Piccante come il gulasch (parte 1)

di
genere
etero

Avevo scoperto che la nostra nuova cameriera, una bellissima ventenne di origine ungherese, se la faceva di nascosto con mio cognato. Si erano conosciuti durante il pranzo del 25 dicembre. Ma invece di celebrare la natività del Signore, avevano strofinato i loro inguini nel bagno di servizio, quello più lontano dalla sala da pranzo. Con tanto di mugolio a fare da sottofondo agli echi familiari della tombola.

Devo confessare che rosicavo non poco all'idea che Margit - morbidi capelli rosso mogano, occhi intensi color della nocciola - cedesse le sue grazie a un bifolco, brutto, tarchiato e antipatico come Nicola, l'uomo che aveva reso più volte cornuta la mia sprovveduta (e anche un po' stupida) sorella.

Mi ero ripromesso che entro Capodanno avrei dovuto riparare a questo doppio karma negativo. Da un lato, neutralizzare un cognato testa di cazzo che, oltre a essere testa di cazzo, aveva il torto di disonorare una donna di famiglia. E dall'altro, far sì che una studentessa alla pari (che si pagava vitto e alloggio facendo i lavori domestici a casa nostra) la smettesse di regalare la sua quarta di turgido reggiseno a un pezzente e iniziasse - magari, perché no - a flirtare con il sottoscritto.

Quando si dice "avere degli obiettivi motivanti per il nuovo anno".

Il 27 dicembre mio cognato, dimostrando di essere un coglione con tanto di patente, combina un casino dei suoi. Senza accorgersene. Mi manda PER SBAGLIO su WhatsApp una foto di lui che si fa succhiare l'uccello dalla ragazza ungherese. Faccio subito uno screenshot del messaggio incriminato, prima che lui lo cancelli. "Servirà quando mia sorella deciderà di cacciarlo di casa" rifletto tra me e me. Poi a lui rispondo, scrivendo "Bella foto!". Così che il coglione sapesse che io sapevo.

Dopo aver tolto di mezzo la testa di cazzo, e aver raggiunto il mio primo traguardo, inizio a dedicarmi al secondo obiettivo: flirtare con Margit. Bella, Margit... Incantevole. Quel suo rosso un po' castano dei capelli mi fa tendere il membro come un cane da punta.

Al suo paese, a Győr, una dolce cittadina sulle rive del Danubio, a metà strada tra Budapest e Vienna, lei faceva la modella. Quando è arrivata a casa nostra, inviata da un'agenzia specializzata in ragazze alla pari, ci ha raccontato che in Ungheria aveva iniziato a sfilare per case produttrici di biancheria intima. E che ora in Italia voleva studiare e cominciare a lavorare per qualche casa di moda.

Entrando in confidenza con mia moglie, una sera Margit le ha fatto guardare sul telefono alcuni scatti fatti in Ungheria. Di lei a 18 anni sul set fotografico, in reggiseno e mutandine o in autoreggenti e tacchi a spillo.
— Hai visto che bella che è Margit — ha detto mia moglie fissandomi, quando sono entrato in cucina. E facendo cenno alla ragazza di far vedere anche a me le sue foto, ha lanciato l'esca aggiungendo, maliziosa: "Ha proprio un fisico da modella".
— Eh sì... — ho replicato io, cercando di dissimulare.

Gli ingredienti, quindi c'erano tutti. La ventenne dell'Est con un corpo da paura, un culo spaziale e delle gambe da leccare senza sosta. Poi c'era la foto incriminante, che dimostrava la sua elastica mentalità sessuale, ma in qualche modo la rendeva ricattabile. E infine un desiderio da parte sua di mettersi a disposizione, aiutando nelle faccende domestiche e guardandosi intorno in cerca di occasioni lavorative. Il piano poteva scattare.

Il 29 dicembre la prendo da parte mentre sono tutti fuori casa. Lei sta stirando alcune camicie: indossa una t-shirt sui temi del giallo (che fa risaltare le sue tette modellate) e un paio di fuseaux blu militare. Ai piedi, scarpe da ginnastica bianche.
— Mi dica, signor XYZ — fa lei, girandosi con i capelli rosso mogano raccolti in una coda.
— Siamo molto contenti di te e della tua buona volontà — dico io, partendo alla lontana.
— Sono felice, siete tutti molto cari con me.
— Eh sì, direi proprio di sì... Anche mio cognato Nicola è stato molto caro con te, mi sembra.

Margit arrossisce nel suo incarnato pallido. Sul momento pare non capire. Le mostro la foto sul mio cellulare, quella dove lei guarda mio cognato dal basso in alto. Inginocchiata nel bagno, con oltre dieci centimetri di cazzo in bocca.
— È stato un bastardo, mi ha spinto dentro minacciandomi — replica lei, con le lacrime agli occhi.
— Posso capire — cerco di consolarla — lui non bada alla forma e non rispetta le donne.

In quel momento penso a mia moglie. Chi sono io per dare del bastardo a mio cognato? Poi rispondo ai miei sensi di colpa, distinguendo le diverse situazioni. Nicola si fotte ragazzine a destra e a manca, senza che mia sorella sospetti nulla. È un lurido tradimento inconsapevole.

Con la donna che ho sposato quasi 25 anni fa, invece, c'è una sorta di patto non scritto: lei di quando in quando si fa trombare dal bonazzo di turno, mentre io colleziono qualche farfalla dalle labbra vogliose e dalle curve ancora originali. Amen.

— Ora mi manderete via — piagnucola Margit, con gli occhi nocciola e l'espressione da cerbiatto.
— No, non ti mandiamo via. Anzi: ti ho detto che siamo contenti di te. Sei una bella ragazza, mia figlia ti ammira. E mia moglie, se fosse un uomo, ti sarebbe già saltata addosso.
— Oh, grazie signore! Lei è una persona buona. Avrei voluto avere un padre come lei.
— Vedi almeno di rispettare le regole. E a volte potrebbero essere 'strane' regole.

Non so perché mi sia uscita una frase del genere. Fatto sta che invece di tranquillizzarla, l'ho resa un po' inquieta.
— Ora finisci di stirare questa camicia, che potrebbe servirmi a Capodanno.

Lei annuisce asciugandosi la lacrima. Poi si aggiusta la t-shirt appiattendola sulle tette. E ricambiando in qualche modo la mia provocazione.

(continua/1)
scritto il
2019-01-17
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