Cartomanzia 1a parte
di
zorrogatto
genere
dominazione
No, non era quella la vita che aveva immaginato, quando si era sposata.
Ormai erano passati otto anni da quel fatidico giorno e Giulio non era più l’uomo gentile, premuroso, attento, collaborativo di quel giorno e dei mesi e pochi anni successivi.
Adesso era annoiato, scazzato, ringhioso anche con lei… sopratutto con lei!
Paola lo amava ancora, ma lui sembrava distratto, sembrava quasi ignorarla, tutto assorbito com’era dal lavoro, dalla carriera che gli imponeva sovente di fermarsi in ufficio fino a tardi e di fare spesso trasferte, anche all’estero.
Lui la rassicurava, dicendole -nei rari momenti nei quali non era nervoso ed infastidito!- che se fosse riuscito ad avere una certa promozione la loro vita sarebbe cambiata e lui avrebbe potuto rilassarsi di più e dedicarsi più a lei…
Anche perché, rifletté amaramente, occuparsi ancora meno di lei le sembrava quasi impossibile: considerando anche solo il fare all’amore, i primi tempi era sempre lui a cercarla, a volerlo fare e lei, pur vergognandosi da morire a causa dell’educazione che aveva avuto, aveva accettato di farsi prendere in qualunque angolo del loro primo appartamento.
Poi, con una prima promozione, si erano potuti permettere di trasferirsi in una villetta che lui aveva ereditato in parte dalla nonna, pagando i propri cugini per acquistarla in esclusiva e già lì , nella loro villetta, il fare l’amore era diventato il rito del finesettimana.
Man mano, le cose avevano cominciato impercettibilmente ad andare meno bene, come camminando su un falsopiano e guardandosi casualmente alle spalle, ci si rende vagamente conto di essere scesi di diversi metri di quota; Giulio era sempre più affaccendato, preoccupato, infastidito -persino di lei, le sembrava in certi momenti!- e il fare l’amore era diventato ormai un evento raro, da marcare sul calendario!
Lei, che prima non desiderava per nulla «quelle cose lì»e che aveva imparato -grazie al marito- ad apprezzarle, adesso sentiva di averne struggente bisogno, proprio ora che Giulio era distratto da altre cose!
Adesso, sentiva di aspettare spasmodicamente la promozione di Giulio, per poter re-iniziare la sua, la loro vita insieme.
Ma questa benedetta promozione non arrivava e Giulio era sempre più irritabile, più nervoso, mentre lei si macerava nell’attesa che tutto ritornasse come prima, arrivando a scoprire la possibilità di attenuare le quelle scandalose voglie, giocherellando con le dita.
Per non logorarsi in casa con questi pensieri, usciva spesso a fare lunghe passeggiate solitarie nella parte più antica della città, anche se alle volte la malinconia la assaliva anche lì fuori, come in quel momento.
Si fermò un attimo ed asciugò col dito una lacrimuccia che aveva cominciato a rotolarle sulla guancia e poi alzò lo sguardo, guardandosi in giro per vedere se qualcuno avesse notato il suo piccolo attimo di scoramento.
Fu così che i suoi occhi sfiorarono quella targa e che poi, quasi indipendentemente dalla sua volontà, ci tornarono sopra: “Maestro Dido – Studio di divinazione orientale, cartomanzia, aromopranesi, ipnosi”.
Rifletté brevemente: tutte cavolate, dai! Però… però, almeno avere un’idea di quanto quest’agonia per questa maledetta attesa per la promozione di Giulio sarebbe ancora durata…
La sua mente realizzò, dopo poco, che era stato il suo corpo, senza il suo intervento, a farla arrivare in quella stanza poco illuminata, con pesanti tendaggi ed un tavolo coperto da una sorta di tovaglia pesante, quasi un tappeto!, mentre sentiva odore di incenso ed altre strane spezie nella stanza e guardava quell’uomo -piccolo, anziano, grasso, con una corona di radi capelli tinti di nero ed una sorta di ampia veste orientale addosso- che la osservava e le faceva cenno di sedere sulla scarna poltroncina davanti al tavolo.
