Fidanzate - Diversivi
di
Browserfast
genere
etero
In teoria dovrei partire dalla descrizione di una scopata. E non perché si tratta di un racconto erotico, ma perché quella scopata rappresenta il punto di svolta del racconto stesso. E a me piace tanto cominciare così, in medias res, o addirittura dalla fine e poi andare in flashback. Mi piace rompere lo svolgimento naturale della narrazione.
Ma poiché anche il racconto che viene prima di questo – Questa sera mi chiamo Giulia – cominciava con una scopata, meglio lasciar perdere e andare in ordine cronologico. Very sorry, ma dovete prendervela così come viene. Un po’ piatta, lo so, ma ripetersi non è bello.
A proposito, ciao, sono Annalisa. Cioè, sono Annalisa per tutti tranne che per uno, Davide. Per lui sono Giulia. No, non è che è matto e mi chiama con un nome diverso dal mio. Mi conosce come Giulia, tutto qua.
E’ successo alla festa di Capodanno. Dovevo dare un nome e ho dato Giulia, non so nemmeno io perché. Sta di fatto che Davide l’ho conosciuto lì. Bel ragazzo, carino, riccetto. Non proprio l’immagine del predatore, del figlio di puttana che tutte fanno finta di evitare perché lo considerano pericoloso. Salvo sospirare nell’attesa che il pericolo si manifesti.
Ai fini della storia, l’unica cosa che vi serve sapere è che a quella festa mi sono sentita un po’ sdoppiata. Da una parte l’Annalisa che conoscete, dall’altra Giulia.
Scusatemi, non mi piace parlare di me stessa in terza persona, ma a questo punto devo proprio farlo.
Nonostante si sentisse un po’ strana, Annalisa alla festa si è divertita. Ha anche fatto un po’ la mignotta, nel senso che ha fatto un paio di pompini a due ragazzi diversi e poi si è fatta scopare dal suo amico Lapo, mentre la ragazza di quest’ultimo dormiva. Vabbè, niente di speciale. Se non fosse per il fatto che, oltre all’alcol, a quella festa girava certa roba… C’era un tizio, si chiamava Gange, che ti offriva dei cannoni che ti mettevano una voglia… Credo che li usi per rimorchiare. E infatti c’era una brunetta con lui – una pariolina molto carina – che non gli si staccava di dosso.
Giulia invece, alla festa, ha ceduto alle avances di questo altro ragazzo. Davide, appunto. Un ragazzo normalissimo e anche animato dalle migliori intenzioni, nel senso è stato chiaro sin da subito che ciò che voleva da lei non era del semplice sesso di una sera. No, lui si era proprio innamorato, era evidente. Aveva preso una cotta fulminea per quella che a lui sembrava essere una ragazza carina, spigliata, simpatica, intelligente e tutte le cose belle che vi vengono in mente quando parlate di una ragazza bella e brava. Non abbiate paura di esagerare con i complimenti, anche perché in definitiva sono rivolti a me e mi fanno piacere.
Quando dico che Giulia ha ceduto alle avances di Davide, sia ben chiaro, intendo che aveva semplicemente risposto “sì” a un invito a cena. Poi d’accordo, anche lei era stata un po’ troia. Gli aveva fatto un pompino in macchina e ci aveva scopato, sempre in macchina, sulla strada del ritorno. Ma, come dire, quasi vergognandosene. “E’ tanto tempo che non lo faccio, da quando mi sono lasciata con il mio ragazzo, mesi fa”, gli aveva detto. E Davide, beh Davide non è scemo né di legno. Che doveva fare se non porre fine all’astinenza di Giulia? Porre fine per due volte di fila, per la precisione. E con un arnese che Giulia aveva trovato di tutto rispetto.
Però, ripeto, l’intenzione di Davide era quella di farsi una storia, con Giulia. Ed è per questo che non si è accontentato di averla per una volta. E a Giulia la cosa non dispiaceva per niente, anzi.
Ecco, quando vi dico che sono Annalisa ma al tempo stesso sono Giulia dovete tenere a mente queste cose. So che potrà apparirvi strano e non vi biasimo. E’ strano anche per me. Così come è stato strano, proprio appena tornata a casa quella mattina del primo gennaio, cambiare il mio nome sul profilo di WhatsApp (è stato anche più strano spiegare alle varie Serena, Trilli, Stefania ecc. perché cazzo fossi improvvisamente diventata Natasha Romanoff, ma questo è un altro paio di maniche).
Tuttavia, nonostante questo sdoppiamento della personalità o forse proprio per questo, ho quasi da subito avuto la sensazione che non sarebbe durata a lungo. Sin dalla prima sera, la sera del primo gennaio. Non che sia successo nulla di strano: una classica cena tra un ragazzo e una ragazza che stanno cominciando una storia. E che decidono di andarsi a fare un giro di due o tre giorni, da soli. Per imparare a stare insieme, a conoscersi, forse ad amarsi. Come due fidanzatini freschi freschi.
Una sera, tra l’altro, quella del primo gennaio, conclusasi senza sesso. A meno che non vogliate considerare sesso i lunghissimi e languidi baci che ci siamo scambiati in macchina sotto casa mia. Eh no, niente parcheggi in luoghi appartati, niente mani che frugano sotto i vestiti, niente pompino. Baci, solo baci.
