La segretaria del dentista
di
PifferaioMagico
genere
orge
Da un po' di tempo il mio dentista aveva assunto una segretaria che solleticava non poco il desiderio erotico di noi pazienti. Elena, una moretta piuttosto alta, capelli lunghi raccolti in una coda, aveva le curve al posto giusto e il sorriso sempre malizioso. Ciò che turbava i clienti, già in ansia prima di finire sotto i ferri del dentista, era il suo modo di accoglierci in studio.
Sotto il camice bianco da assistente, si intravedevano delle minigonne da urlo e delle gambe fasciate da velati collant in tinta unita. Nonostante il contesto medico, la giovane amava indossare scarpe con il tacco alto: certi giorni erano décolleté nere, altri giorni stivaletti in pelle, raramente delle Michael Kors con il tacco appena più basso.
Truccata con discrezione (rossetto rosso scuro, matita appena accennata), la moretta - che a occhio poteva avere non oltre i 25 anni - completava il quadro con orecchini pendenti mai volgari e talvolta con occhiali da segretaria che rendevano impegnativa l'idea di reggere il suo sguardo.
Qualche giorno fa Elena mi accoglie sulla porta.
— Ah, è lei dottor XYZ... Buongiorno! Venga, si accomodi. Aspettavo la signora De Carlo ma forse è in ritardo.
— Buongiorno Elena, sono passato senza appuntamento perché volevo far vedere questa gengiva al dottore.
— Che cos'ha la sua bocca che non va? — mi risponde, lasciandomi sorpreso per quella piacevole invadenza.
— Non so bene... Da questa notte ha iniziato a farmi male e mi sembra un po' gonfia.
Con finta perplessità, la ragazza si aggiusta il camice e mi squadra per una frazione di secondo. In un lampo scorre dall'alto in basso con lo sguardo, per poi ritornare su di me.
— Eh in effetti le parti rigonfie vanno controllate per bene.
Deglutendo (e forse arrossendo anche un po') mi accomodo in sala d'attesa, dove un signore anziano si è leggermente assopito leggendo un "interessante" rivista medica. Ne approfitto per spippolare un po' sul cellulare, guardando la posta e qualche notifica dai social.
Cinque minuti dopo Elena compare sulla porta. Le sue gambe fasciate dalle calze di nylon sono un trampolino verso il paradiso.
— Signor Cosimato, tocca a lei... Venga! — dice rivolto all'uomo seduto di fronte a me, anche se dicendo "venga" incrocia il mio sguardo.
— Ah grazie! — risponde lui, alzandosi con piglio inaspettato.
Rimasto solo e ottenebrato dai tacchi a spillo e dalla minigonna sotto il camice, socchiudo gli occhi lasciandomi trasportare dall'immaginazione. Intravedo nella mia mente Elena che si inginocchia ai miei piedi, sfiorandomi con le dita laccate i pantaloni all'altezza del basso ventre e sussurrando parole del tipo "controlliamo un po' questa parte rigonfia...". In quella specie di dormiveglia faccio in tempo a squadernare il mio uccello muscoloso che... la porta si riapre!
— Tutto bene, dottor XYZ…?? — mi chiede lei, con espressione indagatoria.
— Ss... sì — balbetto io — Tocca a me?
— Non ancora… Prego signora De Carlo, si accomodi pure. Sono da lei tra qualche minuto.
Nella saletta d’attesa dove sto aspettando da solo, entra la signora De Carlo. Una milfona bionda come se ne vedono poche in giro. Ha una classe da modella, da contessa mi viene da pensare. È alta, elegante, dai modi educati ma erotici. Inforca tra i capelli color miele un paio di occhiali da sole neri che esaltano ancora di più il suo viso nordico.
La signora si presenta dal dentista con un giacchino di pelle color cammello, scollato davanti e corto a vita. La minigonna, anch’essa di pelle, è nera, come le calze che le avvolgono due gambe stupende. Gli stivali neri tacco dodici sotto il ginocchio completano un quadro che risveglierebbero un paziente dall’anestesia totale.
— Buongiorno — mi dice lei con fare educato, guardandomi distrattamente.
— Buongiorno — rispondo io, con la salivazione un po’ in difficoltà.
A quel punto inizia a rovistare morbidamente nella sua borsetta, da dove estrae un cellulare bianco. Dopo qualche secondo di digitazione, alza lo sguardo verso di me chiedendomi:
— Le dispiace se ascolto un messaggio audio? Ho lasciato in macchina gli auricolari…
— No si figuri, faccia pure.
Dalla chat di WhatsApp parte una voce femminile con accento filippino: “Signora le avevo lasciato sul letto le cose stirate… Ci sono quelle due camicette che ho lavato e quelle mutandine nere che mi aveva dato ieri sera. C’era qualche macchia di bianco ma sono riuscita a fare andare via tutto. Avevo capito che le voleva mettere stamattina… Forse si è dimenticata”.
La signora “contessa” rialza lo sguardo al mio indirizzo. Questa volta sorride con un’espressione imbarazzata.
