Ragazza immagine- 4 - Io e le altre
di
Browserfast
genere
etero
Mi guardo allo specchio e quel che vedo mi piace. Mi sento allo stesso tempo sexy e placida. Pronta per la mia seconda serata di lavoro. Rispetto a sabato scorso ci sono andata un po’ più strong, ma mi piacerebbe che stasera gli uomini nel locale mi guardassero e si chiedessero “ma quella lì, sotto la giacca, è nuda?”. Il top non si vede, così come i miei shorts neri, inguinali e super attillati. Ho un blazer lungo, che mi fa praticamente da mini. Nero con delle microrighine, le maniche che si debbono rivoltare. Infilo ai piedi dei tronchetti bassi e lucidi e mando una foto a Stefania per l’approvazione. La risposta a stretto giro è “Fica!”. Tipico suo.
Stefania è stata quella che mi ha fatto meno storie quando ho risposto alla sua domanda “allora, com’è sto lavoro?”. La stessa domanda me l’hanno fatta Serena e Trilli. Da quest’ultima ho strappato uno scettico “vabbè…”, ma Trilli è sempre scettica. Con Serena invece ho dovuto penare un po’ di più. “Sai con i soldi cosa mi è venuto in mente di comprarmi? Hai presente quella mini di Louis Vuitton che ti ho fatto vedere?”. “Quella della Ferragni?”. ”Oh yes”. “Te tocca lavorà due anni ahahahahah”. Nonostante il cazzeggio però, e nonostante la mini della Ferragni, Serena l’ho sentita davvero un po’ preoccupata.
Ma non c’è nulla da preoccuparsi. Faccio la ragazza-immagine in un locale, una specie di hostess che fa bere i clienti e li fa ballare. Stop. Con Serena ho fatto di peggio, molto peggio, e lei lo sa. La prima sera, a parte il fastidio provocato da tre cafoncelli figli di papà, è andata liscissima. E anche quei tre, beh, non è che certi stronzi non mi siano mai capitati prima nella vita, eh? Poi, se proprio le cose si mettono male, c’è Nick. Il buttafuori.
Sono tranquilla, insomma. Mi sono pure tolta qualche sfizio in settimana. Giusto per non rimbalzare continuamente tra studio-jogging-palestra-lavoro. Anche quello contribuisce a farmi sentire rilassata. Chi capisce, capisce. Vero?
Ok, se non capite vi racconto io che, per esempio, con Yannick abbiamo organizzato una festa a sorpresa per il compleanno di Alisha. Cioè, non era proprio il giorno del suo compleanno, ma per motivi logistici abbiamo dovuto organizzare la consegna del regalo mercoledì sera a casa sua.
Il regalo ero io. O meglio, la sorpresa come ha precisato Yannick. Stesa sul letto di lei, senza coinquiline per le palle, come mamma mi ha fatta. Con tanto di fiocco sulla passera. Idea di Yannick, questa, a me sembrava un po' di cattivo gusto. Tuttavia, quando Alisha è arrivata in camera e lui ha tolto le mani dai suoi occhi, il gioco ha funzionato. Bastava guardare come brillavano, quegli occhi scuri. L'accordo tra me e il suo ragazzo prevedeva che fosse lei, quella sera, l'unica destinataria del piacere. Le ha detto di ringraziarmi, con la lingua, e poi sia io che Yan ci siamo dedicati solo a lei. Quello che nessuno di loro due si aspettava è stato piuttosto il mio "adesso ti leghiamo". Una cosa estemporanea, sì, mi è tornato in mente quando Arma mi ha legata con le mani dietro la schiena, tutto qua. Alisha però l'abbiamo bloccata per prima cosa alle zampe del divano, per terra, con le cinte di due accappatoi. Poi abbiamo infierito.
E' stata la sua serata, vi assicuro. L'ho persino invidiata nel vedere il suo perfetto corpo caffelatte contorcersi sotto due bocche e quattro mani, oltre che sotto le spinte di Yannick. Che sono poi quelle che vuole di più. Le brama, dovreste vedere come spalanca le cosce. E’ proprio persa per lui. Io invece sono stranita dalle sensazioni che mi provoca lei: per la prima volta un po' capisco cosa si prova a sentirsi dom verso qualcuno. Ok, qualcuna, non state sempre a pignoleggiare.
