Il pompino, la vendetta/2
di
Browserfast
genere
etero
Va bene, “mi guardo in giro perché ho voglia di fare un pompino a qualcuno” è molto più facile a dirsi che a farsi. Anche perché davanti a me ho soltanto due coppie di persone nemmeno tanto giovani e non è che posso alzarmi e andare da loro e dire “ciao, scusa è il tuo ragazzo? È tuo marito? Ti dispiace se lo prendo un attimo e gli succhio il cazzo? Dai che facciamo presto”. Che faccio? Mi metto una fascetta in testa con su scritto “il servizio pompini è attivo”? Sì, d’accordo, è vero che una volta avevo pensato di presentarmi a una festa in questo modo (poi per fortuna ci ho ripensato). Ma non si fa, siamo seri.
– Non è che qui dentro ci sia tutto sto movimento, Stefy – scherzo – dove cazzo ci hai portate?
– Che ne sapevo? Magari è ancora un po’ presto… – ribatte - Comunque, non ti voltare, ma c’è un tipo al bancone che ogni tanto lancia degli sguardi verso di noi, solo che avrà…
Ovviamente mi volto. Vedo un uomo seduto su uno sgabelletto che sta finendo la sua birra. Non è nemmeno tanto male. Ha un completo elegante, canna di fucile, una camicia bianca senza cravatta e sbottonata in modo sobrio. Ha anche una barba non molto lunga che gli sta bene, nonostante a me la barba non piaccia molto. Ma soprattutto ha dei denti bianchissimi, quanto la camicia.
Lo osservo, lui se ne accorge subito e mi osserva a sua volta. Sosteniamo lo sguardo l’uno dell’altra per cinque, dieci secondi. Col cazzo che abbasso gli occhi, bello. Sei tu la preda, non io. Io faccio solo finta di esserlo. Nemmeno lui li abbassa, però. Ok, mi piace così. Il match finisce in pareggio, sancito da un sorriso reciproco. Mi volto verso le mie amiche.
– Beh, perché no? – faccio loro.
– Ma avrà una trentina d’anni – dice Stefania. Trilli è perplessa. Entrambe guardano verso di lui, anche se gli do le spalle sono certa che se ne sia accorto.
– Amore mio, questo non mi sembra un posto affollato di ragazzi della nostra età, mica siamo al pub…
E poi, penso tra me e me, se proprio vogliamo essere pignole un pompino a uno molto più grande di me una volta l’ho fatto, nella piazzola di un autogrill sull’autostrada. E altro che trent’anni, ne avrà pure avuti più di quaranta. Madonna che cazzo aveva quello, mai visto niente del genere. Non era nemmeno un cazzo, era un teleobiettivo… Un uomo… Questo sarà più giovane ma mi sa lo stesso molto di uomo.
Ho deciso, mi alzo e vado verso il bancone, lui solleva gli occhi e mi squadra mentre mi avvicino. Non sembra nemmeno particolarmente sorpreso. Gli sparo un “ciao” abbastanza suadente, lui mi risponde con un “ciao” abbastanza simpatico. Ora che ce l’ho a mezzo metro posso dire che non è bellissimo, ma che ha uno sguardo diretto e una cosa davvero assassina sulla faccia, a metà tra un ghigno e un sorriso. I denti sono i più bianchi che abbia mai visto.
– Perché non prendi un’altra birra e vieni a berla con noi?
Lui accetta. Senza fretta ma anche senza ipocrisie. Scola il suo bicchiere e mi segue. Il mio unico rammarico è che per la sera ho messo un cardigan che gli copre la visuale del mio sedere fasciato dai leggings, ancheggio un po’ per compensare. Mi batte un po’ il cuore, però.
Facciamo le presentazioni, lui si chiama Antonello. Mentre si volta per chiedere un’altra birra alla cameriera Stefy mi fa una smorfia come per dire “beh, poteva andare peggio”, io sempre con una smorfia le rispondo “no, guarda, è andata bene”. Trilli si copre gli occhi con una mano e non si capisce bene se voglia ridere o piangere.
Lo scambio di informazioni “cosa ci fate qui/cosa ci fai tu qui tutto solo” si risolve in fretta, perché ci dice che lui qui vicino ci lavora, nello studio di suo zio. Noi tutte e tre tra i diciannove e i venti, sì siamo studentesse, lui trentadue. Qualche altra cazzata sparsa e si arriva al dunque. O meglio, io arrivo al dunque. E quando inizio a parlare Stefania e Trilli si irrigidiscono, e non poco. Una cosa del genere in effetti non gliel’ho mai fatta. Voglio dire, ai tempi della scuola, quando sparivo, sapevano benissimo dove fossi finita, a fare cosa e con chi, ma non è che abbia mai detto a qualche ragazzo davanti a loro “ehi, perché non ci mettiamo da una parte che ti faccio una pompa mentre loro ci aspettano qui tranquillamente?”. Cioè, capitemi, non è che le cose andassero proprio in questo modo.
– Seeeentiii… le mie amiche qui vorrebbero sapere se ti ricordo qualcuno, cioè qualcuna…
Lui mi rivolge uno sguardo interrogativo. Francamente non posso dargli torto. Non posso nemmeno dare torto alla mia inquietudine che aumenta: non è che sto per fare una figura di merda colossale?
– Cioè, insomma continuo – sì, ho un taglio di capelli nuovo che, lo dicono loro eh?… cioè, insomma, loro dicono che mi fa somigliare a Jennifer Lawrence…
– Chi? – fa lui aggrottando le ciglia – ah, sì…
– Secondo te ci somiglio?
– No.
