Übermensch

di
genere
pulp

«La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per torre il biasmo in che era condotta.
Ell’è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che ’l Soldan corregge.
(Dante, quinto canto dell’Inferno)

La poesia è morta! Non c’è più nessuno che faccia successo con la poesia.
Eduardo non era convinto, quelle parole gli avrebbero cambiato la vita per sempre lo sapeva fin da bambino che lui avrebbe fatto rinascere la poesia. Toccava la copertina ruvida e povera, era proprio così che se l’era immaginata, l’editore era stato davvero fedele alle sue promesse.
Continuava a toccarla tenendo tra le dita il suo toscano e premendosi sul naso gli occhiali tondi.
Lo sapeva bene che quel libro era la fine di molti dei suoi problemi, la sola anteprima aveva avuto successo in tutti gli ambienti letterari che contavano, sfogliava le pagine sentendone il profumo e ricordando attraverso i numeri i suoi versi.
Si accese il toscano, sbuffando il fumo proprio su una delle sue liriche preferite. Non era più di moda leggere poesia, ora andavano i thriller e le criptiche storie d’amore di intellettuali boriosi gli aveva detto sua moglie, una delle tante voci che si avvicendava nel coro degli sfiduciosi guidati da un severo direttore: il suo vecchio padre. Una tenera voce, proveniente dal fondo della stanza lo fece sorridere, ripose il toscano e guardò il lenzuolo bianco, un pensiero gli avvolse la testa e lo ammorbò per un attimo. Poi si voltò di nuovo cercando di ritrovare la spensieratezza nel successo che lo aspettava tutto racchiuso nel suo volume.
-È bellissimo, amore, ti avevo detto che quella copertina sarebbe stata proprio adatta-.
-Non dovresti essere qui- ribattè severo Eduardo-devi tornare a casa è tardi i tuoi genitori saranno preoccupati per te-.
-Ma no, figurati, non c’è posto dove posso essere più al sicuro del letto del mio professore di lettere-
Eduardo indispettito la guardò con tono severo di nuovo, allora lei uscì dal letto, sinuosa e scalza. Ad Eduardo parve di rivederla come la prima volta, fra i corridoi del suo Liceo, era stata la sua maledizione ma anche la sua salvezza, era più tranquillo ora che si avvicinava il suo diciottesimo compleanno.
-Dai Edu, non essere nervoso amore-
Ma lui la rimproverò di nuovo intimandola di lasciarlo in pace mentre lei le rigava la schiena con le unghie.
-Ti voglio Edu, poi ti prometto che andrò via-, gli diceva mentre continuava a fargli accapponare la pelle con quel tocco malizioso alla schiena.
-Ma lo capisci che sono il tuo professore, che ora che finalmente pubblicheranno le mie poesie, tu dovrai uscire dalla mia vita, mi diventerà impossibile vederti. Le scuse sono finite… mia moglie mi renderà tutto un inferno e io non voglio che succedano scandali, o che si infanghi il mio buon nome-.
Con le mani Valentina Lia iniziò ad accarezzare le gambe di Eduardo e a baciargli il solco della schiena.
-Questa non è la mia parte, io dovrei recitare quella del buon padre che si dedica anima e corpo alla famiglia, anzi, dovrei farmela la famiglia… quando tornerò a casa lei mi dirà che vuole un bambino-.
Lia, così la chiamavano tutti per via del suo breve cognome, continuava a solleticarlo infrangendo le regole che gli erano state appena dettate. Dicevano fosse pazza o per lo meno era quello che aveva pensato preti e psicologi che dopo vari tentativi di benedizioni e psicoterapie avevano sancito che non fosse possibile che una bambina della sua età si comportasse in quel modo.
L’ennesimo morso alla schiena del suo professore e poi le mani lisce afferrarono il membro di lui con automatica dedizione. –Fai sempre così, ora mi tocca scoparti di nuovo- reagì Edu.
-Oh bene, mmh, finalmente sei un pessimo attore. Non ti si addice la parte del pater familias disperato per la relazione adultera con la sua studentessa disinibita-
Edu la afferrò per i fianchi girandosi di scatto e fissandola con i suoi grandi occhi coperti dalla montatura tonda, lei d’istinto gli saltò tra le braccia avvinghiandosi a lui e strusciandogli la sua liscia fica sul ventre.
-Cosa c’è professore, dai diglielo pure alla tua adorata mogliettina che ti piace depilata o col triangolino quando torni a casa, oh… ma cosa sento qui, ti scriverò una bella poesia, lo userò per una mia personale epigrafe. Ci scrivo che è mio questo cazzo?-
-Non essere banale Lia, ti ho insegnato che non devi essere così banale. La banalità mi aveva ucciso e tu mi hai fatto rinascere, dolce puttanella-
-Edu non trovi che sia banale chiamarmi puttanella?-