Talmente dom che la mattina dopo non ho avuto nemmeno mezzo scrupolo a scrivere al suo ragazzo clandestino (quello ufficiale pascola le sue corna a Pescara). "Lo vorrei anche io un regalo". Mi ha risposto facendo il finto tonto: "Cioè?". "Il tuo cazzo". Più tardi mi avrebbe confessato che non faceva il finto tonto, pensava che il regalo avrebbe dovuto essere Alisha. E invece no, mi ero svegliata con la voglia di farla io la sub.
Sono passata da lui nel primo pomeriggio, facendo sega in palestra. In casa c'era solo la donna di servizio. "Me lo giri?", è stata la prima cosa che mi ha chiesto dopo il bacio. "No, lo deve avere solo Ali", gli ho risposto. "Allora me lo fai vedere?". Era il video di lui e lei. Come regista di porno potrei avere un futuro, sapete? Sistemati come piace a me, Yan in piedi e Alisha inginocchiata davanti a lui, con il particolare molto sensuale delle sue mani immobilizzate dietro la schiena. Tutti e due a eseguire i miei ordini. "Devi metterle una mano dietro la testa", "dai Ali, piano piano cerca di prenderlo tutto, più che puoi", "guardalo, Ali, guardalo in viso!", "Ali non lo devi ingoiare, devi farti sborrare in faccia". Uaaaaoooooo. Farlo è stato molto uao, ve lo giuro. Rivederlo anche. Sentirne il sonoro, mentre lui lo guardava sul mio iPhone e io mi toglievo i collant e le mutandine, forse ancora di più. Ero gonfia e liquida di voglia già da ore. "Si può chiudere a chiave quella porta?". Mi sono messa alla pecorina sul suo letto, con le ginocchia larghe e i gomiti puntati. Senza bisogno di preliminari, io ero un lago e lui il mio diver bello pronto a tuffarsi. "Ti prego Yannick, sfondami", "sì, ma non devi fare rumore". Quando ha sollevato la gonna mi sono messa il cuscino tra i denti. Quei pochi secondi di attesa mi sono parsi interminabili.
Scopa benissimo, credo di averlo già scritto, anche se non ha quell’armamentario che Ali gli attribuisce. Ma nel suo caso davvero sticazzi, è il caso di dirlo.
Non credo però che siamo riusciti a essere tanto silenziosi. Credo che anche se soffocati dal cuscino i miei due orgasmi si siano sentiti (il primo subito, dopo due-tre botte, fulminante). Credo che il suo respiro pesante un po’ di rumore lo facesse. Credo che il cigolio del letto e quel ciac-ciac fossero abbastanza espliciti. Credo anche che una ragazza che arriva e mezz’ora dopo se ne va dopo un po’ di trambusto attutito da una semplice porta, si capisca bene cosa sia venuta a fare. “Forse potevamo mettere un po’ di musica – mi sono detta mentre scendevo in ascensore – ma chissenefrega”. E chissenefrega anche dello sguardo che mi ha lanciato la donna di servizio. Mi disprezza o mi invidia, signò?
La sera stessa ho sbocchinato Lapo. Cioè, un attimo, a dirla così sembra che sia arrapata h24. Cosa che in linea di massima in questo periodo sarebbe pure vera, ma nel caso in questione c'è una storia dietro. Non correte subito alle conclusioni.
Mi aveva telefonato dopo pochi minuti che ero uscita da casa di Yannick. La sera voleva andare a bere una cosa. Conoscendolo, ho messo le mani avanti: basta che non finisca come l'ultima volta. Mi piace ma non ho voglia di diventare la sua Serena-bis. E poi, obiettivamente, da quel punto di vista lì stavo a posto. "Solo un dopocena", mi ha promesso, anche se poi davanti a due bicchieri e sbracati su un divanetto mi ha attaccato un pippone sul fatto che non c'è nulla di male a vederci e che i miei sensi di colpa nei confronti di Serena sono una cazzata. Gli ho chiarito che, l’ultima volta, scoparmi come se fossi la sua puttana i miei sensi colpa li ha fatti ingigantire, altroché. Con lui posso permettermi di essere più che franca. "Però ti è piaciuto", mi ha fatto con il suo classico sorriso da stronzo. "Proprio perché mi è piaciuto devi lasciarmi stare", ho risposto. Anche se non ci credo nemmeno io che ne sarà mai capace e qualcosa dentro di me dice che nemmeno lo vorrei.