Stefania e Trilli scoppiano a ridere, lui le guarda un po’ smarrito e probabilmente si sta chiedendo da dove siano sbucate fuori queste tre deficienti. Io invece sono abbastanza sicura di avere spiazzato le mie amiche. Sono decisamente più rilassate. Dopo avere trattenuto un po’ il fiato, magari si sono convinte che scherzassi, o che sì, prima o poi in ginocchio davanti a questo tipo ci finirò ma non è detto che sia stasera. Adesso.
E invece mi sa che tra po’ mi divertirò io, in tutti i sensi. Devo solo trovare il coraggio di chiudere gli occhi e buttarmi. Come in piscina dal trampolino di tre metri…
– Vedete che avevo ragione? – faccio rivolta alle mie amiche – Seeeenti però, Antonè, cioè, c’è un’altra cosa… Stefania, no? lei insomma non crede… cioè abbiamo fatto una scommessa, lei, insomma sì… lei non crede che adesso io e te scendiamo al piano di sotto, ci infiliamo in un bagno e ti faccio un pompino…
Bomba lanciata, centri operativi di difesa aerea in emergenza. Non si tratta di un’esercitazione.
Non so bene su quale delle reazioni concentrarmi. Quella di Antonello, naturalmente, che resta come si suol dire di sasso, non muove proprio un muscolo e mi guarda. Ma anche quella di Stefania non è male: sul viso le si disegna un’espressione stupefatta. Di chi non si immaginava di essere tirata in ballo in quel modo. Agli occhi dell’uomo, però, la faccia di Stefy potrebbe essere tranquillamente la faccia di una che è stata appena sputtanata. Trilli invece è più prevedibile, quando il mio sguardo si sposta su di lei sta diventando violacea.
Antonello prende il bicchiere, butta giù un sorso di birra e riposa il bicchiere sul tavolino.
– Molto divertente – dice con un tono un po’ neutro, la voce appena appena increspata. Poi sorride a tutte e tre.
– No, no, no, aspetta, non ti sto prendendo in giro! Il fatto è che prima tu ci stavi osservando, no? Dai, non c’è niente di male… eee… insomma a un certo punto Stefania ci ha detto che ci stavi osservando, io mi sono voltata… lo ricordi, no?… ecco… e le ho detto… sì insomma… le ho detto “bel tipo, quasi quasi…”. E lei ha detto “quasi quasi che?”… E insomma, sai com’è, siamo andate un po’ avanti e alla fine le ho detto che… hai capito no? La scommessa è nata da lì… cioè, devo fare un pompino a uno sconosciuto, ecco tutto.
E già, ecco tutto. Facile, no? Un po’ accaldata mi sento pure io e chissà se sono diventata rossa. Un po’ forse sì, dai, non stiamo qui a fare le mignotte navigate, che cazzo… Però tutto quello che potevo fare l’ho fatto, con tanti saluti all’educazione religiosa. Ora dipende da lui, dalla sua risposta. Che non è tuttavia quella che mi aspettavo…
– Ma io sono un uomo impegnato.
Per un momento resto senza fiato, la sua obiezione mi sembra una montagna invalicabile. Poi però mi soccorrono la mia faccia tosta, una vecchia battuta e la consapevolezza che i maschietti, quasi sempre, non vogliono altro che essere rassicurati. Chiedono solo quello, in fondo.
– E sticazzi? Io mica sono gelosa… e non sono nemmeno una rompicoglioni… Voglio dire, mica mi innamoro… Quella che si innamora di solito è lei – e indico Stefania – ma al momento è già innamorata.
– Beh, che dire – fa Antonello dopo avermi guardata per un po’ – sono lusingato.
Bene, mi piace. Cioè, poteva uscirsene con una cosa molto più impacciata o con una cosa molto più volgare. E non è nemmeno detto che quest’ultima mi sarebbe dispiaciuta. Ma in questo momento la parola “lusingato” mi piace davvero un sacco.
– Non vorrai farmi perdere la scommessa… – dico sbattendo gli occhi.
Dai suoi, di occhi, capisco che ci sta cominciando a pensare seriamente. Perfetto. Adesso però si tratta davvero di buttarsi. Non si tratta più di “dire”, ma di “fare”. Tra l’altro senza avere nessuna certezza di come andrà a finire. Perché non è che lui mi abbia detto “ok, si fa”.
Gli faccio cenno che andrò io, prendo la borsa e – non prima di avere lanciato un sorriso a Stefania e a Trilli – mi avvio verso le scale con la classica andatura di chi con una certa nonchalance va a cambiarsi l’assorbente. Lo attendo alla fine degli scalini e dopo qualche minuto, in cui friggo un po’ parecchio, sento i suoi passi e mi appare davanti.
– Sicura? – mi chiede.
– Ma è ovvio.
– Prima però vorrei baciare questa bellissima ragazza.
Oddio, beh, non era previsto ma uaooo, chi si tirerebbe indietro? E mi bacia pure bene, mi invade, la sua lingua sarà il doppio della mia. E anche il punto di stritolamento del mio corpicino è quello giusto! Inizio proprio a sciogliermi, lì sotto.
Mi prende per mano e ci avviamo verso i bagni, quando passiamo davanti a una porta con su scritto “privato” lui prova ad abbassare la maniglia e, cazzo, è aperto! Con la chiave infilata nella toppa dall’altra parte.
– Vale sempre la pena provare – mi fa lui con il suo ghigno/sorriso seduttivo. Ricorda un po’ Harrison Ford.
Ci chiudiamo dentro e accendiamo la luce ed è proprio come un bagno di casa. Eccezion fatta per uno scatolone di cartone in un angolo e un imballo lungo lungo che sale al soffitto e che chissà cosa contiene.
Mi aspetterei un altro bacio e un altro abbraccio, a dire il vero. Lui però si dirige al lavandino, apre l’acqua e, con una mia certa sorpresa, se lo tira fuori e inizia a lavarselo. Lo osservo lievemente costernata nello specchio, lui alle prese con il suo cazzo già un po’ barzotto.
