Tacco 10, reloaded
di
samas2
genere
tradimenti
Rimaneggiando recentemente il mio primo racconto “TACCO 10”(VEDI), che descrive la storia dal punto di vista della protagonista donna, mi è venuto il desiderio di aggiungere la versione maschile.
“Quella me la voglio proprio chiavare”, dissi ai miei amici, Antonio e Michele, mentre tenevo lo sguardo fisso alla relatrice che stava concludendo il suo bellissimo intervento nella sede congressuale del Quark Hotel.
“ Ma dai, Nicola, lascia perdere!”
“Ho voglia di carne matura, di classe, e la prof.Alice è proprio una signora bella e raffinata, con le curve al punto giusto. Nella mia collezione, manca un trofeo di quel tipo. La voglio assolutamente.”
“ Ti illudi.”
“Guardate, ragazzi, scommettiamo che entro stanotte sarà mia?”
“D’accordo, Nicola, una lussuosa cena in palio.”
“Ok, affare fatto, però ora lasciatemi lavorare.”
Mi avvicinai alla relatrice, che aveva appena finito di parlare, e le feci i miei complimenti per il brillante intervento di poco prima e resi omaggio al suo fascino.
Alice sorrise ai complimenti, e alla ripresa dei lavori congressuali sedetti accanto a lei. Era evidente il mio tentativo di conquista, ma lei, lungi dall’esserne infastidita, ne era anzi lusingata e sia pur sottilmente, mi dava corda. Sentivo crescere l’eccitazione. Antonio e Michele, discretamente controllavano, di lontano, gli sviluppi.
Sedendole accanto, ormai disinteressato al congresso, me la radiografavo minuziosamente: bel volto illuminato da uno splendido sorriso, due seni prosperosi, gambe tornite. Poi, la mia passione segreta: i piedi. Magri, abbronzati, un 38 di misura, così ad occhio. Le dita dei piedini erano contenute dalla scarpa décolleté lasciando visibili solo le loro radici: bellissimo spettacolo.
La sera, alla cena sociale, riuscii a riservare un posto per Alice accanto a me, convincendola a non sedersi vicino alle sue bisbetiche colleghe. Era molto bella ed elegante e la mia voglia di possederla crebbe ulteriormente.
Durante la cena la mia azione di conquista trovò terreno fertile, ed Alice corrispose alle mie maliziose provocazioni fatte di parole e di toccamenti. Sotto il tavolo i nostri giochi divennero più espliciti e coinvolgenti, sebbene occultati agli occhi degli altri commensali. L’erezione era quasi dolorosa, ma dovevo contenermi e fare passi falsi. Rimasi prudentemente in disparte nel dopo cena, concedendo Alice alle amiche, per mettere a punto gli ultimi dettagli .
“Ragazzi, verificherete che mi introduca effettivamente nella camera di Alice; io d’altro canto vi porterò prove inoppugnabili della scopata.”.
“Ci sembri troppo sicuro. Aspetta a cantar vittoria.”
“Voi preoccupatevi per la cena che dovrete offrirmi.”
Quella sera volevo strafare, volevo superarmi, fare una figura memorabile e mi caricai e concentrai sull’impresa.
Quando Alice mi aprì la porta della sua stanza, entrando vidi con la coda dell’occhio che Antonio, dal fondo del corridoio osservava, non visto, che io non barassi.
