Party girl - 3
di
Browserfast
genere
etero
Ricapitoliamo, che vi vedo un po' distratti. Sono a una festa che definire festa-del-cazzo è farle un piacere. Ho appena visto uscire un ragazzo - Giuliano, bel manzo - e sto aspettando giusto quei cinque minuti prima di andarmene anche io. Di scendere con lui non mi andava. Ero qui con una mia amica, Priscilla, perché teoricamente avrei dovuto darle sostegno morale nell'abbordaggio di un ragazzo. Le cose sono andate un po' diversamente dal previsto: lui l'ha clamorosamente ignorata, Priscilla se n'è andata con tendenze suicide, io gli ho fatto un pompino. Stringi-stringi, è andata così.
Adesso si tratta di recuperare la borsa e poi sgommare. Forse riesco ancora a tornare a casa in tempo per evitare la classica domanda che è poi un rimprovero: "a che ora sei rientrata stanotte?". Se mi va di lusso, riesco anche a non essere svegliata domattina prima che i miei partano per il week end. Piuttosto, ecco, sarà dura guidare. Per la prima volta stasera mi sento parecchio ubriaca.
I miei pensieri vengono interrotti dall’irruzione di una tipa. Non faccio nemmeno in tempo a vederla che è già uscita. Poi ritorna. O forse e sempre stata lì e io mi sono immaginata tutto, non saprei. Sono un po’ rallentata nelle reazioni. Ma ora la guardo meglio, anche se lei non mi si fila di pezza. Ha gli occhi gonfi e il mascara devastato dalle lacrime, lo sguardo assente. Felpa nera aperta e top che le scopre la pancia, gonna scozzese di varie tonalità di grigio, corta, alze a rete e ai piedi dei tronchetti che potrebbe calzare mia sorella, o anche io ma con un outfit completamente diverso. Complessivamente, sembra una che è appena uscita da lezione dopo che una prof l’ha strapazzata per bene dicendole che non si viene a scuola vestite da zoccole. “Serve aiuto?”, le domando. Mi lancia un’occhiata tipo e-tu-chi-cazzo-sei?
- Cerchi qualcosa? – chiedo ancora, forse perché mi fa istintivamente pena.
- Ti stai divertendo? - domanda lei completamente a sproposito.
Ha una faccia che ricorda la caduta dell'impero romano. All'improvviso crolla, comincia a frignare. Immobile, quasi in silenzio, ma in modo in apparenza inarrestabile. Dovrei pensare ai cazzi miei, mollarla lì dopo avere pronunciato un “non te la prendere” di circostanza, andarmene. Invece mi avvicino con un “ehi”. Mi si butta a piangere su una spalla, con le braccia ostinatamente lungo i fianchi. “Cazzo”, penso. “Cazzo, cazzo, cazzo!”, aggiungo rivedendo la quantità industriale di rimmel colata sulle sue gote e il blush che si staranno di sicuro trasferendo sul mio vestito.
Il mio “dai non fare così, che succede” non ottiene risposta. In compenso mi arriva una zaffata di alcol e sigaretta che quasi mi stende.
- E’ una parola che comincia per effe e finisce con "idanzato"? – domando cercando di metterci un po’ di spirito. Nessuna risposta anche in questo caso.
- Una che comincia per esse e finisce con "tronzo"? – insisto.
Mi scuote la testa addosso - per meglio dire, la struscia - in segno di assenso. Perfetto, la ritintura del mio vestito ora sarà completa. Le metto le mani sulle spalle e le sussurro ancora una volta “dai…”, ma più di quello non so che dire. Non ho mai saputo che cazzo dire in circostanze come questa. E sì che con Stefania a scuola e con Serena in tempi molto più recenti il mio daffare l’ho avuto anche io. Come tutti, credo. A chi non è mai capitato?
All'improvviso dice “non voglio stare qui”, più a se stessa che a me, pare. Si divincola, si allontana, non so se seguirla ma la seguo. Almeno fino a un certo punto. La vedo aprire una porta e mi dico vabbè, ciao. E' lei che si volta a guardarmi con la faccia che domanda che-fai-lì? La raggiungo, entriamo, chiude a chiave. C’è una puzza di fumo assurda, quasi non si respira. La prima cosa che faccio è aprire la finestra. La seconda, so che è incivile ma non resisto, gettare una tazza colma di cicche di sotto.
- Io comunque mi chiamo Annalisa… visto che sei la fata dei drummini me ne rolleresti uno che mi sto fumando sotto?
Lei si è già seduta sul letto e guarda il telefono come se esistesse solo quello. Non so nemmeno se mi ha sentita.
- Io mi chiamo Cate – risponde con tono assente. Comunque mi ha sentita.
Molla il telefono e fa due roll-up, li accendiamo e per un po’ restiamo in silenzio a fumare. Le chiedo da quanto tempo si sia chiusa qui dentro e mi risponde “ma questa è camera mia”. Ah, ecco.
La mia domanda è come il colpo di pistola dello start: “Ti va di raccontare?”. Voooom! Io cerco di farvela breve e sintetizzare, ma tenete conto che sono passate da poco le due e mezza e che per un’ora e un bel po’ – tra pianti e lunghe pause – vengo investita da una specie di enciclopedia illustrata della stronzaggine umana.
La prima cosa che fa è mostrarmi Instagram e il post di un certo Raf. Sotto la foto in bianco e nero di un culo nudo c’è scritto: “Come può interessarmi una ragazza che posta solo foto del suo corpo?”. Seguono foto di lei, con commenti analoghi. Per cui è abbastanza ovvio che anche quel culo sia il suo. Lei è tra l’altro una bella ragazza, non altissima e forse un po’ cosciotta, ma per il resto nulla da dire: capelli castani che via via digradano verso il biondo-rossiccio, occhi che non sai se sono gialli o verdi, una bellissima bocca e una fossetta sul mento. A parte la foto del sedere, le altre sfiorano l'innocenza. Per darvi un'idea: ce ne sono un paio con lei in intimo e in pose semi-sexy, una con le tette di fuori. Niente di che. Belle tette, però. Ma chiaramente il problema non è quello, è il senso di sputtanamento e di abbandono che lei avverte. Per colpa dei commenti che ci sono sotto, che vanno dal “hai ragione” al “basta co’ ste troie”. Ma deve esserci qualcosa sotto, perché è tutto troppo ipocrita. O è un agguato preordinato, oppure sto Raf deve essere il classico capobranco cui tutti si adeguano. Anche le ragazze, vedo. Tranne una che scrive “ma una potrà fare il cazzo che vuole?”, beccandosi della mignotta pure lei. Sono incredula, allibita.
Le domando “cioè, ti ha mollata così? su un social?”. Al suo sì reagisco un po’ ingenuamente, lo ammetto: “Beh, ma che te frega? è un testa di cazzo”. Lei risponde piangendo “ma le foto me le ha chieste lui!”. Nemmeno questo mi pare proprio che sia il punto, ma vabbè.
Me ne mostra altre, di foto. Lui e lei insieme, soprattutto. Ce n’è una che quasi mi commuove perché immortala il ragazzo – che detto tra noi è un riccetto moro con l’aria da truzzo, niente di particolare – mentre le da un bacetto. Lei scatta il selfie a occhi chiusi e sorride, sembra voler dire al mondo intero “ci può essere qualcosa di più bello di questo?”. E’ l’immagine della felicità e della fiducia, insomma. Ce n'è un'altra in cui si abbracciano e la loro voglia di baciarsi, di toccarsi, sembra quasi uscire dal display. Ma guarda te sto stronzo, mi dico, ma come si fa?
