Troppo tempo

di
genere
trio

Semisdraiato, con una fitta di gelosia osservo il volto del mio amante eclissarsi dietro la linea d’orizzonte dei glutei del nostro ospite. Poveraccio, sta svolgendo con molta diligenza ma poca perizia il compito per il quale è stato coinvolto, offrendogli le natiche e cercando di soddisfarmi con le labbra sottili, e mi chiedo se, nell’intimo della sua anima, la sua devozione gli procuri qualcosa di più piacevole che il solo essere partecipe della nostra intesa.
Privato del punto focale, lo sguardo scivola sulla sua schiena sudata, sul trapezio muscoloso che sorregge la nuca mentre accompagna il movimento del volenteroso pompino che mi sta facendo, sicuramente piacevole ma privo di quel pathos che potrebbe portarmi all’orgasmo, infine si stempera nei pensieri e nei ricordi.
Non ho mai condiviso fino in fondo questa sua passione nel farlo in tre: troppa pelle sudata che si struscia e si appiccica, troppi buchi da riempire con lingue, dita, sessi che si intrufolano furtivamente e sgattaiolano via senza memoria; troppa incertezza, sommatoria dai desideri che collidono, che mi sopraffà in maniera prepotente e che non riesco a gestire traendone la giusta dose di piacere che mi affascini a sufficienza nell’accogliere con piacevolezza le voglie altrui nella mia carne.
E poi mi da fastidio il suo motivare questa affannosa ricerca di un terzo come espressione della complicità che ci lega; già mi disturba, finito l’amore e la sigaretta a letto dopo l’amore, pensarlo tornare a casa dalla moglie, baciarla, condividerne tavola, letto, esistenza. Nelle mie notti d’angoscia lo immagino scoparla, usando questo lessico volgare perché per me meno doloroso, e venirle dentro giustificando il piacere, a se stesso ma principalmente a me, temo, come “solo” sesso. Come se il sesso potesse avere la dimensione del “solamente”, e non fosse invece, dal nostro primo respiro all’ultimo, l’incarnazione del nostro desiderio di essere onnipotenti e immortali, sia pure in quel singolo, breve istante quando il sesso pulsa e lo sperma si dissemina nel mondo.
Eppure lui prosegue coinvolgendomi nella sua onnivora voracità, proponendomi terzi alti, bassi, grassi, scheletrici, senza una vera scelta né preferenza, se non quella di poter esprimere la pulsione esibizionista di dimostrare, a se stesso e ad una porzione del mondo quanto più vasta, la potenza del suo sesso.
Al contrario io non riesco a fare a meno delle sue fragilità, della sua nascosta timidezza, quella che lo dominava nei primi tempi, quando solo l’idea di fare l’amore con un altro uomo era qualcosa di sconvolgente e inconfessabile; le stesse di quando lo avevo guidato, con dolcezza e pazienza, alla scoperta dei suoi veri desideri e della sincerità verso se stesso.
E neppure riesco a rinunciare a quell’attimo quando, ormai avvezzo al sesso con me, in prossimità dell’orgasmo alza gli occhi nei miei, come a chiedermi il permesso di riversarmi dentro il liquido biancastro e colloso del suo piacere; mentre io, ogni volta, mi interrogo come cristallizzare quel suo sguardo rendendolo incorruttibilmente eterno.
Il cigolio del letto mi strappa alle riflessioni; la testa e poi il tronco del mio amante riemergono e sono certo che, durante la sua eclisse, ha lubrificato con la lingua la rosa di carne del nostro ospite; ora lo vedo armeggiare nel solco delle natiche con gesti ed espressioni che ben conosco: con aria assorta divaricherà i lembi dello sfintere con i pollici, poi ci appoggerà il glande, e chiudendo gli occhi lo spingerà dentro con una penetrazione lenta e profonda; poi li riaprirà, afferrerà i fianchi del suo partner e lo tirerà a sé mentre ultimerà la penetrazione con un piccolo scatto finale, cosa che nello specifico fa sfuggire al beneficiario un piccolo guaito di dolore.
Le sue spinte si propagano attraverso tutto il corpo del nostro ospite, che sincronizza il ritmo della fellatio a quello che gli viene imposto all’altro capo del corpo. Osservo il mio amante muoversi e attendo paziente il compiersi dell’amplesso, fino a quell’attimo di muto dialogo finale. Seguo il ritmo del suo respiro, le microespressioni del volto e la tensione delle mani aggrappate ai fianchi; riesco a resistere ad un ritorno di gelosia illudendomi che in realtà stiamo facendo l’amore fra noi, e che quel corpo che si frappone tra noi non sia null’altro che un sottile diaframma di ossa, carne e merda, un qualcosa che separandoci ci ricongiunga ad un livello più profondo, invisibile a tutti tranne che a noi.
Alla fine il momento arriva, lui alza il suo sguardo nei miei occhi, ed io sento il mio desiderio indotto dal suo travolgermi in modo inarrestabile; sento il mio sesso gonfiarsi facendo presa sulle labbra del partner, gli afferro i capelli bloccandone il movimento e gli spingo il cazzo nel profondo della gola; nello stesso istante domo il suo tentativo di ribellione, sento le pulsazioni percorrermi il sesso fino ad esplodergli dentro e vedo il mio amante arcuarsi all’indietro urlando il suo orgasmo con un’ultima, profonda penetrazione.
Ci stacchiamo, e con uno scatto raggiungo la bocca del mio amante, intrecciando le labbra alle sue. Restiamo noi, solo noi due, mentre le nostre lingue giocano a inseguirsi e noi in apnea respiriamo affannosamente, e come ogni volta rimaniamo con quella bramosia sempre insoddisfatta l’uno dell’altro. Poi l’attimo passa, e mentre l’odore del sesso si assottiglia nell’aria lui mi lascia a rimettere a posto le cose in quella nostra comune parentesi di vita.
Così mi avvicino verso il mio ospite, allungo una mano verso il suo sesso ancora gonfio e con pochi colpi di mano gli faccio raggiungere il piacere. Mentre è ancora ansimante lo pulisco con delicatezza, poi gli offro un caffè. Lo preparo e glielo servo a letto. Lo beviamo. Fumiamo in un silenzio rotto solo dai nostri respiri. Penso a quand’è stata l’ultima volta che ho ospitato nel letto un uomo che non fosse il mio amante. Tanto. Forse troppo.
Lo vedo spegnere la cicca, poi con la mano ancora odorosa di nicotina allungarsi ad accarezzarmi il sesso afflosciato. Gli afferro il polso e lo porto ai capezzoli, accompagnandolo nell’accarezzarli e pizzicarli sul crinale fra piacere e dolore. Sento il mio sesso gonfiarsi e allora, le dita intrecciate alle sue, lo guido verso il solco delle mie natiche, insegnandogli i percorsi e i ritmi del mio piacere.
Sicuramente troppo, di tempo.
scritto il
2019-03-16
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