Alice indossava un accappatoio bianco, soffice barriera che mi separava da quell’universo di piacere che aspettava solo me. Volli andare subito al sodo. Alla mia richiesta di portare a compimento il gioco intrapreso tavola, anzi sotto la tavola, si mostrò imbarazzata. Quella timidezza, l'atteggiamento pudico con cui cercava di mantenere chiuso l'accappatoio, ebbe come risultato di farmi arrapare ulteriormente. Arrossì, mentre mi confessava di aver fatto l’amore solo con suo marito. Non sapevo se crederle, ma la cosa mi intrigava. Sembrava riluttante a tradirlo, resisteva a cedere alle sue pulsioni erotiche. Si vedeva che la sua eccitazione, evidente, era però tenuta a freno da una sorta di ritrosia. Il superego conteneva l’Id. Fra i due, decisamente, l’esperto ero io nonostante l’età più giovane. La volevo, e non riuscivo più a dominare il mio pene in erezione estrema. Presi allora l’iniziativa, impaziente, e la strinsi fra le braccia baciandola. Lei si abbandonò completamente a me, concedendosi, senza più difese, totalmente ai miei desideri. Aveva finalmente ceduto ed ora potevo disporre di lei. La denudai, godendo della vista di quei seni sontuosamente prorompenti, una bella quarta di reggiseno: li presi fra le mie mani, li strinsi, affondai prima le dita, poi il volto, in quella delizia. Schiacciai fra le dita i suoi duri capezzoli facendola gemere, di dolore e di eccitazione. Constatai, dopo averle strappato le mutandine zuppe di umori, che sul suo monte di Venere c'era un rigoglioso, bruno boschetto: sono personalmente contrario alla progressiva “deforestazione” del sesso e fui pertanto molto compiaciuto di quella bella micetta pelosa. Lei mi guardava e i suoi occhi brillavano guardando il mio corpo nudo. Mi riempì d’orgoglio quando con un filo di voce emozionata disse: “ Nicola com’è grosso!” Adagiai Alice, percorsa da brividi di piacere, sul letto, giocai con i suoi orifizi che esplorai con le dita e la lingua, strappandole grida e mugolii di godimento. In tutti questo, non trascurai di dedicarmi anche ai suoi piedi, mia particolare passione. Bevvi dei suoi umori vaginali e assaggiai e gustai l’acre sapore del suo buchetto. “ Dai fammi godere, mi volevi, no?”
Le allargai le gambe ed appoggiando i suoi piedi sulle mie spalle penetrai sempre più intensamente la sua figa accogliente e impaziente, che si dilatava, cedeva al passaggio del mio cazzo duro come il marmo. La sua timidezza si era ormai dissolta e con la sua libidine ormai sfrenata, metteva a dura prova la mia volontà di ritardare il più possibile l’eiaculazione. “ Oddio, mi piace, ancora, non fermarti.” Urlava, si agitava, Alice, al raggiungere dell’estasi in quel rapporto multiorgasmico. Avevo esperienza di donne, ma lei mi sorprese, rivelando una fame di sesso insaziabile. Sotto un involucro di algida classe si nascondeva una femmina caldissima e trasgressiva, desiderosa di essere soddisfatta intensamente. Ora che l’aveva finalmente gustata, voleva carne nuova e fresca e non lo nascondeva più, finalmente libera dai suoi freni inibitori. Infine dovetti cedere e il mio cazzo esplose riversando una cospicua quantità di sperma bollente nella sua calda, fradicia, odorosa cavità. Come atto finale, Alice, mi ripulì con la sua bocca il glande ricoperto di sperma, che ingoiò con grande traporto per la soddisfazione di entrambi. Quella bella chiavata mi faceva sentire proprio bene, rendendomi orgoglioso, oltre che appagato.
Avevo raccolto alcuni elementi che testimoniavano il successo della mia scommessa, in maniera inoppugnabile. Così li esibii come prova ai miei amici, riuscendo oltre che a convincerli senza l’ombra di alcun dubbio, perfino ad eccitarli: un file audio registrato con destrezza attraverso il mio telefonino. Domande fatte in modo che non potessero insorgere dubbi su quanto era accaduto.“Alice, ti piace?” “Si, ti voglio, sii brutale. Cosa aspetti Nicola, chiavami.” Rumori di ansiti gemiti, urletti e poi ancora “Godo Nicola, che maschio sei! Si, si, vienimi dentro!” Urletti di eccitazione, ancora gemiti….