Le chiedo di parlarmi di loro due e mi racconta che stanno (stavano, ma non la correggo) insieme da un paio di mesi anche se lei gli girava intorno da molto tempo prima. E che naturalmente si erano giurati amore eterno o giù di lì. Tutte le giornate terminavano su Skype, dove probabilmente avranno fatto sesso virtuale. Non lo so, non le chiedo molti dettagli ma da quello che capisco, nonostante le chattate porno-soft, hanno scopato solo una volta e le altre, boh, avranno pomiciato più o meno pesantemente. Mentre me ne parla i miei ricordi del liceo si riaffacciano con prepotenza. Sembra passato un secolo, ma in realtà non è così.
"E poi c'è questo", dice mostrandomi un video in cui lui le fa dire - fintamente disinvolta e realmente imbarazzata - davanti alla cam del telefono "voglio farti un pompino". Stop, nulla di più. Cate è convinta che prima o poi farà girare anche quello, magari come storia di Ig. L'eventualità la terrorizza. Vorrei dirle qualcosa tipo "e vabbè, capirai, non c’è nulla..." ma per fortuna, prima di farlo, mi rendo conto che il problema non è quello. A lei non interessa né il mio giudizio né quello della gente variamente intesa. A lei interessa il giudizio del suo gruppo che, a quanto si capisce, l'ha già marchiata come troia. E quindi non serve a niente dirle "senti non c'è nulla di male, è il tuo ragazzo, anzi era, e gli avrai pure fatto qualche pompino, che problema c'è?".
- Tu che non mi conosci – mi domanda – non penseresti vedendo questo video che sono una troia?
- Perché? Perché hai fatto un pompino al tuo fidanzato?
- Sì…
- Mah, se è per questo, cinque minuti prima di incontrarti avevo appena fatto felice un tipo mai visto né conosciuto - le dico – con la bocca, in bagno... cosa vuoi che pensi?
- Non era il tuo ragazzo?
- Se ti dico mai visto né conosciuto…
Mi guarda stranita. Forse pensa che non sono la persona giusta cui chiedere giudizi di moralità. O addirittura che non sono la persona giusta per ascoltare le sue confidenze e cui chiedere consigli. E invece, chissà che si aspetta, dopo qualche istante arriva la classica domanda: "tu che faresti al posto mio?".
Qui è un po’ più facile. Perché posso dirle ciò che ho fatto io e ciò che farei, tirando fuori un po' di saggezza. Che ok, sarà anche la saggezza della mignotta che sono stata e che sono, ma che in questo momento torna utile.
- Allora, tanto per cominciare, in futuro ci starei attenta con le foto e con i video - esordisco - magari tu lo ami ma poi succedono queste cose, no? Se proprio ti va, almeno usa il tuo telefono. Anche a me è venuto da dire "scattami una foto mentre ti succhio il cazzo", o di fare un video, ma gli ho dato il mio telefono... Se uno ci tiene a rivedersi, lascia che si riveda sul tuo, e non condividere. Con quel coglione invece prenderei di petto la situazione: queste cose le hai fatte per un ragazzo che amavi e di cui ti fidavi, è lui che ha tradito la tua fiducia, punto. Deve essere chiaro a tutti che è così. Chi lo capisce, bene, gli altri li puoi tranquillamente mandare affanculo, non sono poi così necessari alla tua vita. E' ora di capire chi hai intorno, tesoro.
- Ma sono tutti amici di scuola, amici e amiche... ci devo stare ancora un anno lì dentro...
- A parte il fatto che tra un po' tutti si dimenticheranno de sta stronzata - la interrompo - cerca di starci con gente con cui valga la pena, io sono uscita da scuola con due amiche e un ragazzo, gli altri chi li ha più visti?
- Ok, ma avevi un fidanzato.
- Veramente era il fidanzato di un'altra - le rispondo - è stato solo dopo che... vabbè, è una storia lunga.
- Cioè, lui tradiva la sua girl con te? - chiede.
- E io tradivo lui con diverse decine di ragazzi, ahahahah... comunque non è questo l'importante.
- No aspetta, in che senso lo tradivi? - insiste.
- Nessuno tradiva nessuno, Cate, cioè, lui sì, ma te l'ho detto è... senti, tu pensi davvero che ti considerino una troia per quelle cazzo di foto e per il pompino? Ma sei scema? Mandali a cagare! Pure io a scuola ero considerata una mignotta, e nel mio caso avevano anche ragione, ma sticazzi! Non me ne è mai fregato un cazzo, era solo fastidioso. Hai presente le telefonate o i messaggi "Annalì, che fai oggi pomeriggio? E stasera? Du' palle, alla fine era un tormento...
- Ma scopavi con tanti? - domanda Caterina.
- No, no, che scopavo... non scopavo con nessuno, ero pure vergine... la prima volta che ho scopato è stata con una ragazza, figurati un po'...
- Davvero?
- Giuro. Sai com'è, sperimentavo... ma comunque, non dobbiamo parlare di questo - le dico tornando a spostare il focus della discussione sulla sua storia - dobbiamo parlare di come devi mandare affanculo sto Raffaele... Raffaele, vero? Tra l'altro, fare una cosa così, è proprio da vigliacchi, dai. Nemmeno il coraggio di dirtele in faccia, le cose...
- Dovevamo vederci stasera... cioè, prima che scoprissi questo - mi dice agitando il telefono.
Swipa sullo schermo le foto di loro due, quelle che mi ha fatto vedere prima. Per un po' si assenta, ancora una volta non so nemmeno se mi ascolti quando parlo.
- Avevo così voglia di vederlo stasera, già mi sentivo i suoi baci addosso… - dice amaramente.
- Se è per i baci non c'è problema, ahahahah – e le do per scherzo un bacio su una guancia.
- E questo sarebbe un bacio? - ridacchia lei guardando in basso.
- E’ vero, si può fare meglio – concordo, ridacchiando anche io.
- Perché hai detto che hai voluto provare con una ragazza? - domanda. E qui un po' mi irrigidisco.
- Boh, non c'è una ragione precisa - le rispondo - era bella, mi andava di provare.
- E l'hai più rifatto? - chiede ancora.
- Non con lei, con una mia amica - mento. E continuerei ad libitum a mentire sull'argomento, non è il caso di assecondarla né di farle l’elenco.
- Me lo dai un bacio vero? - domanda.
- Non sarebbe una buona idea, non sei obbligata a esplorare strade diverse proprio stasera - le faccio.
- E perché no? Per provare... - insiste.
- Perché sei ubriaca e perché sono ubriaca anche io… e non credo che sia davvero quello che vuoi.
- Per provare – ripete.
Cedo. Perché sono debole, perché mi piace e perché come al solito ho realmente bevuto troppo. Ma cavolo se è bello baciarla. E’ un bacio che dura più di quanto avrei immaginato. E se devo essere onesta, mentre ci baciamo c'è un momento in cui mi va proprio di farmela.
