Regina di cuori, regina di fiori, due jack - sera
di
VicentinoGrey
genere
sadomaso
- Oggi faremo shopping. Non voglio assolutamente che accada qualcosa che possa far intuire che siete gay. Se mi fate fare brutta figura, ve ne farò pentire amaramente, quando torneremo a casa stanotte. Chiaro?
- Sì, chiaro – disse Sergio, subito dopo imitato dal giovane amico.
Entrati in un negozio di abbigliamento maschile, Andrea convinse Sergio a provare una vezzosa polo lilla. Quando l’uomo uscì dal camerino, Andrea batté le mani, accompagnando lo schiocco dei palmi con un “bellissimo!”, facendo voltare il commesso che stava aiutando un altro cliente.
Emma lo incenerì con lo sguardo.
- Se non vi avessi avvisato, cosa cazzo avreste fatto? – domandò inviperita.
I due uomini assunsero un’aria mortificata e soprattutto Andrea percepì anche un’aura di rimprovero da parte del compagno.
Concluso il giro al centro commerciale, il trio salì in auto e la donna comunicò la tappa successiva.
- A Bogliasco c’è una festa dove si esibisce una band che esegue le canzoni di Lucio Battisti. Sicuramente saprete che lui finanziava gruppi di estrema destra e quindi siete pregati di comportarvi da amici rigorosamente eterosessuali. In quel posto, se fate le checche rischiate anche di prendervi un sacco di randellate!
Giunsero a destinazione quando il sole stava assumendo un colore arancio intenso e la band stava facendo le prove tecniche prima del concerto: c’era tempo abbondante per scegliere con calma i piatti proposti dallo stand gastronomico e cenare in tranquillità.
Dopo un po’ di coda, il trio si accomodò a un tavolo, a metà del tendone. Nell’appoggiare il vassoio, Andrea non riuscì a spostare la panca e si sbilanciò, facendo rovesciare il bicchiere d’acqua. Istintivamente lanciò uno strillo che fece girare quelli che gli stavano intorno, compreso un ragazzo del servizio d’ordine.
Quando vide che l’acqua era in parte finita sul piatto di trenette, portò le mani sulla bocca, appoggiando tra loro le dita e queste poi sulle labbra, con una gestualità tutta femminile nel sottolineare la miscela di sorpresa, disappunto, imbarazzo e mortificazione per quanto successo.
Emma mantenne un’espressione neutra, ma vide con la coda dell’occhio che il ragazzo della sicurezza aveva un’espressione infastidita.
Mentre Andrea era indaffarato ad asciugare il vassoio con le salviette di carta, un gruppo di skinhead tatuati si era avvicinato a loro.
- I froci non sono graditi qui. Andatevene – disse il più muscoloso dei quattro ragazzi.
- E io cosa dovrei fare? Sono in macchina con loro e non ho cenato – replicò Emma.
- La prossima volta ti scegli meglio gli accompagnatori, bella. Alza le chiappe e vattene, prima che vi alziamo noi.
- Lasciateci cenare e poi ce ne andiamo: in fin dei conti abbiamo contribuito alle spese della festa – tentò di mediare la donna.
- Non mi sono spiegato bene, forse. Ho detto: andatevene, sottintendendo “subito”. Prenditi questi venti euro come restituzione di quanto hai pagato e vattene fuori dai coglioni!
I tre si alzarono, lasciando i vassoi e la banconota sul tavolo. Salirono in auto e tornarono a Genova nel più assoluto silenzio.
Salirono nell’appartamento di Emma e, non appena varcata la soglia, i due uomini rabbrividirono per il tono con cui la loro padrona pronunciò le parole “me la pagherete cara: mettetevi nudi come vermi e aspettatemi in sala”.
I due uomini obbedirono e attesero in piedi il ritorno di Emma.
Costei si presentò in reggiseno e culottes neri, con un paio di scarpe col tacco, anch’esse nere. Reggeva nella mano destra uno scudiscio da cavallo e quella sinistra stringeva un fallo di gomma nera.
- A cuccia, cani. Spingete il culo bene in fuori, abbassate la testa e appoggiate le vostre zampe anteriori sul divano.