– E’ passato un po’ da quando mi sono fatto la doccia… – dice come a giustificarsi.
- Ah...
Gli vado a fianco e continuo a guardarlo nello specchio. Ora, se qualcuna ha avuto a che fare come me con uno stuolo di compagni del liceo ansiosi di farsi spompinare a qualsiasi ora del giorno e della notte, sa benissimo che l’igiene intima può essere un qualcosa di molto relativo. A meno che non si trattasse di situazioni disperate, sinceramente non me ne sono mai fatta un grande problema, tanto so che ben presto, in momenti come questi, qualsiasi sensazione sgradevole si diluisce. Quindi non è il fatto che lui voglia allontanare da sé gli odori di una intera giornata che mi colpisce. Quello che mi colpisce in realtà è il gesto in sé, la premura. Credo che sia perché, dopo quello che ho passato sabato notte, un po’ di riguardo è quello che mi ci voleva. Come forse anche la mia voglia di fare un pompino corrisponde al desiderio di essere io a gestire una situazione e non a essere gestita.
– Posso farlo io?
Prendo un po’ di sapone dal dispenser e inizio a lavargli il cazzo senza nemmeno lasciargli il tempo di dire sì o no. Poi lo bacio, sono io a cercare la sua bocca. Il suo cazzo mi scivola sulla mano insaponata e si ingrossa velocemente, io sento sempre più caldo tra le cosce e la fica che inizia a pulsare. Credo di essere decisamente bagnata, ora, e penso che forse non sarebbe una cattiva idea abbassarmi i leggings e il perizoma e mettermi a novanta su questo lavandino così ampio. Ma lascio perdere.
– Come vuoi stare? – mi chiede.
– Dimmi tu come vuoi stare… – sussurro.
– Ti dispiace se mi siedo?
No, non mi dispiace, anche se in realtà avevo immaginato di inginocchiarmi con tutta la sua altezza – non eccessiva a dire il vero – che mi sovrastava. Chiude il coperchio del water e ci si siede sopra, io mi sistemo tra le sue gambe con il suo cazzo in mano. Mi sfugge un mugolio scemo, ma pieno di sesso.
Inizio a segargli lievemente l’uccello mentre con l’altra mano afferro l’iPhone. Non so come cazzo mi sia venuta questa idea, ma mi è venuta così, all’improvviso.
– Ti dispiace farmi una foto nel caso la mia amica non ci credesse?
Tiro la lingua di fuori e la appoggio al suo cazzo, poi spalanco gli occhi in una espressione da oca puttanella disposta a farsi fare qualunque cosa da chiunque. Lui scatta una, due foto. Poi mi dice che se il problema è quello forse è addirittura meglio fare un video. Sento il beep prima di poter replicare, ma tanto mi va benissimo così.
Il fresco dell’acqua sulla pelle tesa è piacevole, anche se copre un po’ tutto. Lo lecco e lo insalivo, ci passo piano piano sopra. Ben presto inizio a sentirlo caldo nella mia bocca, l’odore e il sapore di maschio si fanno rapidamente più percepibili. Lecco e insalivo ancora. Il frenulo, il taglietto sulla punta. Mi lascio scivolare l’asta dentro e poi risalgo, succhiando e risucchiando la corposità di quella carne mentre lui ansima leggermente. Come sempre, come ogni volta che faccio un pompino, mi sento vertiginosamente bagnata e penso che poche cose al mondo devono essere più belle di questa. Un cazzo duro e caldo nella mia bocca.
– Sei davvero fantastica – mi dice con voce eccitata ma tutto sommato ancora calma.
Pensavo di averlo portato quasi al limite, ma mi sa che non è così. Mi stacco un po’ e alzo gli occhi verso di lui, ho la saliva che mi precipita fuori, mi sporca il mento e cade per terra. Gli sorrido.
– Una fantastica troietta? – gli chiedo con un sospiro prima di riacciuffare un altro lungo filamento di bava prima che si spezzi e di imboccarglielo insieme a tutta la sua carne.
E’ la scintilla. Lui ha un gemito, poi la sua mano sulla nuca e il suo “sì, una fantastica troietta”. Io mi fermo un attimo, gli sussurro “siiiì” e poi gli ansimo “e allora fammi vedere di cosa sei capace, senza paura”.
La spinta, la mazza che mi invade e va a cozzare contro la gola. La mancanza d’aria, il conato, le lacrime agli occhi e il colpo di tosse strozzato. Dio santo quanto mi piace tutto questo! Adesso tocca a te, bello! Scatenati e fammi sentire chi comanda. Adesso sì.
Gorgoglio per un po’ in preda al piacevole panico da soffocamento e spinta dopo spinta gli tocco il pube con la punta del naso, i peli mi fanno il solletico. Spalanco le fauci e aspetto che finisca di darmi la sua lezione e la mia ricompensa, che arriva sotto forma di schizzi che si infrangono sul palato, sulle tonsille, su chissà cazzo cosa. Le contrazioni del suo uccello e delle sue palle sono una benedizione. Grugniti di maschio coprono i miei mugolii soffocati, un rivolo di sperma inizia a colarmi da un angolo della bocca. Fiato grosso e gratitudine dell’uno nei confronti dell’altra. Muovo la testa per ingoiare meglio e subire meglio le sue ultime spinte, lui con le dita si afferra il pisello come se volesse spremere fina all’ultima goccia. Fin quando non ne ha proprio più. Gli accarezzo delicatamente i coglioni, ché se non avessi la bocca occupata direi loro molto volentieri “bel lavoro, ragazzi”.
Ingoio tutto e lo ripulisco, mi ripulisco. Lui mi guarda in silenzio e mi sorride. Mi riconsegna lo smartphone.
– Se mi dài il numero magari ci vediamo in una situazione più tranquilla…
– Ma tu non eri impegnato? – gli faccio sorridendo.