«Io…» esordì Paola, già pentita di essere lì.
«Tu hai un problema… o forse più di uno… lasciami concentrare per capire qual’è quello che più ti angustia» disse l’uomo, in tono autoritario e con un pesante accento calabrese.
Paola ammutolì, seduta sull’orlo della poltroncina, tesa come se dovesse schizzare via da un momento all’altro.
L’uomo sembrò concentrarsi qualche momento, poi prese un mazzo di carte, le smazzò e tagliò come un abile croupier ed infine lo porse a mo»di ventaglio a Paola: «Prendine una!»
Lei, esitò un attimo, poi ne prese una quasi al centro, verso la sua destra e la porse all’uomo.
Lui la studiò per diverso tempo, come se la vedesse per la prima volta e volesse memorizzarla, poi parlò, con la sua voce calma, profonda: «Tu hai problemi con tuo marito… -Paola fece un impercettibile cenno di assenso mentre, come tutte le volte che era tesa, giocherellava con la fede, facendola girare intorno all’anulare-… Siete sposati da diversi anni, ma adesso lui non ti tiene più al centro della sua vita…»
Paola sbottò: «Sì, è vero! Lui è completamente assorbito nell’avere quella maledetta promozione!»
Il Maestro Dido la guardò un istante, con un misterioso, istantaneo scintillio nello sguardo e poi, in tono solenne, proclamò: «Tu sai bene che, fino a che tuo marito non avrà raggiunto i suoi obbiettivi professionali, tu sarai in second’ordine!»
Paola fece un cenno di assenso quasi impercettibile, abbassando lievemente gli angoli della bocca: era così!
«Senti la necessità di avere tuo marito vicino… -l’uomo scrutava attentamente Paola, pronto a cogliere quei piccoli, significativi gesti che erano fondamentali per capire molte cose dei suoi clienti-… e vorresti sentirlo ancora, sudato ma felice, sopra di te…»
A queste parole gli occhi di Paola brillarono.
«Se attenderai che tutti i suoi successivi obbiettivi vengano raggiunti… -disse il Maestro Dido, col tono nel quale un giudice emette una sentenza inappellabile-… potresti dover attendere anni!»
A quelle parole, le spalle della donna si abbassarono, schiacciate dall’orribile prospettiva.
Guardò il Maestro, con lo sguardo ansioso, come per essere rassicurata che esistesse un’alternativa, una via d’uscita!
«Ma lui non può ambire, con la sua unica energia, ad ottenere una posizione migliore; lui avrà bisogno, in questa fase, di poter contare sull’energia anche sessuale della sua compagna, della tua!»
Le parole del mago le rimbombarono nella mente. Quindi anche lei poteva aiutarlo a salire e quindi a potersi poi dedicare maggiormente a lei!
Il Maestro Dido abbandonò il tono enfatico e, quasi colloquialmente, continuò a parlarle: «Suppongo che sia diversi giorni che tuo marito non trovi il tempo e l’energia per dedicarsi a te…»
Paola annuì brevemente, con gli occhi lucidi di amarezza.
L’uomo la guardò, con uno sguardo carezzevole, meno formale di poco prima e le mormorò, con fare confidenziale: «Dimmi il tuo nome, bella signora…»
«Paola»
«Bene, Paola… hai l’aria smarrita, quasi disperata e mi ispiri simpatia… è rarissimo che qualcuno che varchi quella porta lo faccia, ma con te… non so, è diverso.
Aspetta!»
Si alzò lentamente e con passo regale si diresse ad un armadietto, finemente scolpito e con decorazioni che richiamavano l’oriente più lontano e più misterioso; poi chinò il capo, giunse le mani davanti al viso e recitò una lunga formula in una lingua sconosciuta.
Dopo aver meditato in silenzio una ventina di secondi -e mentre Paola assisteva turbata ed in assoluto silenzio a tutta la cerimonia- aprì le due antine del mobiletto mostrando l’interno foderato di rosso cupo, estrasse un qualcosa che tenne tra i palmi accostati e con le punte delle dita riaccostò le due ante, richiudendo lo stipo.