Mi sarebbe stato benissimo anche così, eh? Se non fosse per una sensazione strana che mi aveva accompagnata per tutta la serata e che, mentre giravo la chiave nella toppa del portone, si era manifestata sotto forma di una domanda semplice semplice. La domanda era questa: ma perché non gli ho detto “ok, ieri sera era un gioco, in realtà il mio nome è Annalisa”? Sarebbe stato tutto più facile, no? Ci avremmo riso su. Magari mi avrebbe detto “tu sei tutta matta” così, per scherzo. Avrei anche potuto provocarlo in modo un po’ spinto, dicendogli “sapessi che strano sentirti che mi chiamavi Giulia mentre scopavamo”. Ci saremmo fatti un’altra risata, magari lui mi avrebbe messo una mano sotto la gonna (mi ero vestita elegantissima). Magari avremmo limonato in modo un po’ più duro…
E invece niente.
E’ chiaro, mi sono chiesta il motivo del mio comportamento. Il perché di questa finzione che, se ci pensate bene, non è proprio una cosa carina da fare a un ragazzo che dice che si è innamorato di te. Non gli stavo offrendo me stessa, gli stavo offrendo un alter ego, Giulia, appunto. Eppure, alla Giulia dentro di me, la cosa piaceva moltissimo. Non ci poteva credere.
Aveva anche fatto una cosa che Annalisa non avrebbe mai pensato di fare. Vedete, ad Annalisa non gliene è mai fregato un cazzo che uno potesse dire a un suo amico “oh, la vedi quella lì? sapessi che pompino che mi ha fatto”. Per Giulia la cosa è un po’ diversa. Un po’ tanto. E poiché in precedenza, alla festa, Annalisa-Giulia lo aveva succhiato anche a un amico di Davide, si è premurata di farsi dare il suo numero da Serena. Se volete sapere da dove sbuca fuori sta Serena cercatevelo nei racconti precedenti, ché non posso sempre stare qui a dirvi tutto.
Il messaggio che Giulia aveva mandato all’amico di Davide, Roberto, era stato a dir poco minatorio: “Non dire nulla a Davide di noi due o la tua ragazza verrà a sapere di come ti sei divertito con la mia boccuccia e con quella della mia amica”. La risposta aveva rassicurato Giulia: “No problem. E poi anche se tu mi piaci di più la tua amica è molto più troia”. Annalisa, invece, ne era rimasta un po’ indispettita: come sarebbe a dire che Serena è più troia di me? Una rapida telefonata aveva svelato l’arcano. Vabbè, Serena gli aveva dato il culo, a sto Roberto. Un tipo di performance che né ad Annalisa né a Giulia interessa molto. Ci siamo capiti, no?
Ad ogni buon conto, Giulia aveva avvertito Roberto che avrebbe conservato lo screenshot di quella conversazione su WhatsApp. La risposta, anche in questo caso era stata rassicurante: “E’ una cosa che resta tra noi”.
Ecco, a questo punto posso tornare a parlare in prima persona, senza sdoppiarmi più tra Annalisa e Giulia. Anche perché è una bella fatica, sapete?
Vi stavo dicendo che tutto sommato a me sta storia di fare la fidanzata di Davide non è che spiacesse poi tanto. E’ vero, la trovavo una cosa un po’ bizzarra. Ma finché recitavo la parte di Giulia la cosa mi stava bene.
Nonostante questo, però, ci ho messo davvero poco a tradirlo. Sin dalla prima sera del nostro viaggetto alle terme. A dire il vero, se in quel momento fossi Annalisa o fossi Giulia non ve lo saprei dire, ma è così che è andata.
No, non vi fate venire in mente cose strane, massaggiatori cubani iperdotati o avvenenti estetiste bielorusse. Anche perché la massaggiatrice sotto le cui mani sono finita era una simpatica madre di famiglia della provincia di Grosseto che, per prima cosa, mi ha detto “Gesù come sei magra”, guadagnando tuttavia punti quando ha ammesso “però, citta, sei proprio bella soda, fai sport? palestra?”. E sì, cazzo, almeno ogni tanto qualcuno se ne accorge.
Insomma, il tradimento di cui parlavo è stato solo virtuale. E anche, per il modo in cui è avvenuto, abbastanza insolito. Diciamo che più che di tradimento vero e proprio si è trattato di uno di quelli che la mia amica Stefania chiama “diversivi”. No, cioè, scusate un momento, non è proprio così. Quando Stefania parla di “diversivi” intende proprio seghe, pompini e scopate con altri che non siano il suo fidanzato ufficiale, Simone. Io invece per “diversivi” intendo in questo caso qualcosa di molto ma molto più leggero, quasi innocente.
Eravamo a letto, io e Davide. Lui crollato, dormiva. Nudo sotto il piumone. Avevamo fatto sesso, avevamo scopato. La prima volta al ritorno in camera dalle piscine di acqua calda e dalla spa, prima di scendere a cena. La seconda, dopo cena. Dopo cena due volte, per la verità. Lui sotto, io sopra. Lui sopra, io sotto. A rotolarci nel letto per un bel po’. Poi la stanchezza della giornata, la rilassatezza del posto, il vino della cena, l’esaltante fatica del sesso. Non era molto tardi, saranno state le undici e mezza o poco più. Gli ho detto “girati dall’altra parte, voglio dormire abbracciata così”. Mi ha dato la schiena e mi sono stretta a lui. Ero nuda anche io. Pelle contro pelle.
