Carie
di
VicentinoGrey
genere
etero
“Osteria numero venti
Se la figa avesse i denti
quanti cazzi all’ospedale,
quante fighe in tribunale,
daghela ben biondina daghela ben bionda”
“Ho bisogno di una visita urgente” pensava tra sé la donna distesa sulla poltrona odontoiatrica “sono qui a farmi controllare in bocca e mi metto a canticchiare mentalmente le canzoni oscene dei frequentatori di bettole. Non posso fare delle associazioni logiche della parola ‘denti’ con frasi volgari in rima. Certo però che il mio dentista è come il vino rosso: col passare degli anni diventa sempre più apprezzabile. I suoi occhi sembrano zaffiri”.
Federica notò che lui stava muovendo le labbra, ma non colse nessuna parola di quello che stava dicendo, completamente immersa nei suoi pensieri. Si riscosse e il medico, pazientemente, ripeté.
-Dovrei essermi abituato ai tuoi distacchi astrali, ma riesci a sorprendermi ogni volta. Ti stavo spiegando che c’è una piccola carie sul premolare sinistro che è superficiale. Te la rimuovo senza anestesia e la otturo con un po’ di materiale composito. Avevamo programmato solo un veloce controllo: ti puoi fermare un po’ di più? Io non ho problemi perché sei l’ultima paziente e ho già detto all’assistente che posso arrangiarmi da solo.
-Scusami tanto, Michele. Per me è ok: toglila pure. Sto pensando alle vacanze e mi immaginavo una spiaggia bianca che si affaccia su un mare azzurro come i tuoi occhi. È colpa mia se sono stressata dalle scadenze fiscali e ho bisogno di distrarmi spesso?
Il muso leggermente imbronciato della giovane donna strappò un sorriso divertito da parte del dentista che si sistemò sulla poltrona per meglio procedere alla rimozione della carie.
Nel predisporre il bicchiere per il risciacquo, però, perse aderenza con il pavimento e, scivolando, si adagiò sul morbido seno di Federica. Dovette fare appello a tutti i muscoli addominali e dorsali per risollevarsi, ma con comici risultati. Alla fine, tra gli spasmi di un riso incontrollabile, Federica riuscì a suggerirgli di appoggiarsi sulla sua spalla.
Michele si ricompose e recava sul viso i segni inconfondibili dell’imbarazzo. Sorpresa dal pudore dell’uomo, Federica cercò un modo per toglierlo dall’impaccio.
-Sono sicura che non ti sei fatto male, visto che sei caduto sul morbido. Però ti devi far perdonare.
-Mi sembra il minimo. Ti faccio la carie gratis! È sufficiente?
-No.
L’espressione di meraviglia non sorprese Federica che sorridendo maliziosamente scandì a bassa voce il costo del perdono.
-Mi devi baciare su entrambe le guance, con molta leggerezza. Devo sentire sul viso la tua sincera volontà di scusarti.
Michele si distese, rilassato, e si chinò sulla guancia destra, quella più vicina allo sgabello dove sedeva, e la baciò soavemente. Si staccò, passò radente sopra le labbra di Federica e con qualche piccola acrobazia appoggiò le labbra sulla guancia sinistra. Indugiò qualche lungo secondo e poi si rialzò.
-Sono perdonato? – chiese alla donna.
-Mmmmhh. Non del tutto. I due baci sono stati gradevoli, ma non mi fanno ancora sentenziare che hai pagato il tuo debito. Ci vuole il terzo bacio.
Michele teneva gli occhi azzurri incollati sui topazi nocciola della donna e si abbassò verso di lei, a pochi centimetri dal suo viso. Il suo alito profumava di fresco, come ci si aspetta da un dentista, e con voce bassa, chiese retoricamente.
-E dove lo vuoi il terzo bacio?
Federica lo guardò, incapace di rispondere. Alzò le braccia e gli circondò le spalle, invitandolo ad azzerare il piccolo spazio che separava le loro labbra.
Già al primo delicato tocco, un nugolo di farfalle si levò dallo stomaco e invase tutto il ventre. Quando le bocche si unirono del tutto, morbidamente, Federica si sentì pervadere dal calore. Nel momento in cui le labbra iniziarono il loro languido e umido strofinamento, gli umori sgorgarono copiosi e il sangue rigonfiò i petali della sua femminilità. Michele spinse per primo la propria lingua nella bocca della donna e trovò ad accoglierlo un muscolo guizzante e spudorato.