– Niente da fare, eh?
– Dai, meglio di no – gli dico. E al tempo stesso un po’ mi maledico.
Lui mi ricambia con un pugnetto sulla guancia che è come una carezza. Non dice altro e non fa altro. E a me va benissimo così. Resto un attimo nella toilette a ricompormi, ci salutiamo senza grandi effusioni, lanciandoci dei bacetti. So già che al mio ritorno di sopra non ci sarà più. Va bene, va bene così.
Risalgo. Ho voglia di bere un po’ di alcol perché ho l’impressione che sciacquarmi la bocca non sia bastato. Vedo Trilli e Stefania che mi aspettano sedute sul divanetto, l’una accanto all’altra. Hanno un’espressione un po’ strana e per un attimo temo che vogliano farmi la morale. Non sarebbe da loro.
Mi piego sul tavolino e afferro il bicchiere. Bevo. Stefania fa uno sforzo per trattenere un sorrisetto, ma gli occhi le brillano.
– Annalì, mi sa che ho fatto un casino…
– Cioè?
– Cioè dovresti sacrificarti, diciamo così, un’altra volta.
– Uh?
– C’è uno, dietro di te, ha un maglione lilla. Gli ho dato per certo che gli avresti fatto un pompino…
– Eddai – rido e faccio per sedermi. Lei invece mi blocca.
– Ti giuro, voltati, è proprio dietro di te.
Mi volto, in effetti c’è proprio un tipo con un maglione viola. Lo guardo e penso che sia uno scherzo. Cioè, questo tizio qui non è proprio il tipo che… oh cazzo, Stefy! Non voglio dire che nemmeno se fosse l’ultimo rimasto sulla terra, sembra pure uno a modo, che cazzo ne so, ha una faccia simpatica, non è altissimo, qualche chilo in più di quelli che dovrebbe avere… Cioè, che cazzo di scherzo è? E’ pure un po’ stempiato e a me non è che… sì insomma, sembra la copia più giovane di quell’attore americano, Paul Giamatti, non so se avete presente. Del resto è anche giusto così, visto che io sono la versione pelle e ossa di Jennifer Lawrence e quello di prima aveva il ghigno di Harrison Ford. Siamo a Hollywood, non al Tuscolano.
Mi volto verso Stefania con uno sguardo a metà tra il rimprovero e il “mi stai prendendo per il culo?”, lei sorride e ammicca. Tipo “dài, sii sportiva”, poi scoppia a ridere, imitata da Trilli.
– Ma sarai stronza? – le domando ridendo a mia volta – non è possibile!
– Colpa tua! L’idea della scommessa me l’hai data tu!
– Sei seria?
– Sono seria, giuro.
– Ma come cazzo l’hai rimorchiato quello? – le domando.
– Eeeehhh… era venuto a fare il lumacone con noi mentre stavi di sotto… non mi sembrava il caso di dargli corda, no? Guarda che tipo… Però gli ho detto che a una nostra amica lui sarebbe piaciuto. E che ero disposta a scommettere che una cosetta gliel’avresti fatta.
– E quanto hai scommesso? Tanto per sapere – le domando.
– Uhm… cinquanta euro – risponde Stefania.
– Cinquanta euro? Ma tu sei scema! Cioè questo paga un mio pompino cinquanta euro?
– Eh… in pratica sì, ma se non glielo fai tocca pagare a me!
– Tecnicamente non è prostituzione – osserva Trilli dall’alto dei suoi sei mesi scarsi di Giurisprudenza.
– Ma magari lo fosse! – le dico in tono sarcastico – anche quella è una mia fantasia, sai?
– Cazzo, sei perversa, ce le hai tutte! – ride Trilli, di rimando.
Qualche secondo di pausa, ci guardiamo tutte e tre. Io ancora in piedi davanti a loro, senza avere nemmeno posato la borsa. Non ci posso credere. Stefania mi lancia uno sguardo sereno, diciamo finto-sereno, carico di ironia.
– Non vorrai farmi perdere la scommessa… – dice con un tono anche quello carico di ironia, facendomi il verso per prima e sbattendo ostentatamente le ciglia.
Va bene sister, sei una grandissima mignotta ma stavolta hai vinto tu, le rispondo senza parlare, con un sorrisetto. Giro i tacchi e mi avvio verso il pagatore. La faccia simpatica ce l’ha davvero, e anche un bel sorriso. Sì, è vero, non è proprio il tipo da gettarglisi in ginocchio in scivolata e con la bocca già aperta, ma non è detto che debba essere per forza uno strafigo, no? Un pompino così, per rispondere a una sfida, glielo si può anche fare.
Mi avvio verso di lui rivolgendogli un morbido “ciao”, pensando ma guarda te che culo ha avuto questo, visto che non mi pare proprio un ragazzo che viene da solo in posti così per fare questo. Magari era venuto pure lui per bersi una birra in santa pace, o magari aspetta qualcuno… Ma quale lumacone.
Lui invece mi risponde con un altrettanto morbido “ciao, io sono Enrico, tu? Sai che mi ricordi…” ma non fa in tempo a finire la frase perché Stefania mi richiama indietro.
– Annalisa!
Mi blocco, per un momento penso che sia stata tutta una presa in giro e che lei mi stia richiamando prima che sia troppo tardi. Ma la conosco troppo bene. Se avesse davvero voluto prendermi in giro mi avrebbe lasciato fare, mi avrebbe fatto fare una figura di merda con un povero disgraziato ignaro di tutto. Sai che scena sarebbe stata? “Ciao, hai perso la scommessa, ti faccio un pompino”, “Eh? Prego?”.