Tempo due minuti e Davide è partito, ma proprio di brutto. Aveva il respiro pesante di chi è precipitato in un sonno profondo. Lo avrei fatto molto volentieri anche io. Pure io ero stanca, rilassata, appagata. Ma anche irrequieta, non so spiegarmi il perché. O meglio, potrei farlo ma non mi va.
Sento il ding del WhatsApp e prendo il telefono dal comodino. Per silenziarlo, più che altro. Ho immaginato che fosse una tra Serena, Trilli, Stefania. Più probabilmente Stefania, che prima aveva ironizzato sul fatto che mi fossi fidanzata. Il discorso era rimasto un po’ appeso, per questo credevo che fosse lei.
E invece no, era un messaggio di Gange, il ragazzo che alla festa di capodanno faceva girare della roba assurda, di quella che più che stenderti ti mette addosso una voglia no limits, ti fa cadere ogni freno inibitorio. Mi chiede le solite cose: come sto, che faccio, se l’altra sera mi sono divertita ecc. Mi chiede anche “ma chi cazzo è Natasha Romanoff?”. Io resto abbastanza sul vago. So dove vuole andare a parare ma cerco di tenerlo a distanza. Non mi sta antipatico, sia chiaro, solo che non mi piace, tutto qua.
Ho da poco inviato una risposta tipo “torno a Roma il cinque” che il display si illumina. L’anteprima mi dice che non è Gange, è un numero che non conosco e che non ho in rubrica. Il messaggio dice “ciao Annalisa auguri di buon anno come stai?”, con tanti saluti alla punteggiatura. In genere non rispondo agli anonimi. Perché, in genere appunto, si tratta di rimanenze della mia vita precedente, quando ero al liceo all’ultimo anno, quando ero la Vergine Pompinara. Ragazzi cui ho succhiato il cazzo e che ogni tanto si rifanno sotto. O magari amici loro. Gente che ho depennato. Sono sempre meno, ormai, ma qualcuno c’è ancora.
Ma in questo caso non è così. Perché dopo il primo messaggio ne arriva un altro a stretto giro e mi dice che è Corrado, un istruttore della mia palestra. Non L’ISTRUTTORE, seee magari. Non quel figaccione che purtroppo sembra molto più attratto da un paio di zoccole della sua età, sui 35-40, che non so se gliela danno ma che si vede lontano un miglio che per lui farebbero tutto. Questo Corrado è un altro, un ragazzo più giovane, c’è da poco. Anche lui non è che mi piaccia tantissimo. Non è né bello né brutto. Ovviamente ha un corpo, che lui sottolinea con canottiere attillatissime, da fare invidia a molti maschietti. Però è basso, e quelle spalle e quei muscoli così ipertrofici gli donano più che altro un aspetto da cubo che a me pare anche un po’ buffo. L’ho sorpreso diverse volte a guardarmi, soprattutto negli specchi. Concentrato sul mio sedere. Gli chiedo come abbia avuto il mio numero e lui mi risponde candidamente che l’ha preso dal computer della segreteria. Credo che sia una cosa da licenziamento, ma non glielo faccio notare. E nemmeno mi incazzo più di tanto.
Mi ritrovo quindi a smessaggiare anche con lui. Contemporaneamente alla chat con Gange. Per non farvi perdere il filo, vi dirò prima dell’uno e poi dell’altro. Ma voi invece non perdete di vista il fatto che le conversazioni vanno avanti in parallelo. Nessuno dei due sa dell’altro. Per non parlare di Davide, che dorme al mio fianco e che mi basta allungare la mano per toccare la sua schiena nuda, che fino a poco fa graffiavo mentre mi sfondava e io gli urlavo nell’orecchio “sì, che bello, sfondami!”. Sapete, in quei momenti è molto facile che perda il controllo delle mie parole e dei decibel.
Gange è, tutto sommato, prevedibile. Sono io che non voglio esserlo con lui. Aspetto solo che mi scriva una cosa tipo “quando hai voglia di fare due tiri…”. E quando lo fa, gli domando per prima cosa dove trova quella roba, che è magnifica. Risposta anche in questo caso quasi scontata: “è un segreto”. Poi piazzo il colpo: “Dimmi la verità, la usi per rimorchiare, vero? Lo sai bene che effetto fa”. Accompagno la domanda con uno smile, ma penso proprio che non se la aspettasse. Dice che no, non è vero. E io gli rispondo che sì, invece, che quell’effetto lo ha fatto su di me, su una mia amica (cioè Serena) e anche sulla ragazza che stava con lui alla festa.
Perché la mia strategia è questa: non mi interessa lui, mi interessa lei. Quella brunetta bellina e tanto, tanto pariolina che stava al suo fianco e ogni tanto si strusciava e gli leccava la faccia. Quella che, quando ho chiesto a Gange di farne una per me e Serena, mi ha domandato ingelosita che intenzioni avessi con lui. Quella cui ho sussurrato, allontanandomi, che in quel momento mi sarebbe piaciuto passarle la lingua sulla fica. Sì, ho usato queste parole. Ve l’ho detto che quella roba fa sbroccare.
Gli chiedo se è la sua ragazza, anche se so già la risposta. Me lo disse lei: “Ogni tanto sono la sua ragazza”, e più chiara di così non poteva essere. Lui invece mente, dice che è solo un’amica. “Sì, certo, una scopamica”, gli scrivo, aggiungendo anche in questo caso qualche smile, affinché non pensi che quello per me sia un ostacolo e che si irrigidisca. Lui continua a negare e cambia discorso chiedendomi se proprio non mi vada di farci una canna insieme. Gli rispondo “può essere, ma ti propongo un patto”. “E sarebbe?” chiede. “Dimmi il nome e il numero di quella ragazza e se accetta di incontrarmi dalle anche un paio di fionde, da spararci io e lei. Se va tutto come deve andare ti prometto che ci vediamo, dove vuoi tu”.