Invece ho delle remore e rallento. Credo sul serio che a lei non vada di andare oltre il bacio e che sia completamente in balia della sua tempesta emotiva e sentimentale. Ammetto che sono combattuta e che mi stacco con un certo sforzo, ma mi limito a sorriderle e a domandarle "va meglio ora?". Cate chiude gli occhi, mi prende il viso tra le mani e sospira "che bello". Ci stendiamo sul letto, la abbraccio e ce ne restiamo così per un tempo indefinito. Fumiamo, parliamo poco. Si stupisce quando le dico che sto per prendere la laurea triennale. Le rispondo che ci sono abituata, che qualcuno ogni tanto mi dà l'età che ha lei. E' un momento così leggero. Essere completamente ubriache aiuta a viverlo come se non avessimo niente alle spalle e niente davanti. So benissimo che infelicità e tristezza torneranno a aggredirla, ma il momento va benissimo così.
“Grazie”, dice dopo un po’. E dice anche “mi piaci”. Le rispondo “anche tu”. Non è per cortesia, ma non ho nemmeno sottointesi di altro tipo. Lei, boh, forse li ha, non lo so. In realtà credo che agisca soprattutto di impulso, senza starci tanto a pensare. Mi ribacia. Voglio dire, è proprio lei a cercare la mia bocca con la sua e la mia lingua con la sua. E mi abbraccia. O meglio, più che abbracciarmi si avvinghia. Come se temesse che le scappi via. All'inizio ho l’impressione che si strusci a cavallo della mia coscia senza consapevolezza, come a ogni ragazza capita di cercare un piacere solitario. Poi mi accorgo che non è così, quel piacere vuole proprio procurarselo addosso a me, e sempre di più. Vuole eccitarsi. Si sta eccitando. E a sentire il suo corpo addosso e il modo in cui il suo respiro si è fatto affannato, beh, mi sto eccitando anche io.
- Davvero hai delle foto mentre scopi? - mi sospira sulle labbra.
- Ce n'è una in cui faccio un pompino dove son venuta da dio, peccato che non posso usarla per la carta di identità... - ridacchio mordendomi il labbro. Ormai la voglio, e la avrò.
- E video? - domanda ancora.
- Anche.
- Che si vede?
- Ahahah... quello sì che starebbe bene su Youporn, ci sono io che salto su un cazzo - le sussurro - ma è anche il sonoro che merita...
- Oddio... me lo fai vedere?
- Non ce l'ho qui - mento un'altra volta mentre le accarezzo la pancia nuda - è nel computer di casa.
- Dai… - sussurra. Non ci crede. Anzi, non so come faccia ma sa benissimo che non è vero.
Pensate che sono scema, pensate che sono ubriaca, pensate che sono troia. Tutto quello che volete. Anche che sono esibizionista, se lo credete. Ma non che lo faccia per vanità. Anzi, sia pure in modo sconnesso, in un angolino del mio cervello c'è l'intenzione di farle capire quanto in fondo sia innocente il suo comportamento. In un'altra zona della mia mente, invece, c'è proprio la voglia di eccitarci di più e di farlo insieme.
Il video parte mentre le dico "guarda che ho scelto io di farlo, eh?". Le appaio sorridente, nuda e inginocchiata su un letto, tra le gambe color nocciola di un uomo. "Chi è?", domanda Cate. "Un medico americano, un figo della madonna". Per un po' mi chiedo cosa pensi a vedermi mentre gli faccio un bocchino o mentre gli salgo sopra e lo infilo dentro di me, mentre urlo piena di lui. "Che gli dici?", domanda. "Che è huge, grosso, ed era vero...". “Oddio, si vede…”, commenta con un miagolio. Rinuncio a commentare a mia volta voi-potete-capire-cosa. Piano piano però le immagini perdono interesse, almeno per me. Sento solo la sua mano che mi passa sulla pancia, preme, stringe, come se Cate non ne avesse il controllo. Vedo le sue cosce irrigidirsi e stringersi, cercando quello che tante volte ho cercato e cerco anche io. Torna a strusciarsi.
Appena il video si interrompe è come se qualcosa ci spingesse l'una verso l'altra, ci cerchiamo con le nostre bocche. Ancora una volta, non voglio essere ipocrita, ve l’ho appena confessato che la voglio. E quindi è vero che le dico "guarda che se fai così io me ne approfitto...", ma glielo dico dopo averle infilato la mano sotto il top e avere iniziato a giocare con una sua mammella. Cate non mi risponde, mi afferra il labbro inferiore due, tre volte di fila, come se volesse darmi dei piccoli morsetti. Le passo la lingua sul collo, scendendo piano mentre la sua tetta adesso è completamente mia. E' morbida e soda allo stesso tempo. La metterò a nudo, mi dico, la bacerò, la leccherò. Farò diventare il capezzolo anche più duro di come è adesso, lo succhierò, lo morderò. Le regalerò almeno per stanotte la felicità in cui non credeva più. La rovescio, la stendo completamente sotto il mio corpo. Affondo il bacio e la lingua. "Tu sei come me, mi sa...".
Dissolvenza, poi buio, poi la voce di Charlie Puth che canta Mother. No, un attimo, come sarebbe a dire la voce di Charlie Puth che canta Mother? Cavolo, mamma! La luce rimasta accesa, un corpo attorcigliato al mio da scavalcare. Telefono sul pavimento, voce impastata, cazziatone. Sono a casa di un'amica, non mi fidavo a guidare. Sì, ho bevuto un po', non tanto. Sì, un whatsapp potevo mandartelo. La vocina assonnata di Cate che fa "chi è?". Chiudo, le accarezzo il viso e le sussurro "dormi". Si rigira portandosi appresso lenzuolo e trapunta. Cazzo, è nuda. Cazzo, sono nuda anche io. Recupero da terra le mutandine adagiate dentro i leggings, le infilo. Appallottolo tutte le mie altre cose sotto il braccio. Le bacio i capelli, si è già riaddormentata. Esco dalla stanza senza far rumore e vado verso l'ignoto. Nel corridoio potrei trovare chiunque. Genitori, parenti, signora delle pulizie, la London Simphony Orchestra che accorda gli strumenti... io esco come una deficiente così, in mutande. E porca vacca, mi sono anche dimenticata di guardare che ore sono.
Nella casa per fortuna regna il silenzio anche se è tutto illuminato dalla luce del giorno. Raggiungo la cucina, getto le mie cose sul tavolo. Oh cazzo, gli stivali. Esco dalla cucina, una porta si apre. Non è quella della stanza di Cate, è quella tra la cucina e la stanza di Cate, il bagno. Forse è stato stanotte, ma sembrano passati mille anni. Ho per caso succhiato il cazzo a qualcuno, lì dentro? Esce una ragazza con indosso la giacca del pigiama quasi interamente sbottonata e uno spazzolino da denti in bocca, chissà dove credeva di andare. Si blocca, mi blocco anche io. Ci guardiamo. Ha una spalla interamente scoperta. L'incavo con il collo e la clavicola nuda sono identici a quelli della ragazza che ho lasciato di là. Miss Sorella-di-Cate, I suppose. Ha lo sguardo spento come devo averlo io. Un attimo dopo prende vita in una specie di muta domanda: "E tu chi cazzo saresti?". Avete presente i gatti quando inclinano leggermente la testa per osservarvi meglio? Quella roba lì. "Ciao, buongiorno, io sono Annalisa". Forse ora ricordo, deve averci presentate Priscilla, ieri sera. Ma era più vestita. E anche io.