Ma il meglio, per così dire, è venuto dopo. Con la partaccia che mi ha fatto quando gli ho parlato del lavoro al locale. "Sei pazza? Che bisogno hai di fare la maiala a pagamento?" è stata la cosa più gentile che mi ha detto per qualche minuto (è toscano, il termine "maiala" comprende un universo che va anche oltre i peggiori insulti che mi abbiano mai rivolto). Ci ho messo un bel po' ad ammansirlo, spiegandogli che è solo un lavoro, e non sono nemmeno convinta di esserci riuscita. Con le mie amiche era stato parecchio più facile. Tuttavia il suo era qualcosa di molto vicino al preoccuparsi e prendersi cura. Io almeno l’ho sentito così e l’ho voluto ringraziare a modo mio, nostro.
Mentre tornavamo a casa gli ho fatto del tutto out of the blue "ma se te lo succhiassi mentre guidi? questo sì che mi andrebbe ora". Forse per la prima volta in assoluto l'ho colto di sorpresa. Non ha fatto in tempo a spegnere il navigatore e ad inoltrarsi su strade poco trafficate che io ero già giù ad armeggiare con i suoi pantaloni. "Sei strana", mi ha detto dopo un po'. Gli ho risposto "mmm... mmm" solo perché avevo la bocca piena. Dopo aver finito e averglielo risistemato - perché è noto che i maschi non possono fare due cose insieme, tipo guidare e rimettersi il cazzo nelle mutande - gli ho chiarito "non sono strana, sono maiala, come dici tu, ma non a pagamento". E in quel momento ho sentito di volergli anche bene.
Se stasera mi sento placida, insomma, è pure merito di quel pomeriggio e di quella serata un po', diciamo così, movimentati.
Stavolta esco di casa con congruo ritardo, voglio arrivare al locale all'ora in cui arrivano le altre ragazze. Quando entro, in verità, sono già lì che mi aspettano. Con Olivia e Pam c'è anche Tina, che la prima sera mancava. Non ha la classe algida di Olivia, e nemmeno le mie gambe. Ma è una bella ragazza castana con un vestito bianco ultracorto che gliele mette in mostra più che generosamente. Siamo a un tanto così dal giro-figa, penso guardandola. Chissà, potrebbe essere lei quella che delle tre si lascia andare dentro i privè o si fa portare chissà dove. A guardarla così è impossibile dirlo.
Mentre sto andando a cambiarmi, ossia a togliermi le calze e le Adidas, suona il telefono. Proprio all'ultimo momento utile, mi dico domandandomi chi cazzo possa essere. E' Lapo. Cazzo vuole? "Non hai ancora cominciato...". "Eh no...". "Ma se venissi? Magari con un po' di gente?". "Oddio no, mi metteresti in difficoltà...". "Perché?". "E dai...". "Staresti con noi", insiste. "Ma che ti è preso? Te l'ho detto che non succede nulla". "Ti vengo a prendere quando finisci". "Ho la mia macchina, Lapo, e poi finisco tardi". "Proprio perché hai la tua macchina, sarai così sbronza che...". "Ma no...". Non mi fa finire la frase, chiude con un "a dopo" e mi lascia lì a interrogarmi sulla sua metamorfosi.
- Era il tuo ragazzo? Geloso? - domanda una voce dietro le mie spalle.
Sobbalzo, è Olivia che è venuta a posare la borsa, dove in cima troneggia una scatola di Tampax. Ho un rapido ricordo del mio calendario interno che segna lunedì.
- No, è un amico - le faccio - da quando sa che lavoro qui è diventato matto, si preoccupa... non l'ha mai fatto prima, non è il tipo... anzi.
- Carino, però - sorride Olivia – e il tuo fidanzato che dice?