Poi tornò a sedersi al tavolo, sempre tenendo le mani giunte a celare il piccolo oggetto che aveva preso, guardò fisso Paola e le parlò di nuovo: «Ho qui un amuleto… è abbastanza potente e potrebbe fare al caso tuo…»
Paola lo guardò, con un misto di aspettativa, ansia e diffidenza.
«Di solito, li concedo in cambio di un’offerta… a volte anche consistente… -”Ecco, ci siamo! Adesso mi spara una cifra folle!” pensò la donna-… ma nel tuo caso, voglio fartene dono»
Aprì i palmi e mostrò a Paola un minuscolo rettile di pietra verdechiaro, piccolo da starle sull’unghia del pollice; poi allungò le braccia e lo avvicinò a lei, che lo guardava interdetta.
«Dovrai semplicemente mettere questo amuleto addosso a tuo marito… potrai metterglielo in tasca, infilarglielo nella fodera della giacca, non è importante… l’importante è che lui lo abbia addosso e vedrai che tempo tre giorni lui ti cercherà»
L’uomo la guardò, con un’espressione rassicurante; lei lo guardò in viso, poi guardò l’amuleto -una specie di lucertola, tutta contorta- e timidamente allungò la mano per prenderlo tra due dita: lo sentiva caldo, al tatto; guardò ancora l’uomo: «E…»
«E quando sarà accaduto -non SE: QUANDO!- tu tornerai da me ed io ti farò diventare indispensabile per tuo marito!»
Lei non osava credere a quello che lui le stava dicendo! Era con la bocca aperta ed il suo sguardo andava dall’amuleto al Maestro.
Dopo un minuto trascorso così, lui la guardò con espressione benevola e poi le disse: «Adesso vai! So che tornerai, al massimo tra quattro giorni!’
Paola era confusa: non si aspettava certo che quell’uomo le donasse qualcosa; era già preparata a respingere l’acquisto di ogni talismano miracoloso e il Maestro Dido, invece, le donava quell’oggetto.
Poi, il suo lato razionale credette di aver trovato l’inghippo: per la consulenza quell’uomo le avrebbe chiesto una cifra!
Con aria fintamente accomodante, chiese: «E… per la sua… seduta, il suo consulto, quanto le devo??’
Lui la guardò, con uno sguardo tollerante, benevolo: «Normalmente, per un incontro come questo, apprezzo un’offerta a partire dai cinquanta euro… Ma a te non chiederò nessuna offerta: non vorrei che tu pensassi che sarebbe per... “pagare” -lo disse in tono quasi schifato!- l’amuleto che ti ho donato.
Se, tuttavia, ritieni di dover farmi in ogni caso un’offerta, nell’atrio fuori dalla porta di questo mio studio c’è una cassettina e, dopo aver chiuso questa porta, potrai liberamente mettere quanto vorrai… oppure anche nulla!, prima di uscire da questo appartamento.
Quando tornerai, sarai tu, nel caso, a pretendere di potermi fare un’offerta!»
Detto ciò le fece un cenno di congedo e poi si raccolse in meditazione.
Paola si alzò, raggiunse la porta della stanza, l’apri, fece scioccamente un cenno di saluto all’uomo, assorto ad occhi bassi, la richiuse dietro di sé e poi, prima di uscire sulle scale del palazzo, pescò affannosamente una banconota da cinquanta nella borsetta e la fece scivolare nella feritoia della cassettina, facendolo rapidamente, prima di cambiare idea.
Poi, con la testa confusa, in un altalenarsi di sensazioni, tra il sentire che era stata fregata (ma come?, si chiedeva) e di speranza che quel minuscolo oggetto fosse davvero efficace, trotterellò verso casa, con passo rapido.
Dido fece un sorrisetto: la tenera Paola gli aveva dato un cinquantone… Bene! Non erano i soldi della donna, che gli interessavano, ma aveva pur sempre anche lui le bollette, la spesa e quant’altro, no?
