Addio al nubilato
di
Lizbeth Gea
genere
pulp
Che vi posso dire, ho iniziato questi racconti sulla mia vita da escort, per arrivare a questo momento. Ora immagino voi, con il vostro pene in mano, in attesa di masturbarsi, e mi aspetto un fanculo da parte di molti e se alla fine di questo racconto raggiungerete l’orgasmo, vi invito a meditare sui vostri pensieri e vi invito a farvi un esame ci coscienza.
Non potete neppure immaginare come è faticoso scrivere queste parole e non so neppure se questo è il posto giusto dove postarlo, ma ne sento il bisogno. Poche persone sanno quello che mi è successo in quella serata. Ovviamente non scriverò ne i nomi delle persone coinvolte, ne i posti dove successe il tutto. Sono sicura che loro non leggeranno mai le mie parole, ma l’anonimato è prezioso.
Bhe, da dove incomincio, direi, banalmente, dall’inizio. Un pomeriggio ricevetti una telefonata da un ragazzo. Stava organizzando un addio al celibato per il suo migliore amico e aveva bisogno, sue parole testuali, di rendere la festa più emozionante.
In poche parole dovevo intrattenere lo sposo, eccitarlo, giocarci e preferibilmente non fare sesso con lui, dato che la sposa era la sua migliore amica. Ci mettemmo d’accordo per 200 euro, pagati sul posto.
Arrivai al locale per le 22, con il mio solito zaino. Dentro avevo tutto il necessario per la mia esibizione. Si limitava solamente ai minivestiti che dovevo indossare. Incontrai il ragazzo che mi aveva contattata, era molto carino e gentile, mi pagò e mi disse di attendere in quel camerino, mi avrebbe chiamato lui.
Mi spogliai, indossai la minigona, il top nero e i miei bei stivali, pensai di non indossare intimo.
Qualcuno bussò alla porta, l’aprii, era il ragazzo. Mi disse di seguirlo. Avevano affittato il privè per quella serata. Quando arrivai a destinazione, era complentamente buio. Improvvisamente una luce mi avvolse e diventai la protagonista della serata.
Attorno a me potevo vedere chiaramente sei ragazzi, arrapati, ubriachi che mi incitavano.
Iniziai a muovermi sensualmente e, dopo che me lo indicò il mio contatto, mi avvicinai lentamente al festeggiato. Gli sfiorai le sue labbra con le mie. Gli appoggiai la minigonna al volto, sentii chiaramente una lingua appoggiarsi contro. Pensai che tutti gli uomini erano uquali.
Mi sedetti sopra di lui, appoggiando il mio sedere nudo sul suo pacco e lo fissavo. Gli leccai la faccia. Sentii il suo pene gonfiarsi. Mi rialzai. Lo presi in giro.
“Poverino il nostro sposo, ha bisogno di liberarsi”
Gli sbottonai i pantoloni, rimase in mutande, la sua erezione era evidente. Mi tolsi il top, qualcuno cercò di palparmi, ma il mio cliente lo impedi. Mi sedetti su quel pene avvolto nelle mutande e simulai una scopata. Lui mi afferrò il seno e mi leccò i capezzoli, a quanto pare aveva dimenticato di doversi sposare il giorno dopo. Le mie tette continuavano a sbattere contro la sua faccia, sentivo le sue mani dappertutto. Un momento erano sulle mie tette, subito dopo erano sul mio culo.
La mia passera aperta scorreva sul suo cazzo, la cosa non mi era indefferente, ma stavo facendo il mio lavoro. Facevo su e già sulla sua asta e lui schizzò dentro le sue mutande.
Gli baciai la fronte – “Bravo il mio sposino”
Il mio lavoro era finito. No non è questa la storia che volevo raccontare, anche per quello l’ho descritta velocemente. Il mio vero scopo arriva ora e sono sicura che non vi piacerà.
Guardai Sandro, l’uomo che mi aveva pagata, mi rivestii e me ne tornai nello sgabuzzino.
Giurò ho le dita che mi tremano, non so come raccontare la mia storia, non so come rendere quello che ho provato. Stà di fatto che, appena tornai nel piccolo spogliatoio, sentii immediatamente qualcuno entrare e richiudere la porta. Pensai che fosse il mio cliente, ma purtroppo appena mi girai vidi uno dei ragazzi della festa, con una bottiglia di birra in mano.
