La Famiglia SpA - 5/5
di
fabrizio
genere
etero
Da allora sono passati molti anni e ora sul trono da patriarca dell’Avvocato mi ci sono appollaiato io; nel tempo le persone si sono avvicendate; Sorriso di porcellana si è trasferita all’estero e con fondi leciti e illeciti ha messo su un suo harem personale che, a dispetto dell’età, riesce ancora a spremere fino al midollo; l’Avvocato invece ha fatto una brutta fine trovando qualche ragazzotto non così docile nel farsi umiliare; come sempre, le scelte sbagliate si pagano duramente…
Da parte mia ho scoperto il fascino della discrezione nell’esercizio del Potere: di tanto in tanto mi faccio omaggiare da qualche giovane associato o associata, facendoli inginocchiare fra le gambe o inginocchiandomi io stesso nelle loro profondità; una volta al mese organizzo, per l’intero ufficio, una riunione generale dove viene data al personale la possibilità di dare libero sfogo, molto libero e molto sfogo, alle proprie pulsioni. A tutti viene chiesta assoluta fedeltà alla Famiglia S,p.A., prima ancora che alla propria, di famiglia, e la fedeltà chiede di venire riconosciuta; in queste occasioni mi piace osservare la gioiosa esplosione di vitalità, e solo se invitato partecipo attivamente.
Mi sono ritagliato piccole responsabilità dalle quali traggo il massimo piacere con il minimo sforzo, ad esempio… si sente bussare alla porta e si affaccia la Dottoressa dalla voce roca; a dispetto dell’età e anche grazie ad abbondanti interventi di chirurgia estetica è rimasta praticamente uguale a quella che mi aveva a suo tempo introdotto nella Famiglia S.p.A.; come vecchi reduci, talvolta ricordiamo i vecchi tempi, e in questi anni il suo calore ed ospitalità non hanno fatto che accrescersi.
La Dottoressa pilota all’interno dell’ufficio una giovane praticante, una ragazzona fulva e lentigginosa, le gote imporporate dall’emozione; formazione, curriculum, precedenti esperienze… ormai io e la Dottoressa siamo immunizzati verso qualsiasi forma di banale seduzione, per cui l’attaccatura dei morbidi seni incorniciati dalla scollatura, il tonico sedere fasciato dall’abitino attillato e i piedi strizzati nelle décolleté a tacco vertiginoso non eccitano i nostri sensi; al contrario, da sofisticati buongustai del particolare, la nostra attenzione viene calamitata dell’incanto delle sue mani, curate, lunghe, affusolate, forti e delicate al tempo stesso; ne sono affascinato, anzi, ne siamo affascinati, visto che anche la Dottoressa non riesce a staccare gli occhi dalla danza ipnotica di quelle dita che, ne sono certo, sta immaginando di leccare golosamente, poi da quelle farsi disegnare sul corpo arabeschi di saliva tiepida ed infine esplorare qualche suo voglioso orifizio.
Concordo con la praticante un facile compito iniziale - piano di fattibilità, analisi costi e benefici, business plan - con l’intendimento di ritrovarsi da li a una settimana per verificare il lavoro svolto.
Dopo averla accompagnata all’uscita - pare promettente, che ne dice? - chiede la Dottoressa, senza riuscire a nascondere un lampo rapace negli occhi.
Già, una giovane davvero interessante - ribatto io - da spingere al limite e oltre… potrebbe darci grandi soddisfazioni…
Altro bagliore…
Con il nostro consueto scherzo che nasce dalle mie metafore, - petto o coscia? - le chiedo.
Mi fa molto appetito - ribatte lei, sulla stessa lunghezza d’onda.
Sono un po’ ingrassato, non trova Dottoressa? Dovrei mettermi a dieta, o saltare qualche pasto… dicono che il digiuno faccia bene alla salute... - suggerisco io.
Dottore - dice lei appoggiando la mano al mio inguine - lei è un tesoro...
La Famiglia è il pilastro della nostra società - ribatto io sbottonandomi la patta e liberando il membro - e per proteggerla si accetta ogni sacrificio, anche quello di togliersi il pane dalla bocca...
Grazie di ciò che fa per noi - dice lei, portando il mio sesso alla bocca - le siamo tutti riconoscenti...
Dovere - farfuglio io - dovere; la Famiglia prima di tutto.
Alla fine mi sono emancipato. Sotto i colpi della magistratura, dai quali sono riuscito a farmi lambire in maniera del tutto marginale, e in un vortice di indiscrezioni, ricatti e trattative segrete, la Famiglia S.p.A. è crollata su se stessa come un castello di carte; quanto a me, ho preferito riparare per tempo in questa villa sulle alture della Costa Azzurra, dove l’azzurro inquieto del mare si stempera in quello pacato del cielo.
Non sono credente, non ho mai creduto in nulla tranne forse che in me stesso, ma prima di scoprire in quale inferno dell’aldilà passerò i tempi eterni, ho voluto concedermi un po’ di paradiso nell’aldiquà.
Ma da qualche tempo le cose non vanno molto bene, spesso faccio fatica a respirare e talvolta il cuore segue un ritmo tutto suo, e neppure le quotidiane bevute del liquido denso e vitale che il ruspante giardiniere dispensa aiutano a riprendermi.
La foschia che offusca la vista mi fa temere di non riuscire a schivare il prossimo arrivo della pallina nera, quella numero otto, quella che quando si imbuca pone fine alla partita, e della quale sto sentendo il pauroso sibilo in avvicinamento.