— Mi dispiace, non pensavo proprio che la mia cameriera…
— Ma no — dico io — sono cose che succedono.
Lei guarda verso il basso e rimette il cellulare nella borsa. Io decido di giocarmi il tutto per tutto, con leggera vena poetica.
— La vita è fatta anche di piccoli dettagli. Tra questi, c’è anche il fatto di dimenticarsi le mutandine.
La signora De Carlo fa una faccia come per dire “Ho capito bene?”. Poi inclina leggermente la testa di lato e mi guarda con degli occhi indagatori.
— Lei pensa che io abbia dimenticato di indossare le mutandine?
A questo punto sono io ad arrossire. Ma mi riprendo in pochi istanti.
— Più che un pensiero, la chiamerei una speranza.
Per un attimo la contessa reclina il capo all’indietro e spalanca la bocca in modo sensuale. Poi si fa seria e dice:
— Perché restare con un dubbio del genere a quest’ora del pomeriggio?
Con movimento impercettibile, la milf bionda si centra sulla sedia e allarga piano piano le cosce guardandomi negli occhi. Le sue mani scorrono dalle ginocchia verso l’inguine, facendomi pompare il sangue a ritmi per me inediti. Dopo qualche secondo di lento apri-e-chiudi, la vedo. Poco sopra il bordo delle autoreggenti. Una figa di classe, degna di cotanta padrona.
La signora appoggia il dito indice della mano destra sul clitoride e poi muove con delicatezza le altre dita verso l’interno delle labbra, con piccole rotazioni circolari. Uno spettacolo che non ti aspetti di ricevere nella saletta d’attesa di un dentista. Poi accade l’impensabile.
Si spalanca la porta e compare Elena, la segretaria mora, con il camice bianco aperto e la minigonna in vista. La contessa fa in tempo ad accavallare le gambe e a lanciarmi un sorrisetto di complicità.
— La seduta con il signor Cosimato si fa lunga — dice la ragazza con voce da civetta — il dottor Paolini (il dentista) si sta facendo aiutare dal suo assistente universitario. Ne avranno per un po’, l’hanno anche anestetizzato, povero vecchietto…
Non capisco se prova veramente tenerezza per quel paziente sotto i ferri, oppure se sta andando a parare da qualche parte. Poco dopo le sue intenzioni diventano chiare.
— Io ero di là ma non sapevo cosa fare. Mi stavo annoiando tutta sola. Lei permette, dottor XYZ, se faccio due chiacchiere con la mia amica? A proposito, forse non vi ho presentato… Lei è la signora Emanuela De Carlo.
— Sssì… ci siamo in parte conosciuti poco fa — dico, guardando la contessa con imbarazzo.
— Oh sì Elena — risponde la signora, guardando la moretta — questo bell’uomo mi aveva appena lanciato una piccola sfida… Sai, insinuava che io avessi dimenticato di indossare le mutandine.
Se non fosse accaduto veramente, oggi penserei a una candid camera. Invece Elena, con gesto fintamente sorpreso, mi guarda spalancando occhi e bocca. E con le dita davanti alle labbra, pronuncia queste parole:
— Ma dottore..!! Mi stupisco di lei… Non la facevo così… maialino!
Da quel momento, la storia cambia sottofondo. Le due donne si siedono una a fianco dell’altra e avvicinandosi iniziano a baciarsi. Si passano soavemente le lingue, intrecciandole a vicenda. Nel farlo, le mani di entrambe iniziano ad accarezzarsi i capelli, poi le spalle e il viso. Infine si infilano sotto le rispettive scollature e si insinuano nei reggiseni, scivolando intorno, di lato e sui capezzoli.
Io da subito ho l’espressione di Forrest Gump seduto sulla panchina. Poi mi riprendo e mi protendo sulla sedia come uno spettatore divertito e attratto.
— Ci scusi, dottor XYZ, ma io e la mia amica siamo abituate così. Tutte le volte al momento della visita, il dottor Paolini vuole che la signora De Carlo venga, come dire… “scaldata” prima di entrare nello studio dentistico. E allora vengo io ad eccitarla. Spero non le dispiaccia, lei mi sembra un signore che ha girato il mondo…
Sì, ho girato il mondo, penso io, ma una scenetta del genere stento a ricordare di averla vissuta. Ma il bello deve ancora venire.
Elena si slaccia per bene il camice e poi, tirandosi un po’ su la minigonna, si inginocchia davanti alla contessa, dandomi le spalle. Anzi, rivolgendo il suo spettacolare sedere verso i miei occhi ormai appannati. Dopo aver appoggiato sulla moquette gli occhiali, la moretta inizia a leccare la figa selvaggia della signora De Carlo, aiutandosi con le dita e accompagnando il gesto con piccoli movimenti del capo dal basso verso l’alto.
La milf appoggia le mani sulla testa della ragazza, tirandola ogni tanto verso di sé. Poi sente il cellulare suonare d’improvviso e decide di infilare una mano nella borsa per rispondere.