- Il mio fidanzato è nell'iperspazio dei fidanzati, in attesa di conoscermi, ahahahah... ci facciamo una sigaretta prima di cominciare?
Mentre fumiamo la osservo. E' proprio bella, sensuale. Deve essere una che, qui dentro, potrebbe spingere un uomo a comprarsi tutto il locale per far colpo su di lei. Ed è anche bravissima a metterti a tuo agio.
- Quanto stai carina stasera - mi dice - ma in realtà sei carina sempre, scommetto. Difficile credere che tu non abbia ragazzi che ti ronzano attorno, me ne immaginerei a frotte...
- Ho troppo da fare per stare appresso a un ragazzo - rispondo ridendo - mi debbo laureare in estate...
- Va beeene, ma qualche svago, un amico ce l'avrai...
Alzo le spalle, non mi va di andare su cose troppo personali. Sono già proiettata con il cervello alla serata che mi aspetta.
- E così hai conosciuto Tina, la succhiacazzi... - dice all'improvviso e cambiando discorso - lo sapevi, no?
- Sì - ammetto un po' interdetta – cioè, lo sapevo perché Arma me l’aveva detto... non sapevo fosse lei, cioè, me l’hai detto tu ora.
- Figurati se Armando si tiene un cecio in bocca - dice spegnendo la sigaretta - e chi pensavi che fosse? Pam? Io?
- No, non lo so... come facevo a dirlo? Tu no, cioè, mi sarei stupita... - le rispondo.
- ... e in fondo Pam il look da troia ce l'ha nel dna ahahahah... ma non è lei, poveretta, è anche troppo scema per essere lei.
- Sarà capitato pure a te di ricevere qualche offerta, no? - reagisco con un tono leggermente indispettito, chissà perché mi viene da difendere Pam.
- Certo, ma non è il modo in cui mi piace fare soldi - replica un po' secca - sei stata brava l'altra volta con quei ragazzi, sai? Ma non ti preoccupare, non ne capitano tanti così.
Dunque, svelato l'arcano. Se c'è una troia nel gruppo quella è Tina. La succhiacazzi, come la chiama Olivia. Ma adesso che lo so? Voglio dire, una volta tolta questa piccola e innocente curiosità cosa mi cambia? Mica la devo prendere a modello. Né positivo né negativo, faccia quello che le pare. Chissà perché Olivia ha voluto dirmelo. E chissà perché ci tiene a farmi sapere quanto disprezza Pam.
Detto questo, definire Tina una succhiacazzi mi sa che è limitativo. Passa più tempo nei privè che fuori, ok, ma magari fosse solo questo. Me l’ha candidamente confessato lei stessa.
Ero stata invitata a ballare, e poi a bere qualcosa, da tre tipi. Due ragazzi e una ragazza un po’ in carne ma a prima vista simpatica, sorridente, carina. Ero andata a cercare un cameriere, visto che non ci si filava nessuno. Mi ha agganciata un uomo seduto su un divanetto, avevo già notato come mi guardava: “Signorina, non l’ho mai vista qui”. “Buonasera, sì sono nuova”. “E’ molto graziosa, posso avere il piacere…?”. “Sono un po’ impegnata, magari dopo?”.
Me ne sono andata ringraziando il cielo per lo scampato pericolo. Nonostante i modi, non era proprio uno con cui avrei passato del tempo volentieri. Faccia da grezzo anche se ben curata, un collo più grande delle mie gambe strette insieme, tozzo, mani enormi come l’anello che aveva su un dito. Vestito con una eleganza ricercata che stonava con tutta la sua figura. Sarò snob, ma non ho potuto fare a meno di immaginarlo scorrazzare su una Porsche durante i week end e su un furgoncino con la scritta “centro carni” durante tutto il resto della settimana.
Mentre tornavo al mio posto mi ha fermata Tina. Letteralmente bloccata, con tanto di mano sul braccio.
- Senti, non me lo prendere quello per favore – mi ha detto un po’ trafelata.
- Uh? Ma chi? Ah sì, ok… - ho risposto – ma chi è, lo conosci?
- Sì, è un cliente, viene spesso.