Mi sistemo meglio sulla sdraio, e passo per un’ultima volta la lingua sulle labbra, che sanno di salsedine, sperma e sfinitezza, e che mi sono state fedeli compagne in questa avventura; poi chiudo gli occhi e, senza piacere ma senza dolore, scivolo lentamente nella profondità del nulla.
Da parte mia ho scoperto il fascino della discrezione nell’esercizio del Potere: di tanto in tanto mi faccio omaggiare da qualche giovane associato o associata, facendoli inginocchiare fra le gambe o inginocchiandomi io stesso nelle loro profondità; una volta al mese organizzo, per l’intero ufficio, una riunione generale dove viene data al personale la possibilità di dare libero sfogo, molto libero e molto sfogo, alle proprie pulsioni. A tutti viene chiesta assoluta fedeltà alla Famiglia S,p.A., prima ancora che alla propria, di famiglia, e la fedeltà chiede di venire riconosciuta; in queste occasioni mi piace osservare la gioiosa esplosione di vitalità, e solo se invitato partecipo attivamente.
Mi sono ritagliato piccole responsabilità dalle quali traggo il massimo piacere con il minimo sforzo, ad esempio… si sente bussare alla porta e si affaccia la Dottoressa dalla voce roca; a dispetto dell’età e anche grazie ad abbondanti interventi di chirurgia estetica è rimasta praticamente uguale a quella che mi aveva a suo tempo introdotto nella Famiglia S.p.A.; come vecchi reduci, talvolta ricordiamo i vecchi tempi, e in questi anni il suo calore ed ospitalità non hanno fatto che accrescersi.
La Dottoressa pilota all’interno dell’ufficio una giovane praticante, una ragazzona fulva e lentigginosa, le gote imporporate dall’emozione; formazione, curriculum, precedenti esperienze… ormai io e la Dottoressa siamo immunizzati verso qualsiasi forma di banale seduzione, per cui l’attaccatura dei morbidi seni incorniciati dalla scollatura, il tonico sedere fasciato dall’abitino attillato e i piedi strizzati nelle décolleté a tacco vertiginoso non eccitano i nostri sensi; al contrario, da sofisticati buongustai del particolare, la nostra attenzione viene calamitata dell’incanto delle sue mani, curate, lunghe, affusolate, forti e delicate al tempo stesso; ne sono affascinato, anzi, ne siamo affascinati, visto che anche la Dottoressa non riesce a staccare gli occhi dalla danza ipnotica di quelle dita che, ne sono certo, sta immaginando di leccare golosamente, poi da quelle farsi disegnare sul corpo arabeschi di saliva tiepida ed infine esplorare qualche suo voglioso orifizio.
Concordo con la praticante un facile compito iniziale - piano di fattibilità, analisi costi e benefici, business plan - con l’intendimento di ritrovarsi da li a una settimana per verificare il lavoro svolto.
Dopo averla accompagnata all’uscita - pare promettente, che ne dice? - chiede la Dottoressa, senza riuscire a nascondere un lampo rapace negli occhi.
Già, una giovane davvero interessante - ribatto io - da spingere al limite e oltre… potrebbe darci grandi soddisfazioni…
Altro bagliore…
Con il nostro consueto scherzo che nasce dalle mie metafore, - petto o coscia? - le chiedo.
Mi fa molto appetito - ribatte lei, sulla stessa lunghezza d’onda.
Sono un po’ ingrassato, non trova Dottoressa? Dovrei mettermi a dieta, o saltare qualche pasto… dicono che il digiuno faccia bene alla salute... - suggerisco io.
Dottore - dice lei appoggiando la mano al mio inguine - lei è un tesoro...
La Famiglia è il pilastro della nostra società - ribatto io sbottonandomi la patta e liberando il membro - e per proteggerla si accetta ogni sacrificio, anche quello di togliersi il pane dalla bocca...
Grazie di ciò che fa per noi - dice lei, portando il mio sesso alla bocca - le siamo tutti riconoscenti...
Dovere - farfuglio io - dovere; la Famiglia prima di tutto.
Alla fine mi sono emancipato. Sotto i colpi della magistratura, dai quali sono riuscito a farmi lambire in maniera del tutto marginale, e in un vortice di indiscrezioni, ricatti e trattative segrete, la Famiglia S.p.A. è crollata su se stessa come un castello di carte; quanto a me, ho preferito riparare per tempo in questa villa sulle alture della Costa Azzurra, dove l’azzurro inquieto del mare si stempera in quello pacato del cielo.
Non sono credente, non ho mai creduto in nulla tranne forse che in me stesso, ma prima di scoprire in quale inferno dell’aldilà passerò i tempi eterni, ho voluto concedermi un po’ di paradiso nell’aldiquà.
Ma da qualche tempo le cose non vanno molto bene, spesso faccio fatica a respirare e talvolta il cuore segue un ritmo tutto suo, e neppure le quotidiane bevute del liquido denso e vitale che il ruspante giardiniere dispensa aiutano a riprendermi.
La foschia che offusca la vista mi fa temere di non riuscire a schivare il prossimo arrivo della pallina nera, quella numero otto, quella che quando si imbuca pone fine alla partita, e della quale sto sentendo il pauroso sibilo in avvicinamento.
Mi sistemo meglio sulla sdraio, e passo per un’ultima volta la lingua sulle labbra, che sanno di salsedine, sperma e sfinitezza, e che mi sono state fedeli compagne in questa avventura; poi chiudo gli occhi e, senza piacere ma senza dolore, scivolo lentamente nella profondità del nulla.
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