Siluro partito, ora vediamo la reazione. Sia chiaro che non mi sogno nemmeno lontanamente di mantenere la promessa, voglio solo il numero di quella brunetta e due cannoni made in Gange. Voglio vedere se la magia si ripete.
La chat con Corrado è invece molto più diretta, per usare un eufemismo. E’ brusco, sgradevole. Anzi, diciamo pure cafone. Lo sarebbe per Annalisa, figuriamoci per Giulia. Gli dico che sono fuori Roma in vacanza con il mio ragazzo e mi domanda “lui dov’è ora”. Rispondo che è accanto a me che dorme e mi fa “avete scopato?”. No, abbiamo giocato a GTA online. Il messaggio che arriva subito dopo mi fa sobbalzare: “Te lo ha messo anche nel culo?”. Gli chiedo a mia volta se per caso sia scemo. L’equivalente di quello che una volta era “ma come ti permetti”. Insiste dicendomi “e che sarà mai”, poi vuole sapere se mi piace, mi domanda se non l’ho mai fatto. Rispondo sempre con una variazione di “piantala e fatti i cazzi tuoi”, in crescendo. Mi dico che al prossimo messaggio interromperò la chat, ma lui mi anticipa e mi chiede scusa, “ho esagerato, immaginavo fossi diversa”. “Perché?”, “Così…”. Gli dico che se si comporta sempre in questo modo vorrei proprio sapere chi si rimorchia. Cioè, le parole non sono proprio queste ma il senso sì. Risponde “più di quanto pensi”, ma secondo me è una cazzata. Torna alla carica chiedendomi “non ti piaccio?” e io gli rispondo perché mai dovrebbe piacermi.
Andiamo avanti con queste schermaglie per un bel po’ e mi diverto pure. E’ ovvio che anche a lui non la darò mai. E’ altrettanto ovvio che d’ora in avanti, soprattutto in palestra, lo farò impazzire fino al dolore. E che magari mi metterò a fare le macchine per i glutei proprio davanti ai suoi occhi con i miei pantaloncini a mezza coscia più attillati, quelli che ho comprato questa estate a Londra per fare jogging e che, se sotto non mi metto le mutandine, non lasciano davvero nulla all’immaginazione. Me lo posso permettere per la reputazione di cui godo in palestra, quella di una ragazzina acqua e sapone, sempre sorridente, che si vede dalla luna che non ha certi grilli in quella testolina bionda.
Il coglione, proprio perché prima mi ha chiesto scusa e immaginava che fossi diversa, all’improvviso mi domanda se gli mando una foto della mia fica. E risponde pure “perché?” quando gli replico ancora una volta se non sia impazzito e che comincio a stufarmi. Ma poiché deve essere convinto di essere irresistibile, va avanti come un caterpillar, mi chiede se ho mai tradito il mio ragazzo. Gli dico no, ci sto insieme da poco. Lui capisce esattamente ciò che voglio che capisca e mi fa: “Allora quelli di prima li tradivi?”. Gli rispondo che non sono affari suoi, resto volutamente ambigua. Ve l’ho già detto che voglio farlo impazzire? Ah sì, ve l’ho detto.
E a questo punto, basta con la narrazione separata delle due chat. Si torna in presa diretta, dal touch screen del mio telefono.
Prima arriva il messaggio di Gange: “Non avevo capito che ti piacevano le ragazze”.
Poi arriva quello di Corrado: “Lo tradiresti con me?”.
A tutti e due mando lo stesso messaggio: “No, ho voglia di UNA ragazza”. Stesso significato, contesti e sensi diversi.
Sono curiosa di vedere che esce fuori, tanto non ho nulla da perdere.
“Si chiama Roberta”, è il messaggio di Gange. Segue il numero di telefono.
Lo ringrazio raccomandandogli, ancora con uno smile, di augurarsi che tutto vada bene. A Corrado, che invece mi dice che aveva visto giusto e che sono una troia, rispondo solo “può darsi, ma tu sei troppo cafone”. Nemmeno gli do la buonanotte. Per un attimo prendo anche in considerazione l’idea di sparargli una cazzata e scrivergli, come congedo, “e comunque sì, il mio ragazzo me l’ha messo nel culo”. Così, tanto per farlo andare fuori come un terrazzino, per farlo sbroccare. Ma lascio perdere.
Però, lo riconosco, devo qualcosa anche a quel buzzurro. Se non altro, è stato lui a tirarmi fuori l’ammissione della mia voglia esplicita di tradire Davide con questa ragazza, che adesso so che si chiama Roberta.
Mi sfioro tra le gambe e mi trovo bagnata. Può essere il seme del mio riccetto che è colato fuori, ma non credo sia solo quello. Sono eccitata. Mi dico che potrei svegliare Davide. Oppure, anche senza svegliarlo, intrufolarmi tra le sue gambe e succhiargli il cazzo. Ma non è quello che voglio.
Mi sgrilletto pensando alla brunetta di Gange, allo sguardo lascivo che aveva alla festa, al suo desiderio così simile al mio. E’ questo ciò che voglio, mi dico, masturbarmi pensando a lei. Ci immagino sedute l’una di fronte all’altra in un bar. Io con una gonna corta e senza mutandine sotto, che divarico le gambe mentre la fisso negli occhi e le dico: “Sono stata dall’estetista ieri, se mi bagno luccico. Vuoi vedere?”.