- Beh, ma è da solo… ok, mi diverto di più con i miei, magari ci faccio mezza serata e alzo anche di più, mi sembrano ben forniti ahahahah…
- A bella, se vede che sei proprio nuova eh? Quello si chiama “trecento se vieni in albergo”, più gli eventuali extra – mi ha fatto Tina senza nessun imbarazzo apparente.
Beh, ve lo devo dire, fare la zoccolina per gioco, finire a letto con uno sconosciuto, o dentro una toilette, e magari usare un linguaggio po’ smignotteggiante è un conto. Sentirsi dire queste cose da una professionista, un altro. Di colpo è come se mi si fosse spalancato davanti un mondo sconosciuto e buio.
Ho salutato Tina con un veloce “ok, non ti preoccupare” e sono tornata dai miei ragazzi. Un po’ turbata, lo confesso. Ho fatto finta di essere una escort, per gioco, e di vedere come mi guardavano gli altri. Mi è capitato di ricevere, non richiesta, qualche libera elargizione, chiamiamola così. Ricordo il fremito causato dalla punta delle dita sulle banconote, il mix di esaltazione, eccitazione e vergogna. La rottura del tabù. Io scommetterei che un sacco di ragazze, prima o poi, ci hanno fatto un pensiero sopra. Magari solo per fantasia, magari solo per masturbarsi. Ma il tariffario... beh, cazzo. Trecento in albergo? E gli extra? Cosa contemplano gli extra?
La serata, per il resto, va avanti in modo abbastanza calmo. Resto un po' con questi tre ragazzi. Quello che tra Sonia e Federico è di troppo si chiama Umberto. Ho sempre pensato che fosse un cazzo di nome, ma vabbè. Mi fa un po' il filo, molto timidamente. Dopo che abbiamo di nuovo ballato un po', chiedo permesso e li mollo. Accudisco altri due clienti, ma solo al bancone del bar. Mi godo i loro sguardi e i loro desideri sulle mie gambe e sulle mie cosce semiscoperte, le loro avances tutto sommato moderate. Il secondo cerca di impressionarmi con un uno-due di margaritas. Il bartender sa fare il suo lavoro e nei miei mette giusto un ricordo di tequila. Con lui, mi sa, eccede, se non altro per giustificare il prezzo. Sempre con il secondo, appena più intraprendente dell’altro, faccio anche qualche salto in pista. Non va oltre una mano su un fianco e la richiesta di una serata un po' più cheek to cheek. Ma non oggi, un'altra volta. Glielo prometto sorridendo proprio mentre delle dita sconosciute mi sfiorano il culo e io penso tra me e me "bell'idea", mi piace essere toccata così. Mi impegno un po' di più a ballare, il cliente sembra ringalluzzito. Avermi strappato quella promessa deve sembrargli chissà che.
Poi torna da me Umberto. E ci finisco praticamente la serata. Cazzo, questo si è fissato. Ci ballo un po', non mi tocca mai e mi guarda anche poco, guarda per terra. Vengo invece ancora una volta sfiorata e spogliata dagli sguardi di altri, anche di maschi che sono palesemente in compagnia. Devo essere per tutti una specie di zona franca, di facile territorio di conquista. Un tipo mi si avvicina alle spalle e mi appoggia, ve lo descrivo fedelmente, la mano aperta sul culo. Anche in questo caso mi accorgo che il contatto non mi disturba per niente, anzi. "C'hai da fa’?". "Sì, magari passa dopo", rispondo voltando la testa e sorridendogli. Mi dà un bacio a sfioro sulle labbra e mi dice "peccato, non ho molto tempo, un'altra volta". Mi strizza le chiappe mettendo la mano proprio sotto la giacca, a contatto con gli shorts, mormora "che culetto" e se ne va. Peccato davvero, un giretto con lui me lo sarei fatto volentieri. E non per lavoro. Per un momento l'eccitazione mi assale, mi bagno pure un po'. Torno a dedicarmi a Umberto, che balla guardando per terra e forse non si è nemmeno accorto di nulla. Chi può dirlo?