— Sì tesoro — dice cercando di mantenere la calma e facendo cenno a Elena di continuare nella sua opera di “riscaldamento”. — Dovrei rientrare per le nove stasera, non so se riesco a raggiungerti in tempo al ristorante. Ci vediamo là in caso.
Dopo qualche mugolio provocato dalla prodigiosa e sapiente linguetta della segretaria, il silenzio viene rotto da una specie di cicalìo, come un campanello interno che risuona dal corridoio centrale.
— Oh… il dottor Paolini mi sta avvisando che ha finito col vecchietto — dice Elena alzandosi in piedi e risistemandosi la minigonna e il camice bianco. — Emanuela mi sa che ora tocca a te!
Prima di alzarsi dalla poltroncina, la contessa decide di passarsi due dita nella vagina intrisa di umori e di assaggiarne il liquido vischioso. Poi prende il rossetto dalla borsa, si ripassa con delicatezza le labbra e mi guarda con sensualità.
— Con lei ci vediamo dopo.
Escono entrambi, lasciandomi nella saletta come se un treno ad alta velocità fosse appena sfrecciato a pochi centimetri dalla mia sedia. Il mio cazzo è in fiamme, le mie orecchie quasi fischiano per colpa di quel vortice ad altissimo tasso di perversione. Dalla porta a vetri percepisco la voce dell’inconsapevole signor Cosimato che saluta uscendo sul pianerottolo. Chissà se lui si è divertito a farsi trapanare…
Ma è il mio giorno (mese? anno?) fortunato! Dopo un paio di minuti Elena rientra nella saletta chiudendosi la porta alle sue spalle. La giovane assistente è in piena trance agonistica: si sistema la coda dei capelli, si inforca per bene gli occhiali sul visino da troia ed estrae dalla tasca del camice bianco un pacchetto di chewing gum alla menta.
— L’alito è importante — mi dice, iniziando a masticare la gomma — specialmente quando devi fare un pompino.
Non faccio in tempo a processare mentalmente le ultime sei parole della frase, che Elena si inginocchia, questa volta davanti a me, e con movimento sicuro mi estrae l’uccello facendolo passare dall’apertura centrale dei boxer. Poi lo lecca, lo lambisce, lo tocca e lo blandisce. È uno spettacolo della natura. Si toglie il chewing gum dalla bocca e lo infila nella mia, dicendomi di masticare.
Ogni tanto sfiora il mio membro rigidissimo come per limarlo. Lo accarezza quasi come fosse un cucciolo e lo unge. E sì perché la sua saliva è un lubrificante perfetto, in grado (se messa alla prova) di rifinire e modellare qualsiasi cazzo turgido e nodoso nel raggio di chilometri.
Mentre la sua bocca lo attira a sé come una ventosa, con una mano si intrufola sotto la minigonna. La ragazza inizia a masturbarsi il clitoride da sopra i collant. Come l’amica contessa - me ne accorgo con la coda dell’occhio - anche lei sotto il nylon non indossa le mutandine.
Sto per venire al solo pensiero, quando Elena si toglie il mio cazzo dalla gola come quando ti sovviene qualcosa all’improvviso.
— Ehi, aspetta a venire..!! Andiamo a vedere se il dottore ha finito con la De Carlo.
Mi slaccia le scarpe, me le sfila insieme a calzini e pantaloni e - al pari di una navigata artista del porno - mi afferra per la cappella tirandola a ‘mo di guinzaglio. Che capacità avrebbe un essere umano maschio di reagire a un simile girone dantesco?
Lascio fare, dunque. E mi ritrovo non dove pensavo, nello studio del dentista, ma in un’altra saletta composta da un piccolo divano, un tavolino basso e due morbide poltroncine. Mentre calpesto una serie di riviste patinate sparse sul pavimento, scorgo con sorpresa il mio odontoiatra di fiducia nell’atto di impalare la signora De Carlo alla pecorina. Il noto e irreprensibile dottor Paolini mi guarda con fierezza virile e mi indica, con espressione complice, il divanetto libero.
— Lei è pratico di sesso anale? — mi dice ansimando, e continuando in maniera surreale a darmi del “lei”. Provo a rispondere per stare nei tempi.
— In senso attivo, direi di sì. Almeno ci provo.
— Allora se non le dispiace, le chiederei di occuparsi del culo della signora De Carlo, perché io ho paura di farle del male…
La contessa accarezza il dentista e si libera dalle sue grazie. Poi si gira, felina. Mi guarda come una pantera che desidera godersi una giornata da preda. Con movimento esperto, alzando per bene la minigonna, si posiziona in ginocchio sul divano, offrendomi l’orifizio a favore di membro.
— Contessa — dico io, ormai in preda a un delirio da film in costume — mi permetterà di chiamarla così… Se posso, inizierei a scambiare i nostri umori in maniera classica. Anche perché la sua adorabile figa, qualche minuto fa, mi aveva destato un interesse notevole.
