Un metro 3 - Tre sul divano
di
Browserfast
genere
bisex
Certe volte vorrei essere un uomo, per meglio dire: un maschio. Sì, insomma, avere il cazzo. Per capire cosa succede quando sale l’eccitazione. Cosa vuol dire sentirlo gonfiarsi, diventare duro come il marmo. Se fa male, se è esaltante. Vorrei capire l’istinto, quello di entrare nel mio lago bagnato. Spingere, aprire, sfondare. Superare quel punto di non ritorno in cui non te ne frega più un cazzo di nulla. Io per esempio urlo, strillo, non pensi che mi fai male? Non dico che mi faccia davvero male, e anche quando me lo fa non voglio che smetta. Ma tu, tu che mi scopi, in quale preciso momento non potresti tornare indietro nemmeno se lo volessi? La tensione dei muscoli addominali, il piacere che dà quel su e giù, quell’avanti e indietro. Vorrei sapere cosa succede ai coglioni quando arriva lo zenit, cosa si sente quando il seme percorre l’asta a tutta velocità prima di spruzzare fuori, se quel senso di liberazione è lo stesso che sento io. Sapere se anche tu lo senti che si ingrossa e vibra come lo sento io, se il tuo rilassamento, dopo, è lo stesso che provo io. E poi tutto il lato mentale, certo. Lo so che a molte ragazze, a molte donne, piace condurre il gioco. Ma io non sono così. O meglio, quando faccio i pompini sì. In quel caso sono io a guidare, lo sento proprio. So di essere la domina incontrastata del tuo piacere. Ma lo vivo sempre come se aspettassi il ribaltamento dei ruoli. Come se la mia domanda sottointesa fosse sempre: adesso fammi vedere chi comanda. E vorrei sperimentare almeno per una volta l’euforia che si deve provare a braccare la preda, a metterla in un angolo, quell’istante esatto in cui si capisce che la preda, in realtà, non aspetta nient’altro che essere sbranata, sacrificata.
Non lo so, forse sono io che sono così, che mi faccio questi cinema qua. Ma in questo momento, ad esempio, vorrei essere Lapo. Come si sente ad avere davanti a sé due mignotte come me e Serena pronte a farsi fare di tutto? Pronte anche a lesbicare tra loro non solo per il proprio piacere ma anche per il suo? Che sensazione gli dà essere alle spalle di questa puttanella bionda e quasi anoressica, ma con un culo da favola, completamente nuda? Baciarle il collo e accarezzarle le tettine, strusciarle lentamente il cazzo tra le chiappe e sentirla tremare? E avere di fronte quest’altra mora, seduta sul divano senza mutande e con le cosce spalancate, che ha appena implorato entrambi di scoparla, distruggendo ogni sua difesa e ogni sua dignità, offrendosi a tutti e due: “Stanotte sono la vostra schiava”.
Lapo mi lascia per un attimo i capezzoli per aprirmi le chiappe e infilarci il cazzo in mezzo, strusciandolo. Quando li riafferra me li strizza. Il mio gemito quasi copre la sua domanda sussurrata all’orecchio: “Hai sentito? Dice che vuole fare la schiava”. Sapessi quanto mi ci sento io schiava delle tue mani in questo momento, vorrei dirgli. Ma riesco solo a sospirare un “sì”… “E tu cosa vuoi fare?”. Gli rispondo che, se mi vuole, io posso essere la sua troia di una notte. Che detto così, mi rendo conto, può sembrare parecchio teatrale, ma vi assicuro che per un istante ho avuto il terrore cristallino che lui non mi volesse più.
Serena si alza, la ridottissima gonna del vestito scende e solo in questo momento mi rendo conto che, quando non li tenevo chiusi per il troppo piacere, i miei occhi erano incollati sulla sua vagina in offerta. Lei si avvicina e con un dito percorre tutta la mia apertura. Sfiorandola, scivolandoci sopra per quanto è bagnata. Mi sussurra “voglio essere anche la tua schiava, però” e per un attimo riesco a mantenermi lucida e a scherzare rispondendole “solo se mi chiami padrona”. Quando però lei mi sorride e mi sussurra ancora “va bene, padrona” e arriva al grilletto io per un attimo non capisco più nulla. Devo avere socchiuso le labbra, perché subito dopo mi ritrovo la sua lingua che mi fruga in bocca. Non so se abbandonarmi sul suo corpo o su quello di Lapo. Di sicuro su uno dei due mi abbandono, perché altrimenti non resterei in piedi, ma non so chi sia.
Lapo le dice “inginocchiati” con un tono che non ha nulla di perentorio. E’ un invito al gioco. E Serena gioca, si inginocchia. Sento la pressione del suo cazzo scomparire dalle mie natiche, me lo infila tra le cosce. Struscia sulle mie labbra, spunta dall’altra parte. Ho la pelle d’oca, forse tremo, respiro forte. Credo che lei gli abbia preso la cappella in bocca. Ho gli occhi chiusi, ma sento sul ventre la punta del suo naso, il suo respiro, i suoi capelli. Poi la conferma, lui che mi spinge e spinge avanti il suo cazzo, il rumore del succhio e quello netto dello slurp, Serena che prende fiato. E quando è la sua lingua che va a cercare il mio grilletto io, quasi dal nulla, urlo. No, non è un orgasmo, è piacere insostenibile e basta. Mi inarco, porto le braccia all’indietro per implorare silenziosamente Lapo di sorreggermi perché mi si piegano le ginocchia.
E non so, ma credo che sia esattamente questo il momento in cui le nostre volontà si annullano completamente e ci consegniamo a lui. Non so dirvi il perché, forse è una stronzata, ma è un passaggio che sento in modo molto netto.
Lapo rialza Serena e le dice di sedersi sul divano, mi aggira e va a sedersi anche lui. Senza nemmeno dire una parola, o baciarla, le prende la testa e se la riporta sul cazzo. Non c’è nessuna brutalità, i suoi movimenti sembrano arrotondati e anche quelli di Serena, che si ritrova un’altra volta di traverso sul divano a succhiarglielo. Mentre li osservo. Trovo che la cosa più eccitante di tutte non sia quel pompino, ma il fatto di essere io l’unica completamente nuda, in piedi. Gli occhi di Lapo mi scrutano come se mi volessero dire che non ho scampo, che sono già sua. Che il suo ingresso fisico nel mio corpo è solo questione di tempo, dipende solo dal suo capriccio. Ma che in ogni caso sono già sua. E ha ragione su tutta la linea. E sapere che ha ragione mi provoca l’ennesima scarica elettrica che mi parte dal ventre e mi attraversa.