Troviamo un tavolo libero e ordina una boccia di Hendrick's. Mi faccio portare una Schweppes e allungo molto il mio bicchiere, lui se lo fa liscio, praticamente tutta la bottiglia. E' un ragazzo allampanato, nemmeno brutto ma con lo sguardo un po' triste. Mi guarda pochissimo, parla pochissimo. Devo farlo io per lui. Cerco con gli occhi i suoi amici, non li vedo. "Ma che fine hanno fatto?". "Non lo so, ogni tanto scompaiono". Ovviamente mi immagino Sonia accucciata in uno dei bagni a succhiare il cazzo di Federico, oppure appoggiata con le mani sul water con le sue carni abbondanti scosse dai colpi del suo ragazzo. Per qualche insondabile ragione, me li immagino mentre lui la sodomizza e lei fa finta di protestare. Mah.
Mi guardo intorno, mentre racconto la mia vita a Umberto. "Ci ho giocato a tennis, per un anno sono stata anche classificata, sai?". Vedo Tina uscire da un privè con mister "trecento se vieni in albergo" e un altro tipo. Sembrano tutti e tre su di giri e soddisfatti. Pam che blocca sorridente la mano di un uomo con il codino che sta decisamente indugiando in direzione fica. Olivia è più lontana. Balla, la riconosco dal vestito e dai capelli. E poi ci sono quelli che guardano me. Chi di nascosto dalle proprie compagne, chi apertamente. Chi addirittura sorride spudorato con la faccia che dice "che ci fai con quello sfigato lì? vieni che ci divertiamo". Mi guarda anche una donna, lei proprio in modo ostentato. La trovo volgare con la sua frangetta bionda, la pelle moganata dalle settimane passate sotto la lampada. Ha le tette stagionate e quasi di fuori, fa correre la mano sulla coscia di un uomo seduto accanto lei che sta conversando con un altro e se la fila zero. Passa la lingua sul quel serbatoio di botox che sono le sue labbra, ma non so se è un gesto meccanico o diretto a me. I nostri sguardi si agganciano. Mi fa davvero orrore ma, per un momento, ho come il flash di un racconto sadomaso da quattro soldi dove sono bendata nel salone di un castello e la sua voce che dice "caro, guarda chi ti ho trovato per stanotte". Devo fare un bello sforzo per non scoppiare a riderle in faccia.
Ma non ci siamo solo io, Pam, Tina e Olivia. In un certo senso è come se stare seduta al tavolo con Umberto mi mettesse in una condizione di straniamento. Vedo, per contrasto, tutto ciò che la prima sera non avevo visto. Ci sono un po' ovunque sguardi, sorrisi, mani che si intrufolano, labbra che si lingue che si intrecciano, corpi che si strusciano, promesse. E' come se l'aria fosse satura di sesso che attende solo di andare da qualche parte per sfogarsi. Difficile, molto difficile restare indifferenti. Ho voglia di una sigaretta e di lanciare occhiate da troia a qualcuno che non sia questo qui.
Quando Umberto ordina la seconda bottiglia di Hendrick's cerco di fermarlo. Lui insiste, la cameriera mi dà un'occhiataccia tipo “cazzo te ne frega a te se questo vuole sfondarsi, sei qui per farlo sfondare”. Non so come faccia a bere così senza crollare. D'un tratto, interrompendomi, mi fa "ci vediamo domani mattina?". Mi domando in quale cazzo di universo parallelo si trovi ora per non rendersi conto che è già un miracolo se domattina non si troverà in coma etilico al pronto soccorso. "Tu mi piaci, come possiamo fare?", ripete un paio di volte con la voce impastata, sempre più rallentata. "Sono già fidanzata, Umberto". "Ma tu non fai la puttana qui?". "No Umberto, non faccio la puttana". Ondeggia e ho quasi paura che cada dalla sedia. Oddio, se succede che cazzo faccio?
Quando Federico e Sonia ritornano è praticamente in catalessi. Lei è raggiante e un po' sudata. Non si può mai dire ma secondo me qualcosa ha avuto. A guardare Umberto in quelle condizioni e la bottiglia sul tavolo il suo sguardo diventa però subito incazzato. "Non è colpa mia, gli avevo detto che stava bevendo troppo". Dalle parole che scambia con Federico capisco che Umberto deve essere il fratello. Se lo porta via furibonda, voltandosi e biascicando qualcosa che non riesco a sentire. Ma vaffanculo, stronza.