Mi passa davanti, muovendo piano lo spazzolino. Va a sputare tutto nel lavello, prende un bicchiere e si risciacqua. Registro mentalmente: strane abitudini igieniche. Ma è tutto strano. E rallentato. Mi sembra di vivere dentro una moviola. Vede le mie cose ammucchiate sul tavolo, le prende e le poggia su una sedia. La borsa cade per terra, tunf. Per la prima volta mi rendo conto di come la cucina sia una devastazione post party, una discarica. Piatti, bicchieri e posate di plastica, bottiglie vuote, cicche schiacciate, residui di cibo, residui canne. L'odore è nauseabondo, ora ci faccio caso. Sul pavimento qualcosa di appiccicoso si è asciugato. Me ne accorgo perché ci ho i piedi sopra. Vado ad aprire la porta finestra, che per fortuna dà su un balconcino che nasconde le mie grazie alla vista dei dirimpettai. Con parecchi secondi di ritardo, e forse la colpa è proprio del balconcino, riemerge il ricordo: cazzo che vibra, sospiro, schizzi di sborra calda nella mia bocca. Com'è che si chiamava? Siamo stati qui fuori a parlare per tutta la sera... Ispiro forte, la giornata è luminosa, fa un freddo della madonna.
- Chiudi che mi prende un colpo - dice una voce alle mie spalle - cazzo che bordello qui dentro... tu da dove esci fuori?
Mi volto e la vedo con uno yogurt in mano. Come le vada di mangiarsi uno yogurt freddo di frigorifero appena alzata, con ancora il dentificio in bocca, non lo so e non lo voglio nemmeno sapere. Però mi sembra più presente a se stessa. Io invece continuo a sentirmi la testa come un pallone, sono in soggezione per il fatto di essere praticamente nuda davanti a lei.
- Ho dormito nella stanza di Caterina... - rispondo.
- Te la sei fatta? - domanda dopo un attimo di silenzio.
- Come ti viene in mente? Perché me lo chiedi? - prendo tempo.
- Perché sei nuda... e per quel succhiotto - dice indicandomi il collo.
Oddio, non so cosa rispondere. Sono quasi certa di sì. Ma soprattutto non so se dirlo a lei, ho paura della reazione di una sorella maggiore. Ma proprio mentre cerco di organizzare una risposta, sulla soglia della cucina spunta una visione. Letteralmente.
La visione in questione si tiene con una mano i ricci neri sopra la testa, sbadiglia un "buongiorno" e ha la pelle ambrata. Deve essere somala, etiope, eritrea, cazzo ne so io. Indossa un tanga bianco con l'elastico nero nemmeno tanto eccessivo, ma che risalta tantissimo sul suo colore. Indossa quello e basta. Una dea in mutande, come me. Le sibilo "ciao". Appoggia una mano sulla spalla della sorella di Cate. No, non su quella scoperta, sull'altra.
- E Yannick?
- E' lì schiantato che dorme, poveraccio - ride la ragazza ambrata prima di rivolgersi a me - ciao, io sono Ali.
Se fossi un po' sveglia capirei al volo. Ma non lo sono e resto lì imbambolata a guardare questa strafiga assurda. Solo ora mi accorgo del piercing al suo capezzolo sinistro, incredibilmente scuro. Un piercing come quello che ha Stefania, mi dico. La voce dell'altra ragazza invece è come uno schiaffo.
- Allora? Ti sei scopata mia sorella?
Me la sono scopata? Ho l'immagine del suo pube implume sotto i miei occhi. Se alzo piano piano lo sguardo vedo prima il suo ventre, poi l'ombelico al centro del pancino, le sue tette quasi coperte dalle braccia. Il viso no, non lo vedo, racchiuso com'è tra le mani. Se torno a guardare in basso vedo il mio dito medio dentro di lei. Se mi concentro sul polpastrello, sento il calore bagnato delle sue mucose. Se mi concentro sulla bocca, sento il suo sapore. E poi ricordo il parossismo del suo respiro, il gridolino soffocato e il suo corpo che scatta come sotto a una frustata, il suo tremore. Le sue parole, molto dopo: "Non ero mai venuta prima".
Alla sorella potrei dire "no, abbiamo solo dormito, ora vado, grazie" e filare via. Invece, per un motivo che non capirò mai, le faccio "sì, immagino che si possa dire così...". E attendo che l'ira funesta mi travolga.
- E noi abbiamo fatto un threesome con uno che non era esattamente il tuo fidanzato - sorride però indulgente Ali- e daje Laretta...
Nonostante quel "daje" capisco che non è di Roma. Italiana probabilmente si, ma non di Roma.
- Sapevo che le piaceva un ragazzo - risponde quella che ora so che si chiama Lara - cioè, credevo fosse etero...
Mi verrebbe da rispondere "magari lo è ma trova me più attraente", ma subito dopo capisco che è meglio se lascio perdere.
- Peccato che fosse il ragazzo sbagliato... - commento più saggiamente.
Lara mi chiede perché. Prima le rispondo con una alzata di spalle, poi chiarisco: "Un vero stronzo, fatti dire da lei... e se volete chiamatemi". L'intercessione di Ali mi ha sollevata, ma la mia voglia di filarmene via è rimasta e non mi piace per niente il modo in cui mi guarda Lara. Recupero la mia roba dalla sedia, mi rivesto sotto lo sguardo delle due, quasi in un angolo. Do loro le spalle ma mi sento osservata. Ali mi chiede un contatto, le do l'Ig. Mi ricordo che sono ancora a piedi nudi e dico a Lara, come se dovessi giustificarmi, "vado a prendere gli stivali nella stanza di Caterina" poi esco dalla cucina prima che mi risponda per evitare il suo sguardo. Ho la costante sensazione di dovermi vergognare per qualche cosa. Sensazione che poche volte ho avuto in assoluto, quasi zero riguardo al sesso.
Cate dorme, si è scoperta. La ricopro dopo avere dato un'ultima occhiata al suo corpo. "Adesso ti lecco tutta", le ho detto stanotte dopo averle sfilato anche le mutandine. Mi siedo sul letto per mettermi gli stivali. "Non me l'hanno mai fatto", mi ha risposto a un certo punto piangendo di piacere. "Posso toccarti io? Vuoi? Voglio farti godere". Ho goduto? Forse no, ma non lo escludo. Che strano. La sua bocca sulla mia tetta però me la ricordo. Confermo, sono una troia immorale. Le do un ultimo bacio a sfioro prima di andarmene. Chiudo la porta cercando di evitare qualsiasi rumore che possa svegliarla.
- Annalisa, posso chiederti una cosa? Ma tu sei one way o...? - domanda Ali quando mi rivede.
E’ ancora in mutande ed è ancora splendida. Ok, non avevo sognato.
- Io sono "o"... - rispondo, anche se in questo momento la trovo un po' una curiosità del cazzo. Però sono affascinata da lei.
- Vediamoci per bere una cosa, una sera, ti va?
Le rispondo "va bene" quasi senza pensarci. In realtà penso che risponderei così a chiunque e a qualsiasi cosa pur di andarmene alla svelta. Ma poiché me lo chiede lei, mi fa piacere.