Una cosa tenni solo per me, gelosamente: le mutandine odorose di Alice che le avevo sottratto, come trofeo personale, a ricordo di quella torrida, indimenticabile, notte di sesso.
“Quella me la voglio proprio chiavare”, dissi ai miei amici, Antonio e Michele, mentre tenevo lo sguardo fisso alla relatrice che stava concludendo il suo bellissimo intervento nella sede congressuale del Quark Hotel.
“ Ma dai, Nicola, lascia perdere!”
“Ho voglia di carne matura, di classe, e la prof.Alice è proprio una signora bella e raffinata, con le curve al punto giusto. Nella mia collezione, manca un trofeo di quel tipo. La voglio assolutamente.”
“ Ti illudi.”
“Guardate, ragazzi, scommettiamo che entro stanotte sarà mia?”
“D’accordo, Nicola, una lussuosa cena in palio.”
“Ok, affare fatto, però ora lasciatemi lavorare.”
Mi avvicinai alla relatrice, che aveva appena finito di parlare, e le feci i miei complimenti per il brillante intervento di poco prima e resi omaggio al suo fascino.
Alice sorrise ai complimenti, e alla ripresa dei lavori congressuali sedetti accanto a lei. Era evidente il mio tentativo di conquista, ma lei, lungi dall’esserne infastidita, ne era anzi lusingata e sia pur sottilmente, mi dava corda. Sentivo crescere l’eccitazione. Antonio e Michele, discretamente controllavano, di lontano, gli sviluppi.
Sedendole accanto, ormai disinteressato al congresso, me la radiografavo minuziosamente: bel volto illuminato da uno splendido sorriso, due seni prosperosi, gambe tornite. Poi, la mia passione segreta: i piedi. Magri, abbronzati, un 38 di misura, così ad occhio. Le dita dei piedini erano contenute dalla scarpa décolleté lasciando visibili solo le loro radici: bellissimo spettacolo.
La sera, alla cena sociale, riuscii a riservare un posto per Alice accanto a me, convincendola a non sedersi vicino alle sue bisbetiche colleghe. Era molto bella ed elegante e la mia voglia di possederla crebbe ulteriormente.
Durante la cena la mia azione di conquista trovò terreno fertile, ed Alice corrispose alle mie maliziose provocazioni fatte di parole e di toccamenti. Sotto il tavolo i nostri giochi divennero più espliciti e coinvolgenti, sebbene occultati agli occhi degli altri commensali. L’erezione era quasi dolorosa, ma dovevo contenermi e fare passi falsi. Rimasi prudentemente in disparte nel dopo cena, concedendo Alice alle amiche, per mettere a punto gli ultimi dettagli .
“Ragazzi, verificherete che mi introduca effettivamente nella camera di Alice; io d’altro canto vi porterò prove inoppugnabili della scopata.”.
“Ci sembri troppo sicuro. Aspetta a cantar vittoria.”
“Voi preoccupatevi per la cena che dovrete offrirmi.”
Quella sera volevo strafare, volevo superarmi, fare una figura memorabile e mi caricai e concentrai sull’impresa.
Quando Alice mi aprì la porta della sua stanza, entrando vidi con la coda dell’occhio che Antonio, dal fondo del corridoio osservava, non visto, che io non barassi.