Chiuse lo sportellino che celava lo schermo della telecamera puntata sulla cassetta delle offerte, aprì il secondo cassetto e da una scatolina prese un altro geco di pietra verde da mettere nel mobiletto, per rimpiazzare quello donato alla giovane donna.
Se aveva ben capito la situazione, il maritino l’avrebbe cercata, dopo un periodo di astinenza, o per reale voglia o per non insospettirla e, a giudicare dall’ansia e dalla voglia della donna, ormai dovevamo esserci; si maledisse per averle detto tre giorni e non cinque, ma ormai era fatta. Era davvero curioso di vedere se il maritino, inconsapevolmente, l’avrebbe rimandata da lui o se, invece, lei avrebbe pensato che era solo un ciarlatano…
Va beh: intanto si era beccato un cinquantone e poteva ben sopportare la perdita dei quattro euro che gli costavano all’ingrosso ciascuno di quei monili…
Quella sera, Paola aveva cenato da sola, come spesso ormai le capitava e poi aveva aspettato che Giulio, tornato qualche minuto dopo le dieci, si addormentasse sul divano davanti alla televisione, come suo solito.
Poi aveva levato l’audio dell’apparecchio come tutte le sere e, col sottofondo del lieve ronfare del marito, era andata a mettere l’amuleto tra la fodera ed il tessuto della giacca, ricucendo poi subito i pochi punti che aveva tagliato con le forbicine da unghie.
Aveva esitato un attimo, dopo aver recuperato l’amuleto dalla taschina dei suoi jeans e lo aveva sentito caldo, come quando il maestro Dido glie lo aveva consegnato; lo aveva guardato un attimo e poi aveva pensato: «Dai amuleto: fai il tuo lavoro, riportami il mio Giulio!’, prima di farlo scivolare attraverso la scucitura.
Poi, si era preparata per la notte ed infine si era addormentata sperando che davvero l’amuleto fosse efficace, mentre il martedì cedeva il passo al mercoledì.
Per chi vuole contattarmi, zorrogattoge@yahoo.it
Ormai erano passati otto anni da quel fatidico giorno e Giulio non era più l’uomo gentile, premuroso, attento, collaborativo di quel giorno e dei mesi e pochi anni successivi.
Adesso era annoiato, scazzato, ringhioso anche con lei… sopratutto con lei!
Paola lo amava ancora, ma lui sembrava distratto, sembrava quasi ignorarla, tutto assorbito com’era dal lavoro, dalla carriera che gli imponeva sovente di fermarsi in ufficio fino a tardi e di fare spesso trasferte, anche all’estero.
Lui la rassicurava, dicendole -nei rari momenti nei quali non era nervoso ed infastidito!- che se fosse riuscito ad avere una certa promozione la loro vita sarebbe cambiata e lui avrebbe potuto rilassarsi di più e dedicarsi più a lei…
Anche perché, rifletté amaramente, occuparsi ancora meno di lei le sembrava quasi impossibile: considerando anche solo il fare all’amore, i primi tempi era sempre lui a cercarla, a volerlo fare e lei, pur vergognandosi da morire a causa dell’educazione che aveva avuto, aveva accettato di farsi prendere in qualunque angolo del loro primo appartamento.
Poi, con una prima promozione, si erano potuti permettere di trasferirsi in una villetta che lui aveva ereditato in parte dalla nonna, pagando i propri cugini per acquistarla in esclusiva e già lì , nella loro villetta, il fare l’amore era diventato il rito del finesettimana.
Man mano, le cose avevano cominciato impercettibilmente ad andare meno bene, come camminando su un falsopiano e guardandosi casualmente alle spalle, ci si rende vagamente conto di essere scesi di diversi metri di quota; Giulio era sempre più affaccendato, preoccupato, infastidito -persino di lei, le sembrava in certi momenti!- e il fare l’amore era diventato ormai un evento raro, da marcare sul calendario!