- Ehi, Annalisa... - mi chiama ancora Ali mentre sono quasi sulla porta, chinata a raccogliere l'unico giaccone rimasto per terra dalla sera precedente, il mio.
- Sì? - rispondo voltando la testa.
- Hai davvero un bel culetto – mi dice allargandosi in un sorriso - complimenti.
FINE
Adesso si tratta di recuperare la borsa e poi sgommare. Forse riesco ancora a tornare a casa in tempo per evitare la classica domanda che è poi un rimprovero: "a che ora sei rientrata stanotte?". Se mi va di lusso, riesco anche a non essere svegliata domattina prima che i miei partano per il week end. Piuttosto, ecco, sarà dura guidare. Per la prima volta stasera mi sento parecchio ubriaca.
I miei pensieri vengono interrotti dall’irruzione di una tipa. Non faccio nemmeno in tempo a vederla che è già uscita. Poi ritorna. O forse e sempre stata lì e io mi sono immaginata tutto, non saprei. Sono un po’ rallentata nelle reazioni. Ma ora la guardo meglio, anche se lei non mi si fila di pezza. Ha gli occhi gonfi e il mascara devastato dalle lacrime, lo sguardo assente. Felpa nera aperta e top che le scopre la pancia, gonna scozzese di varie tonalità di grigio, corta, alze a rete e ai piedi dei tronchetti che potrebbe calzare mia sorella, o anche io ma con un outfit completamente diverso. Complessivamente, sembra una che è appena uscita da lezione dopo che una prof l’ha strapazzata per bene dicendole che non si viene a scuola vestite da zoccole. “Serve aiuto?”, le domando. Mi lancia un’occhiata tipo e-tu-chi-cazzo-sei?
- Cerchi qualcosa? – chiedo ancora, forse perché mi fa istintivamente pena.
- Ti stai divertendo? - domanda lei completamente a sproposito.
Ha una faccia che ricorda la caduta dell'impero romano. All'improvviso crolla, comincia a frignare. Immobile, quasi in silenzio, ma in modo in apparenza inarrestabile. Dovrei pensare ai cazzi miei, mollarla lì dopo avere pronunciato un “non te la prendere” di circostanza, andarmene. Invece mi avvicino con un “ehi”. Mi si butta a piangere su una spalla, con le braccia ostinatamente lungo i fianchi. “Cazzo”, penso. “Cazzo, cazzo, cazzo!”, aggiungo rivedendo la quantità industriale di rimmel colata sulle sue gote e il blush che si staranno di sicuro trasferendo sul mio vestito.
Il mio “dai non fare così, che succede” non ottiene risposta. In compenso mi arriva una zaffata di alcol e sigaretta che quasi mi stende.
- E’ una parola che comincia per effe e finisce con "idanzato"? – domando cercando di metterci un po’ di spirito. Nessuna risposta anche in questo caso.
- Una che comincia per esse e finisce con "tronzo"? – insisto.
Mi scuote la testa addosso - per meglio dire, la struscia - in segno di assenso. Perfetto, la ritintura del mio vestito ora sarà completa. Le metto le mani sulle spalle e le sussurro ancora una volta “dai…”, ma più di quello non so che dire. Non ho mai saputo che cazzo dire in circostanze come questa. E sì che con Stefania a scuola e con Serena in tempi molto più recenti il mio daffare l’ho avuto anche io. Come tutti, credo. A chi non è mai capitato?
All'improvviso dice “non voglio stare qui”, più a se stessa che a me, pare. Si divincola, si allontana, non so se seguirla ma la seguo. Almeno fino a un certo punto. La vedo aprire una porta e mi dico vabbè, ciao. E' lei che si volta a guardarmi con la faccia che domanda che-fai-lì? La raggiungo, entriamo, chiude a chiave. C’è una puzza di fumo assurda, quasi non si respira. La prima cosa che faccio è aprire la finestra. La seconda, so che è incivile ma non resisto, gettare una tazza colma di cicche di sotto.
- Io comunque mi chiamo Annalisa… visto che sei la fata dei drummini me ne rolleresti uno che mi sto fumando sotto?
Lei si è già seduta sul letto e guarda il telefono come se esistesse solo quello. Non so nemmeno se mi ha sentita.
- Io mi chiamo Cate – risponde con tono assente. Comunque mi ha sentita.
Molla il telefono e fa due roll-up, li accendiamo e per un po’ restiamo in silenzio a fumare. Le chiedo da quanto tempo si sia chiusa qui dentro e mi risponde “ma questa è camera mia”. Ah, ecco.
La mia domanda è come il colpo di pistola dello start: “Ti va di raccontare?”. Voooom! Io cerco di farvela breve e sintetizzare, ma tenete conto che sono passate da poco le due e mezza e che per un’ora e un bel po’ – tra pianti e lunghe pause – vengo investita da una specie di enciclopedia illustrata della stronzaggine umana.
La prima cosa che fa è mostrarmi Instagram e il post di un certo Raf. Sotto la foto in bianco e nero di un culo nudo c’è scritto: “Come può interessarmi una ragazza che posta solo foto del suo corpo?”. Seguono foto di lei, con commenti analoghi. Per cui è abbastanza ovvio che anche quel culo sia il suo. Lei è tra l’altro una bella ragazza, non altissima e forse un po’ cosciotta, ma per il resto nulla da dire: capelli castani che via via digradano verso il biondo-rossiccio, occhi che non sai se sono gialli o verdi, una bellissima bocca e una fossetta sul mento. A parte la foto del sedere, le altre sfiorano l'innocenza. Per darvi un'idea: ce ne sono un paio con lei in intimo e in pose semi-sexy, una con le tette di fuori. Niente di che. Belle tette, però. Ma chiaramente il problema non è quello, è il senso di sputtanamento e di abbandono che lei avverte. Per colpa dei commenti che ci sono sotto, che vanno dal “hai ragione” al “basta co’ ste troie”. Ma deve esserci qualcosa sotto, perché è tutto troppo ipocrita. O è un agguato preordinato, oppure sto Raf deve essere il classico capobranco cui tutti si adeguano. Anche le ragazze, vedo. Tranne una che scrive “ma una potrà fare il cazzo che vuole?”, beccandosi della mignotta pure lei. Sono incredula, allibita.
Le domando “cioè, ti ha mollata così? su un social?”. Al suo sì reagisco un po’ ingenuamente, lo ammetto: “Beh, ma che te frega? è un testa di cazzo”. Lei risponde piangendo “ma le foto me le ha chieste lui!”. Nemmeno questo mi pare proprio che sia il punto, ma vabbè.
Me ne mostra altre, di foto. Lui e lei insieme, soprattutto. Ce n’è una che quasi mi commuove perché immortala il ragazzo – che detto tra noi è un riccetto moro con l’aria da truzzo, niente di particolare – mentre le da un bacetto. Lei scatta il selfie a occhi chiusi e sorride, sembra voler dire al mondo intero “ci può essere qualcosa di più bello di questo?”. E’ l’immagine della felicità e della fiducia, insomma. Ce n'è un'altra in cui si abbracciano e la loro voglia di baciarsi, di toccarsi, sembra quasi uscire dal display. Ma guarda te sto stronzo, mi dico, ma come si fa?