Resto qualche secondo a guardare Serena che lo spompina. Sono affascinata. In definitiva, non è la prima volta che vedo un’altra ragazza succhiare un uccello, per esempio c’è stata quella notte a Londra in cui io e Tanita ci contendevamo il cazzo di Davìd. Ma era un contesto completamente diverso. Adoro la sua tecnica fatta di profonde leccate, rapide succhiate sul glande e altrettanto rapidi bacetti. Affondi improvvisi nel tentativo di piantarselo dentro il più possibile. Ho una botta di invidia, una voglia terribile di essere al suo posto. Le dico “non me lo spompare”, più che altro per darmi un contegno, e Lapo risponde, un po’ serio e un po’ no, “o bimba, io vi faccio divertire tutta la notte….”. Per non perdere il punto, gli canticchio “macho-macho man” mostrando il bicipite e sculettando. E, senza quasi rendermene conto, spingendo il bacino verso di lui. Perché mi difendo con l’ironia, ma in cuor mio spero proprio che sia capace di sbatterci a loop come se non ci fosse un domani. Lo so che è una cosa da video porno da quattro soldi, ma nella mia mente l’immagine che si forma è proprio quella di lui che passa dall’una all’altra senza fermarsi mai. Devo smetterla di vedere PornHub.
Lapo risponde alla mia presa in giro sorridendomi mentre alza il vestito di Serena iniziando ad accarezzarle il culo. Poi con la mano destra dà due colpetti sulla parte del divano rimasta libera. Manca solo che dica “sit”, ma io in realtà non attendo altro. E se avessi la coda scodinzolerei come una cagnolina felice.
Mentre mi siedo lascia lì la mano, così anziché il freddo della pelle del cuscino sento sul sedere il calore delle sue dita. Che ci mettono proprio un niente a impossessarsi della mia apertura. Lo agevolo allargando le cosce. Giusto un po’, ma sia io che lui avvertiamo pienamente l’oscenità di quel gesto. Non mi penetra, resta lì. Gli chiedo e ottengo un bacio, il primo. Che a pensarci bene gli ho baciato prima la punta dell’uccello che le labbra. Poi con un sorrisetto ironico mi fa “meno male che il divano non è di stoffa, altrimenti toccava lavarlo…”.
– Posso chiederti una cosa? – mi dice ancora mentre io gli rispondo, compiaciuta, “esagerato”.
– Certo – ribatto osservando la testa di Serena che nasconde il suo cazzo.
– Quell’Edoardo di cui parlavate prima, il cognato della vostra amica, quello che ti ha allargato le prospettive, è il fratello del marito o il marito della sorella?
– Il marito della sorella, perché? – rispondo con la faccia che dice “ma adesso che cazzo c’entra, che cazzo te ne frega?”.
– Quindi sei stata con un uomo sposato…
– Non è nemmeno l’unico…
– Però quando si giocava, prima, hai detto che non hai mai scopato con qualcuno che fosse già impegnato…
– Ho detto che non ho fatto sesso orale – preciso – ma comunque sì, ho detto una cazzata apposta.
– Perché?
– Perché volevo vedere la reazione di Giampaolo e Adriana.
– Uh?
– Beh, diciamo che quello che ti sta facendo Serena non è il primo pompino che stasera si è consumato in questa casa…
– Giampaolo e Adriana? – domanda Lapo dopo un attimo di stupore – ma quando, dove? Come li hai beccati?
– Non è colpa mia se qui non usate la chiave al bagno…
– Mai usata.. qui si usa bussare – dice un po’ soprappensiero – ma pensa te quella maiala di Adriana… e poveraccio quel becco dell’Alfredo…
– Beh, non è che lui sia meno maiale, eh? Perché non dici poveraccia quel cassonetto della sua ragazza? E pure tu, scusa, la tua sirenetta di Copenaghen lo sa che ti stai per scopare due zoccole di Roma? E daje… E magari pure lei in questo momento… chissà.
Non mi pare che si offenda, probabilmente perché non glielo dico con intenzioni moraliste. Anzi, mi guarda con un sorrisino che solo qualcosa che Serena gli fa giù in basso trasforma in una smorfia di piacere.
– Sei sveglia, per essere una ragazzina…
Non so se sia a causa di un suo imperscrutabile disegno o se la nostra conversazione c’entri qualche cosa, fatto sta che per qualche secondo Serena prende a pomparlo come una furia costringendoci ad interromperla. Lapo reclina la testa all’indietro e chiude gli occhi sospirando “delafia”, che francamente non so che cazzo significhi, non so nemmeno se si dice proprio così. Ma per qualche secondo rispondere al mio interrogativo “perché ragazzina?” non gli è proprio possibile.
– Che classe fai? – chiede quando Serena rallenta il ritmo.
Tra lo stupito e il divertito, indicando la testa che lo sta spompinando gli chiedo “ma questa non t’ha detto niente? Solo che sono una mignotta?”. Lui sorride un po’ imbarazzato e trovo che con quella espressione addosso sia davvero bello. Lo prendo e lo bacio e quando le nostre labbra si allontanano unite solo da un filo di saliva gli dico con la voce più da troia di cui sono capace “tranquillo, non stai per infilare il cazzo nella fregnetta di una minorenne”. Ma a parte le parole e il tono di voce, credo proprio che la cosa più da troia che riesco a mettere su sia lo sguardo che gli rivolgo. Devo aver detto qualcosa che lo ha fatto violentemente arrapare, ma del resto, arrivati a questo punto, credo che un po’ di dirty talking ci stia bene. Glielo leggo negli occhi e nella spinta del bacino che fa mugolare Serena. E soprattutto dalla stretta della sua mano sulla mia fica, che si fa più forte.
– E quando hai detto che ti piace prenderlo dietro? Anche quella era una cazzata?