Ma poiché anche il racconto che viene prima di questo – Questa sera mi chiamo Giulia – cominciava con una scopata, meglio lasciar perdere e andare in ordine cronologico. Very sorry, ma dovete prendervela così come viene. Un po’ piatta, lo so, ma ripetersi non è bello.
A proposito, ciao, sono Annalisa. Cioè, sono Annalisa per tutti tranne che per uno, Davide. Per lui sono Giulia. No, non è che è matto e mi chiama con un nome diverso dal mio. Mi conosce come Giulia, tutto qua.
E’ successo alla festa di Capodanno. Dovevo dare un nome e ho dato Giulia, non so nemmeno io perché. Sta di fatto che Davide l’ho conosciuto lì. Bel ragazzo, carino, riccetto. Non proprio l’immagine del predatore, del figlio di puttana che tutte fanno finta di evitare perché lo considerano pericoloso. Salvo sospirare nell’attesa che il pericolo si manifesti.
Ai fini della storia, l’unica cosa che vi serve sapere è che a quella festa mi sono sentita un po’ sdoppiata. Da una parte l’Annalisa che conoscete, dall’altra Giulia.
Scusatemi, non mi piace parlare di me stessa in terza persona, ma a questo punto devo proprio farlo.
Nonostante si sentisse un po’ strana, Annalisa alla festa si è divertita. Ha anche fatto un po’ la mignotta, nel senso che ha fatto un paio di pompini a due ragazzi diversi e poi si è fatta scopare dal suo amico Lapo, mentre la ragazza di quest’ultimo dormiva. Vabbè, niente di speciale. Se non fosse per il fatto che, oltre all’alcol, a quella festa girava certa roba… C’era un tizio, si chiamava Gange, che ti offriva dei cannoni che ti mettevano una voglia… Credo che li usi per rimorchiare. E infatti c’era una brunetta con lui – una pariolina molto carina – che non gli si staccava di dosso.
Giulia invece, alla festa, ha ceduto alle avances di questo altro ragazzo. Davide, appunto. Un ragazzo normalissimo e anche animato dalle migliori intenzioni, nel senso è stato chiaro sin da subito che ciò che voleva da lei non era del semplice sesso di una sera. No, lui si era proprio innamorato, era evidente. Aveva preso una cotta fulminea per quella che a lui sembrava essere una ragazza carina, spigliata, simpatica, intelligente e tutte le cose belle che vi vengono in mente quando parlate di una ragazza bella e brava. Non abbiate paura di esagerare con i complimenti, anche perché in definitiva sono rivolti a me e mi fanno piacere.
Quando dico che Giulia ha ceduto alle avances di Davide, sia ben chiaro, intendo che aveva semplicemente risposto “sì” a un invito a cena. Poi d’accordo, anche lei era stata un po’ troia. Gli aveva fatto un pompino in macchina e ci aveva scopato, sempre in macchina, sulla strada del ritorno. Ma, come dire, quasi vergognandosene. “E’ tanto tempo che non lo faccio, da quando mi sono lasciata con il mio ragazzo, mesi fa”, gli aveva detto. E Davide, beh Davide non è scemo né di legno. Che doveva fare se non porre fine all’astinenza di Giulia? Porre fine per due volte di fila, per la precisione. E con un arnese che Giulia aveva trovato di tutto rispetto.
Però, ripeto, l’intenzione di Davide era quella di farsi una storia, con Giulia. Ed è per questo che non si è accontentato di averla per una volta. E a Giulia la cosa non dispiaceva per niente, anzi.
Ecco, quando vi dico che sono Annalisa ma al tempo stesso sono Giulia dovete tenere a mente queste cose. So che potrà apparirvi strano e non vi biasimo. E’ strano anche per me. Così come è stato strano, proprio appena tornata a casa quella mattina del primo gennaio, cambiare il mio nome sul profilo di WhatsApp (è stato anche più strano spiegare alle varie Serena, Trilli, Stefania ecc. perché cazzo fossi improvvisamente diventata Natasha Romanoff, ma questo è un altro paio di maniche).
Tuttavia, nonostante questo sdoppiamento della personalità o forse proprio per questo, ho quasi da subito avuto la sensazione che non sarebbe durata a lungo. Sin dalla prima sera, la sera del primo gennaio. Non che sia successo nulla di strano: una classica cena tra un ragazzo e una ragazza che stanno cominciando una storia. E che decidono di andarsi a fare un giro di due o tre giorni, da soli. Per imparare a stare insieme, a conoscersi, forse ad amarsi. Come due fidanzatini freschi freschi.
Una sera, tra l’altro, quella del primo gennaio, conclusasi senza sesso. A meno che non vogliate considerare sesso i lunghissimi e languidi baci che ci siamo scambiati in macchina sotto casa mia. Eh no, niente parcheggi in luoghi appartati, niente mani che frugano sotto i vestiti, niente pompino. Baci, solo baci.