Le chiedo di parlarmi di loro due e mi racconta che stanno (stavano, ma non la correggo) insieme da un paio di mesi anche se lei gli girava intorno da molto tempo prima. E che naturalmente si erano giurati amore eterno o giù di lì. Tutte le giornate terminavano su Skype, dove probabilmente avranno fatto sesso virtuale. Non lo so, non le chiedo molti dettagli ma da quello che capisco, nonostante le chattate porno-soft, hanno scopato solo una volta e le altre, boh, avranno pomiciato più o meno pesantemente. Mentre me ne parla i miei ricordi del liceo si riaffacciano con prepotenza. Sembra passato un secolo, ma in realtà non è così.
"E poi c'è questo", dice mostrandomi un video in cui lui le fa dire - fintamente disinvolta e realmente imbarazzata - davanti alla cam del telefono "voglio farti un pompino". Stop, nulla di più. Cate è convinta che prima o poi farà girare anche quello, magari come storia di Ig. L'eventualità la terrorizza. Vorrei dirle qualcosa tipo "e vabbè, capirai, non c’è nulla..." ma per fortuna, prima di farlo, mi rendo conto che il problema non è quello. A lei non interessa né il mio giudizio né quello della gente variamente intesa. A lei interessa il giudizio del suo gruppo che, a quanto si capisce, l'ha già marchiata come troia. E quindi non serve a niente dirle "senti non c'è nulla di male, è il tuo ragazzo, anzi era, e gli avrai pure fatto qualche pompino, che problema c'è?".
- Tu che non mi conosci – mi domanda – non penseresti vedendo questo video che sono una troia?
- Perché? Perché hai fatto un pompino al tuo fidanzato?
- Sì…
- Mah, se è per questo, cinque minuti prima di incontrarti avevo appena fatto felice un tipo mai visto né conosciuto - le dico – con la bocca, in bagno... cosa vuoi che pensi?
- Non era il tuo ragazzo?
- Se ti dico mai visto né conosciuto…
Mi guarda stranita. Forse pensa che non sono la persona giusta cui chiedere giudizi di moralità. O addirittura che non sono la persona giusta per ascoltare le sue confidenze e cui chiedere consigli. E invece, chissà che si aspetta, dopo qualche istante arriva la classica domanda: "tu che faresti al posto mio?".
Qui è un po’ più facile. Perché posso dirle ciò che ho fatto io e ciò che farei, tirando fuori un po' di saggezza. Che ok, sarà anche la saggezza della mignotta che sono stata e che sono, ma che in questo momento torna utile.
- Allora, tanto per cominciare, in futuro ci starei attenta con le foto e con i video - esordisco - magari tu lo ami ma poi succedono queste cose, no? Se proprio ti va, almeno usa il tuo telefono. Anche a me è venuto da dire "scattami una foto mentre ti succhio il cazzo", o di fare un video, ma gli ho dato il mio telefono... Se uno ci tiene a rivedersi, lascia che si riveda sul tuo, e non condividere. Con quel coglione invece prenderei di petto la situazione: queste cose le hai fatte per un ragazzo che amavi e di cui ti fidavi, è lui che ha tradito la tua fiducia, punto. Deve essere chiaro a tutti che è così. Chi lo capisce, bene, gli altri li puoi tranquillamente mandare affanculo, non sono poi così necessari alla tua vita. E' ora di capire chi hai intorno, tesoro.
- Ma sono tutti amici di scuola, amici e amiche... ci devo stare ancora un anno lì dentro...
- A parte il fatto che tra un po' tutti si dimenticheranno de sta stronzata - la interrompo - cerca di starci con gente con cui valga la pena, io sono uscita da scuola con due amiche e un ragazzo, gli altri chi li ha più visti?
- Ok, ma avevi un fidanzato.
- Veramente era il fidanzato di un'altra - le rispondo - è stato solo dopo che... vabbè, è una storia lunga.
- Cioè, lui tradiva la sua girl con te? - chiede.
- E io tradivo lui con diverse decine di ragazzi, ahahahah... comunque non è questo l'importante.
- No aspetta, in che senso lo tradivi? - insiste.
- Nessuno tradiva nessuno, Cate, cioè, lui sì, ma te l'ho detto è... senti, tu pensi davvero che ti considerino una troia per quelle cazzo di foto e per il pompino? Ma sei scema? Mandali a cagare! Pure io a scuola ero considerata una mignotta, e nel mio caso avevano anche ragione, ma sticazzi! Non me ne è mai fregato un cazzo, era solo fastidioso. Hai presente le telefonate o i messaggi "Annalì, che fai oggi pomeriggio? E stasera? Du' palle, alla fine era un tormento...
- Ma scopavi con tanti? - domanda Caterina.
- No, no, che scopavo... non scopavo con nessuno, ero pure vergine... la prima volta che ho scopato è stata con una ragazza, figurati un po'...
- Davvero?
- Giuro. Sai com'è, sperimentavo... ma comunque, non dobbiamo parlare di questo - le dico tornando a spostare il focus della discussione sulla sua storia - dobbiamo parlare di come devi mandare affanculo sto Raffaele... Raffaele, vero? Tra l'altro, fare una cosa così, è proprio da vigliacchi, dai. Nemmeno il coraggio di dirtele in faccia, le cose...
- Dovevamo vederci stasera... cioè, prima che scoprissi questo - mi dice agitando il telefono.
Swipa sullo schermo le foto di loro due, quelle che mi ha fatto vedere prima. Per un po' si assenta, ancora una volta non so nemmeno se mi ascolti quando parlo.
- Avevo così voglia di vederlo stasera, già mi sentivo i suoi baci addosso… - dice amaramente.
- Se è per i baci non c'è problema, ahahahah – e le do per scherzo un bacio su una guancia.
- E questo sarebbe un bacio? - ridacchia lei guardando in basso.
- E’ vero, si può fare meglio – concordo, ridacchiando anche io.
- Perché hai detto che hai voluto provare con una ragazza? - domanda. E qui un po' mi irrigidisco.
- Boh, non c'è una ragione precisa - le rispondo - era bella, mi andava di provare.
- E l'hai più rifatto? - chiede ancora.
- Non con lei, con una mia amica - mento. E continuerei ad libitum a mentire sull'argomento, non è il caso di assecondarla né di farle l’elenco.
- Me lo dai un bacio vero? - domanda.
- Non sarebbe una buona idea, non sei obbligata a esplorare strade diverse proprio stasera - le faccio.
- E perché no? Per provare... - insiste.
- Perché sei ubriaca e perché sono ubriaca anche io… e non credo che sia davvero quello che vuoi.
- Per provare – ripete.
Cedo. Perché sono debole, perché mi piace e perché come al solito ho realmente bevuto troppo. Ma cavolo se è bello baciarla. E’ un bacio che dura più di quanto avrei immaginato. E se devo essere onesta, mentre ci baciamo c'è un momento in cui mi va proprio di farmela.