Ma non è così, me lo sento. Lo capisco anche dallo sguardo che mi lancia lui, metà arrapato e metà impaurito. Questo fa proprio sul serio. E a me, se proprio devo dirla tutta, l’idea che ci siano in mezzo dei soldi comincia a farmi un certo effetto giù in basso, dove tra l’altro non mi sono ancora del tutto calmata, né tantomeno asciugata.
Mi volto verso Stefania che stampato in volto ha lo stesso sorriso di prima, mi fa l’occhiolino.
– Annalì, volevo dirti che stasera offro io.
– Non è che qui dentro ci sia tutto sto movimento, Stefy – scherzo – dove cazzo ci hai portate?
– Che ne sapevo? Magari è ancora un po’ presto… – ribatte - Comunque, non ti voltare, ma c’è un tipo al bancone che ogni tanto lancia degli sguardi verso di noi, solo che avrà…
Ovviamente mi volto. Vedo un uomo seduto su uno sgabelletto che sta finendo la sua birra. Non è nemmeno tanto male. Ha un completo elegante, canna di fucile, una camicia bianca senza cravatta e sbottonata in modo sobrio. Ha anche una barba non molto lunga che gli sta bene, nonostante a me la barba non piaccia molto. Ma soprattutto ha dei denti bianchissimi, quanto la camicia.
Lo osservo, lui se ne accorge subito e mi osserva a sua volta. Sosteniamo lo sguardo l’uno dell’altra per cinque, dieci secondi. Col cazzo che abbasso gli occhi, bello. Sei tu la preda, non io. Io faccio solo finta di esserlo. Nemmeno lui li abbassa, però. Ok, mi piace così. Il match finisce in pareggio, sancito da un sorriso reciproco. Mi volto verso le mie amiche.
– Beh, perché no? – faccio loro.
– Ma avrà una trentina d’anni – dice Stefania. Trilli è perplessa. Entrambe guardano verso di lui, anche se gli do le spalle sono certa che se ne sia accorto.
– Amore mio, questo non mi sembra un posto affollato di ragazzi della nostra età, mica siamo al pub…
E poi, penso tra me e me, se proprio vogliamo essere pignole un pompino a uno molto più grande di me una volta l’ho fatto, nella piazzola di un autogrill sull’autostrada. E altro che trent’anni, ne avrà pure avuti più di quaranta. Madonna che cazzo aveva quello, mai visto niente del genere. Non era nemmeno un cazzo, era un teleobiettivo… Un uomo… Questo sarà più giovane ma mi sa lo stesso molto di uomo.
Ho deciso, mi alzo e vado verso il bancone, lui solleva gli occhi e mi squadra mentre mi avvicino. Non sembra nemmeno particolarmente sorpreso. Gli sparo un “ciao” abbastanza suadente, lui mi risponde con un “ciao” abbastanza simpatico. Ora che ce l’ho a mezzo metro posso dire che non è bellissimo, ma che ha uno sguardo diretto e una cosa davvero assassina sulla faccia, a metà tra un ghigno e un sorriso. I denti sono i più bianchi che abbia mai visto.
– Perché non prendi un’altra birra e vieni a berla con noi?
Lui accetta. Senza fretta ma anche senza ipocrisie. Scola il suo bicchiere e mi segue. Il mio unico rammarico è che per la sera ho messo un cardigan che gli copre la visuale del mio sedere fasciato dai leggings, ancheggio un po’ per compensare. Mi batte un po’ il cuore, però.
Facciamo le presentazioni, lui si chiama Antonello. Mentre si volta per chiedere un’altra birra alla cameriera Stefy mi fa una smorfia come per dire “beh, poteva andare peggio”, io sempre con una smorfia le rispondo “no, guarda, è andata bene”. Trilli si copre gli occhi con una mano e non si capisce bene se voglia ridere o piangere.
Lo scambio di informazioni “cosa ci fate qui/cosa ci fai tu qui tutto solo” si risolve in fretta, perché ci dice che lui qui vicino ci lavora, nello studio di suo zio. Noi tutte e tre tra i diciannove e i venti, sì siamo studentesse, lui trentadue. Qualche altra cazzata sparsa e si arriva al dunque. O meglio, io arrivo al dunque. E quando inizio a parlare Stefania e Trilli si irrigidiscono, e non poco. Una cosa del genere in effetti non gliel’ho mai fatta. Voglio dire, ai tempi della scuola, quando sparivo, sapevano benissimo dove fossi finita, a fare cosa e con chi, ma non è che abbia mai detto a qualche ragazzo davanti a loro “ehi, perché non ci mettiamo da una parte che ti faccio una pompa mentre loro ci aspettano qui tranquillamente?”. Cioè, capitemi, non è che le cose andassero proprio in questo modo.
– Seeeentiii… le mie amiche qui vorrebbero sapere se ti ricordo qualcuno, cioè qualcuna…
Lui mi rivolge uno sguardo interrogativo. Francamente non posso dargli torto. Non posso nemmeno dare torto alla mia inquietudine che aumenta: non è che sto per fare una figura di merda colossale?
– Cioè, insomma continuo – sì, ho un taglio di capelli nuovo che, lo dicono loro eh?… cioè, insomma, loro dicono che mi fa somigliare a Jennifer Lawrence…
– Chi? – fa lui aggrottando le ciglia – ah, sì…
– Secondo te ci somiglio?
– No.
Stefania e Trilli scoppiano a ridere, lui le guarda un po’ smarrito e probabilmente si sta chiedendo da dove siano sbucate fuori queste tre deficienti. Io invece sono abbastanza sicura di avere spiazzato le mie amiche. Sono decisamente più rilassate. Dopo avere trattenuto un po’ il fiato, magari si sono convinte che scherzassi, o che sì, prima o poi in ginocchio davanti a questo tipo ci finirò ma non è detto che sia stasera. Adesso.