Mentre la signora prova a replicare, il mio cazzo durissimo si fa strada nella fregna elegante, con rispetto e ammirazione, ma al tempo stesso con l’energia manageriale che ancora mi contraddistingue. Le afferro i fianchi, le accarezzo le cosce velate dalle calze e mi faccio più sotto, fino ad afferrare le tette muscolose. Senza sbattere le palle sulle chiappe (sarebbe volgare verso una nobile donna), sferro una serie di colpi che alzano il reciproco livello di estasi.
Quando, per evitare di sborrare anzitempo, mi ricordo della mia missione “anale”, sfilo delicatamente il cazzo (assai rigido e lubrificato) e lo appoggio con affetto alla sommità del piccolo buco.
— Forza — dice lei — fammi vedere come riesci a farti strada nella vita!
Aiutandomi con un filo di saliva, inizio a penetrare quel culo altolocato. Per fortuna mi accorgo che l’ano della contessa è sufficientemente elastico (“sfondato” sarebbe poco elegante) e questo facilita i giochi. Entro ed esco tra le pareti del tunnel dell’amore come un Rocco d’annata ai tempi di Moana. Ma a proposito di colpi, quelli di scena non sono ancora finiti.
Elena nel frattempo, senza mai smettere di guardare il mio uccello apparire e sparire, si accovaccia ai piedi del dentista, iniziandogli a leccare le palle con ingordigia.
— Ha conosciuto mia figlia Elena? — mi dice il medico quasi con nonchalance.
Sua FIGLIA..?!? Elena, la segretaria sexy? La bocchinara con minigonna e tacco dodici? La ragazza che ogni essere maschile di questa metropoli vorrebbe sfondarsi..?? Quella… Elena… è sua figliaaaa?? La giovane porca è la figlia del dentista..??!!??
Il diabolico dottor Paolini, divertito ed eccitato dalla situazione creata, mi guarda afferrando con entrambe le mani la testa della ragazza e spingendola alla base dei coglioni.
— Non gliel’avevo detto che la mia giovane figlia era qui in studio per fare tirocinio?
— Nnn no… — balbetto io, grondando di piacere e di stupore — non avevo immaginato che questa bella ragazza fosse…
— Dai papà, non ti distrarre — sogghigna la segretaria, cioè Elena, cioè la figlia, cioè la regina del pomp…
Di colpo mi si annebbia ancora di più la vista. Il culo eccitato della contessa mi stringe d’assedio con vigore nordico, mentre la giovane tirocinante si alza in piedi, sfilandosi velocemente il camice bianco.
— Scusa paparino, poi riprendo a succhiartelo a casa che tanto stasera la mamma è ancora fuori per lavoro. Adesso mi è venuta voglia di far prendere un po’ di aria alla mia fighetta.
Detto fatto. Elena si toglie le décolleté nere, si sfila i collant velati e resta in minigonna con la vagina in bella vista. Poi afferra il cazzo del padre e se lo infila dentro con gioia e vanità! Il dentista, probabilmente abituato a scoparsi la figlia, non si fa cogliere impreparato e inizia a regalare alla ragazza un orgasmo parentale.
La scena dell’incesto mi manda al settimo (ottavo? sedicesimo?) cielo. A farne le spese è il culo ormai infuocato della dolce contessa. La quale, porca senza freni, liberatasi dell’aplomb nobiliare, ha iniziato a guaire come una cagna in calore, emettendo lamenti in direzione del terrazzo.
— Non venga, non venga! — mi dice all’improvviso il dentista scompigliato — Lei che è così bravo a sfondare dal didietro, passi al culo di mia figlia che è ancora vergine…
Mentre il dottore passa il suo cazzo professionale dalla vagina della ragazza alla bocca della signora De Carlo, io entro nella quarta dimensione e spingo la moretta sulla moquette. Lei si mette a pecorina e io inizio a leccarle la figa da dietro, con gusto e con gli altri quattro sensi. Poi passo al piccolo orifizio.
— Quello ti piace, eh? Piccolo bastardo! — dice la contessa ormai decaduta.
— Sfondami come si deve — le fa eco la segretaria, indietreggiando con il basso ventre.
Il finale lo ricorderò finché campo. Il dentista afferra la bionda signora per i capelli, facendosi prosciugare il cazzo dalle labbra vogliose della donna. E venendo con schizzi perimetrici che arrivano a inumidire le riviste appoggiate sul tavolino.
Da parte mia, dopo aver trastullato il cazzo (per almeno un paio di minuti) nella figa fradicia della ragazza, decido di affondare il colpo nell’apertura anale, senza troppi preamboli. Prima piano piano, poi con un paio di colpi decisi che fanno scomparire l’uccello nelle viscere.
Sììì Elena, questo ti meritavi per essere andata in giro senza mutandine. Questa è la punizione per aver ingoiato fino alle tonsille il bastone di tuo padre. Questo è il mio regalo, il mio bonifico, la mia otturazione. Questo è il mio stantuffo industriale che ricorderai almeno fino al giorno delle nozze.
— La - senti - la - mia - sborra - rovente - farsi - strada - fino - ai - bordi - del - cervello…??
Godi Elena, godi forte, dai. Daaaiii.