Chiudiamo e passo a prendere i soldi nell'ufficio di Arma. Mi domanda com'è andata ma stavolta è di poche parole, per fortuna. Trovo sul telefono un WhatsApp di Lapo che dice "quando hai finito mandami un messaggio". "Ora", scrivo, sperando che non si sia addormentato. In fondo non mi dispiace che mi riporti a casa, sono sfranta.
Appoggiate a una macchina, io e Pam ci fumiamo una sigaretta. Anche lei è in attesa. Il suo ragazzo la passa a prendere tutte le notti, mi racconta, convivono. Quando me lo dice un po' mi vergogno di avere pensato che la troia fosse lei.
Passa Arma con un "notte ragazze". Pochi metri dietro di lui, Dana, la cameriera. La vediamo allontanarsi un po' circospetta, sculettando nel suo passo stretto. "Poveraccia, come fai a innamorarti di uno così...", commenta Pam. E subito dopo: "T'ha timbrata pure a te?". "Veramente sono io che ho fatto la scema con lui, è così che mi ha notata... ero ubriaca", rispondo quasi giustificandomi. "Qui, tutte - continua Pam - giusto Olivia gli ha tenuto testa, ma quella... oh, Annalì, sta’ ‘n campana con Olivia, eh? 'n te fidà più de tanto".
Proprio mentre sto per chiederle perché, arriva Lapo con il suo suv. Pam mi fa "ma quello è il ragazzo tuo?". "E' un mio amico", rispondo. "Porca troia...". La capisco.
Salgo sulla Tiguan, bacetto di saluto e ringraziamento. Per essermi passato a prendere, per avere attirato su di sé l’ammirazione di Pam e su di me un’innocente invidia. Per strada gli racconto sommariamente della serata. Fa un sacco di domande. Rispondo, un po' elusiva e un po' no. Evito i particolari scabrosi. Mi sento strana. Mentre sta per imboccare la mia via gli dico “dormi con me? vuoi? puoi? non mi va di stare da sola…”. Glielo chiedo quasi senza pensarci, non avevo e non ho nessun piano, mi è uscita così. Lapo mi guarda senza parlare, gli ripeto a voce un po’ più bassa “non mi va di stare da sola”.
Si mette alla ricerca di un parcheggio. Cosa che in piena notte dalle parti di casa mia è praticamente impossibile. Ma siccome lui ha un bucio di culo così (immaginate le mie mani belle aperte, please) ne trova uno a meno di trecento metri. Ce li facciamo affiancati e parlando zero. Io quasi trascino la borsa. “Devo farmi una doccia - gli dico quando siamo in casa – stiamo in camera di mia sorella che ha il letto grande… se vuoi prenditi qualcosa in frigo”.
Mi spoglio e mi faccio una rapida doccia domandandomi perché gli abbia chiesto di restare. Non che mi sia pentita, è che proprio non ne ho idea.
Torno in camera avvolta nell’accappatoio. “Dormi vestito?”, gli faccio. Lui comincia a togliersi le scarpe.
- Senti Lapo, sono molto stanca… - dico inginocchiandomi sul materasso.
Mi guarda con un sorrisetto, continuando a spogliarsi.
- Ma pensi che ti sia passata a prendere per trombarti? – domanda.
- Chi ti sei già trombato, stasera? – gli domando giocando un po’ sul filo dell’ironia.
- Vabbè, ma che c’entra… - ride.
Mi tolgo l’accappatoio e mi infilo nel letto, nuda. Lui mi imita tenendo i boxer attillati addosso. Gli do un bacetto e spengo la luce.
Sento il tipico e delizioso indolenzimento dei muscoli che si rilassano quando ti stendi. Sono ancora piacevolmente eccitata dalle sensazioni provate mentre ballavo e vagamente turbata per ciò che ho visto. Sono felice di non essere sola.
- Buonanotte Lapo – dico voltandomi su un fianco e dandogli le spalle – mi abbracci?
