Liberazione

di
genere
trans

Fernando era uscito alle sei. Scott di cuoio sopra una semplice maglietta nera, che non faceva più freddo, jeans neri anche, scarpe in pelle di cervo, di un marrone rossastro.
Gli pareva di essersi mosso presto, ma le strade erano già piene da non riuscire a infilarsi, tutto era immerso nel brusio di mille voci, entrava nella testa, mandava a pezzi il pensiero.
Non aveva ancora bevuto nulla e già si sentiva ubriaco.

Walter.. aveva voglia di carne, un panino col burger da addentare, ma Walter era già pieno da non poterci mettere piede, e lui odiava fare la fila.
Con un sospiro tornò indietro, ma facendo il giro lungo per la piazza, sembrava capodanno, però senza il gelo nell'aria.
Era la sera del venticinque aprile in realtà, e tutti festeggiavano la liberazione, ma non quella solita, Fernando non ci aveva mai creduto a quella, no, era la liberazione dalla quarantena che tutti festeggiavano, era stata tirata per il lungo oltre la pasqua, e alla fine, per caso o per calcolo, era stata sospesa proprio quel giorno.
Il risultato, come si poteva prevedere, era stato un'orgia collettiva per tutta la nazione, che a confronto il carnevale di Rio era il rinfresco dell'oratorio.

Fernando cercava di fendere la folla e trovare un percorso meno scomodo per tornare nel piazzale, aveva intravisto la matta di Battiato, ma aveva tirato avanti non volendo pigliarsi una pezza da tre ore minimo, quella era inarrestabile quando attaccava a parlare.
Trovò un tavolino ancora libero da Frank, dove fanno le focacce piccole per indurre a prenderne due, lui ne ordinò tre e una Kwak.
Sconosciuti cercavano di attaccare bottone dagli altri tavoli, mai successo, si trovò a parlare con gente di una comitiva, c'erano alcune donne, forse trentenni, anche un paio di tarde in tiro, segui quella gente da Canistracci, li di fronte, dove partì un altro giro di vino. Tempo di rubare una fetta di salame dal buffet e la cumpa già si stava spostando da Mimmo per passare ai gin tonic, ha una bella scelta di gin Mimmo, una delle tarde sembrava molto interessata a fare amicizia, avrebbe fatto bene a rimanere.

Ma non ce la faceva Fernando, troppo rumore, troppa folla e la serata era appena appena cominciata, lasciò il numero alla signora, ma subito dopo scivolò ancora in strada.
Era una pressione opprimente tutta quella gente, si sentiva nell'aria l'ansia di vivere, anche a costo di farsi male, e lui non era diverso, si voleva vivere quella sera perchè nessuno di loro sapeva se avrebbe ritrovato il suo lavoro il giorno dopo, quanti sarebbero rimasti senza stipendio, quanti sarebbero stati prelevati da casa come sospetti asintomatici.. magari per poi sparire come era successo al regista cinese.
Festeggiavano perchè nessuno sapeva quando avrebbe potuto farlo ancora.

Via Farini, stessa bolgia, Fontana impraticabile, Gavanas impraticabile, fissi dentro come aringhe in scatola, gente sotto il portico che limonava duro contro le colonne, davanti a tutti, alla faccia del distanziamento sociale.
Invece passando davanti alle Malve intravide finalmente uno spiraglio vuoto al bancone, fece per entrare, ma andò a sbattere contro una che usciva senza guardare.. capelli vaporosi, poppe dure di silicone, profumo invadente.

Ana si sentiva su di giri, anche se a causa della folla e dei tempi d'attesa, era ancora soltanto al secondo aperitivo.
Dopo la quarantena le rimanevano pochi soldi e voleva spenderli tutti in quella specie di carnevale che gli ricordava casa, sapeva di essere indietro con l'affitto e che non sarebbero bastati i clienti selezionati per andare pari in tempo. Sapeva che domani avrebbe dovuto tornare a battere, tirarne su il più possibile con tutti i rischi del caso. La vita in cambio dell'affitto, per tenere in piedi una parvenza di dignità, ma domani, quella sera la vita ancora gli apparteneva.
Sarebbe passata per la piazza, uno sguardo in giro, poi per il terzo aperitivo si sarebbe spinta fino allo Smoke, dove hanno anche i tabacchi.
Prima però doveva uscire da quel bar, con lo spazio fuori coperto di tavolini all'inverosimile, fin sotto il gradino, era solo questione di tempo prima che qualche bevuto andasse a finire in braccio a quelli seduti.
E in quelle condizioni, ovviamente se arriva in senso inverso un pirla che procede a spazzaneve con la testa incassata tra le spalle, è chiaro che si va a sbattere.
Oltretutto, trovandosi leggermente sollevata causa gradino, aveva preso una bottarella alle balle. Si, perchè Ana, nonostante le notevoli poppe e la gonna aderente in similpelle nera, da cui uscivano delle belle gambe depilate e inguainate in calze fumè, aveva il batacchio e due pendagli.