Godi del privilegio di avere il culo sfondato. Sfondato da qualcuno che ogni settimana non mancherà di passare allo studio del dottor Paolini per farsi controllare le gengive. E magari, già che ci sono, anche qualcos’altro.
Sotto il camice bianco da assistente, si intravedevano delle minigonne da urlo e delle gambe fasciate da velati collant in tinta unita. Nonostante il contesto medico, la giovane amava indossare scarpe con il tacco alto: certi giorni erano décolleté nere, altri giorni stivaletti in pelle, raramente delle Michael Kors con il tacco appena più basso.
Truccata con discrezione (rossetto rosso scuro, matita appena accennata), la moretta - che a occhio poteva avere non oltre i 25 anni - completava il quadro con orecchini pendenti mai volgari e talvolta con occhiali da segretaria che rendevano impegnativa l'idea di reggere il suo sguardo.
Qualche giorno fa Elena mi accoglie sulla porta.
— Ah, è lei dottor XYZ... Buongiorno! Venga, si accomodi. Aspettavo la signora De Carlo ma forse è in ritardo.
— Buongiorno Elena, sono passato senza appuntamento perché volevo far vedere questa gengiva al dottore.
— Che cos'ha la sua bocca che non va? — mi risponde, lasciandomi sorpreso per quella piacevole invadenza.
— Non so bene... Da questa notte ha iniziato a farmi male e mi sembra un po' gonfia.
Con finta perplessità, la ragazza si aggiusta il camice e mi squadra per una frazione di secondo. In un lampo scorre dall'alto in basso con lo sguardo, per poi ritornare su di me.
— Eh in effetti le parti rigonfie vanno controllate per bene.
Deglutendo (e forse arrossendo anche un po') mi accomodo in sala d'attesa, dove un signore anziano si è leggermente assopito leggendo un "interessante" rivista medica. Ne approfitto per spippolare un po' sul cellulare, guardando la posta e qualche notifica dai social.
Cinque minuti dopo Elena compare sulla porta. Le sue gambe fasciate dalle calze di nylon sono un trampolino verso il paradiso.
— Signor Cosimato, tocca a lei... Venga! — dice rivolto all'uomo seduto di fronte a me, anche se dicendo "venga" incrocia il mio sguardo.
— Ah grazie! — risponde lui, alzandosi con piglio inaspettato.
Rimasto solo e ottenebrato dai tacchi a spillo e dalla minigonna sotto il camice, socchiudo gli occhi lasciandomi trasportare dall'immaginazione. Intravedo nella mia mente Elena che si inginocchia ai miei piedi, sfiorandomi con le dita laccate i pantaloni all'altezza del basso ventre e sussurrando parole del tipo "controlliamo un po' questa parte rigonfia...". In quella specie di dormiveglia faccio in tempo a squadernare il mio uccello muscoloso che... la porta si riapre!
— Tutto bene, dottor XYZ…?? — mi chiede lei, con espressione indagatoria.
— Ss... sì — balbetto io — Tocca a me?
— Non ancora… Prego signora De Carlo, si accomodi pure. Sono da lei tra qualche minuto.
Nella saletta d’attesa dove sto aspettando da solo, entra la signora De Carlo. Una milfona bionda come se ne vedono poche in giro. Ha una classe da modella, da contessa mi viene da pensare. È alta, elegante, dai modi educati ma erotici. Inforca tra i capelli color miele un paio di occhiali da sole neri che esaltano ancora di più il suo viso nordico.
La signora si presenta dal dentista con un giacchino di pelle color cammello, scollato davanti e corto a vita. La minigonna, anch’essa di pelle, è nera, come le calze che le avvolgono due gambe stupende. Gli stivali neri tacco dodici sotto il ginocchio completano un quadro che risveglierebbero un paziente dall’anestesia totale.
— Buongiorno — mi dice lei con fare educato, guardandomi distrattamente.
— Buongiorno — rispondo io, con la salivazione un po’ in difficoltà.
A quel punto inizia a rovistare morbidamente nella sua borsetta, da dove estrae un cellulare bianco. Dopo qualche secondo di digitazione, alza lo sguardo verso di me chiedendomi:
— Le dispiace se ascolto un messaggio audio? Ho lasciato in macchina gli auricolari…
— No si figuri, faccia pure.
Dalla chat di WhatsApp parte una voce femminile con accento filippino: “Signora le avevo lasciato sul letto le cose stirate… Ci sono quelle due camicette che ho lavato e quelle mutandine nere che mi aveva dato ieri sera. C’era qualche macchia di bianco ma sono riuscita a fare andare via tutto. Avevo capito che le voleva mettere stamattina… Forse si è dimenticata”.
La signora “contessa” rialza lo sguardo al mio indirizzo. Questa volta sorride con un’espressione imbarazzata.
— Mi dispiace, non pensavo proprio che la mia cameriera…
— Ma no — dico io — sono cose che succedono.
Lei guarda verso il basso e rimette il cellulare nella borsa. Io decido di giocarmi il tutto per tutto, con leggera vena poetica.