“E tu che cazzo vuoi?”
“Bhe, tu sei una puttana”
“Per oggi il mio lavoro è finito, vedi di andartene”
“No, tutti noi abbiamo pagato e ora voglio la mia parte”
Mi misi la giacca, presi lo zaino e mi diressi verso l’uscita senza guardarlo in faccia. Lui si frappose tra me e la porta, cercai di spingerlo via, ma nulla lui rimanevo fermo nella sua posizione.
Lui mi afferrò il viso e mi sbatte la lingua sulla bocca, io la tenni chiusa. Lui non si fermò, mi palpò il seno io gli diedi una forte spinta, ma nulla era decisamente più forte di me.
Mi tirò i capelli, la mia bocca si aprii in automatico e lui se ne approffittò per infilare la lingua dentro, il suo alito puzzava di alcool da fare skifo, quasi vomitai.
Mi strappò il cappotto, lo buttò sul divano. Mi infilò la mano nei leggins e mi infilò la mano nella figa.
“Lurido bastardo” – Cercai di dagli un pugno, ma lui lo schivò.
Mi strappò anche la camicetta, rimasi con il top. Lui infilò la mano sotto e mi strinse un capezzolo. Iniziai a piangere. Mi scaraventò sul divano, mi prese con forza la cintura elastica dei leggings, me li abbassò fino a metà gambe e mise la sua lurida lingua sulla mia passera. Era totalmente imbranato.
Urlai – “Lasciami andare, stronzo, ti denuncio”
Rialzò la testa – “Chi vuoi denunciare tu, puttana di merda” - e mi infiò la lingua in figa, mi morse il clito, mi fece dannatamente male. Continuava a leccarmi, intanto si abbassò i pantaloni e iniziava a menarselo.
Prese la bottiglia di birra e me la infilò nella figa. Era fredda e bagnata, fu dannatamente doloroso.
Dentro di me sapevo che stavo per arrendermi, volevo solo che finisse in fretta. Mi strappò letteralmente il top, procurandomi un dolore fisico atroce sulle spalle. Mi diede una sberla al seno. Lo morse e poi mi spinse il cazzo dentro.
Urlai, chiesi aiuto, ma non arrivò nessuno. Quella bestia continuava a violentarmi. Cercai di isolarmi, ma purtroppo sentivo quel cazzo ridicolo dentro di me. Sentivo il trucco sciogliersi al contatto delle mie lacrime.
Stavo perdendo la forza di ribellarmi lo implorai di smettere, ma nulla quel mostro era ancora sopra di me e continuava a penenetrarmi con insistenza. Cercò di baciarmi, io gli morsi la lingua, come reazione mi diede una sberla.
Urlai di nuovo e mi tappò la bocca con la sua mano, cercai di morderla, ma nulla. Sentivo il suo alito sopra di me, sentivo la puzza del suo sudore. Volevo solo che smettesse in fretta.
Mi morse il seno, mi lasciò il segno dei suoi denti.
Mi afferrò per la vita. Mi fece mettere a 90 e si, me lo sbattè in culo senza ritegno. Ormai mi ero arresa, gli facevo fare tutto quello che voleva. Era il mio unico modo per non subire più violenze. Il suo cazzo spingeva dentro di me e io continuavo a piangere. Supplicavo che qualcuno venisse ad aiutarmi, ma non ricevevo risposta.
“Visto che stai godendo troia”
Avevo il viso appoggiato su un comodino e fissavo il muro, in attesa che lui venisse, che quel supplizio terminasse.
“Vali tutti i soldi che ti abbiamo pagata”
Mi afferrò le tette e le strizzò. Ormai ero un oggetto nelle sue mani.
Improvvisamente la porta alle mie spalle si apri e riconobbi immediatamente la sua voce.
“Idiota, che cazzo stai facendo”
“Laciami in pace, mi sto fottendo sta troia”
In un attimo non sentii più il cazzo dentro di me e sentii qualcuno litigare alle mie spalle. Qualcuno cadde per terra, non avevo il coraggio di voltarmi. Sentii chiaramente il suono di un pugno abbattarsi su una mascella.