I due uomini obbedirono e attesero, proni.
Un calcio colpì i testicoli di Andrea, che gridò per il dolore e il successivo raggiunse invece lo scroto di Sergio.
- Sono molto arrabbiata! Mai prima d’ora ho preso a calci nei coglioni i miei schiavi: voi ci siete riusciti.
Una serie di scudisciate iniziò a colpire le natiche di Andrea e di Sergio, alternativamente.
- Io parlo, faccio le mie raccomandazioni e voi mi fate saltare la cena?
L’intensità dei colpi aumentò e alcuni gemiti uscivano ogni tanto dalle bocche dei due schiavi.
- Vi avviso per tempo e poi ottengo lo stesso risultato come se non avessi parlato? Ma cosa siete? Uomini o cani? Sicuramente siete degli uomini mononeuronici perché i cani sono più intelligenti e affidabili di voi!
I colpi ora si abbattevano sulla schiena e sulle cosce dei due schiavi, lasciando una striscia rossa sulla pelle, dopo ogni scudisciata.
Ora i gemiti erano sincronizzati con i colpi, tanta era la ferocia con cui la verga schioccava sui loro corpi.
Una lieve velatura di goccioline di sudore si formò sulla fronte della padrona ed Emma capì che si stava affaticando.
- Sono stanca: mettetevi a 69 e succhiatevi il cazzo a vicenda. Io mi siedo e guardo.
I due schiavi obbedirono. Sergio si distese a terra e Andrea si posizionò sopra di lui: entrambi iniziarono a suggere lentamente il membro dell’altro.
Emma intanto si era tolta le culottes e iniziò ad accarezzarsi il sesso. Quando si stancò dello spettacolo della doppia fellatio, diede loro altre disposizioni.
- Basta così. Sergio, tu ti metti in ginocchio sulla poltrona e tu, Andrea, adesso incula per bene il tuo amico bisessuale e voglio che lo sfondi per bene. Se gli dai tregua o provi pietà per lui, ti strapperò la pelle del culo a suon di frustate. Intesi?
Sergio si posizionò come voleva la sua padrona e respirò a fondo. Andrea prese il flacone di lubrificante che Emma teneva in un vano del mobile accanto alla poltrona e ne spremette una buona quantità. Unse il proprio fallo ed entrò nel retto del suo amante.
Si concesse pochi secondi per adattarsi al corpo di Sergio e poi iniziò a martellarlo. Dapprima con colpi lenti e profondi e poi accelerò. Aveva paura della vendetta di Emma.
Il medio della donna intanto sembrava impazzito: mulinava vorticosamente sul clitoride e sulle labbra del suo sesso. I testicoli di Andrea sbattevano contro quelli di Sergio, aggiungendo ulteriori suoni allo schianto prodotto dal suo bacino contro le natiche del compagno.
Costui iniziò a lamentarsi a ogni colpo ricevuto e poi non ci fu pausa: il dolore della punizione era una costante e non più limitata all’affondo del pene nel suo intestino.
Emma sorrise, compiaciuta e un brivido di piacere le percorse la spina dorsale. Si fermò e ascoltò le modulazioni della voce di Sergio, frutto della sofferenza che stava provando.
- Basta così – disse con voce imperiosa – cambiatevi di posto. E tu, Andrea, fagli un pompino per resuscitare quel cencio che il tuo amico ha davanti.
Infatti, la pena patita da Sergio era stata talmente abbondante che il suo sesso era diventato molle.
Il giovane gay però mise a frutto la sua abilità e ottenne in breve la resurrezione della carne. Prese poi il posto di Sergio e spinse indietro il deretano, pronto per la sodomizzazione.
Il suo amante, con l’ano slabbrato e arrossato, non prestò la benché minima attenzione nell’inserire il proprio membro nel retto dello schiavo.
Non appena vinta la resistenza dello sfintere, glielo schiantò fino in fondo, senza pietà: Andrea gridò ed Emma sentì una scarica di umori nel fondo del suo ventre.
Poi la percussione ebbe inizio, con una frequenza e un’energia mai viste prima, con sommo diletto della donna che incitava l’uomo più maturo a continuare in quel modo.