Mi sarebbe stato benissimo anche così, eh? Se non fosse per una sensazione strana che mi aveva accompagnata per tutta la serata e che, mentre giravo la chiave nella toppa del portone, si era manifestata sotto forma di una domanda semplice semplice. La domanda era questa: ma perché non gli ho detto “ok, ieri sera era un gioco, in realtà il mio nome è Annalisa”? Sarebbe stato tutto più facile, no? Ci avremmo riso su. Magari mi avrebbe detto “tu sei tutta matta” così, per scherzo. Avrei anche potuto provocarlo in modo un po’ spinto, dicendogli “sapessi che strano sentirti che mi chiamavi Giulia mentre scopavamo”. Ci saremmo fatti un’altra risata, magari lui mi avrebbe messo una mano sotto la gonna (mi ero vestita elegantissima). Magari avremmo limonato in modo un po’ più duro…
E invece niente.
E’ chiaro, mi sono chiesta il motivo del mio comportamento. Il perché di questa finzione che, se ci pensate bene, non è proprio una cosa carina da fare a un ragazzo che dice che si è innamorato di te. Non gli stavo offrendo me stessa, gli stavo offrendo un alter ego, Giulia, appunto. Eppure, alla Giulia dentro di me, la cosa piaceva moltissimo. Non ci poteva credere.
Aveva anche fatto una cosa che Annalisa non avrebbe mai pensato di fare. Vedete, ad Annalisa non gliene è mai fregato un cazzo che uno potesse dire a un suo amico “oh, la vedi quella lì? sapessi che pompino che mi ha fatto”. Per Giulia la cosa è un po’ diversa. Un po’ tanto. E poiché in precedenza, alla festa, Annalisa-Giulia lo aveva succhiato anche a un amico di Davide, si è premurata di farsi dare il suo numero da Serena. Se volete sapere da dove sbuca fuori sta Serena cercatevelo nei racconti precedenti, ché non posso sempre stare qui a dirvi tutto.
Il messaggio che Giulia aveva mandato all’amico di Davide, Roberto, era stato a dir poco minatorio: “Non dire nulla a Davide di noi due o la tua ragazza verrà a sapere di come ti sei divertito con la mia boccuccia e con quella della mia amica”. La risposta aveva rassicurato Giulia: “No problem. E poi anche se tu mi piaci di più la tua amica è molto più troia”. Annalisa, invece, ne era rimasta un po’ indispettita: come sarebbe a dire che Serena è più troia di me? Una rapida telefonata aveva svelato l’arcano. Vabbè, Serena gli aveva dato il culo, a sto Roberto. Un tipo di performance che né ad Annalisa né a Giulia interessa molto. Ci siamo capiti, no?
Ad ogni buon conto, Giulia aveva avvertito Roberto che avrebbe conservato lo screenshot di quella conversazione su WhatsApp. La risposta, anche in questo caso era stata rassicurante: “E’ una cosa che resta tra noi”.
Ecco, a questo punto posso tornare a parlare in prima persona, senza sdoppiarmi più tra Annalisa e Giulia. Anche perché è una bella fatica, sapete?
Vi stavo dicendo che tutto sommato a me sta storia di fare la fidanzata di Davide non è che spiacesse poi tanto. E’ vero, la trovavo una cosa un po’ bizzarra. Ma finché recitavo la parte di Giulia la cosa mi stava bene.
Nonostante questo, però, ci ho messo davvero poco a tradirlo. Sin dalla prima sera del nostro viaggetto alle terme. A dire il vero, se in quel momento fossi Annalisa o fossi Giulia non ve lo saprei dire, ma è così che è andata.
No, non vi fate venire in mente cose strane, massaggiatori cubani iperdotati o avvenenti estetiste bielorusse. Anche perché la massaggiatrice sotto le cui mani sono finita era una simpatica madre di famiglia della provincia di Grosseto che, per prima cosa, mi ha detto “Gesù come sei magra”, guadagnando tuttavia punti quando ha ammesso “però, citta, sei proprio bella soda, fai sport? palestra?”. E sì, cazzo, almeno ogni tanto qualcuno se ne accorge.
Insomma, il tradimento di cui parlavo è stato solo virtuale. E anche, per il modo in cui è avvenuto, abbastanza insolito. Diciamo che più che di tradimento vero e proprio si è trattato di uno di quelli che la mia amica Stefania chiama “diversivi”. No, cioè, scusate un momento, non è proprio così. Quando Stefania parla di “diversivi” intende proprio seghe, pompini e scopate con altri che non siano il suo fidanzato ufficiale, Simone. Io invece per “diversivi” intendo in questo caso qualcosa di molto ma molto più leggero, quasi innocente.
Eravamo a letto, io e Davide. Lui crollato, dormiva. Nudo sotto il piumone. Avevamo fatto sesso, avevamo scopato. La prima volta al ritorno in camera dalle piscine di acqua calda e dalla spa, prima di scendere a cena. La seconda, dopo cena. Dopo cena due volte, per la verità. Lui sotto, io sopra. Lui sopra, io sotto. A rotolarci nel letto per un bel po’. Poi la stanchezza della giornata, la rilassatezza del posto, il vino della cena, l’esaltante fatica del sesso. Non era molto tardi, saranno state le undici e mezza o poco più. Gli ho detto “girati dall’altra parte, voglio dormire abbracciata così”. Mi ha dato la schiena e mi sono stretta a lui. Ero nuda anche io. Pelle contro pelle.
Tempo due minuti e Davide è partito, ma proprio di brutto. Aveva il respiro pesante di chi è precipitato in un sonno profondo. Lo avrei fatto molto volentieri anche io. Pure io ero stanca, rilassata, appagata. Ma anche irrequieta, non so spiegarmi il perché. O meglio, potrei farlo ma non mi va.