“Cretino dammi il tuo portafoglio” – Era la voce del mio cliente – “Ora vattene”
Qualcuno mi appoggiò una giacca sulle spalle – “Ora se ne è andato”.
Io tremavo tutta, mi coprii il seno con le braccia, avevo paura che anche lui mi volesse scopare. Mi appoggio la mano sulla spalle. Io scattai via e, girandomi, lo guardai impaurito.
Lui era li pietrificato non sapeva cosa fare e dire – “Non so come farmi perdonare, eri sotto la mia responsabilità”
Io ovviamente tacevo.
“Quel imbecille ha bevuto troppo, ed è sempre stato un coglione” – Mi tese i miei vestiti – “Rivestiti, ti porto a casa”
Li presi – “Per favore vattene”
“Lo vuoi denunciare”
“Forse dovrei, siete tutti degli idiotiii”
“Lo so che ti sto chiedendo un grosso favore, non farlo”
“Perché non lo dovrei fare”
“In realtà avresti tutte le ragione del mondo” – Prese il portafoglio – “Ho qui 300 euro, sono tuoi, se non dici niente a nessuno”
Riflettei un attimo, arraffai i soldi e scappai via, non prima di urlare – “Luridi stronzi non chiamatemi mai più” – E me ne andai via da quel locale, tra l’altro non ci tornai mai più.
Vi avevo avvisati che questo non era un racconto erocito. Mi dispiace di avervi fatto ammosciare il cazzo e, qual’ora, l’avete ancora duro e vi state ancora segando, dovete farmi mille domande. Avevo bisogno di scriverlo, sentivo il bisogno di esprimere tutta la mia rabbia verso voi uomini di merda. Lo so non siete tutti uquali. E poi vi domandate perché esco con le donne.
Da allora ho continuato il mio lavoro di escort, solo con i clienti che mi ero costruita in quel periodo e smisi del tutto, quando conobbi il mio fidanzato attuale.
Ora penso che non scriverò più racconti, almeno per un pò, il mio obiettivo l’ho raggiunto e sinceramente non so più che scrivere, sento che sto diventando ripetitiva. Arrivederci. Buon anno e fanculo a tutti voi segaioli di merda.
Non potete neppure immaginare come è faticoso scrivere queste parole e non so neppure se questo è il posto giusto dove postarlo, ma ne sento il bisogno. Poche persone sanno quello che mi è successo in quella serata. Ovviamente non scriverò ne i nomi delle persone coinvolte, ne i posti dove successe il tutto. Sono sicura che loro non leggeranno mai le mie parole, ma l’anonimato è prezioso.
Bhe, da dove incomincio, direi, banalmente, dall’inizio. Un pomeriggio ricevetti una telefonata da un ragazzo. Stava organizzando un addio al celibato per il suo migliore amico e aveva bisogno, sue parole testuali, di rendere la festa più emozionante.
In poche parole dovevo intrattenere lo sposo, eccitarlo, giocarci e preferibilmente non fare sesso con lui, dato che la sposa era la sua migliore amica. Ci mettemmo d’accordo per 200 euro, pagati sul posto.
Arrivai al locale per le 22, con il mio solito zaino. Dentro avevo tutto il necessario per la mia esibizione. Si limitava solamente ai minivestiti che dovevo indossare. Incontrai il ragazzo che mi aveva contattata, era molto carino e gentile, mi pagò e mi disse di attendere in quel camerino, mi avrebbe chiamato lui.
Mi spogliai, indossai la minigona, il top nero e i miei bei stivali, pensai di non indossare intimo.
Qualcuno bussò alla porta, l’aprii, era il ragazzo. Mi disse di seguirlo. Avevano affittato il privè per quella serata. Quando arrivai a destinazione, era complentamente buio. Improvvisamente una luce mi avvolse e diventai la protagonista della serata.
Attorno a me potevo vedere chiaramente sei ragazzi, arrapati, ubriachi che mi incitavano.