– Non ho mai detto che mi piace, se cerchi una cui piace devi rivolgerti a quella zoccola giù in basso…
Senza interrompere il suo lavoro di bocca, alzando il braccio alla cieca, Serena ci fa il segno del dito medio. Le rido dietro.
– Però l’hai fatto… – insiste Lapo.
– Posso essere volgare? – domando.
– Devi…
– Sì, me l’hanno già rotto il culo, ma non farti idee strane… Te l’ho detto, se cerchi qualcuna che se lo fa sfondare con mucho gusto ce l’hai tra le gambe in questo momento…
Stavolta, dal modo in cui allunga il braccio, è proprio evidente che il segno del dito medio Serena lo sta facendo a me.
– Vedi? – sghignazzo rivolgendomi al ragazzo ma irridendo lei – ti sta mostrando come fare ahahahahaha…
Serena si interrompe un attimo per rivolgermi un “che stronza” che, ammetto, ci sta proprio tutto. Ma a questo punto ormai ho smesso di ridere e ho offerto ancora una volta le mie labbra a Lapo. E mentre la sua lingua rotea nella mia bocca penso a quando Serena mi ha detto che “con le mani ci sa davvero fare” e che le sue mani le avevo notate subito. Belle, con le dita lunghe e affusolate. Quelle che si definiscono mani da pianista. E’ un bel po’ che ci sono seduta sopra e dentro di me mi domando cosa cazzo aspetti.
Lui aspetta evidentemente, ma questo lo capisco solo qualche istante dopo, di essere pronto, di coordinare il movimento della destra e della sinistra, e di infilzare contemporaneamente le nostre vagine. Due dita, subito dentro. Con un affondo morbido ma inesorabile. Il mio gemito e il mugolio di Serena si fondono. Non posso farci nulla, e nemmeno vorrei, ma avverto che quella troia della mia fica si stringe intorno a quelle dita, come se volesse dire loro “ora siete qui e non uscite più”. Vedo Serena che per qualche istante interrompe ancora una volta il suo pompino e si dimena, anche lei prigioniera delle voglie della sua fregna.
La sua bocca di maschio torna ad impossessarsi della mia e quando ci distacchiamo mi domanda “ma ti bagni sempre così?”. Lo so perfettamente come sono ridotta, ma gli miagolo “sono tanto bagnata?”. E’ un gioco che mi fa impazzire, sempre. “Non lo senti come sei bagnata?”. “No, ti prego dimmelo”, lo imploro, sottintendendo “dimmelo che sono bagnata come una troia, come una cagna in calore”. Mi delude un po’ dicendomi solo che sono un lago, ma al tempo stesso le sue dita mi fanno impazzire, mi frugano dentro senza sosta cercando ogni angolo del mio piacere. Hai ragione Serena, hai davvero ragione, è proprio bravo con le dita. E se proprio devo dirla tutta, in questo momento non me ne frega nulla di verificare se sia bravo anche con il cazzo, perché per me è già Nirvana. E anche per Serena, stando ai suoi mugolii.
Lapo però deve avere una road map tutta sua, che non contempla la soddisfazione dei nostri desideri a breve termine. Improvvisamente mi svuota, frustrando il mio piacere crescente. Immediatamente dopo mi riempie di nuovo, ma dall’ingresso posteriore. Un dito solo stavolta, ma visto come gliel’ho inzaccherato entra come una lama nel burro. E lo stesso trattamento riserva a Serena. Non è che la stia a guardare, anche perché nonostante l’intrusione mi abbia fatto spalancare gli occhi per qualche istante non vedo più un cazzo. Lo capisco dal suo mugolio prolungato e indecente. Se non avesse un cazzo in bocca sta troia ce lo direbbe esplicitamente quando sta godendo, credo. Io invece urlo. Non è che mi faccia tanto male, eh? Forse l’ho già detto in passato: un cazzo no, ma un dito infilato lì dietro non mi dispiace per niente. Soprattutto quando mi scopano davanti, è vero. Ma anche en solitaire. Non è che senta nemmeno un particolare dolore. Non è per quello che strillo, è che io quando vengo violata strillo più o meno sempre.
Solo che questo Lapo non lo sa e con una certa dose di ironia, devo riconoscerlo, mi dice “scusa se ti ho fatto male, ma è la prima volta che inculo due ragazze con un dito nello stesso momento”. Mi volto verso di lui con la bocca ancora spalancata e gli ansimo “che razza di porco… non mi hai fatto male… testa di cazzo”. Forse è un errore, magari può farsi davvero delle strane idee. Ma è la verità e mi va di dirgliela. “Lo vedi che non ti dispiace?”, domanda infatti lui. “Il dito… il dito non mi dispiace…”.
Serena ulula quando glielo sfila dal sedere. Ma credo che la verità risieda, semplicemente, nel fatto che, un po’ per la situazione e un po’ per la succhiata di cazzo che si è ormai prolungata, anche lui sia arrivato al limite. Posa la mano aperta sulla sua testa e inizia a imporle il proprio ritmo, la propria voglia. Lo vedo scoparsi la testa della mia amica e ascolto i gorgoglii di lei, la osservo sbavare finché quella stessa mano non le schiaccia la faccia sul pube e la tiene ferma, mentre i muscoli addominali si contraggono e spingono verso l’alto. Scatti rapidi ma schizzi che immagino copiosi, che Serena non riesce a contenere. Non so quanta ne mandi giù ma un bel po’ ne sbrodola comunque, sporca il suo muso e il pube riccioluto del ragazzo. Tossisce, risucchia, sembra ricordarsi di me solo quando piagnucolo per il dito che Lapo mi sta rigirando nell’intestino. Non so se un orgasmo anale sia davvero possibile, ma vi assicuro che sto provando qualcosa che non è tanto lontana da un orgasmo.