— La vita è fatta anche di piccoli dettagli. Tra questi, c’è anche il fatto di dimenticarsi le mutandine.
La signora De Carlo fa una faccia come per dire “Ho capito bene?”. Poi inclina leggermente la testa di lato e mi guarda con degli occhi indagatori.
— Lei pensa che io abbia dimenticato di indossare le mutandine?
A questo punto sono io ad arrossire. Ma mi riprendo in pochi istanti.
— Più che un pensiero, la chiamerei una speranza.
Per un attimo la contessa reclina il capo all’indietro e spalanca la bocca in modo sensuale. Poi si fa seria e dice:
— Perché restare con un dubbio del genere a quest’ora del pomeriggio?
Con movimento impercettibile, la milf bionda si centra sulla sedia e allarga piano piano le cosce guardandomi negli occhi. Le sue mani scorrono dalle ginocchia verso l’inguine, facendomi pompare il sangue a ritmi per me inediti. Dopo qualche secondo di lento apri-e-chiudi, la vedo. Poco sopra il bordo delle autoreggenti. Una figa di classe, degna di cotanta padrona.
La signora appoggia il dito indice della mano destra sul clitoride e poi muove con delicatezza le altre dita verso l’interno delle labbra, con piccole rotazioni circolari. Uno spettacolo che non ti aspetti di ricevere nella saletta d’attesa di un dentista. Poi accade l’impensabile.
Si spalanca la porta e compare Elena, la segretaria mora, con il camice bianco aperto e la minigonna in vista. La contessa fa in tempo ad accavallare le gambe e a lanciarmi un sorrisetto di complicità.
— La seduta con il signor Cosimato si fa lunga — dice la ragazza con voce da civetta — il dottor Paolini (il dentista) si sta facendo aiutare dal suo assistente universitario. Ne avranno per un po’, l’hanno anche anestetizzato, povero vecchietto…
Non capisco se prova veramente tenerezza per quel paziente sotto i ferri, oppure se sta andando a parare da qualche parte. Poco dopo le sue intenzioni diventano chiare.
— Io ero di là ma non sapevo cosa fare. Mi stavo annoiando tutta sola. Lei permette, dottor XYZ, se faccio due chiacchiere con la mia amica? A proposito, forse non vi ho presentato… Lei è la signora Emanuela De Carlo.
— Sssì… ci siamo in parte conosciuti poco fa — dico, guardando la contessa con imbarazzo.
— Oh sì Elena — risponde la signora, guardando la moretta — questo bell’uomo mi aveva appena lanciato una piccola sfida… Sai, insinuava che io avessi dimenticato di indossare le mutandine.
Se non fosse accaduto veramente, oggi penserei a una candid camera. Invece Elena, con gesto fintamente sorpreso, mi guarda spalancando occhi e bocca. E con le dita davanti alle labbra, pronuncia queste parole:
— Ma dottore..!! Mi stupisco di lei… Non la facevo così… maialino!
Da quel momento, la storia cambia sottofondo. Le due donne si siedono una a fianco dell’altra e avvicinandosi iniziano a baciarsi. Si passano soavemente le lingue, intrecciandole a vicenda. Nel farlo, le mani di entrambe iniziano ad accarezzarsi i capelli, poi le spalle e il viso. Infine si infilano sotto le rispettive scollature e si insinuano nei reggiseni, scivolando intorno, di lato e sui capezzoli.
Io da subito ho l’espressione di Forrest Gump seduto sulla panchina. Poi mi riprendo e mi protendo sulla sedia come uno spettatore divertito e attratto.
— Ci scusi, dottor XYZ, ma io e la mia amica siamo abituate così. Tutte le volte al momento della visita, il dottor Paolini vuole che la signora De Carlo venga, come dire… “scaldata” prima di entrare nello studio dentistico. E allora vengo io ad eccitarla. Spero non le dispiaccia, lei mi sembra un signore che ha girato il mondo…
Sì, ho girato il mondo, penso io, ma una scenetta del genere stento a ricordare di averla vissuta. Ma il bello deve ancora venire.
Elena si slaccia per bene il camice e poi, tirandosi un po’ su la minigonna, si inginocchia davanti alla contessa, dandomi le spalle. Anzi, rivolgendo il suo spettacolare sedere verso i miei occhi ormai appannati. Dopo aver appoggiato sulla moquette gli occhiali, la moretta inizia a leccare la figa selvaggia della signora De Carlo, aiutandosi con le dita e accompagnando il gesto con piccoli movimenti del capo dal basso verso l’alto.
La milf appoggia le mani sulla testa della ragazza, tirandola ogni tanto verso di sé. Poi sente il cellulare suonare d’improvviso e decide di infilare una mano nella borsa per rispondere.
— Sì tesoro — dice cercando di mantenere la calma e facendo cenno a Elena di continuare nella sua opera di “riscaldamento”. — Dovrei rientrare per le nove stasera, non so se riesco a raggiungerti in tempo al ristorante. Ci vediamo là in caso.
