene inviolabile.
Ormai pensi pure quello che vuole, è stata lei a cominciare, se proprio è contraria alla mia intraprendenza le basta spostare la borsetta sul tavolino e sedersi sullo sgabello, se rimane in questa posizione significa che è disposta a farmi continuare nei miei loschi propositi. Mi aspetto di essere fermato per la terza volta, dopodiché le direi gentilmente di togliersi dai coglioni, e invece la sento cedere, le cosce si socchiudono e le mie dita colgono l'occasione per insinuarsi dentro le mutandine, soffermandosi sul pube. Glielo accarezzo piano e le provoco un sussulto e un sospiro che considero innegabilmente invitante.
La bacio sul collo, le sfioro l'orecchio con le labbra e lei si abbandona a un gemito di piacere lasciando cadere la testa in avanti. Vuol dire “sì, continua”, come quella volta che le ho massaggiato innocentemente le spalle. Ribadisco, innocentemente! Va be', ho avuto un'erezione immediata ma innocente, nel modo più assoluto.
Le sue natiche premono contro il mio sesso senza più ritegno, si sta sciogliendo mentre infilo un dito nel suo nido, sta ansimando mentre io sto scoppiando di desiderio.
Non vedo le espressioni del suo viso, certo se ci fossimo guardati negli occhi non saremmo arrivati a questo punto. Va bene così, forse mi sentirò meno colpevole.
Ma adesso è il momento di realizzare il mio sogno, lei è ormai pronta come me, basta un niente per abbattere l'ultima difesa.
Non mi ostacola più, è disponibile e disposta, ormai è mia, le mutandine scivolano via facilmente quel tanto che basta, e il mio sesso sta già pregustando il momento … la prendo nei fianchi e l'accompagno contro di me.
Lei oppone ancora un minimo di resistenza ma ormai è fatta, fra un attimo sarà mia, potrò entrare in lei e goderla, come avevo già cominciato a goderla al di là del vetro, c'è un misero centimetro tra i nostri sessi, le mie mani l'attirano giù e i nostri organi si toccano, lei è ancora un po' tesa, deve solo abbandonarsi sopra di me, sento già il calore e l'umidità, sììììì ...
Si alza di scatto, si rimette a posto in fretta e furia, deglutisce il suo desiderio, la canzone è finita da un po' ed è appena scoppiato un silenzio irreale, poi mi chiede di fargliela registrare un'altra volta, che di certo l'avrebbe cantata molto meglio.
Senza guardarmi, senza vedere lo sconforto stampato sulla mia faccia, senza vedere il mio uccello che rimane lì confuso, destinato ad essere rimesso inesorabilmente nella sua gabbia.
Le ho fatto notare che nel suo gruppo non ce n'è uno a posto, lei compresa.
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