" Burrooooooo ! Guarda dove vai ! "

Le persone che hanno brutti ricordi reagiscono facilmente con violenza agli urti improvvisi, e i viados portano sempre brutti ricordi con loro.
Pensavate cosa, che fossero tutti volontari ? Che per qualche motivo nei paesi poveri vada di moda il capriccio di cambiare sesso ?
No, quel che c'è nei paesi poveri è la criminalità e i bambini abbandonati per strada, meninhos de rua, che vengono catturati come le bestie e addestrati alla prostituzione.
L'addestramento è semplice, è fatto di botte e stupri ogni giorno, fino a quando gli sembra normale e non ci fanno più caso.
Nel tempo che ci mettono a raggiungere l'indifferenza, avranno superato l'età che possa interessare ai pedofili, allora comincia la seconda fase, le iniezioni, le operazioni, i ritocchi, i vestiti, in fretta prima che la voce cambi.
Cresciuti, alcuni sono già morti dentro e tirano avanti solo con la droga, rimarranno per tutta la vita schiavi di chi gliela procura.
Altri, quelli con la volontà più forte, sopravvivono, riscattano la loro libertà a forza di marchette, e scappano nei paesi creduti ricchi, dove scoprono che la disoccupazione è più reale delle favole, e ricominciano a fare la sola cosa che abbiano imparato, convivendo coi ricordi.

Non c'è da stupirsi dunque se Ana lo prese per il braccio per spingerlo in mezzo ai tavolini, ma quello invece di resistere rigido, piegò il gomito portandoselo sul ventre, e tirandosi lei addosso.
Per un attimo furono occhi negli occhi come se dovessero baciarsi, e Ana ebbe i brividi, davanti alla mancanza di emozioni dell'altro, come guardare nella bocca aperta di uno squalo.
Tutto in un solo attimo, poi un lampo di dolore, come se con un solo movimento gli avesse strappato i tendini dell'avambraccio, fu costretta ad abbassarsi quasi in ginocchio, polmoni vuoti, ma le gambe erano libere e reagì con una spazzata bassa da Capoeira.
Se non fosse stata incastrata tra la vetrata del bar e la gente seduta dall'altra parte, avrebbe completato la roda e gli avrebbe incriccato il bacino col secondo calcio, ma li non si poteva, comunque si era liberata e tentò comunque un calcio frontale, di certo non gli mancava l'elasticità.
Quello però senza scomporsi l'aveva anticipata, alzando a sua volta la gamba destra e fermandola ginocchio su ginocchio. Rimasero per un momento li come trampolieri su una gamba sola, senza che le centinaia di persone attorno a loro, quasi addosso a loro, ci facessero caso. Loro erano solo una di una miriade di scene assurde che stavano succedendo dappertutto nello stesso momento.
Sempre più incazzata tirò una manata troppo di fretta, prima di aver ripreso l'equilibrio, quello ci mise poco a deviare, Ana si trovò con i due polsi sul palmo della sua mano, che li strinse assieme, e intanto con la sinistra la prendeva per le guance appena sopra la mascella, ma con delicatezza, come se volesse vedere meglio il viso.

" Hai ragione a vestirti da donna. L'uomo non lo sai fare. "

Era la prima cosa che avesse detto, e subito dopo la fece voltare di tre quarti e le posò le labbra sul collo, un assaggio neanche fosse roba sua.
E Ana avrebbe dovuto fare qualcosa, urlare, scusarsi , dirgli che non ci provasse e andarsene, ma la zoccola puttana che viveva dentro di lui, lei, come un chiodo piantato a forza nell'anima, si era svegliata e già si stava bagnando.