Dopo qualche mugolio provocato dalla prodigiosa e sapiente linguetta della segretaria, il silenzio viene rotto da una specie di cicalìo, come un campanello interno che risuona dal corridoio centrale.
— Oh… il dottor Paolini mi sta avvisando che ha finito col vecchietto — dice Elena alzandosi in piedi e risistemandosi la minigonna e il camice bianco. — Emanuela mi sa che ora tocca a te!
Prima di alzarsi dalla poltroncina, la contessa decide di passarsi due dita nella vagina intrisa di umori e di assaggiarne il liquido vischioso. Poi prende il rossetto dalla borsa, si ripassa con delicatezza le labbra e mi guarda con sensualità.
— Con lei ci vediamo dopo.
Escono entrambi, lasciandomi nella saletta come se un treno ad alta velocità fosse appena sfrecciato a pochi centimetri dalla mia sedia. Il mio cazzo è in fiamme, le mie orecchie quasi fischiano per colpa di quel vortice ad altissimo tasso di perversione. Dalla porta a vetri percepisco la voce dell’inconsapevole signor Cosimato che saluta uscendo sul pianerottolo. Chissà se lui si è divertito a farsi trapanare…
Ma è il mio giorno (mese? anno?) fortunato! Dopo un paio di minuti Elena rientra nella saletta chiudendosi la porta alle sue spalle. La giovane assistente è in piena trance agonistica: si sistema la coda dei capelli, si inforca per bene gli occhiali sul visino da troia ed estrae dalla tasca del camice bianco un pacchetto di chewing gum alla menta.
— L’alito è importante — mi dice, iniziando a masticare la gomma — specialmente quando devi fare un pompino.
Non faccio in tempo a processare mentalmente le ultime sei parole della frase, che Elena si inginocchia, questa volta davanti a me, e con movimento sicuro mi estrae l’uccello facendolo passare dall’apertura centrale dei boxer. Poi lo lecca, lo lambisce, lo tocca e lo blandisce. È uno spettacolo della natura. Si toglie il chewing gum dalla bocca e lo infila nella mia, dicendomi di masticare.
Ogni tanto sfiora il mio membro rigidissimo come per limarlo. Lo accarezza quasi come fosse un cucciolo e lo unge. E sì perché la sua saliva è un lubrificante perfetto, in grado (se messa alla prova) di rifinire e modellare qualsiasi cazzo turgido e nodoso nel raggio di chilometri.
Mentre la sua bocca lo attira a sé come una ventosa, con una mano si intrufola sotto la minigonna. La ragazza inizia a masturbarsi il clitoride da sopra i collant. Come l’amica contessa - me ne accorgo con la coda dell’occhio - anche lei sotto il nylon non indossa le mutandine.
Sto per venire al solo pensiero, quando Elena si toglie il mio cazzo dalla gola come quando ti sovviene qualcosa all’improvviso.
— Ehi, aspetta a venire..!! Andiamo a vedere se il dottore ha finito con la De Carlo.
Mi slaccia le scarpe, me le sfila insieme a calzini e pantaloni e - al pari di una navigata artista del porno - mi afferra per la cappella tirandola a ‘mo di guinzaglio. Che capacità avrebbe un essere umano maschio di reagire a un simile girone dantesco?
Lascio fare, dunque. E mi ritrovo non dove pensavo, nello studio del dentista, ma in un’altra saletta composta da un piccolo divano, un tavolino basso e due morbide poltroncine. Mentre calpesto una serie di riviste patinate sparse sul pavimento, scorgo con sorpresa il mio odontoiatra di fiducia nell’atto di impalare la signora De Carlo alla pecorina. Il noto e irreprensibile dottor Paolini mi guarda con fierezza virile e mi indica, con espressione complice, il divanetto libero.
— Lei è pratico di sesso anale? — mi dice ansimando, e continuando in maniera surreale a darmi del “lei”. Provo a rispondere per stare nei tempi.
— In senso attivo, direi di sì. Almeno ci provo.
— Allora se non le dispiace, le chiederei di occuparsi del culo della signora De Carlo, perché io ho paura di farle del male…
La contessa accarezza il dentista e si libera dalle sue grazie. Poi si gira, felina. Mi guarda come una pantera che desidera godersi una giornata da preda. Con movimento esperto, alzando per bene la minigonna, si posiziona in ginocchio sul divano, offrendomi l’orifizio a favore di membro.
— Contessa — dico io, ormai in preda a un delirio da film in costume — mi permetterà di chiamarla così… Se posso, inizierei a scambiare i nostri umori in maniera classica. Anche perché la sua adorabile figa, qualche minuto fa, mi aveva destato un interesse notevole.
Mentre la signora prova a replicare, il mio cazzo durissimo si fa strada nella fregna elegante, con rispetto e ammirazione, ma al tempo stesso con l’energia manageriale che ancora mi contraddistingue. Le afferro i fianchi, le accarezzo le cosce velate dalle calze e mi faccio più sotto, fino ad afferrare le tette muscolose. Senza sbattere le palle sulle chiappe (sarebbe volgare verso una nobile donna), sferro una serie di colpi che alzano il reciproco livello di estasi.