E’ a questo punto che Lapo compie il suo primo vero atto di brutalità. Non ce lo facevo capace, ma grazie a Dio lo è: afferra Serena per i capelli e la costringe ad alzarsi in una cantilena fatta di lamenti e di “ahia, mi fai male”. La fa barcollare finché piazza il suo viso grondante sperma e saliva di fronte al mio, me lo sbatte in faccia costringendoci a baciarci. Un bacio al latte di maschio che mi fa gemere ancora una volta dalla voglia. Una voglia che quando alcune gocce mi cadono addosso mi sconquassa, perché quegli schizzi arroganti avrei voluto riceverli io, in pieno volto. Sono tesa molto di più della corda di un violino. “Adesso faccio godere anche te, puttana”, mi sussurra Serena, come se mi avesse letto dentro. Abbassa la mano verso la mia fica e lì… boom, l’esplosione. Fulminea. Posso raccontarne solo la prima parte fatta di uno strillo acuto e del mio corpo che guizza e si disarticola, ma poco altro. E posso dire che ho l’impressione che si tratti di una cosa che non dura poco, ma non ne ho la certezza. La sola certezza che ho è che la prima cosa che torno ad ascoltare è la voce di Lapo che domanda a Serena “ma questa fa sempre così?”.
“E se provi a tapparle la bocca è pure peggio”, ride lei passandosi un dito sul mento per raccogliere sperma e saliva e offrirlo alla mia bocca che si è socchiusa in automatico. Lapo osserva la scena e si alza per prendere il pacchetto delle sigarette. “Ne offri una anche a me?”, gli dico con il fiato ancora grosso e la vista appannata.
Me ne porge una, ma io afferro anche l’altra. “Aspetta… aspetta un attimo”, sussurro. E’ sempre un po’ buffa l’immagine di un maschio vestito e con il cazzo che gli penzola fuori dai pantaloni, ma per me in questo momento è una attrazione irresistibile. Mi inginocchio davanti lui biascicandogli un “fatti pulire” e gli lecco via le macchie dalla patta, poi gli imbocco la cappella ancora velata da una patina bianca. “Hai un buon sapore, sai?”, gli dico quando ho finito. Mi risiedo sul divano e stavolta sono io a poggiare i piedi sul cuscino e ad aprire le cosce, come aveva fatto Serena in precedenza. Nuda, di fronte a loro ancora vestiti, con la mia fica esposta ed offerta, mi sento incommensurabilmente troia. E’ una sensazione fortissima che si impadronisce di me, mi pervade completamente. Credo che lo leggano benissimo nel mio sguardo e nei miei denti che mordicchiano il labbro inferiore. Mi infilo dentro le sigarette e ne inzuppo i filtri, combattendo contro il solletico, poi me ne metto una in bocca e porgo l’altra a un abbastanza esterrefatto Lapo, attendendo che mi faccia accendere.
“Questa l’hai copiata da me, te l’ho insegnata io”, mi canzona Serena. “Il bel Filippo, vero?”, le domando e lei annuisce sorridendo. “Peccato che al bel Filippo gliel’ho insegnato io, la sera che ci siamo conosciuti”.
Non so perché gliel’ho detto. Anzi no, lo so. Non facciamo le ipocrite. Sei stata troppo troia, amica mia, è ora di rimettere un po’ le cose a posto. Di dimostrare a te ma soprattutto a lui che posso essere molto ma molto peggio di come immaginate.
Stupita, Serena domanda “davvero?”. E’ il mio turno di annuire. “Ma tu non avevi fatto un pompino al suo amico?”, “vero, ma poi Filippo voleva che lo facessi anche a lui”. “E gliel’hai fatto? Te lo sei scopato?”. “No, sapevo che aveva un appuntamento con te”. “Non me l’hai mai detto…”, “ci conoscevamo da poco, non sapevo come l’avresti presa… se sapevo che eri così mignotta magari non avrei avuto tanti scrupoli ahahahahahah…”.
Da come la sua espressione si trasforma, capisco che ha apprezzato sia la confessione che la lealtà. Che sarà una lealtà un po’ da zoccola, d’accordo, ma sempre di lealtà si tratta. Si china verso di me e mi appoggia le mani sulle ginocchia, mi apre le cosce ma è più che altro un gioco. Sulla sua faccia è stampato un sorriso e gli occhi scrutano i miei: “Mi aiuti a spogliarmi?”. Potrebbe farlo tranquillamente da sola e io non so proprio cosa abbia in mente. Ma me lo chiede con una voce bassa e così carica di eccitazione che non potrei rifiutarmi nemmeno se lo volessi. Spengo la sigaretta e le vado alle spalle, abbasso la zip. Ci vuole davvero niente per far scivolare giù il vestito. Lapo osserva la sua nudità aspirando l’ultima boccata. Le poso le mani sui fianchi e lei mi sussurra “e il reggiseno?”. “Una volta mi hanno detto che se lo lasci su fa più mignotta”, le mormoro all’orecchio. Quello stesso orecchio che un attimo dopo viene bagnato dalla mia lingua mentre le passo una mano sul culo. “No, sganciamelo”. “Sganciamelo come?”, le domando facendo la vocina un po’ ironica. Lei ridacchia e poi dice “sganciamelo, padrona”. Lo faccio, ma al momento di lasciarlo cadere al suo destino le copro i seni con le mani, per nasconderle allo sguardo di Lapo, che ci guarda con un sorrisino che promette parecchie cose.
A me piace Serena, ma non è che abbia un fisico senza punti deboli. Ha un viso bellissimo, del quale adoro anche la piccola imperfezione dello spazietto tra i due incisivi anteriori. Ha la vita un po’ larga e il petto ampio, che non valorizza le sue tette. Che lei, a differenza mia, però ha. Però singolarmente prese, le sue mammelle non sono per niente male. Con i capezzoli scuri, grandi, sensibili quasi quanto i miei (quasi, i miei sono due maniaci sessuali). Le stringo un po’ avvicinandole l’una all’altra, resisto alla tentazione di massaggiarle e le offro alla vista del nostro bel carnefice, che nel frattempo ha preso a menarsi blandamente il cazzo. “Queste sì che sono tette”, gli dico.
– A me le tue piacciono – ribatte Lapo.
– Mai come queste, vorrei averle io… – gli dico.
– Tu sembri disegnata – insiste lui – sei magra come un’anguilla ma sembri disegnata.
– Sei perfetta… – sospira Serena.
– Se non fosse per la faccia che sembra quella di una quattordicenne… – dice ancora Lapo.
I complimenti e le smanceria mi mettono sempre in imbarazzo. Forse è per questo che abbasso la mano e torno a sfiorare il sedere di Serena. Ma stavolta non mi fermo, le scendo in mezzo alle gambe e le sfioro la fica bagnata, pronta. Me la sento tremare addosso.