Invece ho delle remore e rallento. Credo sul serio che a lei non vada di andare oltre il bacio e che sia completamente in balia della sua tempesta emotiva e sentimentale. Ammetto che sono combattuta e che mi stacco con un certo sforzo, ma mi limito a sorriderle e a domandarle "va meglio ora?". Cate chiude gli occhi, mi prende il viso tra le mani e sospira "che bello". Ci stendiamo sul letto, la abbraccio e ce ne restiamo così per un tempo indefinito. Fumiamo, parliamo poco. Si stupisce quando le dico che sto per prendere la laurea triennale. Le rispondo che ci sono abituata, che qualcuno ogni tanto mi dà l'età che ha lei. E' un momento così leggero. Essere completamente ubriache aiuta a viverlo come se non avessimo niente alle spalle e niente davanti. So benissimo che infelicità e tristezza torneranno a aggredirla, ma il momento va benissimo così.
“Grazie”, dice dopo un po’. E dice anche “mi piaci”. Le rispondo “anche tu”. Non è per cortesia, ma non ho nemmeno sottointesi di altro tipo. Lei, boh, forse li ha, non lo so. In realtà credo che agisca soprattutto di impulso, senza starci tanto a pensare. Mi ribacia. Voglio dire, è proprio lei a cercare la mia bocca con la sua e la mia lingua con la sua. E mi abbraccia. O meglio, più che abbracciarmi si avvinghia. Come se temesse che le scappi via. All'inizio ho l’impressione che si strusci a cavallo della mia coscia senza consapevolezza, come a ogni ragazza capita di cercare un piacere solitario. Poi mi accorgo che non è così, quel piacere vuole proprio procurarselo addosso a me, e sempre di più. Vuole eccitarsi. Si sta eccitando. E a sentire il suo corpo addosso e il modo in cui il suo respiro si è fatto affannato, beh, mi sto eccitando anche io.
- Davvero hai delle foto mentre scopi? - mi sospira sulle labbra.
- Ce n'è una in cui faccio un pompino dove son venuta da dio, peccato che non posso usarla per la carta di identità... - ridacchio mordendomi il labbro. Ormai la voglio, e la avrò.
- E video? - domanda ancora.
- Anche.
- Che si vede?
- Ahahah... quello sì che starebbe bene su Youporn, ci sono io che salto su un cazzo - le sussurro - ma è anche il sonoro che merita...
- Oddio... me lo fai vedere?
- Non ce l'ho qui - mento un'altra volta mentre le accarezzo la pancia nuda - è nel computer di casa.
- Dai… - sussurra. Non ci crede. Anzi, non so come faccia ma sa benissimo che non è vero.
Pensate che sono scema, pensate che sono ubriaca, pensate che sono troia. Tutto quello che volete. Anche che sono esibizionista, se lo credete. Ma non che lo faccia per vanità. Anzi, sia pure in modo sconnesso, in un angolino del mio cervello c'è l'intenzione di farle capire quanto in fondo sia innocente il suo comportamento. In un'altra zona della mia mente, invece, c'è proprio la voglia di eccitarci di più e di farlo insieme.
Il video parte mentre le dico "guarda che ho scelto io di farlo, eh?". Le appaio sorridente, nuda e inginocchiata su un letto, tra le gambe color nocciola di un uomo. "Chi è?", domanda Cate. "Un medico americano, un figo della madonna". Per un po' mi chiedo cosa pensi a vedermi mentre gli faccio un bocchino o mentre gli salgo sopra e lo infilo dentro di me, mentre urlo piena di lui. "Che gli dici?", domanda. "Che è huge, grosso, ed era vero...". “Oddio, si vede…”, commenta con un miagolio. Rinuncio a commentare a mia volta voi-potete-capire-cosa. Piano piano però le immagini perdono interesse, almeno per me. Sento solo la sua mano che mi passa sulla pancia, preme, stringe, come se Cate non ne avesse il controllo. Vedo le sue cosce irrigidirsi e stringersi, cercando quello che tante volte ho cercato e cerco anche io. Torna a strusciarsi.
Appena il video si interrompe è come se qualcosa ci spingesse l'una verso l'altra, ci cerchiamo con le nostre bocche. Ancora una volta, non voglio essere ipocrita, ve l’ho appena confessato che la voglio. E quindi è vero che le dico "guarda che se fai così io me ne approfitto...", ma glielo dico dopo averle infilato la mano sotto il top e avere iniziato a giocare con una sua mammella. Cate non mi risponde, mi afferra il labbro inferiore due, tre volte di fila, come se volesse darmi dei piccoli morsetti. Le passo la lingua sul collo, scendendo piano mentre la sua tetta adesso è completamente mia. E' morbida e soda allo stesso tempo. La metterò a nudo, mi dico, la bacerò, la leccherò. Farò diventare il capezzolo anche più duro di come è adesso, lo succhierò, lo morderò. Le regalerò almeno per stanotte la felicità in cui non credeva più. La rovescio, la stendo completamente sotto il mio corpo. Affondo il bacio e la lingua. "Tu sei come me, mi sa...".
Dissolvenza, poi buio, poi la voce di Charlie Puth che canta Mother. No, un attimo, come sarebbe a dire la voce di Charlie Puth che canta Mother? Cavolo, mamma! La luce rimasta accesa, un corpo attorcigliato al mio da scavalcare. Telefono sul pavimento, voce impastata, cazziatone. Sono a casa di un'amica, non mi fidavo a guidare. Sì, ho bevuto un po', non tanto. Sì, un whatsapp potevo mandartelo. La vocina assonnata di Cate che fa "chi è?". Chiudo, le accarezzo il viso e le sussurro "dormi". Si rigira portandosi appresso lenzuolo e trapunta. Cazzo, è nuda. Cazzo, sono nuda anche io. Recupero da terra le mutandine adagiate dentro i leggings, le infilo. Appallottolo tutte le mie altre cose sotto il braccio. Le bacio i capelli, si è già riaddormentata. Esco dalla stanza senza far rumore e vado verso l'ignoto. Nel corridoio potrei trovare chiunque. Genitori, parenti, signora delle pulizie, la London Simphony Orchestra che accorda gli strumenti... io esco come una deficiente così, in mutande. E porca vacca, mi sono anche dimenticata di guardare che ore sono.
Nella casa per fortuna regna il silenzio anche se è tutto illuminato dalla luce del giorno. Raggiungo la cucina, getto le mie cose sul tavolo. Oh cazzo, gli stivali. Esco dalla cucina, una porta si apre. Non è quella della stanza di Cate, è quella tra la cucina e la stanza di Cate, il bagno. Forse è stato stanotte, ma sembrano passati mille anni. Ho per caso succhiato il cazzo a qualcuno, lì dentro? Esce una ragazza con indosso la giacca del pigiama quasi interamente sbottonata e uno spazzolino da denti in bocca, chissà dove credeva di andare. Si blocca, mi blocco anche io. Ci guardiamo. Ha una spalla interamente scoperta. L'incavo con il collo e la clavicola nuda sono identici a quelli della ragazza che ho lasciato di là. Miss Sorella-di-Cate, I suppose. Ha lo sguardo spento come devo averlo io. Un attimo dopo prende vita in una specie di muta domanda: "E tu chi cazzo saresti?". Avete presente i gatti quando inclinano leggermente la testa per osservarvi meglio? Quella roba lì. "Ciao, buongiorno, io sono Annalisa". Forse ora ricordo, deve averci presentate Priscilla, ieri sera. Ma era più vestita. E anche io.