- Ecco, così! Così stai proprio interpretando quello che volevo io. È la giusta punizione che ti spetta, caro il mio Andrea! Così bello e così inutile come uomo: meriti di essere violentato come una troia qualsiasi. Sì! Adesso puoi pure strillare in falsetto! Sappi che sto godendo come una matta nel sentire gli schianti di Sergio contro il tuo culo aperto come una fica dopo il parto. Dai, dai, dai! La notte è lunga e ho in mente un sacco di cose da farvi fare.
Lasciò che i due continuassero ad accoppiarsi brutalmente e poi un secco “basta!” mise fine all’amplesso omosessuale.
- Andate in bagno a pulirvi l’uccello e poi portate qui il cesto delle mollette da bucato.
Quando i due schiavi tornarono in sala, Emma aveva già posato sul mobile a fianco della poltrona una coppia di cinghiette da ciclista e un paio di metri di gavetta.
- Mettetevi con le schiene a contatto.
I due ubbidirono e subito i loro polsi furono bloccati a coppie dalle cinghiette.
Emma poi prese una decina di mollette e le attaccò allo scroto di Sergio e lungo la vena del suo membro. Ripeté l’operazione sul fallo di Andrea. Prese la gavetta e la fece passare negli occhielli delle mollette attaccate al corpo di Sergio e poi a quelle attaccate ad Andrea.
Attaccò una coppia di mollette ai capezzoli dei due schiavi e ancora una volta li collegò con un filo attraverso la molla.
I due uomini erano col fiato sospeso: sapevano a cosa stavano andando incontro.
Quando Emma tirò il filo che univa le mollette attaccate ai capezzoli di Sergio, costui lanciò un urlo secco. Quando però ripeté il gesto con quelle attaccate ai genitali, l’uomo gridò a lungo e si piegò quasi in due per il dolore.
Andrea aveva il respiro corto e frequente, nella speranza di mitigare l’ineluttabile sofferenza che avrebbe dovuto affrontare a breve.
Emma però, sadicamente, perse del tempo per riposizionare mollette e spago sul corpo di Sergio e lasciò Andrea a cuocere nel fuoco lento dell’attesa della punizione.
La donna afferrò poi il filo che univa le mollette ai capezzoli e tirò gradualmente. Il giovane sentì la propria pelle trascinata dalla zigrinatura della molletta in un crescendo che si sincronizzò con il gemito che gli usciva dalla gola. Poi una molletta si sganciò dal suo corpo mentre l’altra aveva sformato il suo pettorale in un grottesco triangolo di muscolo. Un’ultima trazione fece saltare anche l’altra.
Emma si dedicò a ripetere il gioco con i suoi genitali: tirava lentamente finché una molletta dopo l’altra abbandonavano con uno schiocco il pene e poi lo scroto dell’uomo.
Un gemito prolungato fu il sottofondo della tortura.
Quando ne rimase attaccata solo una, afferrò anche la cordicella che congiungeva le pinze attaccate a Sergio e tirò con forza entrambe.
Il doppio grido le fece balzare il cuore in gola: Emma era eccitatissima e volle rifare nuovamente tutto.
La smania la investì: tirò le mollette dai capezzoli di Sergio, poi attaccò nuovamente le pinze a entrambi. Strappò via quelle dai capezzoli e dai genitali di Andrea e di nuovo lo fece a Sergio e di nuovo attaccò le mollette a entrambi e le tirò e le attaccò e le tirò e le attaccò…
Cinque supplizi consecutivi resero roche le voci dei due uomini.
Alla fine furono liberati.
- Adesso Sergio ti inginocchi e tu Andrea ti masturbi sulla sua faccia. Forza! Voglio che gli schizzi sul viso.
Andrea ubbidì e nel giro di pochi veloci movimenti di mano l’orgasmo si concretizzò in abbondanti schizzi che centrarono il viso dell’amante.
- Puliscilo ora!
Andrea leccò il proprio seme dal viso di Sergio.
- Bravo il mio schiavetto – commentò soddisfatta – e ora scambiatevi il ruolo.
Sergio impiegò un paio di minuti in più, ma alla fine replicò lo spettacolo per l’eccitatissima padrona.