Dico a Lapo che “adesso noi andiamo di là”, intendendo un “di là” che non conosco, che non ho mai visto, ma che immagino abbia al centro un letto a due piazze. Gli guardo il cazzo che ha ripreso vigore, lo ha impugnato e si sta praticamente segando, anche se molto lentamente. “Tu poi vieni e ci fai quello che vuoi, maschione – aggiungo – ma vieni nudo”.
Prima di andarcene e di offrirgli la visione dei nostri corpi allacciati e sculettanti che escono dal salone, Serena volta la testa all’indietro e mi guarda. La voglia le ha reso gli occhi liquidi. Forse ha bisogno di coccole, forse di rassicurazione. “Annalisa, dimmi qualcosa, ti prego”, dice sfiorandomi le labbra. Le bacio, quelle labbra, le risucchio morbidamente. Il suo muso sa ancora molto di sperma.
– Mi piace tanto come fai i pompini, troia.
Non lo so, forse sono io che sono così, che mi faccio questi cinema qua. Ma in questo momento, ad esempio, vorrei essere Lapo. Come si sente ad avere davanti a sé due mignotte come me e Serena pronte a farsi fare di tutto? Pronte anche a lesbicare tra loro non solo per il proprio piacere ma anche per il suo? Che sensazione gli dà essere alle spalle di questa puttanella bionda e quasi anoressica, ma con un culo da favola, completamente nuda? Baciarle il collo e accarezzarle le tettine, strusciarle lentamente il cazzo tra le chiappe e sentirla tremare? E avere di fronte quest’altra mora, seduta sul divano senza mutande e con le cosce spalancate, che ha appena implorato entrambi di scoparla, distruggendo ogni sua difesa e ogni sua dignità, offrendosi a tutti e due: “Stanotte sono la vostra schiava”.
Lapo mi lascia per un attimo i capezzoli per aprirmi le chiappe e infilarci il cazzo in mezzo, strusciandolo. Quando li riafferra me li strizza. Il mio gemito quasi copre la sua domanda sussurrata all’orecchio: “Hai sentito? Dice che vuole fare la schiava”. Sapessi quanto mi ci sento io schiava delle tue mani in questo momento, vorrei dirgli. Ma riesco solo a sospirare un “sì”… “E tu cosa vuoi fare?”. Gli rispondo che, se mi vuole, io posso essere la sua troia di una notte. Che detto così, mi rendo conto, può sembrare parecchio teatrale, ma vi assicuro che per un istante ho avuto il terrore cristallino che lui non mi volesse più.
Serena si alza, la ridottissima gonna del vestito scende e solo in questo momento mi rendo conto che, quando non li tenevo chiusi per il troppo piacere, i miei occhi erano incollati sulla sua vagina in offerta. Lei si avvicina e con un dito percorre tutta la mia apertura. Sfiorandola, scivolandoci sopra per quanto è bagnata. Mi sussurra “voglio essere anche la tua schiava, però” e per un attimo riesco a mantenermi lucida e a scherzare rispondendole “solo se mi chiami padrona”. Quando però lei mi sorride e mi sussurra ancora “va bene, padrona” e arriva al grilletto io per un attimo non capisco più nulla. Devo avere socchiuso le labbra, perché subito dopo mi ritrovo la sua lingua che mi fruga in bocca. Non so se abbandonarmi sul suo corpo o su quello di Lapo. Di sicuro su uno dei due mi abbandono, perché altrimenti non resterei in piedi, ma non so chi sia.
Lapo le dice “inginocchiati” con un tono che non ha nulla di perentorio. E’ un invito al gioco. E Serena gioca, si inginocchia. Sento la pressione del suo cazzo scomparire dalle mie natiche, me lo infila tra le cosce. Struscia sulle mie labbra, spunta dall’altra parte. Ho la pelle d’oca, forse tremo, respiro forte. Credo che lei gli abbia preso la cappella in bocca. Ho gli occhi chiusi, ma sento sul ventre la punta del suo naso, il suo respiro, i suoi capelli. Poi la conferma, lui che mi spinge e spinge avanti il suo cazzo, il rumore del succhio e quello netto dello slurp, Serena che prende fiato. E quando è la sua lingua che va a cercare il mio grilletto io, quasi dal nulla, urlo. No, non è un orgasmo, è piacere insostenibile e basta. Mi inarco, porto le braccia all’indietro per implorare silenziosamente Lapo di sorreggermi perché mi si piegano le ginocchia.
E non so, ma credo che sia esattamente questo il momento in cui le nostre volontà si annullano completamente e ci consegniamo a lui. Non so dirvi il perché, forse è una stronzata, ma è un passaggio che sento in modo molto netto.
Lapo rialza Serena e le dice di sedersi sul divano, mi aggira e va a sedersi anche lui. Senza nemmeno dire una parola, o baciarla, le prende la testa e se la riporta sul cazzo. Non c’è nessuna brutalità, i suoi movimenti sembrano arrotondati e anche quelli di Serena, che si ritrova un’altra volta di traverso sul divano a succhiarglielo. Mentre li osservo. Trovo che la cosa più eccitante di tutte non sia quel pompino, ma il fatto di essere io l’unica completamente nuda, in piedi. Gli occhi di Lapo mi scrutano come se mi volessero dire che non ho scampo, che sono già sua. Che il suo ingresso fisico nel mio corpo è solo questione di tempo, dipende solo dal suo capriccio. Ma che in ogni caso sono già sua. E ha ragione su tutta la linea. E sapere che ha ragione mi provoca l’ennesima scarica elettrica che mi parte dal ventre e mi attraversa.