Mi passa davanti, muovendo piano lo spazzolino. Va a sputare tutto nel lavello, prende un bicchiere e si risciacqua. Registro mentalmente: strane abitudini igieniche. Ma è tutto strano. E rallentato. Mi sembra di vivere dentro una moviola. Vede le mie cose ammucchiate sul tavolo, le prende e le poggia su una sedia. La borsa cade per terra, tunf. Per la prima volta mi rendo conto di come la cucina sia una devastazione post party, una discarica. Piatti, bicchieri e posate di plastica, bottiglie vuote, cicche schiacciate, residui di cibo, residui canne. L'odore è nauseabondo, ora ci faccio caso. Sul pavimento qualcosa di appiccicoso si è asciugato. Me ne accorgo perché ci ho i piedi sopra. Vado ad aprire la porta finestra, che per fortuna dà su un balconcino che nasconde le mie grazie alla vista dei dirimpettai. Con parecchi secondi di ritardo, e forse la colpa è proprio del balconcino, riemerge il ricordo: cazzo che vibra, sospiro, schizzi di sborra calda nella mia bocca. Com'è che si chiamava? Siamo stati qui fuori a parlare per tutta la sera... Ispiro forte, la giornata è luminosa, fa un freddo della madonna.
- Chiudi che mi prende un colpo - dice una voce alle mie spalle - cazzo che bordello qui dentro... tu da dove esci fuori?
Mi volto e la vedo con uno yogurt in mano. Come le vada di mangiarsi uno yogurt freddo di frigorifero appena alzata, con ancora il dentificio in bocca, non lo so e non lo voglio nemmeno sapere. Però mi sembra più presente a se stessa. Io invece continuo a sentirmi la testa come un pallone, sono in soggezione per il fatto di essere praticamente nuda davanti a lei.
- Ho dormito nella stanza di Caterina... - rispondo.
- Te la sei fatta? - domanda dopo un attimo di silenzio.
- Come ti viene in mente? Perché me lo chiedi? - prendo tempo.
- Perché sei nuda... e per quel succhiotto - dice indicandomi il collo.
Oddio, non so cosa rispondere. Sono quasi certa di sì. Ma soprattutto non so se dirlo a lei, ho paura della reazione di una sorella maggiore. Ma proprio mentre cerco di organizzare una risposta, sulla soglia della cucina spunta una visione. Letteralmente.
La visione in questione si tiene con una mano i ricci neri sopra la testa, sbadiglia un "buongiorno" e ha la pelle ambrata. Deve essere somala, etiope, eritrea, cazzo ne so io. Indossa un tanga bianco con l'elastico nero nemmeno tanto eccessivo, ma che risalta tantissimo sul suo colore. Indossa quello e basta. Una dea in mutande, come me. Le sibilo "ciao". Appoggia una mano sulla spalla della sorella di Cate. No, non su quella scoperta, sull'altra.
- E Yannick?
- E' lì schiantato che dorme, poveraccio - ride la ragazza ambrata prima di rivolgersi a me - ciao, io sono Ali.
Se fossi un po' sveglia capirei al volo. Ma non lo sono e resto lì imbambolata a guardare questa strafiga assurda. Solo ora mi accorgo del piercing al suo capezzolo sinistro, incredibilmente scuro. Un piercing come quello che ha Stefania, mi dico. La voce dell'altra ragazza invece è come uno schiaffo.
- Allora? Ti sei scopata mia sorella?
Me la sono scopata? Ho l'immagine del suo pube implume sotto i miei occhi. Se alzo piano piano lo sguardo vedo prima il suo ventre, poi l'ombelico al centro del pancino, le sue tette quasi coperte dalle braccia. Il viso no, non lo vedo, racchiuso com'è tra le mani. Se torno a guardare in basso vedo il mio dito medio dentro di lei. Se mi concentro sul polpastrello, sento il calore bagnato delle sue mucose. Se mi concentro sulla bocca, sento il suo sapore. E poi ricordo il parossismo del suo respiro, il gridolino soffocato e il suo corpo che scatta come sotto a una frustata, il suo tremore. Le sue parole, molto dopo: "Non ero mai venuta prima".
Alla sorella potrei dire "no, abbiamo solo dormito, ora vado, grazie" e filare via. Invece, per un motivo che non capirò mai, le faccio "sì, immagino che si possa dire così...". E attendo che l'ira funesta mi travolga.
- E noi abbiamo fatto un threesome con uno che non era esattamente il tuo fidanzato - sorride però indulgente Ali- e daje Laretta...
Nonostante quel "daje" capisco che non è di Roma. Italiana probabilmente si, ma non di Roma.
- Sapevo che le piaceva un ragazzo - risponde quella che ora so che si chiama Lara - cioè, credevo fosse etero...
Mi verrebbe da rispondere "magari lo è ma trova me più attraente", ma subito dopo capisco che è meglio se lascio perdere.
- Peccato che fosse il ragazzo sbagliato... - commento più saggiamente.
Lara mi chiede perché. Prima le rispondo con una alzata di spalle, poi chiarisco: "Un vero stronzo, fatti dire da lei... e se volete chiamatemi". L'intercessione di Ali mi ha sollevata, ma la mia voglia di filarmene via è rimasta e non mi piace per niente il modo in cui mi guarda Lara. Recupero la mia roba dalla sedia, mi rivesto sotto lo sguardo delle due, quasi in un angolo. Do loro le spalle ma mi sento osservata. Ali mi chiede un contatto, le do l'Ig. Mi ricordo che sono ancora a piedi nudi e dico a Lara, come se dovessi giustificarmi, "vado a prendere gli stivali nella stanza di Caterina" poi esco dalla cucina prima che mi risponda per evitare il suo sguardo. Ho la costante sensazione di dovermi vergognare per qualche cosa. Sensazione che poche volte ho avuto in assoluto, quasi zero riguardo al sesso.
Cate dorme, si è scoperta. La ricopro dopo avere dato un'ultima occhiata al suo corpo. "Adesso ti lecco tutta", le ho detto stanotte dopo averle sfilato anche le mutandine. Mi siedo sul letto per mettermi gli stivali. "Non me l'hanno mai fatto", mi ha risposto a un certo punto piangendo di piacere. "Posso toccarti io? Vuoi? Voglio farti godere". Ho goduto? Forse no, ma non lo escludo. Che strano. La sua bocca sulla mia tetta però me la ricordo. Confermo, sono una troia immorale. Le do un ultimo bacio a sfioro prima di andarmene. Chiudo la porta cercando di evitare qualsiasi rumore che possa svegliarla.
- Annalisa, posso chiederti una cosa? Ma tu sei one way o...? - domanda Ali quando mi rivede.
E’ ancora in mutande ed è ancora splendida. Ok, non avevo sognato.
- Io sono "o"... - rispondo, anche se in questo momento la trovo un po' una curiosità del cazzo. Però sono affascinata da lei.
- Vediamoci per bere una cosa, una sera, ti va?
Le rispondo "va bene" quasi senza pensarci. In realtà penso che risponderei così a chiunque e a qualsiasi cosa pur di andarmene alla svelta. Ma poiché me lo chiede lei, mi fa piacere.
- Ehi, Annalisa... - mi chiama ancora Ali mentre sono quasi sulla porta, chinata a raccogliere l'unico giaccone rimasto per terra dalla sera precedente, il mio.
- Sì? - rispondo voltando la testa.
- Hai davvero un bel culetto – mi dice allargandosi in un sorriso - complimenti.
FINE
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