Diario di Paola: Il Giaccone
di
simonehappysun
genere
esibizionismo
La mia coinquilina entrò in casa a Catania verso le 18.30 di domenica sera come al solito carica di un trolley troppo vuoto di libri e strapieno di cibo. Cosi funziona in Sicilia: una ragazza che va all’università in un’altra città (a due ore di distanza) consapevole che già il sabato successivo sarebbe ritornata dai suoi, viene caricata come un mulo di ogni sorta di cibarie come se dovesse affrontare il deserto.
Ma quel tardo pomeriggio non fu la pesantezza del trolley a colpirmi quanto il giaccone, caldo, lungo fino al ginocchio, beige, e uguale al mio! Solo che il mio era nero, ma era davvero uguale!
Salutai Lucia gettandomi al collo e baciandola in bocca come facevo sempre quando mi mancava, e l’aiutai a disfare la valigia. Feci apprezzamenti sul suo giaccone e le feci vedere il mio: due gemelline!
Chiesi se fosse stanca e se la sera avesse voglia di uscire. Proposi una passeggiata in via Etnea e una birra da qualche parte.
Lei rispose affermativamente, ma prima aveva bisogno di una doccia, come al solito l’autobus urbano non era passato e lei aveva dovuto portarsi dietro il trolley dalla stazione fino a casa.
“Ok. Fai la doccia” le dissi “poi ti faccio rilassare io”.
La aspettai nuda in camera sua, la accolsi in un caldo abbraccio e la asciugai con passaggi lenti e morbidi. Con il phon le asciugai la peluria della passera (si dall’estate scorsa, da quando eravamo rientrate a Catania dalla pausa estiva avevamo deciso di farci ricrescere l’aiuola, tenendola ben curata, ma avendo pur sempre il cespuglio in ordine), sentendo, una volta appoggiate le dita l’umidità della sua fessura.
“Come ci vestiamo?” Chiese lei. “Semplice. Non ci vestiamo!” Risposi con calma. Lei mi guardò incuriosita “che intenzioni hai?” Mi disse.
“Fare le gemelle” risposi, e mentre rispondevo le avvicinavo le autoreggenti nere, mio regalo di compleanno.
Le indossai le calze, le misi gli stivali e poi tornando da camera mia con il mio vestiario, le portai un foulard che le misi al collo.
Mi vestii pure io allo stesso modo, poi dopo esserci minimamente truccate le feci indossare il giaccone, lo indossai pure io e la invitai ad andare.
“Ma sono nuda! Come posso andare in giro così!”
“E tu chiudi i bottoni” cosi dicendo presi le chiavi di casa e mi diressi all’ascensore.
Entrata dentro, mi abbottonai il giaccone fino all’altezza del seno, usando il foulard per coprire la parte superiore.
Mi sentivo eccitata, lo sfregolio del tessuto spesso del giaccone sui miei seni me li rendeva duri eccitandomi incredibilmente; la frescura che entrava da sotto il giaccone accarezzava la mia pelle nuda facendomi dimenticare l’esistenza del cappotto stesso.
Lucia sembrava leggermente in imbarazzo, ma la vedevo assorta nella percezione delle sensazioni del suo corpo. Le strinsi la mano e lei tornò alla realtà.
“È una sensazione imbarazzante ma eccitantissima allo stesso tempo” poi mi sorrise.
Arrivammo in via Etnea e svoltammo. La strada del passeggio era piena di gente che si godeva il passeggio della domenica sera.
“Ho voglia di fumare” mi disse Lucia ad un certo punto. Così trovata una panchina, tirò fuori il pacchetto di sigarette, ne estrasse una e dopo essersi seduta l’accese.
Quando si rese conto che di fatto era nuda tirò il lembo del giaccone e accavallate le gambe si coprì ulteriormente. Mi diede una occhiata come per dire che era tutto apposto, e allora decisi di provocarla. La panchina situata all’uscita di Villa Bellini era vicina ad una bancarella che vendeva torrone e caramelle gommose. La guardai, poi sbottonai il giaccone tranne il bottone all’altezza dell’ombelico, quando arrivò un gruppo di ragazzini che si sedettero dall’altro lato della panchina. Portai la gamba avanti giusto per far uscire allo scoperto l’orlo dell’autoreggente e risi quando il ragazzino seduto divento paonazzo; guardai poi Lucia e ci mettemmo a ridere di quella situazione.
La lasciai li a fumare e mi spostai alla bancarella; tornai con una caramella gommosa in bocca e un sacchetto che offrii alla mia amica. La camminata cosi conciata mi aveva eccitato ulteriormente. Lucia prese una caramella mentre il ragazzino era ormai completamente drogato dalla mia presenza.
Decisi di dargli il ko e infilata la mano destra nella tasca cominciai a dondolare facendo aprire il giaccone e mostrando al tipo la mia peluria.
Non capì più nulla e noi ridemmo come matte.
Quando Lucia finì la sigaretta e fece per alzarsi, le dissi senza mezze parole “ qui dietro c’è un cinema porno! Andiamo, è ancora presto per la serata”
Lasciammo il ragazzino che nel frattempo aveva comunicato la sua conquista visiva agli amici e ci dirigemmo verso il cinema.