Lei, che prima non desiderava per nulla «quelle cose lì»e che aveva imparato -grazie al marito- ad apprezzarle, adesso sentiva di averne struggente bisogno, proprio ora che Giulio era distratto da altre cose!
Adesso, sentiva di aspettare spasmodicamente la promozione di Giulio, per poter re-iniziare la sua, la loro vita insieme.
Ma questa benedetta promozione non arrivava e Giulio era sempre più irritabile, più nervoso, mentre lei si macerava nell’attesa che tutto ritornasse come prima, arrivando a scoprire la possibilità di attenuare le quelle scandalose voglie, giocherellando con le dita.
Per non logorarsi in casa con questi pensieri, usciva spesso a fare lunghe passeggiate solitarie nella parte più antica della città, anche se alle volte la malinconia la assaliva anche lì fuori, come in quel momento.
Si fermò un attimo ed asciugò col dito una lacrimuccia che aveva cominciato a rotolarle sulla guancia e poi alzò lo sguardo, guardandosi in giro per vedere se qualcuno avesse notato il suo piccolo attimo di scoramento.
Fu così che i suoi occhi sfiorarono quella targa e che poi, quasi indipendentemente dalla sua volontà, ci tornarono sopra: “Maestro Dido – Studio di divinazione orientale, cartomanzia, aromopranesi, ipnosi”.
Rifletté brevemente: tutte cavolate, dai! Però… però, almeno avere un’idea di quanto quest’agonia per questa maledetta attesa per la promozione di Giulio sarebbe ancora durata…
La sua mente realizzò, dopo poco, che era stato il suo corpo, senza il suo intervento, a farla arrivare in quella stanza poco illuminata, con pesanti tendaggi ed un tavolo coperto da una sorta di tovaglia pesante, quasi un tappeto!, mentre sentiva odore di incenso ed altre strane spezie nella stanza e guardava quell’uomo -piccolo, anziano, grasso, con una corona di radi capelli tinti di nero ed una sorta di ampia veste orientale addosso- che la osservava e le faceva cenno di sedere sulla scarna poltroncina davanti al tavolo.
«Io…» esordì Paola, già pentita di essere lì.
«Tu hai un problema… o forse più di uno… lasciami concentrare per capire qual’è quello che più ti angustia» disse l’uomo, in tono autoritario e con un pesante accento calabrese.
Paola ammutolì, seduta sull’orlo della poltroncina, tesa come se dovesse schizzare via da un momento all’altro.
L’uomo sembrò concentrarsi qualche momento, poi prese un mazzo di carte, le smazzò e tagliò come un abile croupier ed infine lo porse a mo»di ventaglio a Paola: «Prendine una!»
Lei, esitò un attimo, poi ne prese una quasi al centro, verso la sua destra e la porse all’uomo.
Lui la studiò per diverso tempo, come se la vedesse per la prima volta e volesse memorizzarla, poi parlò, con la sua voce calma, profonda: «Tu hai problemi con tuo marito… -Paola fece un impercettibile cenno di assenso mentre, come tutte le volte che era tesa, giocherellava con la fede, facendola girare intorno all’anulare-… Siete sposati da diversi anni, ma adesso lui non ti tiene più al centro della sua vita…»
Paola sbottò: «Sì, è vero! Lui è completamente assorbito nell’avere quella maledetta promozione!»
Il Maestro Dido la guardò un istante, con un misterioso, istantaneo scintillio nello sguardo e poi, in tono solenne, proclamò: «Tu sai bene che, fino a che tuo marito non avrà raggiunto i suoi obbiettivi professionali, tu sarai in second’ordine!»
Paola fece un cenno di assenso quasi impercettibile, abbassando lievemente gli angoli della bocca: era così!
«Senti la necessità di avere tuo marito vicino… -l’uomo scrutava attentamente Paola, pronto a cogliere quei piccoli, significativi gesti che erano fondamentali per capire molte cose dei suoi clienti-… e vorresti sentirlo ancora, sudato ma felice, sopra di te…»
A queste parole gli occhi di Paola brillarono.