Fernando considerava risolta la questione e riprese la via del bar senza dire altro, non rimase granchè stupito quando il travazzo lo seguì dentro, si, era decisamente un viado, anche se bellino.
Fecero arrivare due rum scuri e si persero in quei discorsi filosofici che si fanno bevendo, complicati dal fatto che il brusio tutto attorno si portava via una parola su due, comunque riuscirono a farsi sentire dal barista, che gli facesse ancora due Daiquiri.
Non era previsto che la serata finisse a piselli, ma quando mai poteva capitargli ancora di incrociarne uno di quelli belli che non volesse soldi, stasera non sono in vendita diceva.

" Va bene. Tu non sei in vendita e io non sono mai andato a pagamento. Allora cosa facciamo, possiamo salutarci, oppure continuare la festa in privato. "

" Tu hai casa qui vicino ? "

" Si. "

Andata, deciso, uscirono per strada sottobraccio che sembravano fidanzati da sempre, la casa di Fernando era davvero vicina, ma i borghi stretti erano intasati di gente e si dovevano fare strada a ogni passo.
Intanto Fernando aveva notato una tasca dietro la gonna di Ana e intuendo la sola cosa cui potesse servire ci aveva infilato la mano. Lei, contenta di quella presa di possesso, aveva preso ad ancheggiare in maniera più ampia per fargli sentire bene il sedere sotto le dita, e mentre superavano il muro umano più denso, quello che regolarmente si forma tra Ten e Civico Nove, si sentì di nuovo afferrare per il mento.
Si toccarono le labbra, odore di alcool, ma poco importava.
Sul fianco di palazzo Tirelli, edificio rinascimentale a pietre scoperte, si apriva una porticina di legno verde in una cornice di edera, una rientranza che terminava con la vetrina di un minuscolo negozio di arredamenti.
Si rifugiarono li per slinguarsi, allungò una mano sul pacco sentendolo pronto all'uso sotto il pesante tessuto, Fernando non toglieva la mano dalla tasca e con l'altra frugava sotto la camicetta. Andarono molto vicini a perdere ogni ritegno e fare tutto li, nello scarso riparo di un androne. Ma riuscirono a ricomporsi e a percorrere i pochi metri rimasti per arrivare a un più sicuro rifugio.

Borgo Schizzati, una strada che per i primi metri è più larga di quella da cui venivano, ma subito viene ridotta a una strettoia dalla massa quadrata di una casa, dove anni prima c'era il negozio di vernici.
Proprio li viveva Fernando, secondo piano, salirono silenziosi, ma come la porta dell'appartamento fu chiusa alle loro spalle, ripresero la foga di prima, in piedi nell'anticamera senza neanche spostarsi su qualcosa di confortevole.
Il padrone di casa si era impadronito anche delle bocce e del viso di Ana. Baciava, mordeva, strizzava con violenza, e intanto Ana aveva liberato dalla gonna il suo affare, che non ne poteva più di stare prigioniero, poi aveva aperto la gabbia anche all'altro uccello, li teneva tra le mani uno contro l'altro e muoveva piano avanti e indietro.

" Facciamo un gioco. " - disse mentre Fernando aveva concesso un attimo per respirare - " E' come la conta, il primo che viene sta sotto. "

E' un gioco dove non è possibile mentire, durarono poco tutti e due, ma fu Ana a perdere, o vincere, punti di vista.

Poco dopo, tempo di ripulirsi ed erano nella camera da letto, su un matrimoniale spazioso, i vestiti abbandonati sopra una sedia.
Ana come promesso stava sotto, baciava da sotto il tarello teso di Fernando, che gli stava inginocchiato di fianco, lo suonava con le labbra come un flauto traverso, fin quando quello cambiò posizione per mettersi a sessantanove, e glielo spinse a fondo nella bocca.
E' questo stare sotto; sentire il suo peso, il suo ventre che struscia sui seni e chiedersi come sarebbe se fossero veri, respirare solo col naso e frullare la lingua, mentre lui invade l'intimità con le sue dita, senza chiedere. Bello ? La zoccola interiore rispondeva si, senza dubbio. Ana invece ? Non sapeva dire. Non aveva mai potuto decidere.
Intanto anche Fernando muoveva il sedere davanti ai suoi occhi, comprendendo l'invito anche Ana gli infilò un dito, poi due, tre, scoprendolo più cedevole di quanto credesse, non era certo un culo vergine quello.