Resto qualche secondo a guardare Serena che lo spompina. Sono affascinata. In definitiva, non è la prima volta che vedo un’altra ragazza succhiare un uccello, per esempio c’è stata quella notte a Londra in cui io e Tanita ci contendevamo il cazzo di Davìd. Ma era un contesto completamente diverso. Adoro la sua tecnica fatta di profonde leccate, rapide succhiate sul glande e altrettanto rapidi bacetti. Affondi improvvisi nel tentativo di piantarselo dentro il più possibile. Ho una botta di invidia, una voglia terribile di essere al suo posto. Le dico “non me lo spompare”, più che altro per darmi un contegno, e Lapo risponde, un po’ serio e un po’ no, “o bimba, io vi faccio divertire tutta la notte….”. Per non perdere il punto, gli canticchio “macho-macho man” mostrando il bicipite e sculettando. E, senza quasi rendermene conto, spingendo il bacino verso di lui. Perché mi difendo con l’ironia, ma in cuor mio spero proprio che sia capace di sbatterci a loop come se non ci fosse un domani. Lo so che è una cosa da video porno da quattro soldi, ma nella mia mente l’immagine che si forma è proprio quella di lui che passa dall’una all’altra senza fermarsi mai. Devo smetterla di vedere PornHub.
Lapo risponde alla mia presa in giro sorridendomi mentre alza il vestito di Serena iniziando ad accarezzarle il culo. Poi con la mano destra dà due colpetti sulla parte del divano rimasta libera. Manca solo che dica “sit”, ma io in realtà non attendo altro. E se avessi la coda scodinzolerei come una cagnolina felice.
Mentre mi siedo lascia lì la mano, così anziché il freddo della pelle del cuscino sento sul sedere il calore delle sue dita. Che ci mettono proprio un niente a impossessarsi della mia apertura. Lo agevolo allargando le cosce. Giusto un po’, ma sia io che lui avvertiamo pienamente l’oscenità di quel gesto. Non mi penetra, resta lì. Gli chiedo e ottengo un bacio, il primo. Che a pensarci bene gli ho baciato prima la punta dell’uccello che le labbra. Poi con un sorrisetto ironico mi fa “meno male che il divano non è di stoffa, altrimenti toccava lavarlo…”.
– Posso chiederti una cosa? – mi dice ancora mentre io gli rispondo, compiaciuta, “esagerato”.
– Certo – ribatto osservando la testa di Serena che nasconde il suo cazzo.
– Quell’Edoardo di cui parlavate prima, il cognato della vostra amica, quello che ti ha allargato le prospettive, è il fratello del marito o il marito della sorella?
– Il marito della sorella, perché? – rispondo con la faccia che dice “ma adesso che cazzo c’entra, che cazzo te ne frega?”.
– Quindi sei stata con un uomo sposato…
– Non è nemmeno l’unico…
– Però quando si giocava, prima, hai detto che non hai mai scopato con qualcuno che fosse già impegnato…
– Ho detto che non ho fatto sesso orale – preciso – ma comunque sì, ho detto una cazzata apposta.
– Perché?
– Perché volevo vedere la reazione di Giampaolo e Adriana.
– Uh?
– Beh, diciamo che quello che ti sta facendo Serena non è il primo pompino che stasera si è consumato in questa casa…
– Giampaolo e Adriana? – domanda Lapo dopo un attimo di stupore – ma quando, dove? Come li hai beccati?
– Non è colpa mia se qui non usate la chiave al bagno…
– Mai usata.. qui si usa bussare – dice un po’ soprappensiero – ma pensa te quella maiala di Adriana… e poveraccio quel becco dell’Alfredo…
– Beh, non è che lui sia meno maiale, eh? Perché non dici poveraccia quel cassonetto della sua ragazza? E pure tu, scusa, la tua sirenetta di Copenaghen lo sa che ti stai per scopare due zoccole di Roma? E daje… E magari pure lei in questo momento… chissà.
Non mi pare che si offenda, probabilmente perché non glielo dico con intenzioni moraliste. Anzi, mi guarda con un sorrisino che solo qualcosa che Serena gli fa giù in basso trasforma in una smorfia di piacere.
– Sei sveglia, per essere una ragazzina…
Non so se sia a causa di un suo imperscrutabile disegno o se la nostra conversazione c’entri qualche cosa, fatto sta che per qualche secondo Serena prende a pomparlo come una furia costringendoci ad interromperla. Lapo reclina la testa all’indietro e chiude gli occhi sospirando “delafia”, che francamente non so che cazzo significhi, non so nemmeno se si dice proprio così. Ma per qualche secondo rispondere al mio interrogativo “perché ragazzina?” non gli è proprio possibile.
– Che classe fai? – chiede quando Serena rallenta il ritmo.
Tra lo stupito e il divertito, indicando la testa che lo sta spompinando gli chiedo “ma questa non t’ha detto niente? Solo che sono una mignotta?”. Lui sorride un po’ imbarazzato e trovo che con quella espressione addosso sia davvero bello. Lo prendo e lo bacio e quando le nostre labbra si allontanano unite solo da un filo di saliva gli dico con la voce più da troia di cui sono capace “tranquillo, non stai per infilare il cazzo nella fregnetta di una minorenne”. Ma a parte le parole e il tono di voce, credo proprio che la cosa più da troia che riesco a mettere su sia lo sguardo che gli rivolgo. Devo aver detto qualcosa che lo ha fatto violentemente arrapare, ma del resto, arrivati a questo punto, credo che un po’ di dirty talking ci stia bene. Glielo leggo negli occhi e nella spinta del bacino che fa mugolare Serena. E soprattutto dalla stretta della sua mano sulla mia fica, che si fa più forte.
– E quando hai detto che ti piace prenderlo dietro? Anche quella era una cazzata?
– Non ho mai detto che mi piace, se cerchi una cui piace devi rivolgerti a quella zoccola giù in basso…
Senza interrompere il suo lavoro di bocca, alzando il braccio alla cieca, Serena ci fa il segno del dito medio. Le rido dietro.
– Però l’hai fatto… – insiste Lapo.
– Posso essere volgare? – domando.
– Devi…
– Sì, me l’hanno già rotto il culo, ma non farti idee strane… Te l’ho detto, se cerchi qualcuna che se lo fa sfondare con mucho gusto ce l’hai tra le gambe in questo momento…
Stavolta, dal modo in cui allunga il braccio, è proprio evidente che il segno del dito medio Serena lo sta facendo a me.
– Vedi? – sghignazzo rivolgendomi al ragazzo ma irridendo lei – ti sta mostrando come fare ahahahahaha…
Serena si interrompe un attimo per rivolgermi un “che stronza” che, ammetto, ci sta proprio tutto. Ma a questo punto ormai ho smesso di ridere e ho offerto ancora una volta le mie labbra a Lapo. E mentre la sua lingua rotea nella mia bocca penso a quando Serena mi ha detto che “con le mani ci sa davvero fare” e che le sue mani le avevo notate subito. Belle, con le dita lunghe e affusolate. Quelle che si definiscono mani da pianista. E’ un bel po’ che ci sono seduta sopra e dentro di me mi domando cosa cazzo aspetti.