«Se attenderai che tutti i suoi successivi obbiettivi vengano raggiunti… -disse il Maestro Dido, col tono nel quale un giudice emette una sentenza inappellabile-… potresti dover attendere anni!»
A quelle parole, le spalle della donna si abbassarono, schiacciate dall’orribile prospettiva.
Guardò il Maestro, con lo sguardo ansioso, come per essere rassicurata che esistesse un’alternativa, una via d’uscita!
«Ma lui non può ambire, con la sua unica energia, ad ottenere una posizione migliore; lui avrà bisogno, in questa fase, di poter contare sull’energia anche sessuale della sua compagna, della tua!»
Le parole del mago le rimbombarono nella mente. Quindi anche lei poteva aiutarlo a salire e quindi a potersi poi dedicare maggiormente a lei!
Il Maestro Dido abbandonò il tono enfatico e, quasi colloquialmente, continuò a parlarle: «Suppongo che sia diversi giorni che tuo marito non trovi il tempo e l’energia per dedicarsi a te…»
Paola annuì brevemente, con gli occhi lucidi di amarezza.
L’uomo la guardò, con uno sguardo carezzevole, meno formale di poco prima e le mormorò, con fare confidenziale: «Dimmi il tuo nome, bella signora…»
«Paola»
«Bene, Paola… hai l’aria smarrita, quasi disperata e mi ispiri simpatia… è rarissimo che qualcuno che varchi quella porta lo faccia, ma con te… non so, è diverso.
Aspetta!»
Si alzò lentamente e con passo regale si diresse ad un armadietto, finemente scolpito e con decorazioni che richiamavano l’oriente più lontano e più misterioso; poi chinò il capo, giunse le mani davanti al viso e recitò una lunga formula in una lingua sconosciuta.
Dopo aver meditato in silenzio una ventina di secondi -e mentre Paola assisteva turbata ed in assoluto silenzio a tutta la cerimonia- aprì le due antine del mobiletto mostrando l’interno foderato di rosso cupo, estrasse un qualcosa che tenne tra i palmi accostati e con le punte delle dita riaccostò le due ante, richiudendo lo stipo.
Poi tornò a sedersi al tavolo, sempre tenendo le mani giunte a celare il piccolo oggetto che aveva preso, guardò fisso Paola e le parlò di nuovo: «Ho qui un amuleto… è abbastanza potente e potrebbe fare al caso tuo…»
Paola lo guardò, con un misto di aspettativa, ansia e diffidenza.
«Di solito, li concedo in cambio di un’offerta… a volte anche consistente… -”Ecco, ci siamo! Adesso mi spara una cifra folle!” pensò la donna-… ma nel tuo caso, voglio fartene dono»
Aprì i palmi e mostrò a Paola un minuscolo rettile di pietra verdechiaro, piccolo da starle sull’unghia del pollice; poi allungò le braccia e lo avvicinò a lei, che lo guardava interdetta.
«Dovrai semplicemente mettere questo amuleto addosso a tuo marito… potrai metterglielo in tasca, infilarglielo nella fodera della giacca, non è importante… l’importante è che lui lo abbia addosso e vedrai che tempo tre giorni lui ti cercherà»
L’uomo la guardò, con un’espressione rassicurante; lei lo guardò in viso, poi guardò l’amuleto -una specie di lucertola, tutta contorta- e timidamente allungò la mano per prenderlo tra due dita: lo sentiva caldo, al tatto; guardò ancora l’uomo: «E…»
«E quando sarà accaduto -non SE: QUANDO!- tu tornerai da me ed io ti farò diventare indispensabile per tuo marito!»
Lei non osava credere a quello che lui le stava dicendo! Era con la bocca aperta ed il suo sguardo andava dall’amuleto al Maestro.
Dopo un minuto trascorso così, lui la guardò con espressione benevola e poi le disse: «Adesso vai! So che tornerai, al massimo tra quattro giorni!’
Paola era confusa: non si aspettava certo che quell’uomo le donasse qualcosa; era già preparata a respingere l’acquisto di ogni talismano miracoloso e il Maestro Dido, invece, le donava quell’oggetto.