Le mani di lei premettero con forza sulla sua schiena e Michele, suo malgrado, si trovò nuovamente in contatto con i grossi seni turgidi della propria paziente. La posizione, la passione e l’ardore con cui si protraeva quel bacio fecero aumentare gemiti e sospiri a entrambi. I movimenti dei due corpi fecero scivolare Federica verso la parte terminale della poltrona e l’attrito con la gomma le fece rialzare la gonna. Quando Michele, stanco per la scomoda posizione, si rialzò e spostò lo sgabello verso la parete, notò lo slip bianco chiazzato.
-Credo sia giusto per la legge sulle pari opportunità che anche tu veda in che condizioni sono, visto che io ho potuto vedere quanto sei fradicia.
Così dicendo, il medico si tolse il camice, zoccoli e i jeans, rimanendo con i boxer deformati dalla protuberanza maschile che premeva sotto il tessuto tesissimo. Federica si alzò col capo e fece una smorfia di autentica ammirazione. Nel mentre, le sue mani corsero a sbottonare con studiata lentezza i bottoni della camicetta. Michele la imitò e rimase per primo con addosso il solo intimo. I suoi occhi erano attratti dai globi di carne che si muovevano come piccoli mantici e dalle cosce che si erano involontariamente allargate, quasi a inviare un istintivo segnale di accoppiamento.
La natura animale stava prendendo il sopravvento della situazione: la donna si mise seduta e sfilò scarpe e gonna, rimanendo anch’essa vestita con la sola biancheria. Il dentista allungò la mano verso la sua avvenente paziente e quando la ebbe nella sua, la strinse e la portò con sé verso il proprio ufficio, dove stazionava un divano a 3 posti. Con la naturalezza di chi ha ripetuto il gesto per molte volte, Michele roteò la seduta e ne ricavò un letto completo di lenzuolo e coperta.
-Vista la prontezza con cui hai tirato fuori il letto, mi vien da pensare che non sono la prima paziente che ti scopi in studio – osservò Federica con la voce leggermente rancorosa.
-Vista la situazione e la complicità che si è instaurata tra noi, dopo anni di reciproca frequentazione professionale, posso confessarti che da circa un mese questa è la camera da letto che uso da lunedì a giovedì sera. Le altre notti sono ospitato da mia madre: mi sono separato da mia moglie.
-Oh, cazzo. Non ne sapevo nulla.
-Non potevi saperlo, ma ora che lo sai, ci possiamo mettere più comodi?
Senza emettere suoni, la donna si adagiò sul letto, fece cenno a Michele di avvicinarsi restando in piedi e poi gli fece scendere i boxer lungo le gambe, facendogli rimbalzare il sesso contro il ventre muscoloso. Avvicinò poi la bocca alle cosce dell’uomo e lo baciò, salendo piano piano fino a sfiorare con i capelli i testicoli gonfi. Lambì l’intera vena fino al frenulo, gli solleticò la porzione di glande che era priva del prepuzio con la punta della lingua e poi si mise di fianco. Slacciò il reggiseno, strappando un’espressione di autentica sorpresa da parte dell’uomo e infine si tolse l’ultimo ostacolo che si frapponeva tra il suo corpo e il simulacro del piacere che stazionava rigido davanti ai suoi occhi.
-Federica. Sono senza parole. Avevo la percezione che sotto gli abiti si celasse una bellezza naturale, ma non a questi livelli. Sono piacevolmente sconvolto.
-Vieni. Voglio che tu mi tratti come una dea, visto che stasera ho visto in te la reincarnazione di Apollo.
-Ti prometto che sarai la mia Dafne.
Michele si adagiò con grazia vicino alla donna e le baciò nuovamente le labbra. Con calma e perizia, la stimolò con la lingua lungo il collo, la spalla, il braccio. Si dedicò alla gola e scese lungo la valle che si apriva tra le due mammelle floride. Federica si distese supina per dare tutta la sua pelle in pasto alle carezze languide che lingua e mani stavano distribuendo su tutto il suo corpo. Bastarono pochi minuti perché un tocco più energico di altri le inducesse un movimento come generato dal solletico. Il suo sospiro crebbe ben presto di intensità e le mani non riuscivano a stare lontane dal corpo atletico di lui. Le sue dita percorrevano ogni lembo della sua pelle come se si trattasse di un’arpa da cui trarre note celestiali. Neppure i piedi furono risparmiati da stimoli e attenzioni.