Quando la lingua dell’uomo lambì le guance chiazzate di bianco di Andrea, Emma gemette per il piacere che salendo dal ventre le travolse il cervello.
- Sì, chiaro – disse Sergio, subito dopo imitato dal giovane amico.
Entrati in un negozio di abbigliamento maschile, Andrea convinse Sergio a provare una vezzosa polo lilla. Quando l’uomo uscì dal camerino, Andrea batté le mani, accompagnando lo schiocco dei palmi con un “bellissimo!”, facendo voltare il commesso che stava aiutando un altro cliente.
Emma lo incenerì con lo sguardo.
- Se non vi avessi avvisato, cosa cazzo avreste fatto? – domandò inviperita.
I due uomini assunsero un’aria mortificata e soprattutto Andrea percepì anche un’aura di rimprovero da parte del compagno.
Concluso il giro al centro commerciale, il trio salì in auto e la donna comunicò la tappa successiva.
- A Bogliasco c’è una festa dove si esibisce una band che esegue le canzoni di Lucio Battisti. Sicuramente saprete che lui finanziava gruppi di estrema destra e quindi siete pregati di comportarvi da amici rigorosamente eterosessuali. In quel posto, se fate le checche rischiate anche di prendervi un sacco di randellate!
Giunsero a destinazione quando il sole stava assumendo un colore arancio intenso e la band stava facendo le prove tecniche prima del concerto: c’era tempo abbondante per scegliere con calma i piatti proposti dallo stand gastronomico e cenare in tranquillità.
Dopo un po’ di coda, il trio si accomodò a un tavolo, a metà del tendone. Nell’appoggiare il vassoio, Andrea non riuscì a spostare la panca e si sbilanciò, facendo rovesciare il bicchiere d’acqua. Istintivamente lanciò uno strillo che fece girare quelli che gli stavano intorno, compreso un ragazzo del servizio d’ordine.
Quando vide che l’acqua era in parte finita sul piatto di trenette, portò le mani sulla bocca, appoggiando tra loro le dita e queste poi sulle labbra, con una gestualità tutta femminile nel sottolineare la miscela di sorpresa, disappunto, imbarazzo e mortificazione per quanto successo.
Emma mantenne un’espressione neutra, ma vide con la coda dell’occhio che il ragazzo della sicurezza aveva un’espressione infastidita.
Mentre Andrea era indaffarato ad asciugare il vassoio con le salviette di carta, un gruppo di skinhead tatuati si era avvicinato a loro.
- I froci non sono graditi qui. Andatevene – disse il più muscoloso dei quattro ragazzi.
- E io cosa dovrei fare? Sono in macchina con loro e non ho cenato – replicò Emma.
- La prossima volta ti scegli meglio gli accompagnatori, bella. Alza le chiappe e vattene, prima che vi alziamo noi.
- Lasciateci cenare e poi ce ne andiamo: in fin dei conti abbiamo contribuito alle spese della festa – tentò di mediare la donna.
- Non mi sono spiegato bene, forse. Ho detto: andatevene, sottintendendo “subito”. Prenditi questi venti euro come restituzione di quanto hai pagato e vattene fuori dai coglioni!
I tre si alzarono, lasciando i vassoi e la banconota sul tavolo. Salirono in auto e tornarono a Genova nel più assoluto silenzio.
Salirono nell’appartamento di Emma e, non appena varcata la soglia, i due uomini rabbrividirono per il tono con cui la loro padrona pronunciò le parole “me la pagherete cara: mettetevi nudi come vermi e aspettatemi in sala”.
I due uomini obbedirono e attesero in piedi il ritorno di Emma.
Costei si presentò in reggiseno e culottes neri, con un paio di scarpe col tacco, anch’esse nere. Reggeva nella mano destra uno scudiscio da cavallo e quella sinistra stringeva un fallo di gomma nera.
- A cuccia, cani. Spingete il culo bene in fuori, abbassate la testa e appoggiate le vostre zampe anteriori sul divano.
I due uomini obbedirono e attesero, proni.
Un calcio colpì i testicoli di Andrea, che gridò per il dolore e il successivo raggiunse invece lo scroto di Sergio.