Sento il ding del WhatsApp e prendo il telefono dal comodino. Per silenziarlo, più che altro. Ho immaginato che fosse una tra Serena, Trilli, Stefania. Più probabilmente Stefania, che prima aveva ironizzato sul fatto che mi fossi fidanzata. Il discorso era rimasto un po’ appeso, per questo credevo che fosse lei.
E invece no, era un messaggio di Gange, il ragazzo che alla festa di capodanno faceva girare della roba assurda, di quella che più che stenderti ti mette addosso una voglia no limits, ti fa cadere ogni freno inibitorio. Mi chiede le solite cose: come sto, che faccio, se l’altra sera mi sono divertita ecc. Mi chiede anche “ma chi cazzo è Natasha Romanoff?”. Io resto abbastanza sul vago. So dove vuole andare a parare ma cerco di tenerlo a distanza. Non mi sta antipatico, sia chiaro, solo che non mi piace, tutto qua.
Ho da poco inviato una risposta tipo “torno a Roma il cinque” che il display si illumina. L’anteprima mi dice che non è Gange, è un numero che non conosco e che non ho in rubrica. Il messaggio dice “ciao Annalisa auguri di buon anno come stai?”, con tanti saluti alla punteggiatura. In genere non rispondo agli anonimi. Perché, in genere appunto, si tratta di rimanenze della mia vita precedente, quando ero al liceo all’ultimo anno, quando ero la Vergine Pompinara. Ragazzi cui ho succhiato il cazzo e che ogni tanto si rifanno sotto. O magari amici loro. Gente che ho depennato. Sono sempre meno, ormai, ma qualcuno c’è ancora.
Ma in questo caso non è così. Perché dopo il primo messaggio ne arriva un altro a stretto giro e mi dice che è Corrado, un istruttore della mia palestra. Non L’ISTRUTTORE, seee magari. Non quel figaccione che purtroppo sembra molto più attratto da un paio di zoccole della sua età, sui 35-40, che non so se gliela danno ma che si vede lontano un miglio che per lui farebbero tutto. Questo Corrado è un altro, un ragazzo più giovane, c’è da poco. Anche lui non è che mi piaccia tantissimo. Non è né bello né brutto. Ovviamente ha un corpo, che lui sottolinea con canottiere attillatissime, da fare invidia a molti maschietti. Però è basso, e quelle spalle e quei muscoli così ipertrofici gli donano più che altro un aspetto da cubo che a me pare anche un po’ buffo. L’ho sorpreso diverse volte a guardarmi, soprattutto negli specchi. Concentrato sul mio sedere. Gli chiedo come abbia avuto il mio numero e lui mi risponde candidamente che l’ha preso dal computer della segreteria. Credo che sia una cosa da licenziamento, ma non glielo faccio notare. E nemmeno mi incazzo più di tanto.
Mi ritrovo quindi a smessaggiare anche con lui. Contemporaneamente alla chat con Gange. Per non farvi perdere il filo, vi dirò prima dell’uno e poi dell’altro. Ma voi invece non perdete di vista il fatto che le conversazioni vanno avanti in parallelo. Nessuno dei due sa dell’altro. Per non parlare di Davide, che dorme al mio fianco e che mi basta allungare la mano per toccare la sua schiena nuda, che fino a poco fa graffiavo mentre mi sfondava e io gli urlavo nell’orecchio “sì, che bello, sfondami!”. Sapete, in quei momenti è molto facile che perda il controllo delle mie parole e dei decibel.
Gange è, tutto sommato, prevedibile. Sono io che non voglio esserlo con lui. Aspetto solo che mi scriva una cosa tipo “quando hai voglia di fare due tiri…”. E quando lo fa, gli domando per prima cosa dove trova quella roba, che è magnifica. Risposta anche in questo caso quasi scontata: “è un segreto”. Poi piazzo il colpo: “Dimmi la verità, la usi per rimorchiare, vero? Lo sai bene che effetto fa”. Accompagno la domanda con uno smile, ma penso proprio che non se la aspettasse. Dice che no, non è vero. E io gli rispondo che sì, invece, che quell’effetto lo ha fatto su di me, su una mia amica (cioè Serena) e anche sulla ragazza che stava con lui alla festa.
Perché la mia strategia è questa: non mi interessa lui, mi interessa lei. Quella brunetta bellina e tanto, tanto pariolina che stava al suo fianco e ogni tanto si strusciava e gli leccava la faccia. Quella che, quando ho chiesto a Gange di farne una per me e Serena, mi ha domandato ingelosita che intenzioni avessi con lui. Quella cui ho sussurrato, allontanandomi, che in quel momento mi sarebbe piaciuto passarle la lingua sulla fica. Sì, ho usato queste parole. Ve l’ho detto che quella roba fa sbroccare.
Gli chiedo se è la sua ragazza, anche se so già la risposta. Me lo disse lei: “Ogni tanto sono la sua ragazza”, e più chiara di così non poteva essere. Lui invece mente, dice che è solo un’amica. “Sì, certo, una scopamica”, gli scrivo, aggiungendo anche in questo caso qualche smile, affinché non pensi che quello per me sia un ostacolo e che si irrigidisca. Lui continua a negare e cambia discorso chiedendomi se proprio non mi vada di farci una canna insieme. Gli rispondo “può essere, ma ti propongo un patto”. “E sarebbe?” chiede. “Dimmi il nome e il numero di quella ragazza e se accetta di incontrarmi dalle anche un paio di fionde, da spararci io e lei. Se va tutto come deve andare ti prometto che ci vediamo, dove vuoi tu”.