-Quanto vuoi andare avanti, mio Apollo? Le tue premure mi stanno sciogliendo come gelato al sole.
-Mi piace questa metafora, mia dolce Dafne. Ho giusto voglia di assaporarti.
Non ebbe tempo di protestare che già la lingua di Michele si era infilata prepotente tra le labbra del suo sesso e la stavano deliziosamente facendola decollare verso le più alte sfere dell’empireo.
-Basta così. Ti voglio dentro di me. Ti chiedo di usare un profilattico per prudenza oppure di stare attento perché ho finito il ciclo qualche giorno fa.
Michele non se lo fece ripetere due volte. Si alzò sulle ginocchia e appoggiò il cazzo già scoperto sulle labbra dell’amante e spinse lentamente per forzare il facile ostacolo che il corpo femminile offriva dopo una settimana di astinenza sessuale.
Il membro si fece largo senza difficoltà e riempì totalmente la vagina. Quando i due corpi furono completamente uniti, i due amanti si baciarono con rinnovata passione. I loro bacini si muovevamo per cercare una impossibile fusione fisica, ma riuscendo invece a farli confluire spiritualmente in un unico essere. Le penetrazioni erano lente e profonde, ma col trascorrere del tempo aumentarono di frequenza e lo sbattere dei corpi divenne sempre più sonoro.
Le forti gambe della donna circondarono la schiena dell’amante e lo strinsero con forza contro il corpo lucido di sudore. Piccole perle si erano formate tra i seni e la fronte luccicava per il calore che l’amplesso produceva nella donna. Quando le labbra di lui si richiusero sui capezzoli e iniziarono dapprima a succhiare e poi a stringere con forza, l’orgasmo arrivò impetuoso e le fece vedere gli infiniti colori del paradiso. Michele non smise un istante con i movimenti pelvici né con le labbra sui seni, provocando una serie di strani rantoli in Federica che, superato il parossismo dell’orgasmo, era ancora sovrastimolata dall’uomo sopra di lei.
Michele allora si lasciò andare e affondò animalescamente nel corpo di lei fino a raggiungere la soglia senza ritorno che precludeva l’orgasmo. Si sfilò dal sesso fradicio di lei, pronto a schizzarle sulle tette, ma fu sorpreso dalla repentina risurrezione di Federica che si gettò con la bocca a raccogliere il seme di lui. L’uomo, impossibilitato a reagire, si lasciò cullare dalla bellissima sensazione che la lingua di Federica gli donava nel circumnavigare il grosso glande mentre densi fiotti si addensarono nel cavo orale. La donna non volle abbandonare il membro finché la consistenza rimaneva così superba e questo fece sì che rivoli di sperma uscirono dalla bocca per gocciolare sui seni.
La donna lasciò il sesso dell’uomo quando costui finì di essere un puro ammasso di terminazioni nervose concentrate in un unico punto del suo corpo, situazione che egli manifestava con strani suoni e scatti muscolari incontrollabili. Poi entrambi crollarono esausti e appagati.
Rimasero per dieci minuti in totale silenzio, fianco a fianco, mano nella mano.
Fu Federica a rompere l’incanto.
-Cavolo! Ma sono le otto: è tardissimo. Non puoi farmi la carie stasera.
-Mi tocca darti ragione – sorrise sornione il dentista – che ne dici di un appuntamento per domani sera?
-Domani sera ti porto fuori a cena e poi ti riaccompagno qui, in studio. Per la carie, chiamo la tua assistente domani e fisso un appuntamento pomeridiano, altrimenti non riuscirai mai a toglierla.
-Si chiederà cosa abbiamo fatto tu ed io, stasera, se non siamo riusciti a venirne a capo.
-Le dirò che abbiamo disquisito sulla mitologia greca e che poco prima di intervenire è sopravvenuto un impegno urgente.
-Quello di esserti accertata che ti amo?
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