Poi, il suo lato razionale credette di aver trovato l’inghippo: per la consulenza quell’uomo le avrebbe chiesto una cifra!
Con aria fintamente accomodante, chiese: «E… per la sua… seduta, il suo consulto, quanto le devo??’
Lui la guardò, con uno sguardo tollerante, benevolo: «Normalmente, per un incontro come questo, apprezzo un’offerta a partire dai cinquanta euro… Ma a te non chiederò nessuna offerta: non vorrei che tu pensassi che sarebbe per... “pagare” -lo disse in tono quasi schifato!- l’amuleto che ti ho donato.
Se, tuttavia, ritieni di dover farmi in ogni caso un’offerta, nell’atrio fuori dalla porta di questo mio studio c’è una cassettina e, dopo aver chiuso questa porta, potrai liberamente mettere quanto vorrai… oppure anche nulla!, prima di uscire da questo appartamento.
Quando tornerai, sarai tu, nel caso, a pretendere di potermi fare un’offerta!»
Detto ciò le fece un cenno di congedo e poi si raccolse in meditazione.
Paola si alzò, raggiunse la porta della stanza, l’apri, fece scioccamente un cenno di saluto all’uomo, assorto ad occhi bassi, la richiuse dietro di sé e poi, prima di uscire sulle scale del palazzo, pescò affannosamente una banconota da cinquanta nella borsetta e la fece scivolare nella feritoia della cassettina, facendolo rapidamente, prima di cambiare idea.
Poi, con la testa confusa, in un altalenarsi di sensazioni, tra il sentire che era stata fregata (ma come?, si chiedeva) e di speranza che quel minuscolo oggetto fosse davvero efficace, trotterellò verso casa, con passo rapido.
Dido fece un sorrisetto: la tenera Paola gli aveva dato un cinquantone… Bene! Non erano i soldi della donna, che gli interessavano, ma aveva pur sempre anche lui le bollette, la spesa e quant’altro, no?
Chiuse lo sportellino che celava lo schermo della telecamera puntata sulla cassetta delle offerte, aprì il secondo cassetto e da una scatolina prese un altro geco di pietra verde da mettere nel mobiletto, per rimpiazzare quello donato alla giovane donna.
Se aveva ben capito la situazione, il maritino l’avrebbe cercata, dopo un periodo di astinenza, o per reale voglia o per non insospettirla e, a giudicare dall’ansia e dalla voglia della donna, ormai dovevamo esserci; si maledisse per averle detto tre giorni e non cinque, ma ormai era fatta. Era davvero curioso di vedere se il maritino, inconsapevolmente, l’avrebbe rimandata da lui o se, invece, lei avrebbe pensato che era solo un ciarlatano…
Va beh: intanto si era beccato un cinquantone e poteva ben sopportare la perdita dei quattro euro che gli costavano all’ingrosso ciascuno di quei monili…
Quella sera, Paola aveva cenato da sola, come spesso ormai le capitava e poi aveva aspettato che Giulio, tornato qualche minuto dopo le dieci, si addormentasse sul divano davanti alla televisione, come suo solito.
Poi aveva levato l’audio dell’apparecchio come tutte le sere e, col sottofondo del lieve ronfare del marito, era andata a mettere l’amuleto tra la fodera ed il tessuto della giacca, ricucendo poi subito i pochi punti che aveva tagliato con le forbicine da unghie.
Aveva esitato un attimo, dopo aver recuperato l’amuleto dalla taschina dei suoi jeans e lo aveva sentito caldo, come quando il maestro Dido glie lo aveva consegnato; lo aveva guardato un attimo e poi aveva pensato: «Dai amuleto: fai il tuo lavoro, riportami il mio Giulio!’, prima di farlo scivolare attraverso la scucitura.
Poi, si era preparata per la notte ed infine si era addormentata sperando che davvero l’amuleto fosse efficace, mentre il martedì cedeva il passo al mercoledì.
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