Iniziai a muovermi sensualmente e, dopo che me lo indicò il mio contatto, mi avvicinai lentamente al festeggiato. Gli sfiorai le sue labbra con le mie. Gli appoggiai la minigonna al volto, sentii chiaramente una lingua appoggiarsi contro. Pensai che tutti gli uomini erano uquali.
Mi sedetti sopra di lui, appoggiando il mio sedere nudo sul suo pacco e lo fissavo. Gli leccai la faccia. Sentii il suo pene gonfiarsi. Mi rialzai. Lo presi in giro.
“Poverino il nostro sposo, ha bisogno di liberarsi”
Gli sbottonai i pantoloni, rimase in mutande, la sua erezione era evidente. Mi tolsi il top, qualcuno cercò di palparmi, ma il mio cliente lo impedi. Mi sedetti su quel pene avvolto nelle mutande e simulai una scopata. Lui mi afferrò il seno e mi leccò i capezzoli, a quanto pare aveva dimenticato di doversi sposare il giorno dopo. Le mie tette continuavano a sbattere contro la sua faccia, sentivo le sue mani dappertutto. Un momento erano sulle mie tette, subito dopo erano sul mio culo.
La mia passera aperta scorreva sul suo cazzo, la cosa non mi era indefferente, ma stavo facendo il mio lavoro. Facevo su e già sulla sua asta e lui schizzò dentro le sue mutande.
Gli baciai la fronte – “Bravo il mio sposino”
Il mio lavoro era finito. No non è questa la storia che volevo raccontare, anche per quello l’ho descritta velocemente. Il mio vero scopo arriva ora e sono sicura che non vi piacerà.
Guardai Sandro, l’uomo che mi aveva pagata, mi rivestii e me ne tornai nello sgabuzzino.
Giurò ho le dita che mi tremano, non so come raccontare la mia storia, non so come rendere quello che ho provato. Stà di fatto che, appena tornai nel piccolo spogliatoio, sentii immediatamente qualcuno entrare e richiudere la porta. Pensai che fosse il mio cliente, ma purtroppo appena mi girai vidi uno dei ragazzi della festa, con una bottiglia di birra in mano.
“E tu che cazzo vuoi?”
“Bhe, tu sei una puttana”
“Per oggi il mio lavoro è finito, vedi di andartene”
“No, tutti noi abbiamo pagato e ora voglio la mia parte”
Mi misi la giacca, presi lo zaino e mi diressi verso l’uscita senza guardarlo in faccia. Lui si frappose tra me e la porta, cercai di spingerlo via, ma nulla lui rimanevo fermo nella sua posizione.
Lui mi afferrò il viso e mi sbatte la lingua sulla bocca, io la tenni chiusa. Lui non si fermò, mi palpò il seno io gli diedi una forte spinta, ma nulla era decisamente più forte di me.
Mi tirò i capelli, la mia bocca si aprii in automatico e lui se ne approffittò per infilare la lingua dentro, il suo alito puzzava di alcool da fare skifo, quasi vomitai.
Mi strappò il cappotto, lo buttò sul divano. Mi infilò la mano nei leggins e mi infilò la mano nella figa.
“Lurido bastardo” – Cercai di dagli un pugno, ma lui lo schivò.
Mi strappò anche la camicetta, rimasi con il top. Lui infilò la mano sotto e mi strinse un capezzolo. Iniziai a piangere. Mi scaraventò sul divano, mi prese con forza la cintura elastica dei leggings, me li abbassò fino a metà gambe e mise la sua lurida lingua sulla mia passera. Era totalmente imbranato.
Urlai – “Lasciami andare, stronzo, ti denuncio”
Rialzò la testa – “Chi vuoi denunciare tu, puttana di merda” - e mi infiò la lingua in figa, mi morse il clito, mi fece dannatamente male. Continuava a leccarmi, intanto si abbassò i pantaloni e iniziava a menarselo.
Prese la bottiglia di birra e me la infilò nella figa. Era fredda e bagnata, fu dannatamente doloroso.
Dentro di me sapevo che stavo per arrendermi, volevo solo che finisse in fretta. Mi strappò letteralmente il top, procurandomi un dolore fisico atroce sulle spalle. Mi diede una sberla al seno. Lo morse e poi mi spinse il cazzo dentro.