E invece mi sa che tra po’ mi divertirò io, in tutti i sensi. Devo solo trovare il coraggio di chiudere gli occhi e buttarmi. Come in piscina dal trampolino di tre metri…
– Vedete che avevo ragione? – faccio rivolta alle mie amiche – Seeeenti però, Antonè, cioè, c’è un’altra cosa… Stefania, no? lei insomma non crede… cioè abbiamo fatto una scommessa, lei, insomma sì… lei non crede che adesso io e te scendiamo al piano di sotto, ci infiliamo in un bagno e ti faccio un pompino…
Bomba lanciata, centri operativi di difesa aerea in emergenza. Non si tratta di un’esercitazione.
Non so bene su quale delle reazioni concentrarmi. Quella di Antonello, naturalmente, che resta come si suol dire di sasso, non muove proprio un muscolo e mi guarda. Ma anche quella di Stefania non è male: sul viso le si disegna un’espressione stupefatta. Di chi non si immaginava di essere tirata in ballo in quel modo. Agli occhi dell’uomo, però, la faccia di Stefy potrebbe essere tranquillamente la faccia di una che è stata appena sputtanata. Trilli invece è più prevedibile, quando il mio sguardo si sposta su di lei sta diventando violacea.
Antonello prende il bicchiere, butta giù un sorso di birra e riposa il bicchiere sul tavolino.
– Molto divertente – dice con un tono un po’ neutro, la voce appena appena increspata. Poi sorride a tutte e tre.
– No, no, no, aspetta, non ti sto prendendo in giro! Il fatto è che prima tu ci stavi osservando, no? Dai, non c’è niente di male… eee… insomma a un certo punto Stefania ci ha detto che ci stavi osservando, io mi sono voltata… lo ricordi, no?… ecco… e le ho detto… sì insomma… le ho detto “bel tipo, quasi quasi…”. E lei ha detto “quasi quasi che?”… E insomma, sai com’è, siamo andate un po’ avanti e alla fine le ho detto che… hai capito no? La scommessa è nata da lì… cioè, devo fare un pompino a uno sconosciuto, ecco tutto.
E già, ecco tutto. Facile, no? Un po’ accaldata mi sento pure io e chissà se sono diventata rossa. Un po’ forse sì, dai, non stiamo qui a fare le mignotte navigate, che cazzo… Però tutto quello che potevo fare l’ho fatto, con tanti saluti all’educazione religiosa. Ora dipende da lui, dalla sua risposta. Che non è tuttavia quella che mi aspettavo…
– Ma io sono un uomo impegnato.
Per un momento resto senza fiato, la sua obiezione mi sembra una montagna invalicabile. Poi però mi soccorrono la mia faccia tosta, una vecchia battuta e la consapevolezza che i maschietti, quasi sempre, non vogliono altro che essere rassicurati. Chiedono solo quello, in fondo.
– E sticazzi? Io mica sono gelosa… e non sono nemmeno una rompicoglioni… Voglio dire, mica mi innamoro… Quella che si innamora di solito è lei – e indico Stefania – ma al momento è già innamorata.
– Beh, che dire – fa Antonello dopo avermi guardata per un po’ – sono lusingato.
Bene, mi piace. Cioè, poteva uscirsene con una cosa molto più impacciata o con una cosa molto più volgare. E non è nemmeno detto che quest’ultima mi sarebbe dispiaciuta. Ma in questo momento la parola “lusingato” mi piace davvero un sacco.
– Non vorrai farmi perdere la scommessa… – dico sbattendo gli occhi.
Dai suoi, di occhi, capisco che ci sta cominciando a pensare seriamente. Perfetto. Adesso però si tratta davvero di buttarsi. Non si tratta più di “dire”, ma di “fare”. Tra l’altro senza avere nessuna certezza di come andrà a finire. Perché non è che lui mi abbia detto “ok, si fa”.
Gli faccio cenno che andrò io, prendo la borsa e – non prima di avere lanciato un sorriso a Stefania e a Trilli – mi avvio verso le scale con la classica andatura di chi con una certa nonchalance va a cambiarsi l’assorbente. Lo attendo alla fine degli scalini e dopo qualche minuto, in cui friggo un po’ parecchio, sento i suoi passi e mi appare davanti.
– Sicura? – mi chiede.
– Ma è ovvio.
– Prima però vorrei baciare questa bellissima ragazza.
Oddio, beh, non era previsto ma uaooo, chi si tirerebbe indietro? E mi bacia pure bene, mi invade, la sua lingua sarà il doppio della mia. E anche il punto di stritolamento del mio corpicino è quello giusto! Inizio proprio a sciogliermi, lì sotto.
Mi prende per mano e ci avviamo verso i bagni, quando passiamo davanti a una porta con su scritto “privato” lui prova ad abbassare la maniglia e, cazzo, è aperto! Con la chiave infilata nella toppa dall’altra parte.
– Vale sempre la pena provare – mi fa lui con il suo ghigno/sorriso seduttivo. Ricorda un po’ Harrison Ford.
Ci chiudiamo dentro e accendiamo la luce ed è proprio come un bagno di casa. Eccezion fatta per uno scatolone di cartone in un angolo e un imballo lungo lungo che sale al soffitto e che chissà cosa contiene.
Mi aspetterei un altro bacio e un altro abbraccio, a dire il vero. Lui però si dirige al lavandino, apre l’acqua e, con una mia certa sorpresa, se lo tira fuori e inizia a lavarselo. Lo osservo lievemente costernata nello specchio, lui alle prese con il suo cazzo già un po’ barzotto.
– E’ passato un po’ da quando mi sono fatto la doccia… – dice come a giustificarsi.
- Ah...