Lui aspetta evidentemente, ma questo lo capisco solo qualche istante dopo, di essere pronto, di coordinare il movimento della destra e della sinistra, e di infilzare contemporaneamente le nostre vagine. Due dita, subito dentro. Con un affondo morbido ma inesorabile. Il mio gemito e il mugolio di Serena si fondono. Non posso farci nulla, e nemmeno vorrei, ma avverto che quella troia della mia fica si stringe intorno a quelle dita, come se volesse dire loro “ora siete qui e non uscite più”. Vedo Serena che per qualche istante interrompe ancora una volta il suo pompino e si dimena, anche lei prigioniera delle voglie della sua fregna.
La sua bocca di maschio torna ad impossessarsi della mia e quando ci distacchiamo mi domanda “ma ti bagni sempre così?”. Lo so perfettamente come sono ridotta, ma gli miagolo “sono tanto bagnata?”. E’ un gioco che mi fa impazzire, sempre. “Non lo senti come sei bagnata?”. “No, ti prego dimmelo”, lo imploro, sottintendendo “dimmelo che sono bagnata come una troia, come una cagna in calore”. Mi delude un po’ dicendomi solo che sono un lago, ma al tempo stesso le sue dita mi fanno impazzire, mi frugano dentro senza sosta cercando ogni angolo del mio piacere. Hai ragione Serena, hai davvero ragione, è proprio bravo con le dita. E se proprio devo dirla tutta, in questo momento non me ne frega nulla di verificare se sia bravo anche con il cazzo, perché per me è già Nirvana. E anche per Serena, stando ai suoi mugolii.
Lapo però deve avere una road map tutta sua, che non contempla la soddisfazione dei nostri desideri a breve termine. Improvvisamente mi svuota, frustrando il mio piacere crescente. Immediatamente dopo mi riempie di nuovo, ma dall’ingresso posteriore. Un dito solo stavolta, ma visto come gliel’ho inzaccherato entra come una lama nel burro. E lo stesso trattamento riserva a Serena. Non è che la stia a guardare, anche perché nonostante l’intrusione mi abbia fatto spalancare gli occhi per qualche istante non vedo più un cazzo. Lo capisco dal suo mugolio prolungato e indecente. Se non avesse un cazzo in bocca sta troia ce lo direbbe esplicitamente quando sta godendo, credo. Io invece urlo. Non è che mi faccia tanto male, eh? Forse l’ho già detto in passato: un cazzo no, ma un dito infilato lì dietro non mi dispiace per niente. Soprattutto quando mi scopano davanti, è vero. Ma anche en solitaire. Non è che senta nemmeno un particolare dolore. Non è per quello che strillo, è che io quando vengo violata strillo più o meno sempre.
Solo che questo Lapo non lo sa e con una certa dose di ironia, devo riconoscerlo, mi dice “scusa se ti ho fatto male, ma è la prima volta che inculo due ragazze con un dito nello stesso momento”. Mi volto verso di lui con la bocca ancora spalancata e gli ansimo “che razza di porco… non mi hai fatto male… testa di cazzo”. Forse è un errore, magari può farsi davvero delle strane idee. Ma è la verità e mi va di dirgliela. “Lo vedi che non ti dispiace?”, domanda infatti lui. “Il dito… il dito non mi dispiace…”.
Serena ulula quando glielo sfila dal sedere. Ma credo che la verità risieda, semplicemente, nel fatto che, un po’ per la situazione e un po’ per la succhiata di cazzo che si è ormai prolungata, anche lui sia arrivato al limite. Posa la mano aperta sulla sua testa e inizia a imporle il proprio ritmo, la propria voglia. Lo vedo scoparsi la testa della mia amica e ascolto i gorgoglii di lei, la osservo sbavare finché quella stessa mano non le schiaccia la faccia sul pube e la tiene ferma, mentre i muscoli addominali si contraggono e spingono verso l’alto. Scatti rapidi ma schizzi che immagino copiosi, che Serena non riesce a contenere. Non so quanta ne mandi giù ma un bel po’ ne sbrodola comunque, sporca il suo muso e il pube riccioluto del ragazzo. Tossisce, risucchia, sembra ricordarsi di me solo quando piagnucolo per il dito che Lapo mi sta rigirando nell’intestino. Non so se un orgasmo anale sia davvero possibile, ma vi assicuro che sto provando qualcosa che non è tanto lontana da un orgasmo.
E’ a questo punto che Lapo compie il suo primo vero atto di brutalità. Non ce lo facevo capace, ma grazie a Dio lo è: afferra Serena per i capelli e la costringe ad alzarsi in una cantilena fatta di lamenti e di “ahia, mi fai male”. La fa barcollare finché piazza il suo viso grondante sperma e saliva di fronte al mio, me lo sbatte in faccia costringendoci a baciarci. Un bacio al latte di maschio che mi fa gemere ancora una volta dalla voglia. Una voglia che quando alcune gocce mi cadono addosso mi sconquassa, perché quegli schizzi arroganti avrei voluto riceverli io, in pieno volto. Sono tesa molto di più della corda di un violino. “Adesso faccio godere anche te, puttana”, mi sussurra Serena, come se mi avesse letto dentro. Abbassa la mano verso la mia fica e lì… boom, l’esplosione. Fulminea. Posso raccontarne solo la prima parte fatta di uno strillo acuto e del mio corpo che guizza e si disarticola, ma poco altro. E posso dire che ho l’impressione che si tratti di una cosa che non dura poco, ma non ne ho la certezza. La sola certezza che ho è che la prima cosa che torno ad ascoltare è la voce di Lapo che domanda a Serena “ma questa fa sempre così?”.
“E se provi a tapparle la bocca è pure peggio”, ride lei passandosi un dito sul mento per raccogliere sperma e saliva e offrirlo alla mia bocca che si è socchiusa in automatico. Lapo osserva la scena e si alza per prendere il pacchetto delle sigarette. “Ne offri una anche a me?”, gli dico con il fiato ancora grosso e la vista appannata.
