Domenica mattina

di
genere
etero

La testiera del letto colpisce la parete di fondo con la regolarità di un metronomo, e assieme al controcanto del cigolio della rete, conferisce al ritmo un senso di ineluttabilità e insieme di scontatezza.
La luce del mattino che filtra dai listelli della tapparella colpisce di luce radente i due corpi nudi, spogliandoli ulteriormente al di là di ogni chiaroscuro e di ogni sfumatura.

Lui la sta montando da dietro, sfruttando l’erezione mattutina; la penetrazione, ostacolata dal ventre dilatato dell’uomo e dalla voluminosità delle natiche della donna, risulta superficiale e precaria; ma perlomeno si è risparmiato i preliminari e le coccole, che odia visceralmente e che invece lei si ostina a ritenere assolutamente necessari per permetterle una certa partecipazione attiva al sesso.

Lei è franata sotto il suo peso, giace sprofondata nel materasso e ai lati del busto sbucano i seni, appiattiti; la testa è rivolta di lato e il suo ansimare, che è sempre stato un potente afrodisiaco, rassomiglia più a un gorgoglio agonizzante.
La massa del corpo impedisce alla mano di raggiungere la clitoride, cosa che le renderebbe perlomeno sopportabile quell’inaspettato risveglio domenicale; dietro gli occhi chiusi, il suo pensiero va all’istruttore di yoga, del quale è innamorata per come ci si può innamorare di una persona carismatica, lontana e irraggiungibile e dunque desiderabile proprio per la sua innocuità; talvolta, insaponandosi sotto la doccia, immagina le sue lunghe dita affusolate, brune e inanellate, percorrere il biancore del suo corpo e allora, sotto lo scroscio dell’acqua che la purifica dalle negatività del mondo unendola spiritualmente all’uomo, la mano le scivola là sotto, masturbandosi fino ad urlare il suo orgasmo alle mute pareti del bagno.

Lui è appena uscito da una cotta per la nuova collega della Contabilità in quell’Ente parastatale, unica donna, in virtù del suo contratto interinale, al di sotto dei cinquant’anni; nel periodo di massima attrazione si svegliava alla mattina con la sensazione che qualcosa di bello potesse esserci anche per lui, e aveva preso a curare in maniera insolita l’igiene e l’abbigliamento, ipotizzando addirittura di iscriversi in palestra o di farsi un nuovo tatuaggio; durante il tragitto da casa al lavoro si preparava complimenti scherzosi e battute a doppio senso, che poi recitava, tentando di strapparle un sorriso, con la stessa naturalezza della lezione di uno scolaro delle elementari; finito l’orario lavorativo, tentava di prolungare la frequentazione invitandola al bar o offrendole un passaggio in auto.
Perdurando i suoi dinieghi, aveva poi indirizzato il corteggiamento sui social, postando vignette volgari al limite dell’oscenità e selfie sorridenti e rigorosamente solitari. Quando alla fine la donna aveva pubblicato sulla bacheca numerose sue immagini abbarbicata ad un ragazzo di colore muscoloso e sorridente, dapprima aveva insinuato dubbi sulla onestà dell’uomo, poi sulla moralità della donna, infine si era accomodato nella sua delusione e la sua sfera sessuale si era ridotta a serate trascorse stravaccato sul divano tra un cronista che commentava in maniera esagitata un qualche gesto sportivo e le ricerche di video porno taggati in maniera via via più estrema, al cospetto dei quali a tarda notte si masturbava senza gioia e senza piacere.

Alla fine l’erezione si sgonfia, e lui si abbatte di lato, frustrato e rancoroso, attribuendo la colpa del fallimento alla scarsa partecipazione della donna; lei, senza convinzione, tenta di consolarlo con un paio di carezze affrettate, facendolo sprofondare ancora di più nel senso di inadeguatezza e di rabbia; senza una parola scivola dal letto, e dopo poco nella casa si diffonde odore di caffè dalla moka preparata la sera prima, di tabacco bruciato, odori che si accompagnano alla solita voce del cronista al quale neppure la giornata festiva riesce a togliere la concitazione nella voce.

Lei vorrebbe dormire ancora un po’, ma disturbata dal rumore fatica a riprendere sonno; consulta il cellulare dove trova, nell’ordine: un messaggino della sorella - buona domenica, ciccia - faccino sorridente - come stai? - faccino perplesso - nn ti fai mai sentire... - faccino arrabbiato - chiamami! - faccino con bacio; un messaggino del vicino ipermercato che reclamizza - solo per oggi! - sconti incredibili sulla biancheria da casa; un messaggino della collega del sindacato che chiama tutto il collettivo insegnanti alla mobilitazione contro questo governo che - come avviene ogni anno negli ultimi trent’anni - massacra la scuola pubblica e privilegia spudoratamente quella privata; un messaggino del compagno che le manda la foto di un pilota saltellante con ancora il casco indosso e il commento: i campioni siamo noi!!!; un messaggino di buona domenica e buona vita da parte di Luana-Lunablù.
Risponde alla sorella - hai ragione, ciccia - faccino contrito - ci sentiamo presto - faccino sorridente, faccino con bacio; archivia la pubblicità; manda un pollice alzato alla collega sindacalista; una faccino sorridente e un pollice alzato pure al compagno; su Luana-Lunablù resta indecisa e si prende un attimo di riflessione.