Siluro partito, ora vediamo la reazione. Sia chiaro che non mi sogno nemmeno lontanamente di mantenere la promessa, voglio solo il numero di quella brunetta e due cannoni made in Gange. Voglio vedere se la magia si ripete.
La chat con Corrado è invece molto più diretta, per usare un eufemismo. E’ brusco, sgradevole. Anzi, diciamo pure cafone. Lo sarebbe per Annalisa, figuriamoci per Giulia. Gli dico che sono fuori Roma in vacanza con il mio ragazzo e mi domanda “lui dov’è ora”. Rispondo che è accanto a me che dorme e mi fa “avete scopato?”. No, abbiamo giocato a GTA online. Il messaggio che arriva subito dopo mi fa sobbalzare: “Te lo ha messo anche nel culo?”. Gli chiedo a mia volta se per caso sia scemo. L’equivalente di quello che una volta era “ma come ti permetti”. Insiste dicendomi “e che sarà mai”, poi vuole sapere se mi piace, mi domanda se non l’ho mai fatto. Rispondo sempre con una variazione di “piantala e fatti i cazzi tuoi”, in crescendo. Mi dico che al prossimo messaggio interromperò la chat, ma lui mi anticipa e mi chiede scusa, “ho esagerato, immaginavo fossi diversa”. “Perché?”, “Così…”. Gli dico che se si comporta sempre in questo modo vorrei proprio sapere chi si rimorchia. Cioè, le parole non sono proprio queste ma il senso sì. Risponde “più di quanto pensi”, ma secondo me è una cazzata. Torna alla carica chiedendomi “non ti piaccio?” e io gli rispondo perché mai dovrebbe piacermi.
Andiamo avanti con queste schermaglie per un bel po’ e mi diverto pure. E’ ovvio che anche a lui non la darò mai. E’ altrettanto ovvio che d’ora in avanti, soprattutto in palestra, lo farò impazzire fino al dolore. E che magari mi metterò a fare le macchine per i glutei proprio davanti ai suoi occhi con i miei pantaloncini a mezza coscia più attillati, quelli che ho comprato questa estate a Londra per fare jogging e che, se sotto non mi metto le mutandine, non lasciano davvero nulla all’immaginazione. Me lo posso permettere per la reputazione di cui godo in palestra, quella di una ragazzina acqua e sapone, sempre sorridente, che si vede dalla luna che non ha certi grilli in quella testolina bionda.
Il coglione, proprio perché prima mi ha chiesto scusa e immaginava che fossi diversa, all’improvviso mi domanda se gli mando una foto della mia fica. E risponde pure “perché?” quando gli replico ancora una volta se non sia impazzito e che comincio a stufarmi. Ma poiché deve essere convinto di essere irresistibile, va avanti come un caterpillar, mi chiede se ho mai tradito il mio ragazzo. Gli dico no, ci sto insieme da poco. Lui capisce esattamente ciò che voglio che capisca e mi fa: “Allora quelli di prima li tradivi?”. Gli rispondo che non sono affari suoi, resto volutamente ambigua. Ve l’ho già detto che voglio farlo impazzire? Ah sì, ve l’ho detto.
E a questo punto, basta con la narrazione separata delle due chat. Si torna in presa diretta, dal touch screen del mio telefono.
Prima arriva il messaggio di Gange: “Non avevo capito che ti piacevano le ragazze”.
Poi arriva quello di Corrado: “Lo tradiresti con me?”.
A tutti e due mando lo stesso messaggio: “No, ho voglia di UNA ragazza”. Stesso significato, contesti e sensi diversi.
Sono curiosa di vedere che esce fuori, tanto non ho nulla da perdere.
“Si chiama Roberta”, è il messaggio di Gange. Segue il numero di telefono.
Lo ringrazio raccomandandogli, ancora con uno smile, di augurarsi che tutto vada bene. A Corrado, che invece mi dice che aveva visto giusto e che sono una troia, rispondo solo “può darsi, ma tu sei troppo cafone”. Nemmeno gli do la buonanotte. Per un attimo prendo anche in considerazione l’idea di sparargli una cazzata e scrivergli, come congedo, “e comunque sì, il mio ragazzo me l’ha messo nel culo”. Così, tanto per farlo andare fuori come un terrazzino, per farlo sbroccare. Ma lascio perdere.
Però, lo riconosco, devo qualcosa anche a quel buzzurro. Se non altro, è stato lui a tirarmi fuori l’ammissione della mia voglia esplicita di tradire Davide con questa ragazza, che adesso so che si chiama Roberta.
Mi sfioro tra le gambe e mi trovo bagnata. Può essere il seme del mio riccetto che è colato fuori, ma non credo sia solo quello. Sono eccitata. Mi dico che potrei svegliare Davide. Oppure, anche senza svegliarlo, intrufolarmi tra le sue gambe e succhiargli il cazzo. Ma non è quello che voglio.
Mi sgrilletto pensando alla brunetta di Gange, allo sguardo lascivo che aveva alla festa, al suo desiderio così simile al mio. E’ questo ciò che voglio, mi dico, masturbarmi pensando a lei. Ci immagino sedute l’una di fronte all’altra in un bar. Io con una gonna corta e senza mutandine sotto, che divarico le gambe mentre la fisso negli occhi e le dico: “Sono stata dall’estetista ieri, se mi bagno luccico. Vuoi vedere?”.
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