-Oh ma lo è… sicuramento meno banale, però, di “amore mio, sono tornato dal convegno”-
Edu le cinse i fianchi con le mani e la portò a sé facendole sentire sulla pancia il calore del suo membro vibrante, scostò tutti i fogli dalla scrivania e le adagiò il corpo sul legno freddo. Lia contrasse la schiena e il professore iniziò a baciarle il seno, le portò due dita alla bocca e la guardava mentre succhiava avidamente.
-Così Lia, amore mio, fallo piano…goditi il sapore delle mie mani. So quanto ti piace-
Lia lo ascoltava, da brava allieva. Edu le rigò il corpo, affondando dentro di lei le dita. Scese a leccarle il ciuffo di peli sul suo monte di Venere, poi l’inguine. Infine le prese tra le labbra il clitoride.
-Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane
Su continua tu, altrimenti non posso leccartela-
- ma o…odo
parole p…più nuove
che paaah…arlano gocciole e foglie
lontane.-
Edu le sorrise e le affondò la lingua nell’intimo, facendola sussultare. Le mordicchiava il clitoride e lei le metteva le mani tra i folti capelli bruni per spingerlo ancora più dentro di lei.
Il professore le afferrò la nuca invitandola a girarsi e la spinse col busto sulla scrivania.
-È freddo, qui, riscaldami…-
Edu le manteneva la nuca e prese a scoparla mantenendola piegata sulla scrivania. I suoi fianchi battevano sui glutei sodi di Lia che il professore non riusciva a non accarezzare mentre affondava il cazzo dentro di lei
-Reggiti i capelli, Lia… aaah, raccoglili-
Si chinò su di lei e le baciò la schiena e la nuca, continuando a scoparla
-La bocca, amore mio, la bocca-
Il rumore del loro sesso si copriva coi baci e le lingue che si intrecciavano, Lia crollava di piacere sotto i colpi di Edu.
-Adesso vieni qui, sopra di me… ooh dai amore ti voglio sopra-
Edu la portò sopra di lui ed continuò a scoparla. Con una mano le apriva il culo fino a farsi strada verso il buco che prontamente accolse il dito pronto a insinuarsi.
-Vai amore, lo sai quanto mi piace… spingilo quel dito nel mio culo. Godo!-
Il corpo di Lia scivolava voglioso su quello di Edu e si incastrava perfettamente, Edu sentiva il culo di Lia aprirsi al suo passaggio. La ragazza godeva e il professore lo percepiva dagli umori che levigavano la sua cappella. Edu le prese i seni tra la bocca, glieli mordeva accelerando il ritmo.
-Hai tutto il dito in culo Lia… aaah, dai lo so che ti piace, come ansimi. Forza abbaia amore mio, abbaia!-
Lia venne tra gli spasmi e le contrazioni e Edu non mollò la presa su di lei ma continuò fin quando non vide il corpo della ragazza arrendersi all’orgasmo. Estrasse il cazzo da lei e prese a masturbarlo.
-Fermati, e mio!-
Lia con uno scatto si prese la cappella tra la bocca e svuotò nella gola il piacere di Edu che si lasciò andare riempiendola di seme.
-Lo ingoi sempre, oh, vieni qui amore mio-
-Dimmelo che sono io la tua donna Edu, ti prego-
- Ma è ovvio che tu lo sia, per piacere cercami quel sigaro…-
La ragazza si fiondò a terra tra le carte del professore e gli riportò il sigaro spento poco dopo.
-Oh grazie Lia, accendilo… ti amo sai-
-Anche io Edu, anche io. Ma sono triste, dovrai tornare da quella…io… io non la sopporto-
-Ma come fai a pensare che io ami lei, io la disprezzo, lei è la peggior donna che io abbia mai conosciuto. Io l’ho dovuta sposare perché…beh amore mio non posso dirtelo. Tu sei nel pieno dei tuoi anni non devi sapere certe cose. I tuoi sono gli anni dell’amore e dei sentimenti vissuti a mille. Tu sei il motivo per cui scrivo: la giovinezza. E io tengo a te perché tu mi ricordi tutto quello che mi hanno tolto-
Edu le allontanò i lunghi capelli neri dal viso e le diede un tenero bacio sulla bocca rossa.
-Ora vai a casa, è ora di andare-
Aiutò la ragazza a rivestirsi avendo cura di sistemarle i capelli.
-Sei bellissima, su, esci di qui perché altrimenti puzzerai di sigaro e non credo che i tuoi amici ne fumino-
Edu le diede un tenero bacio sulla fronte, proprio come un padre con la sua giovane figlia, poi con un pacca sul culo le ricordò di essere solo l’uomo che amava e chiuse la porta.
Il telefono squillò in lontananza.
-Professore, il suo libro va a ruba… deve ringraziare soprattutto noi…lo sa-
-La prego io non vorrei parlare…-
-Oh stia tranquillo, non tema, qui non ci sente nessuno e lo sa perché?
-Credo di no!-
-Perché siamo noi che decidiamo quando ascoltare e lei domani siederà all’assemblea del Partito e si figuri… verrà anche eletto-
-Ottimo, la ringrazio, lode a Semiramis-
-Semper…-



scritto il
2018-09-07
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