Premesso che non è razzista, lui di politica - afferma durante le frequenti pause caffè davanti alla macchinetta - non se ne intende per nulla, però ci sono cose che anche i bambini capiscono: e una di queste cose che è che i negri - con la g, perchè come fanno i bambini non bisogna avere paura di chiamare le cose col loro nome - ci stanno invadendo, per il godimento delle donne, che essendo tutte puttane, proprio come la nuova collega della Contabilità, che poi essendo interinale non è neppure del tutto collega, non possono che trarre piacere da questa invasione di mandinghi, per non parlare poi dei finocchi, che dilagano ovunque in tv e sui giornali tentando di convincerci che è normale prenderselo in culo; infine, dopo la prima mezz’ora di comizio, quando il risentimento si isterizza in rabbia, se la prende con quei ladri che stanno a Roma, che mangiano e bevono alle spalle di chi, come lui, come noi, si fa un culo così per portare a casa quattro lire.

Lei, ancora a letto, sfoglia distrattamente il romanzo delle cinquanta sfumature colorate, leggiucchiando senza convinzione qua e là, sognando una vita diversa, e più limitatamente, cercando una risposta da mandare; dopo l’ultima lezione di yoga, Luana-Lunablù l’ha abbracciata con enfasi, sfiorandole le labbra con un bacio fuggevole; lei non è mai stata attratta da un’altra donna, ma sente il bisogno disperato di amore o, più modestamente, di affetto, di tenerezza o anche solo di comprensione; e forse Luana-Lunablù potrebbe darle tutto questo, non necessariamente finendo a letto come due lesbiche - dio che senso anche solo la parola - ma limitandosi ad una cara, carissima amicizia. Ma ha paura di essere rifiutata quasi quanto di essere accettata e, in questo caso, ha il terrore, che fa fatica ad ammettere anche a se stessa, del confronto fra il suo corpo, sformato dai troppi cibi precotti consumati sul divano mentre osserva le vite degli altri contendersi un trono, con quello felino e flessuoso di Luana.
Alla fine decide di rimandare la questione, decide pure che in questi giorni mangerà dei cereali integrali, che senza maionese fanno schifo ma che dicono che sgonfiano, e magari per la prossima lezione di yoga si farà la ceretta e proverà un nuovo deodorante; con lo spirito di Rossella pensa che domani sarà un altro giorno e si vedrà, e per oggi si accontenta di riciclare una gif animata, ricevuta tempo fa dalla sorella, di un gattino che muovendo la zampetta miagola un augurio di buona domenica. Resta in attesa che lo spunto divenga blu, poi esce precipitosamente dalla app di messaggistica.

In cucina la voce del telecronista è cambiata ma la concitazione è rimasta uguale, e i cori da stadio hanno sostituito il rombare dei motori da corsa. Appoggiato in semiincoscienza al tavolo, mentre la sigaretta si consuma da sé, lui sogna una vita tonda, come uno pneumatico, come un pallone; nessuno spigolo da svoltare né alcun bordo da costeggiare, nessuna iniziativa di coccole da prendere, né decisione da assumere, ma solo un pigro rotolare su se stessi guidati dalla momentanea linea di maggiore gravità.

Nel frattempo il sole è salito nel cielo, e la luce più obliqua illumina mulinelli di pulviscolo che danzano nell’aria. Lei, ancora a letto, valuta se sia il caso o meno di cambiare le lenzuola, non riesce a ricordare a quando risalga l’ultimo cambio, ma lavare le lenzuola, stenderle, ritirarle e riporle è una faticaccia che sfianca solo a immaginarla. Poi si alza, pensando che forse oggi, magari fra la fine delle partite pomeridiane e l’inizio di quelle serali, potrebbero andare all’ipermercato approfittando degli sconti, e magari mangiare qualcosa al fast food; così le raccoglie e le mette in lavatrice, come al solito incerta su quale programma di lavaggio impostare.

Accompagnati dal ronzio monotono dell’elettrodomestico, i colori delle lenzuola si bagnano e si ravvivano, componendosi e scomponendosi come in un caleidoscopio; ma la vivacità delle tinte non riesce ad oltrepassare la barriera dell’oblò e resta confinata al lento roteare del cestello.
In cucina il microonde tintinna, e il pranzo domenicale è pronto.
scritto il
2018-10-14
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