Quando, per evitare di sborrare anzitempo, mi ricordo della mia missione “anale”, sfilo delicatamente il cazzo (assai rigido e lubrificato) e lo appoggio con affetto alla sommità del piccolo buco.
— Forza — dice lei — fammi vedere come riesci a farti strada nella vita!
Aiutandomi con un filo di saliva, inizio a penetrare quel culo altolocato. Per fortuna mi accorgo che l’ano della contessa è sufficientemente elastico (“sfondato” sarebbe poco elegante) e questo facilita i giochi. Entro ed esco tra le pareti del tunnel dell’amore come un Rocco d’annata ai tempi di Moana. Ma a proposito di colpi, quelli di scena non sono ancora finiti.
Elena nel frattempo, senza mai smettere di guardare il mio uccello apparire e sparire, si accovaccia ai piedi del dentista, iniziandogli a leccare le palle con ingordigia.
— Ha conosciuto mia figlia Elena? — mi dice il medico quasi con nonchalance.
Sua FIGLIA..?!? Elena, la segretaria sexy? La bocchinara con minigonna e tacco dodici? La ragazza che ogni essere maschile di questa metropoli vorrebbe sfondarsi..?? Quella… Elena… è sua figliaaaa?? La giovane porca è la figlia del dentista..??!!??
Il diabolico dottor Paolini, divertito ed eccitato dalla situazione creata, mi guarda afferrando con entrambe le mani la testa della ragazza e spingendola alla base dei coglioni.
— Non gliel’avevo detto che la mia giovane figlia era qui in studio per fare tirocinio?
— Nnn no… — balbetto io, grondando di piacere e di stupore — non avevo immaginato che questa bella ragazza fosse…
— Dai papà, non ti distrarre — sogghigna la segretaria, cioè Elena, cioè la figlia, cioè la regina del pomp…
Di colpo mi si annebbia ancora di più la vista. Il culo eccitato della contessa mi stringe d’assedio con vigore nordico, mentre la giovane tirocinante si alza in piedi, sfilandosi velocemente il camice bianco.
— Scusa paparino, poi riprendo a succhiartelo a casa che tanto stasera la mamma è ancora fuori per lavoro. Adesso mi è venuta voglia di far prendere un po’ di aria alla mia fighetta.
Detto fatto. Elena si toglie le décolleté nere, si sfila i collant velati e resta in minigonna con la vagina in bella vista. Poi afferra il cazzo del padre e se lo infila dentro con gioia e vanità! Il dentista, probabilmente abituato a scoparsi la figlia, non si fa cogliere impreparato e inizia a regalare alla ragazza un orgasmo parentale.
La scena dell’incesto mi manda al settimo (ottavo? sedicesimo?) cielo. A farne le spese è il culo ormai infuocato della dolce contessa. La quale, porca senza freni, liberatasi dell’aplomb nobiliare, ha iniziato a guaire come una cagna in calore, emettendo lamenti in direzione del terrazzo.
— Non venga, non venga! — mi dice all’improvviso il dentista scompigliato — Lei che è così bravo a sfondare dal didietro, passi al culo di mia figlia che è ancora vergine…
Mentre il dottore passa il suo cazzo professionale dalla vagina della ragazza alla bocca della signora De Carlo, io entro nella quarta dimensione e spingo la moretta sulla moquette. Lei si mette a pecorina e io inizio a leccarle la figa da dietro, con gusto e con gli altri quattro sensi. Poi passo al piccolo orifizio.
— Quello ti piace, eh? Piccolo bastardo! — dice la contessa ormai decaduta.
— Sfondami come si deve — le fa eco la segretaria, indietreggiando con il basso ventre.
Il finale lo ricorderò finché campo. Il dentista afferra la bionda signora per i capelli, facendosi prosciugare il cazzo dalle labbra vogliose della donna. E venendo con schizzi perimetrici che arrivano a inumidire le riviste appoggiate sul tavolino.
Da parte mia, dopo aver trastullato il cazzo (per almeno un paio di minuti) nella figa fradicia della ragazza, decido di affondare il colpo nell’apertura anale, senza troppi preamboli. Prima piano piano, poi con un paio di colpi decisi che fanno scomparire l’uccello nelle viscere.
Sììì Elena, questo ti meritavi per essere andata in giro senza mutandine. Questa è la punizione per aver ingoiato fino alle tonsille il bastone di tuo padre. Questo è il mio regalo, il mio bonifico, la mia otturazione. Questo è il mio stantuffo industriale che ricorderai almeno fino al giorno delle nozze.
— La - senti - la - mia - sborra - rovente - farsi - strada - fino - ai - bordi - del - cervello…??
Godi Elena, godi forte, dai. Daaaiii.
Godi del privilegio di avere il culo sfondato. Sfondato da qualcuno che ogni settimana non mancherà di passare allo studio del dottor Paolini per farsi controllare le gengive. E magari, già che ci sono, anche qualcos’altro.
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