Urlai, chiesi aiuto, ma non arrivò nessuno. Quella bestia continuava a violentarmi. Cercai di isolarmi, ma purtroppo sentivo quel cazzo ridicolo dentro di me. Sentivo il trucco sciogliersi al contatto delle mie lacrime.
Stavo perdendo la forza di ribellarmi lo implorai di smettere, ma nulla quel mostro era ancora sopra di me e continuava a penenetrarmi con insistenza. Cercò di baciarmi, io gli morsi la lingua, come reazione mi diede una sberla.
Urlai di nuovo e mi tappò la bocca con la sua mano, cercai di morderla, ma nulla. Sentivo il suo alito sopra di me, sentivo la puzza del suo sudore. Volevo solo che smettesse in fretta.
Mi morse il seno, mi lasciò il segno dei suoi denti.
Mi afferrò per la vita. Mi fece mettere a 90 e si, me lo sbattè in culo senza ritegno. Ormai mi ero arresa, gli facevo fare tutto quello che voleva. Era il mio unico modo per non subire più violenze. Il suo cazzo spingeva dentro di me e io continuavo a piangere. Supplicavo che qualcuno venisse ad aiutarmi, ma non ricevevo risposta.
“Visto che stai godendo troia”
Avevo il viso appoggiato su un comodino e fissavo il muro, in attesa che lui venisse, che quel supplizio terminasse.
“Vali tutti i soldi che ti abbiamo pagata”
Mi afferrò le tette e le strizzò. Ormai ero un oggetto nelle sue mani.
Improvvisamente la porta alle mie spalle si apri e riconobbi immediatamente la sua voce.
“Idiota, che cazzo stai facendo”
“Laciami in pace, mi sto fottendo sta troia”
In un attimo non sentii più il cazzo dentro di me e sentii qualcuno litigare alle mie spalle. Qualcuno cadde per terra, non avevo il coraggio di voltarmi. Sentii chiaramente il suono di un pugno abbattarsi su una mascella.
“Cretino dammi il tuo portafoglio” – Era la voce del mio cliente – “Ora vattene”
Qualcuno mi appoggiò una giacca sulle spalle – “Ora se ne è andato”.
Io tremavo tutta, mi coprii il seno con le braccia, avevo paura che anche lui mi volesse scopare. Mi appoggio la mano sulla spalle. Io scattai via e, girandomi, lo guardai impaurito.
Lui era li pietrificato non sapeva cosa fare e dire – “Non so come farmi perdonare, eri sotto la mia responsabilità”
Io ovviamente tacevo.
“Quel imbecille ha bevuto troppo, ed è sempre stato un coglione” – Mi tese i miei vestiti – “Rivestiti, ti porto a casa”
Li presi – “Per favore vattene”
“Lo vuoi denunciare”
“Forse dovrei, siete tutti degli idiotiii”
“Lo so che ti sto chiedendo un grosso favore, non farlo”
“Perché non lo dovrei fare”
“In realtà avresti tutte le ragione del mondo” – Prese il portafoglio – “Ho qui 300 euro, sono tuoi, se non dici niente a nessuno”
Riflettei un attimo, arraffai i soldi e scappai via, non prima di urlare – “Luridi stronzi non chiamatemi mai più” – E me ne andai via da quel locale, tra l’altro non ci tornai mai più.
Vi avevo avvisati che questo non era un racconto erocito. Mi dispiace di avervi fatto ammosciare il cazzo e, qual’ora, l’avete ancora duro e vi state ancora segando, dovete farmi mille domande. Avevo bisogno di scriverlo, sentivo il bisogno di esprimere tutta la mia rabbia verso voi uomini di merda. Lo so non siete tutti uquali. E poi vi domandate perché esco con le donne.
Da allora ho continuato il mio lavoro di escort, solo con i clienti che mi ero costruita in quel periodo e smisi del tutto, quando conobbi il mio fidanzato attuale.
Ora penso che non scriverò più racconti, almeno per un pò, il mio obiettivo l’ho raggiunto e sinceramente non so più che scrivere, sento che sto diventando ripetitiva. Arrivederci. Buon anno e fanculo a tutti voi segaioli di merda.
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