Me ne porge una, ma io afferro anche l’altra. “Aspetta… aspetta un attimo”, sussurro. E’ sempre un po’ buffa l’immagine di un maschio vestito e con il cazzo che gli penzola fuori dai pantaloni, ma per me in questo momento è una attrazione irresistibile. Mi inginocchio davanti lui biascicandogli un “fatti pulire” e gli lecco via le macchie dalla patta, poi gli imbocco la cappella ancora velata da una patina bianca. “Hai un buon sapore, sai?”, gli dico quando ho finito. Mi risiedo sul divano e stavolta sono io a poggiare i piedi sul cuscino e ad aprire le cosce, come aveva fatto Serena in precedenza. Nuda, di fronte a loro ancora vestiti, con la mia fica esposta ed offerta, mi sento incommensurabilmente troia. E’ una sensazione fortissima che si impadronisce di me, mi pervade completamente. Credo che lo leggano benissimo nel mio sguardo e nei miei denti che mordicchiano il labbro inferiore. Mi infilo dentro le sigarette e ne inzuppo i filtri, combattendo contro il solletico, poi me ne metto una in bocca e porgo l’altra a un abbastanza esterrefatto Lapo, attendendo che mi faccia accendere.
“Questa l’hai copiata da me, te l’ho insegnata io”, mi canzona Serena. “Il bel Filippo, vero?”, le domando e lei annuisce sorridendo. “Peccato che al bel Filippo gliel’ho insegnato io, la sera che ci siamo conosciuti”.
Non so perché gliel’ho detto. Anzi no, lo so. Non facciamo le ipocrite. Sei stata troppo troia, amica mia, è ora di rimettere un po’ le cose a posto. Di dimostrare a te ma soprattutto a lui che posso essere molto ma molto peggio di come immaginate.
Stupita, Serena domanda “davvero?”. E’ il mio turno di annuire. “Ma tu non avevi fatto un pompino al suo amico?”, “vero, ma poi Filippo voleva che lo facessi anche a lui”. “E gliel’hai fatto? Te lo sei scopato?”. “No, sapevo che aveva un appuntamento con te”. “Non me l’hai mai detto…”, “ci conoscevamo da poco, non sapevo come l’avresti presa… se sapevo che eri così mignotta magari non avrei avuto tanti scrupoli ahahahahahah…”.
Da come la sua espressione si trasforma, capisco che ha apprezzato sia la confessione che la lealtà. Che sarà una lealtà un po’ da zoccola, d’accordo, ma sempre di lealtà si tratta. Si china verso di me e mi appoggia le mani sulle ginocchia, mi apre le cosce ma è più che altro un gioco. Sulla sua faccia è stampato un sorriso e gli occhi scrutano i miei: “Mi aiuti a spogliarmi?”. Potrebbe farlo tranquillamente da sola e io non so proprio cosa abbia in mente. Ma me lo chiede con una voce bassa e così carica di eccitazione che non potrei rifiutarmi nemmeno se lo volessi. Spengo la sigaretta e le vado alle spalle, abbasso la zip. Ci vuole davvero niente per far scivolare giù il vestito. Lapo osserva la sua nudità aspirando l’ultima boccata. Le poso le mani sui fianchi e lei mi sussurra “e il reggiseno?”. “Una volta mi hanno detto che se lo lasci su fa più mignotta”, le mormoro all’orecchio. Quello stesso orecchio che un attimo dopo viene bagnato dalla mia lingua mentre le passo una mano sul culo. “No, sganciamelo”. “Sganciamelo come?”, le domando facendo la vocina un po’ ironica. Lei ridacchia e poi dice “sganciamelo, padrona”. Lo faccio, ma al momento di lasciarlo cadere al suo destino le copro i seni con le mani, per nasconderle allo sguardo di Lapo, che ci guarda con un sorrisino che promette parecchie cose.
A me piace Serena, ma non è che abbia un fisico senza punti deboli. Ha un viso bellissimo, del quale adoro anche la piccola imperfezione dello spazietto tra i due incisivi anteriori. Ha la vita un po’ larga e il petto ampio, che non valorizza le sue tette. Che lei, a differenza mia, però ha. Però singolarmente prese, le sue mammelle non sono per niente male. Con i capezzoli scuri, grandi, sensibili quasi quanto i miei (quasi, i miei sono due maniaci sessuali). Le stringo un po’ avvicinandole l’una all’altra, resisto alla tentazione di massaggiarle e le offro alla vista del nostro bel carnefice, che nel frattempo ha preso a menarsi blandamente il cazzo. “Queste sì che sono tette”, gli dico.
– A me le tue piacciono – ribatte Lapo.
– Mai come queste, vorrei averle io… – gli dico.
– Tu sembri disegnata – insiste lui – sei magra come un’anguilla ma sembri disegnata.
– Sei perfetta… – sospira Serena.
– Se non fosse per la faccia che sembra quella di una quattordicenne… – dice ancora Lapo.
I complimenti e le smanceria mi mettono sempre in imbarazzo. Forse è per questo che abbasso la mano e torno a sfiorare il sedere di Serena. Ma stavolta non mi fermo, le scendo in mezzo alle gambe e le sfioro la fica bagnata, pronta. Me la sento tremare addosso.
Dico a Lapo che “adesso noi andiamo di là”, intendendo un “di là” che non conosco, che non ho mai visto, ma che immagino abbia al centro un letto a due piazze. Gli guardo il cazzo che ha ripreso vigore, lo ha impugnato e si sta praticamente segando, anche se molto lentamente. “Tu poi vieni e ci fai quello che vuoi, maschione – aggiungo – ma vieni nudo”.
Prima di andarcene e di offrirgli la visione dei nostri corpi allacciati e sculettanti che escono dal salone, Serena volta la testa all’indietro e mi guarda. La voglia le ha reso gli occhi liquidi. Forse ha bisogno di coccole, forse di rassicurazione. “Annalisa, dimmi qualcosa, ti prego”, dice sfiorandomi le labbra. Le bacio, quelle labbra, le risucchio morbidamente. Il suo muso sa ancora molto di sperma.
– Mi piace tanto come fai i pompini, troia.
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