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***La foto è di proprietà di Ornella che mi ha autorizzato all’utilizzo esclusivamente in questo blog. La ringrazio per la disponibilità e per la ispirazione del racconto***
Ma quel tardo pomeriggio non fu la pesantezza del trolley a colpirmi quanto il giaccone, caldo, lungo fino al ginocchio, beige, e uguale al mio! Solo che il mio era nero, ma era davvero uguale!
Salutai Lucia gettandomi al collo e baciandola in bocca come facevo sempre quando mi mancava, e l’aiutai a disfare la valigia. Feci apprezzamenti sul suo giaccone e le feci vedere il mio: due gemelline!
Chiesi se fosse stanca e se la sera avesse voglia di uscire. Proposi una passeggiata in via Etnea e una birra da qualche parte.
Lei rispose affermativamente, ma prima aveva bisogno di una doccia, come al solito l’autobus urbano non era passato e lei aveva dovuto portarsi dietro il trolley dalla stazione fino a casa.
“Ok. Fai la doccia” le dissi “poi ti faccio rilassare io”.
La aspettai nuda in camera sua, la accolsi in un caldo abbraccio e la asciugai con passaggi lenti e morbidi. Con il phon le asciugai la peluria della passera (si dall’estate scorsa, da quando eravamo rientrate a Catania dalla pausa estiva avevamo deciso di farci ricrescere l’aiuola, tenendola ben curata, ma avendo pur sempre il cespuglio in ordine), sentendo, una volta appoggiate le dita l’umidità della sua fessura.
“Come ci vestiamo?” Chiese lei. “Semplice. Non ci vestiamo!” Risposi con calma. Lei mi guardò incuriosita “che intenzioni hai?” Mi disse.
“Fare le gemelle” risposi, e mentre rispondevo le avvicinavo le autoreggenti nere, mio regalo di compleanno.
Le indossai le calze, le misi gli stivali e poi tornando da camera mia con il mio vestiario, le portai un foulard che le misi al collo.
Mi vestii pure io allo stesso modo, poi dopo esserci minimamente truccate le feci indossare il giaccone, lo indossai pure io e la invitai ad andare.
“Ma sono nuda! Come posso andare in giro così!”
“E tu chiudi i bottoni” cosi dicendo presi le chiavi di casa e mi diressi all’ascensore.
Entrata dentro, mi abbottonai il giaccone fino all’altezza del seno, usando il foulard per coprire la parte superiore.
Mi sentivo eccitata, lo sfregolio del tessuto spesso del giaccone sui miei seni me li rendeva duri eccitandomi incredibilmente; la frescura che entrava da sotto il giaccone accarezzava la mia pelle nuda facendomi dimenticare l’esistenza del cappotto stesso.
Lucia sembrava leggermente in imbarazzo, ma la vedevo assorta nella percezione delle sensazioni del suo corpo. Le strinsi la mano e lei tornò alla realtà.
“È una sensazione imbarazzante ma eccitantissima allo stesso tempo” poi mi sorrise.
Arrivammo in via Etnea e svoltammo. La strada del passeggio era piena di gente che si godeva il passeggio della domenica sera.
“Ho voglia di fumare” mi disse Lucia ad un certo punto. Così trovata una panchina, tirò fuori il pacchetto di sigarette, ne estrasse una e dopo essersi seduta l’accese.
Quando si rese conto che di fatto era nuda tirò il lembo del giaccone e accavallate le gambe si coprì ulteriormente. Mi diede una occhiata come per dire che era tutto apposto, e allora decisi di provocarla. La panchina situata all’uscita di Villa Bellini era vicina ad una bancarella che vendeva torrone e caramelle gommose. La guardai, poi sbottonai il giaccone tranne il bottone all’altezza dell’ombelico, quando arrivò un gruppo di ragazzini che si sedettero dall’altro lato della panchina. Portai la gamba avanti giusto per far uscire allo scoperto l’orlo dell’autoreggente e risi quando il ragazzino seduto divento paonazzo; guardai poi Lucia e ci mettemmo a ridere di quella situazione.
La lasciai li a fumare e mi spostai alla bancarella; tornai con una caramella gommosa in bocca e un sacchetto che offrii alla mia amica. La camminata cosi conciata mi aveva eccitato ulteriormente. Lucia prese una caramella mentre il ragazzino era ormai completamente drogato dalla mia presenza.
Decisi di dargli il ko e infilata la mano destra nella tasca cominciai a dondolare facendo aprire il giaccone e mostrando al tipo la mia peluria.
Non capì più nulla e noi ridemmo come matte.
Quando Lucia finì la sigaretta e fece per alzarsi, le dissi senza mezze parole “ qui dietro c’è un cinema porno! Andiamo, è ancora presto per la serata”
Lasciammo il ragazzino che nel frattempo aveva comunicato la sua conquista visiva agli amici e ci dirigemmo verso il cinema.
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***La foto è di proprietà di Ornella che mi ha autorizzato all’utilizzo esclusivamente in questo blog. La ringrazio per la disponibilità e per la ispirazione del racconto***
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