- Sono molto arrabbiata! Mai prima d’ora ho preso a calci nei coglioni i miei schiavi: voi ci siete riusciti.
Una serie di scudisciate iniziò a colpire le natiche di Andrea e di Sergio, alternativamente.
- Io parlo, faccio le mie raccomandazioni e voi mi fate saltare la cena?
L’intensità dei colpi aumentò e alcuni gemiti uscivano ogni tanto dalle bocche dei due schiavi.
- Vi avviso per tempo e poi ottengo lo stesso risultato come se non avessi parlato? Ma cosa siete? Uomini o cani? Sicuramente siete degli uomini mononeuronici perché i cani sono più intelligenti e affidabili di voi!
I colpi ora si abbattevano sulla schiena e sulle cosce dei due schiavi, lasciando una striscia rossa sulla pelle, dopo ogni scudisciata.
Ora i gemiti erano sincronizzati con i colpi, tanta era la ferocia con cui la verga schioccava sui loro corpi.
Una lieve velatura di goccioline di sudore si formò sulla fronte della padrona ed Emma capì che si stava affaticando.
- Sono stanca: mettetevi a 69 e succhiatevi il cazzo a vicenda. Io mi siedo e guardo.
I due schiavi obbedirono. Sergio si distese a terra e Andrea si posizionò sopra di lui: entrambi iniziarono a suggere lentamente il membro dell’altro.
Emma intanto si era tolta le culottes e iniziò ad accarezzarsi il sesso. Quando si stancò dello spettacolo della doppia fellatio, diede loro altre disposizioni.
- Basta così. Sergio, tu ti metti in ginocchio sulla poltrona e tu, Andrea, adesso incula per bene il tuo amico bisessuale e voglio che lo sfondi per bene. Se gli dai tregua o provi pietà per lui, ti strapperò la pelle del culo a suon di frustate. Intesi?
Sergio si posizionò come voleva la sua padrona e respirò a fondo. Andrea prese il flacone di lubrificante che Emma teneva in un vano del mobile accanto alla poltrona e ne spremette una buona quantità. Unse il proprio fallo ed entrò nel retto del suo amante.
Si concesse pochi secondi per adattarsi al corpo di Sergio e poi iniziò a martellarlo. Dapprima con colpi lenti e profondi e poi accelerò. Aveva paura della vendetta di Emma.
Il medio della donna intanto sembrava impazzito: mulinava vorticosamente sul clitoride e sulle labbra del suo sesso. I testicoli di Andrea sbattevano contro quelli di Sergio, aggiungendo ulteriori suoni allo schianto prodotto dal suo bacino contro le natiche del compagno.
Costui iniziò a lamentarsi a ogni colpo ricevuto e poi non ci fu pausa: il dolore della punizione era una costante e non più limitata all’affondo del pene nel suo intestino.
Emma sorrise, compiaciuta e un brivido di piacere le percorse la spina dorsale. Si fermò e ascoltò le modulazioni della voce di Sergio, frutto della sofferenza che stava provando.
- Basta così – disse con voce imperiosa – cambiatevi di posto. E tu, Andrea, fagli un pompino per resuscitare quel cencio che il tuo amico ha davanti.
Infatti, la pena patita da Sergio era stata talmente abbondante che il suo sesso era diventato molle.
Il giovane gay però mise a frutto la sua abilità e ottenne in breve la resurrezione della carne. Prese poi il posto di Sergio e spinse indietro il deretano, pronto per la sodomizzazione.
Il suo amante, con l’ano slabbrato e arrossato, non prestò la benché minima attenzione nell’inserire il proprio membro nel retto dello schiavo.
Non appena vinta la resistenza dello sfintere, glielo schiantò fino in fondo, senza pietà: Andrea gridò ed Emma sentì una scarica di umori nel fondo del suo ventre.
Poi la percussione ebbe inizio, con una frequenza e un’energia mai viste prima, con sommo diletto della donna che incitava l’uomo più maturo a continuare in quel modo.
