Il mezzadro

di
genere
gay

Era una bella giornata di meta' giugno, il biondo grano era stato mietuto e la maggior parte anche trebbiato per cui Giovanni, il nostro mezzadro, ci aveva invitato, me e mia madre, ad andare in campagna per procedere alla spartizione del raccolto. Per tutta la mattinata, mentre mamma curava che non ci imbrogliassero, io cercavo di interessare Norina, una splendida rotondetta con due zinne cosi ed un paio di baffi che mi faceva immaginare una fica coperta da un folto bosco di pelo nero. Per Norina ho sparato tante di quelle pugnette da imbiancare un appartamento ma inutilmente, non mi ha mai cacato e piu' la sentivo distante piu' la desideravo e mi sfogavo colle seghe. La sua fica pelosa la sognavo di notte ed invariabilmente mi svegliavo coi coglioni vuoti ed attaccaticci. A mezzogiorno rifiutai persino di mangiare tanto ero distratto da altro. Andai in giro per il campo in cerca di lucertole di fichi tadivi di mele di San Giovanni che maturano prima. Lasciai Norina e mia madre che distese all'ombra di una vecchia quercia discutevano con Amalia, la madre della pelosa donzella, mentre Giovanni, il padre di tanta bellezza, si era rintanato all'ombra di una vecchia masseria mezza diroccata e che serviva per conservare la paglia durante l'inverno. Il sole di mezzogiorno picchiava sulla testa ed io a dorso nudo e coi calzoncini corti ne approfittavo per anticipare la tintarella. Sentivo nel basso ventre un rimescolio di ormoni ed il cazzo che gridava la voglia di sborrare, ma tenni duro perche' speravo che Norina, spinta da pieta' piu' che da desiderio mi facesse un pompino. Intanto che la tenevo d'occhio gironzolavo e schiacciavo l'inguine per tenere il cazzo a freno. Dietro la masseria mi ricordai di un pruno che di solito maturava i suoi frutti durante la mietitura. Ed infatti i frutti gialli dal colore ed il gusto del miele mi guardavano dalla cima della pianta. Non avevo una scala per cui col rischio di graffiarmi tutto contro le spine del tronco cercai di arrampicarmi e coglierne. Gia' pregustavo la loro dolcezza quando da una finestrella polverosa della masseria intesi la voce di Giovanni che mi chiedeva cosa stessi facendo. - Vorrei raccogliere un paio di prugne per succhiare il loro miele. Ne vuoi anche tu? - Ma sei matto? Con questo caldo ti fanno male. Vieni qua che te le do io un paio di prugne fresche e gustose. A dire il vero avrei preferito la frutta colta dalla pianta perche' ha un gusto diverso, piu' intenso, pero' dovetti riconoscere che per il sole caldo non era consigliabile mangiarne. Scesi alquanto a malincuore dalla pianta facendo attenzione a non graffiarmi e fatto il giro della masseria entrai dal varco che fungeva da porta. Il locale era buio e fresco ed attraverso la poca luce che entrava dalla finetrella da cui Giovanni mi aveva chiamato vidi la sua sagoma in piedi su un mucchio di paglia. Mi avvicinai e mi accorsi che era nudo e teneva le mani giunte in grembo, all'altezza del cazzo. - Dove sono le prugne? Intanto gli occhi si erano abituati alla penombra e quando apri' le mani mi avvidi del grosso cazzo che mi fissava col buco dell'uretra simile ad un occhio umano. Erano ben visibili le vene gonfie e la capocchia dalla pelle tesa e violacea. - Avvicinati, ecco le due prugne fresce e mielose. Succhiale e sentirai la crema. Aveva una strana luce negli occhi la voce era cavernosa e le parole vibravano. Ero affascinato da quel cazzo, grosso come pochi, eppur ne avevo conosciuti parecchi, ma pochi cosi' grossi cosi venosi. - Avvicinati bella troietta, succhiamelo, dati da fare, fammi vedere che bravo ricchione sei. Giovanni stringeva i coglioni ed il cazzo alla base e lo puntava verso di me, verso la mia bocca. Le parole che avrebbero dovuto offendermi suonarono dolci e mi sentii onorato di eccitare il padre della ragazza che avrei voluto infilzare. Mi basto' fare un passo avanti che senza volerlo mi ritrovai la gola tappata da un meraviglioso cazzo attorniato da un incolto bosco di pelo riccio e crespo che mi solleticava il naso mentre succhiavo la nerchia. Succhiavo il cazzo del padre della mia pelosa sirena e m'illudevo di succhiare il grilletto di lei mentre strappavo i peli del padre sognavo quelli della figlia. Godevo della figlia attraverso il padre sentivo persino il suo profumo. Non gli ci volle molto che mi allagasse la gola di sperma bollente e profumato di piscio, dio se era denso, sembrava panna e ne leccai con gusto e non persi una goccia. - L'avevo capito da tempo che sei un ricchione. Bravo, sei bravo a succhiare. Succchiamelo bene che poi te lo sbatto nel culo. La sua volgarita' mi caricava e mai desiderio di essere sodomizzato da un grosso cazzo mi fece bagnare lo sfintere. Il complimento mi fece essere fiero di essere come ero e cosi dispensatore di piacere. Non e' da tutti piacere ad una persona piu' grande, di cultura diversa, e padre della ragazza ambita. Giovanni mi abbasso' i pantaloncini mi carezzo' le cosce mi scapocchio' il cazzo eretto e mi infilo' un dito nel culo. - Lo immaginavo di non trovarti vergine. Apriti, fammi vedere chi e' piu' troia, tu o tua madre. Il solo fatto di essere in competizione con mia madre mi eccito' e feci di tutto per guadagnarmi il complimento. Si allungo' sulla paglia, mi chiese di impalarmi sul cazzo che svettava duro piu' di prima mentre ripeteva che aveva sempre desiderato il mio culetto al confronto del quale quello di qualsiasi troia sfigurava. Inginocchiato come in preghiera davanti al santo Priapo succhiai la cappella per inumidirla umettai l'ano colla saliva e con cautela mi accoccolai sul cazzo che a dire il vero entro' con fatica a causa la grossezza. M'inculai a smorzacandela, in quella posizione decidevo io la quantita' di cazzo da sopportare e dopo qualche minuto riuscii a prenderlo fino alle palle. Guardare in faccia l'uomo che aveva messo al mondo la ragazza che desideravo con tutta l'anima mi eccitava ed avevo voglia di confessare il mio desiderio. Gli titillavo i capezzoli sognando quelli di Norina lo baciai in bocca immaginando di succhiare la lingua della mia bella, stavo per confessare il mio sogno quando lo sentii irrigidirsi ed afferratomi per le spalle mi schiaccio' sul cazzo per penetrarmi al massimo e mentre mi sborrava nel culo io gli sborrai sul petto e sulla pancia. ''Ah Norina, cosa ti sei perso'' - Sei una gran puttana, va' come mi hai conciato, poi ridendo prese le mie mutandine e si puli'. Certo che non era la stessa cosa ma sentirmi le viscere intrise del suo seme era come se mi avesse inculato sua figlia. Gli succhiai ancora il cazzo ma il gusto che sentivo era del grilletto di lei. Che peraltro non me l'ha mai data. In compenso ho pensato a lei le mille volte che Giovanni mi ha chiavato nel vecchio cascinale dirupato.
di
scritto il
2011-05-02
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