Alice indossava un accappatoio bianco, soffice barriera che mi separava da quell’universo di piacere che aspettava solo me. Volli andare subito al sodo. Alla mia richiesta di portare a compimento il gioco intrapreso tavola, anzi sotto la tavola, si mostrò imbarazzata. Quella timidezza, l'atteggiamento pudico con cui cercava di mantenere chiuso l'accappatoio, ebbe come risultato di farmi arrapare ulteriormente. Arrossì, mentre mi confessava di aver fatto l’amore solo con suo marito. Non sapevo se crederle, ma la cosa mi intrigava. Sembrava riluttante a tradirlo, resisteva a cedere alle sue pulsioni erotiche. Si vedeva che la sua eccitazione, evidente, era però tenuta a freno da una sorta di ritrosia. Il superego conteneva l’Id. Fra i due, decisamente, l’esperto ero io nonostante l’età più giovane. La volevo, e non riuscivo più a dominare il mio pene in erezione estrema. Presi allora l’iniziativa, impaziente, e la strinsi fra le braccia baciandola. Lei si abbandonò completamente a me, concedendosi, senza più difese, totalmente ai miei desideri. Aveva finalmente ceduto ed ora potevo disporre di lei. La denudai, godendo della vista di quei seni sontuosamente prorompenti, una bella quarta di reggiseno: li presi fra le mie mani, li strinsi, affondai prima le dita, poi il volto, in quella delizia. Schiacciai fra le dita i suoi duri capezzoli facendola gemere, di dolore e di eccitazione. Constatai, dopo averle strappato le mutandine zuppe di umori, che sul suo monte di Venere c'era un rigoglioso, bruno boschetto: sono personalmente contrario alla progressiva “deforestazione” del sesso e fui pertanto molto compiaciuto di quella bella micetta pelosa. Lei mi guardava e i suoi occhi brillavano guardando il mio corpo nudo. Mi riempì d’orgoglio quando con un filo di voce emozionata disse: “ Nicola com’è grosso!” Adagiai Alice, percorsa da brividi di piacere, sul letto, giocai con i suoi orifizi che esplorai con le dita e la lingua, strappandole grida e mugolii di godimento. In tutti questo, non trascurai di dedicarmi anche ai suoi piedi, mia particolare passione. Bevvi dei suoi umori vaginali e assaggiai e gustai l’acre sapore del suo buchetto. “ Dai fammi godere, mi volevi, no?”
Le allargai le gambe ed appoggiando i suoi piedi sulle mie spalle penetrai sempre più intensamente la sua figa accogliente e impaziente, che si dilatava, cedeva al passaggio del mio cazzo duro come il marmo. La sua timidezza si era ormai dissolta e con la sua libidine ormai sfrenata, metteva a dura prova la mia volontà di ritardare il più possibile l’eiaculazione. “ Oddio, mi piace, ancora, non fermarti.” Urlava, si agitava, Alice, al raggiungere dell’estasi in quel rapporto multiorgasmico. Avevo esperienza di donne, ma lei mi sorprese, rivelando una fame di sesso insaziabile. Sotto un involucro di algida classe si nascondeva una femmina caldissima e trasgressiva, desiderosa di essere soddisfatta intensamente. Ora che l’aveva finalmente gustata, voleva carne nuova e fresca e non lo nascondeva più, finalmente libera dai suoi freni inibitori. Infine dovetti cedere e il mio cazzo esplose riversando una cospicua quantità di sperma bollente nella sua calda, fradicia, odorosa cavità. Come atto finale, Alice, mi ripulì con la sua bocca il glande ricoperto di sperma, che ingoiò con grande traporto per la soddisfazione di entrambi. Quella bella chiavata mi faceva sentire proprio bene, rendendomi orgoglioso, oltre che appagato.
Avevo raccolto alcuni elementi che testimoniavano il successo della mia scommessa, in maniera inoppugnabile. Così li esibii come prova ai miei amici, riuscendo oltre che a convincerli senza l’ombra di alcun dubbio, perfino ad eccitarli: un file audio registrato con destrezza attraverso il mio telefonino. Domande fatte in modo che non potessero insorgere dubbi su quanto era accaduto.“Alice, ti piace?” “Si, ti voglio, sii brutale. Cosa aspetti Nicola, chiavami.” Rumori di ansiti gemiti, urletti e poi ancora “Godo Nicola, che maschio sei! Si, si, vienimi dentro!” Urletti di eccitazione, ancora gemiti….
Una cosa tenni solo per me, gelosamente: le mutandine odorose di Alice che le avevo sottratto, come trofeo personale, a ricordo di quella torrida, indimenticabile, notte di sesso.
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