- Ecco, così! Così stai proprio interpretando quello che volevo io. È la giusta punizione che ti spetta, caro il mio Andrea! Così bello e così inutile come uomo: meriti di essere violentato come una troia qualsiasi. Sì! Adesso puoi pure strillare in falsetto! Sappi che sto godendo come una matta nel sentire gli schianti di Sergio contro il tuo culo aperto come una fica dopo il parto. Dai, dai, dai! La notte è lunga e ho in mente un sacco di cose da farvi fare.
Lasciò che i due continuassero ad accoppiarsi brutalmente e poi un secco “basta!” mise fine all’amplesso omosessuale.
- Andate in bagno a pulirvi l’uccello e poi portate qui il cesto delle mollette da bucato.
Quando i due schiavi tornarono in sala, Emma aveva già posato sul mobile a fianco della poltrona una coppia di cinghiette da ciclista e un paio di metri di gavetta.
- Mettetevi con le schiene a contatto.
I due ubbidirono e subito i loro polsi furono bloccati a coppie dalle cinghiette.
Emma poi prese una decina di mollette e le attaccò allo scroto di Sergio e lungo la vena del suo membro. Ripeté l’operazione sul fallo di Andrea. Prese la gavetta e la fece passare negli occhielli delle mollette attaccate al corpo di Sergio e poi a quelle attaccate ad Andrea.
Attaccò una coppia di mollette ai capezzoli dei due schiavi e ancora una volta li collegò con un filo attraverso la molla.
I due uomini erano col fiato sospeso: sapevano a cosa stavano andando incontro.
Quando Emma tirò il filo che univa le mollette attaccate ai capezzoli di Sergio, costui lanciò un urlo secco. Quando però ripeté il gesto con quelle attaccate ai genitali, l’uomo gridò a lungo e si piegò quasi in due per il dolore.
Andrea aveva il respiro corto e frequente, nella speranza di mitigare l’ineluttabile sofferenza che avrebbe dovuto affrontare a breve.
Emma però, sadicamente, perse del tempo per riposizionare mollette e spago sul corpo di Sergio e lasciò Andrea a cuocere nel fuoco lento dell’attesa della punizione.
La donna afferrò poi il filo che univa le mollette ai capezzoli e tirò gradualmente. Il giovane sentì la propria pelle trascinata dalla zigrinatura della molletta in un crescendo che si sincronizzò con il gemito che gli usciva dalla gola. Poi una molletta si sganciò dal suo corpo mentre l’altra aveva sformato il suo pettorale in un grottesco triangolo di muscolo. Un’ultima trazione fece saltare anche l’altra.
Emma si dedicò a ripetere il gioco con i suoi genitali: tirava lentamente finché una molletta dopo l’altra abbandonavano con uno schiocco il pene e poi lo scroto dell’uomo.
Un gemito prolungato fu il sottofondo della tortura.
Quando ne rimase attaccata solo una, afferrò anche la cordicella che congiungeva le pinze attaccate a Sergio e tirò con forza entrambe.
Il doppio grido le fece balzare il cuore in gola: Emma era eccitatissima e volle rifare nuovamente tutto.
La smania la investì: tirò le mollette dai capezzoli di Sergio, poi attaccò nuovamente le pinze a entrambi. Strappò via quelle dai capezzoli e dai genitali di Andrea e di nuovo lo fece a Sergio e di nuovo attaccò le mollette a entrambi e le tirò e le attaccò e le tirò e le attaccò…
Cinque supplizi consecutivi resero roche le voci dei due uomini.
Alla fine furono liberati.
- Adesso Sergio ti inginocchi e tu Andrea ti masturbi sulla sua faccia. Forza! Voglio che gli schizzi sul viso.
Andrea ubbidì e nel giro di pochi veloci movimenti di mano l’orgasmo si concretizzò in abbondanti schizzi che centrarono il viso dell’amante.
- Puliscilo ora!
Andrea leccò il proprio seme dal viso di Sergio.
- Bravo il mio schiavetto – commentò soddisfatta – e ora scambiatevi il ruolo.
Sergio impiegò un paio di minuti in più, ma alla fine replicò lo spettacolo per l’eccitatissima padrona.
Quando la lingua dell’uomo lambì le guance chiazzate di bianco di Andrea, Emma gemette per il piacere che salendo dal ventre le travolse il cervello.
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