Gli vado a fianco e continuo a guardarlo nello specchio. Ora, se qualcuna ha avuto a che fare come me con uno stuolo di compagni del liceo ansiosi di farsi spompinare a qualsiasi ora del giorno e della notte, sa benissimo che l’igiene intima può essere un qualcosa di molto relativo. A meno che non si trattasse di situazioni disperate, sinceramente non me ne sono mai fatta un grande problema, tanto so che ben presto, in momenti come questi, qualsiasi sensazione sgradevole si diluisce. Quindi non è il fatto che lui voglia allontanare da sé gli odori di una intera giornata che mi colpisce. Quello che mi colpisce in realtà è il gesto in sé, la premura. Credo che sia perché, dopo quello che ho passato sabato notte, un po’ di riguardo è quello che mi ci voleva. Come forse anche la mia voglia di fare un pompino corrisponde al desiderio di essere io a gestire una situazione e non a essere gestita.
– Posso farlo io?
Prendo un po’ di sapone dal dispenser e inizio a lavargli il cazzo senza nemmeno lasciargli il tempo di dire sì o no. Poi lo bacio, sono io a cercare la sua bocca. Il suo cazzo mi scivola sulla mano insaponata e si ingrossa velocemente, io sento sempre più caldo tra le cosce e la fica che inizia a pulsare. Credo di essere decisamente bagnata, ora, e penso che forse non sarebbe una cattiva idea abbassarmi i leggings e il perizoma e mettermi a novanta su questo lavandino così ampio. Ma lascio perdere.
– Come vuoi stare? – mi chiede.
– Dimmi tu come vuoi stare… – sussurro.
– Ti dispiace se mi siedo?
No, non mi dispiace, anche se in realtà avevo immaginato di inginocchiarmi con tutta la sua altezza – non eccessiva a dire il vero – che mi sovrastava. Chiude il coperchio del water e ci si siede sopra, io mi sistemo tra le sue gambe con il suo cazzo in mano. Mi sfugge un mugolio scemo, ma pieno di sesso.
Inizio a segargli lievemente l’uccello mentre con l’altra mano afferro l’iPhone. Non so come cazzo mi sia venuta questa idea, ma mi è venuta così, all’improvviso.
– Ti dispiace farmi una foto nel caso la mia amica non ci credesse?
Tiro la lingua di fuori e la appoggio al suo cazzo, poi spalanco gli occhi in una espressione da oca puttanella disposta a farsi fare qualunque cosa da chiunque. Lui scatta una, due foto. Poi mi dice che se il problema è quello forse è addirittura meglio fare un video. Sento il beep prima di poter replicare, ma tanto mi va benissimo così.
Il fresco dell’acqua sulla pelle tesa è piacevole, anche se copre un po’ tutto. Lo lecco e lo insalivo, ci passo piano piano sopra. Ben presto inizio a sentirlo caldo nella mia bocca, l’odore e il sapore di maschio si fanno rapidamente più percepibili. Lecco e insalivo ancora. Il frenulo, il taglietto sulla punta. Mi lascio scivolare l’asta dentro e poi risalgo, succhiando e risucchiando la corposità di quella carne mentre lui ansima leggermente. Come sempre, come ogni volta che faccio un pompino, mi sento vertiginosamente bagnata e penso che poche cose al mondo devono essere più belle di questa. Un cazzo duro e caldo nella mia bocca.
– Sei davvero fantastica – mi dice con voce eccitata ma tutto sommato ancora calma.
Pensavo di averlo portato quasi al limite, ma mi sa che non è così. Mi stacco un po’ e alzo gli occhi verso di lui, ho la saliva che mi precipita fuori, mi sporca il mento e cade per terra. Gli sorrido.
– Una fantastica troietta? – gli chiedo con un sospiro prima di riacciuffare un altro lungo filamento di bava prima che si spezzi e di imboccarglielo insieme a tutta la sua carne.
E’ la scintilla. Lui ha un gemito, poi la sua mano sulla nuca e il suo “sì, una fantastica troietta”. Io mi fermo un attimo, gli sussurro “siiiì” e poi gli ansimo “e allora fammi vedere di cosa sei capace, senza paura”.
La spinta, la mazza che mi invade e va a cozzare contro la gola. La mancanza d’aria, il conato, le lacrime agli occhi e il colpo di tosse strozzato. Dio santo quanto mi piace tutto questo! Adesso tocca a te, bello! Scatenati e fammi sentire chi comanda. Adesso sì.
Gorgoglio per un po’ in preda al piacevole panico da soffocamento e spinta dopo spinta gli tocco il pube con la punta del naso, i peli mi fanno il solletico. Spalanco le fauci e aspetto che finisca di darmi la sua lezione e la mia ricompensa, che arriva sotto forma di schizzi che si infrangono sul palato, sulle tonsille, su chissà cazzo cosa. Le contrazioni del suo uccello e delle sue palle sono una benedizione. Grugniti di maschio coprono i miei mugolii soffocati, un rivolo di sperma inizia a colarmi da un angolo della bocca. Fiato grosso e gratitudine dell’uno nei confronti dell’altra. Muovo la testa per ingoiare meglio e subire meglio le sue ultime spinte, lui con le dita si afferra il pisello come se volesse spremere fina all’ultima goccia. Fin quando non ne ha proprio più. Gli accarezzo delicatamente i coglioni, ché se non avessi la bocca occupata direi loro molto volentieri “bel lavoro, ragazzi”.
Ingoio tutto e lo ripulisco, mi ripulisco. Lui mi guarda in silenzio e mi sorride. Mi riconsegna lo smartphone.
– Se mi dài il numero magari ci vediamo in una situazione più tranquilla…
– Ma tu non eri impegnato? – gli faccio sorridendo.
– Niente da fare, eh?
– Dai, meglio di no – gli dico. E al tempo stesso un po’ mi maledico.
Lui mi ricambia con un pugnetto sulla guancia che è come una carezza. Non dice altro e non fa altro. E a me va benissimo così. Resto un attimo nella toilette a ricompormi, ci salutiamo senza grandi effusioni, lanciandoci dei bacetti. So già che al mio ritorno di sopra non ci sarà più. Va bene, va bene così.