" Mmmgl.. Ghffff ... "

Non poteva esprimersi a parole, ma rese ugualmente chiaro il suo stato d'animo tirando forti colpi di bacino verso l'alto, le palle che schiaffeggiavano il mento di Fernando a ogni spinta, lui allora si tolse per girarla di pancia e glielo piantò nel culo di botto.

" Burroooo ! Mi fai male così ! "

In risposta Fernando arretrò, poi lo spinse dentro ancora più forte, intanto aveva infilato la mano sotto per arrivare a strizzare un capezzolo, mordeva la spalla e il collo.

" E adesso quanto ti fa male ? "

" Di più Ma non smettere.. "

" Dopo lo fai tu a me ? "

" Si amore.. tutto quello che vuoi.. "

Amore è una parola che i travoni usano con generosità, è una cambiale senza garanzie, ma Ana era anche sincera in quell'attimo, mentre ogni colpo gli saliva fino alla testa, mentre si sentiva riempire di liquido caldo.
Il preservativo ! L'avevano dimenticato ! Ana gli esami li aveva fatti poco prima della quarantena, ma lui ? Cosa sapeva di lui davvero, niente.
Non disse nulla però, aveva preso tutto con rassegnazione. Forse si stavano passando il virus, forse l'altro virus, in ogni caso sarebbero stati nient'altro che statistica, chissà quanti in tutta Italia stavano facendo le stesse cose in una notte di festa.
Dall'insicurezza non c'è liberazione, i pericoli della vita non si aboliscono con un decreto del governo.

" Tocca a te adesso. Fammi male. "

Fernando si era steso a pancia in su e gambe larghe, come le donne, Ana capendo cosa voleva gliele sollevò, non si curò di guardarsi attorno in cerca di lubrificante o preservativi, appoggiò la stanga a quel buco già bagnato di sudore come una figa e la buttò dentro tutta con un colpo di reni.
Fernando quasi non aveva battuto ciglio, Ana rimase dentro un attimo per farglielo sentire, poi lo tirò fuori tutto, lasciò richiudere il buco, e ancora lo spinse dentro intero con più cattiveria.
Ancora una terza volta fuori e dentro, lui si prendeva tutto impassibile, riusciva a farlo sentire donna e dominata anche da passivo, e voleva almeno vederlo sciogliersi, voleva vedere il controllo scivolare via dalla sua faccia. Per questo dopo essere affondato ancora dentro fino alle palle, si mise a ballare la samba, agitava il suo bunda e il cazzo dentro quel culo come folgorato da una corrente elettrica.
E se fossero stati in un racconto erotico l'avrebbe visto inarcarsi, qualunque cosa volesse dire, si dimenava invece, vittima della stessa corrente, un sorriso vacuo aveva sostituito la sicurezza di prima e questa piccola vittoria gli diede la forza di sculettare ancora più furiosamente.
Fernando era già venuto due volte, non aveva più munizioni e l'uccello sventolava molle, ma comunque il suo culo prese a chiudersi e aprirsi con forza attorno al cazzo di Ana, mungendolo, facendo venire anche lui tra urla insensate prima di abbandonarsi.
Proprio una di quelle scopate che valgono il rischio, forse.

" E adesso ? "

" E' tardi. Ci sarà qualcuno che consegna le pizze anche a quest' ora ? "

" Lascia stare. Posso tornare a casa, se vuoi dormire in pace. "

Erano stesi tutti e due adesso, Ana con la guancia appoggiata sull'addome di Fernando, aveva passato gli ultimi minuti a lustrarlo con la lingua fino a rimettere tutto a nuovo.

" Se ti dispiace dormire da sola rimani qua. Siamo già a letto, che ci vuole. "

Anche di fuori le voci della festa andavano morendo, nessuno sapeva in che mondo si sarebbero risvegliati il giorno dopo, ma le possibilità che fosse migliore del precedente erano scarse.
Quel che si può dire per certo è che Fernando e Ana dormirono abbracciati, e non ebbero incubi.

scritto il
2020-04-18
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