Risalgo. Ho voglia di bere un po’ di alcol perché ho l’impressione che sciacquarmi la bocca non sia bastato. Vedo Trilli e Stefania che mi aspettano sedute sul divanetto, l’una accanto all’altra. Hanno un’espressione un po’ strana e per un attimo temo che vogliano farmi la morale. Non sarebbe da loro.
Mi piego sul tavolino e afferro il bicchiere. Bevo. Stefania fa uno sforzo per trattenere un sorrisetto, ma gli occhi le brillano.
– Annalì, mi sa che ho fatto un casino…
– Cioè?
– Cioè dovresti sacrificarti, diciamo così, un’altra volta.
– Uh?
– C’è uno, dietro di te, ha un maglione lilla. Gli ho dato per certo che gli avresti fatto un pompino…
– Eddai – rido e faccio per sedermi. Lei invece mi blocca.
– Ti giuro, voltati, è proprio dietro di te.
Mi volto, in effetti c’è proprio un tipo con un maglione viola. Lo guardo e penso che sia uno scherzo. Cioè, questo tizio qui non è proprio il tipo che… oh cazzo, Stefy! Non voglio dire che nemmeno se fosse l’ultimo rimasto sulla terra, sembra pure uno a modo, che cazzo ne so, ha una faccia simpatica, non è altissimo, qualche chilo in più di quelli che dovrebbe avere… Cioè, che cazzo di scherzo è? E’ pure un po’ stempiato e a me non è che… sì insomma, sembra la copia più giovane di quell’attore americano, Paul Giamatti, non so se avete presente. Del resto è anche giusto così, visto che io sono la versione pelle e ossa di Jennifer Lawrence e quello di prima aveva il ghigno di Harrison Ford. Siamo a Hollywood, non al Tuscolano.
Mi volto verso Stefania con uno sguardo a metà tra il rimprovero e il “mi stai prendendo per il culo?”, lei sorride e ammicca. Tipo “dài, sii sportiva”, poi scoppia a ridere, imitata da Trilli.
– Ma sarai stronza? – le domando ridendo a mia volta – non è possibile!
– Colpa tua! L’idea della scommessa me l’hai data tu!
– Sei seria?
– Sono seria, giuro.
– Ma come cazzo l’hai rimorchiato quello? – le domando.
– Eeeehhh… era venuto a fare il lumacone con noi mentre stavi di sotto… non mi sembrava il caso di dargli corda, no? Guarda che tipo… Però gli ho detto che a una nostra amica lui sarebbe piaciuto. E che ero disposta a scommettere che una cosetta gliel’avresti fatta.
– E quanto hai scommesso? Tanto per sapere – le domando.
– Uhm… cinquanta euro – risponde Stefania.
– Cinquanta euro? Ma tu sei scema! Cioè questo paga un mio pompino cinquanta euro?
– Eh… in pratica sì, ma se non glielo fai tocca pagare a me!
– Tecnicamente non è prostituzione – osserva Trilli dall’alto dei suoi sei mesi scarsi di Giurisprudenza.
– Ma magari lo fosse! – le dico in tono sarcastico – anche quella è una mia fantasia, sai?
– Cazzo, sei perversa, ce le hai tutte! – ride Trilli, di rimando.
Qualche secondo di pausa, ci guardiamo tutte e tre. Io ancora in piedi davanti a loro, senza avere nemmeno posato la borsa. Non ci posso credere. Stefania mi lancia uno sguardo sereno, diciamo finto-sereno, carico di ironia.
– Non vorrai farmi perdere la scommessa… – dice con un tono anche quello carico di ironia, facendomi il verso per prima e sbattendo ostentatamente le ciglia.
Va bene sister, sei una grandissima mignotta ma stavolta hai vinto tu, le rispondo senza parlare, con un sorrisetto. Giro i tacchi e mi avvio verso il pagatore. La faccia simpatica ce l’ha davvero, e anche un bel sorriso. Sì, è vero, non è proprio il tipo da gettarglisi in ginocchio in scivolata e con la bocca già aperta, ma non è detto che debba essere per forza uno strafigo, no? Un pompino così, per rispondere a una sfida, glielo si può anche fare.
Mi avvio verso di lui rivolgendogli un morbido “ciao”, pensando ma guarda te che culo ha avuto questo, visto che non mi pare proprio un ragazzo che viene da solo in posti così per fare questo. Magari era venuto pure lui per bersi una birra in santa pace, o magari aspetta qualcuno… Ma quale lumacone.
Lui invece mi risponde con un altrettanto morbido “ciao, io sono Enrico, tu? Sai che mi ricordi…” ma non fa in tempo a finire la frase perché Stefania mi richiama indietro.
– Annalisa!
Mi blocco, per un momento penso che sia stata tutta una presa in giro e che lei mi stia richiamando prima che sia troppo tardi. Ma la conosco troppo bene. Se avesse davvero voluto prendermi in giro mi avrebbe lasciato fare, mi avrebbe fatto fare una figura di merda con un povero disgraziato ignaro di tutto. Sai che scena sarebbe stata? “Ciao, hai perso la scommessa, ti faccio un pompino”, “Eh? Prego?”.
Ma non è così, me lo sento. Lo capisco anche dallo sguardo che mi lancia lui, metà arrapato e metà impaurito. Questo fa proprio sul serio. E a me, se proprio devo dirla tutta, l’idea che ci siano in mezzo dei soldi comincia a farmi un certo effetto giù in basso, dove tra l’altro non mi sono ancora del tutto calmata, né tantomeno asciugata.
Mi volto verso Stefania che stampato in volto ha lo stesso sorriso di prima, mi fa l’occhiolino.
– Annalì, volevo dirti che stasera offro io.
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