CONTINUA
Stefania è stata quella che mi ha fatto meno storie quando ho risposto alla sua domanda “allora, com’è sto lavoro?”. La stessa domanda me l’hanno fatta Serena e Trilli. Da quest’ultima ho strappato uno scettico “vabbè…”, ma Trilli è sempre scettica. Con Serena invece ho dovuto penare un po’ di più. “Sai con i soldi cosa mi è venuto in mente di comprarmi? Hai presente quella mini di Louis Vuitton che ti ho fatto vedere?”. “Quella della Ferragni?”. ”Oh yes”. “Te tocca lavorà due anni ahahahahah”. Nonostante il cazzeggio però, e nonostante la mini della Ferragni, Serena l’ho sentita davvero un po’ preoccupata.
Ma non c’è nulla da preoccuparsi. Faccio la ragazza-immagine in un locale, una specie di hostess che fa bere i clienti e li fa ballare. Stop. Con Serena ho fatto di peggio, molto peggio, e lei lo sa. La prima sera, a parte il fastidio provocato da tre cafoncelli figli di papà, è andata liscissima. E anche quei tre, beh, non è che certi stronzi non mi siano mai capitati prima nella vita, eh? Poi, se proprio le cose si mettono male, c’è Nick. Il buttafuori.
Sono tranquilla, insomma. Mi sono pure tolta qualche sfizio in settimana. Giusto per non rimbalzare continuamente tra studio-jogging-palestra-lavoro. Anche quello contribuisce a farmi sentire rilassata. Chi capisce, capisce. Vero?
Ok, se non capite vi racconto io che, per esempio, con Yannick abbiamo organizzato una festa a sorpresa per il compleanno di Alisha. Cioè, non era proprio il giorno del suo compleanno, ma per motivi logistici abbiamo dovuto organizzare la consegna del regalo mercoledì sera a casa sua.
Il regalo ero io. O meglio, la sorpresa come ha precisato Yannick. Stesa sul letto di lei, senza coinquiline per le palle, come mamma mi ha fatta. Con tanto di fiocco sulla passera. Idea di Yannick, questa, a me sembrava un po' di cattivo gusto. Tuttavia, quando Alisha è arrivata in camera e lui ha tolto le mani dai suoi occhi, il gioco ha funzionato. Bastava guardare come brillavano, quegli occhi scuri. L'accordo tra me e il suo ragazzo prevedeva che fosse lei, quella sera, l'unica destinataria del piacere. Le ha detto di ringraziarmi, con la lingua, e poi sia io che Yan ci siamo dedicati solo a lei. Quello che nessuno di loro due si aspettava è stato piuttosto il mio "adesso ti leghiamo". Una cosa estemporanea, sì, mi è tornato in mente quando Arma mi ha legata con le mani dietro la schiena, tutto qua. Alisha però l'abbiamo bloccata per prima cosa alle zampe del divano, per terra, con le cinte di due accappatoi. Poi abbiamo infierito.
E' stata la sua serata, vi assicuro. L'ho persino invidiata nel vedere il suo perfetto corpo caffelatte contorcersi sotto due bocche e quattro mani, oltre che sotto le spinte di Yannick. Che sono poi quelle che vuole di più. Le brama, dovreste vedere come spalanca le cosce. E’ proprio persa per lui. Io invece sono stranita dalle sensazioni che mi provoca lei: per la prima volta un po' capisco cosa si prova a sentirsi dom verso qualcuno. Ok, qualcuna, non state sempre a pignoleggiare.
Talmente dom che la mattina dopo non ho avuto nemmeno mezzo scrupolo a scrivere al suo ragazzo clandestino (quello ufficiale pascola le sue corna a Pescara). "Lo vorrei anche io un regalo". Mi ha risposto facendo il finto tonto: "Cioè?". "Il tuo cazzo". Più tardi mi avrebbe confessato che non faceva il finto tonto, pensava che il regalo avrebbe dovuto essere Alisha. E invece no, mi ero svegliata con la voglia di farla io la sub.
Sono passata da lui nel primo pomeriggio, facendo sega in palestra. In casa c'era solo la donna di servizio. "Me lo giri?", è stata la prima cosa che mi ha chiesto dopo il bacio. "No, lo deve avere solo Ali", gli ho risposto. "Allora me lo fai vedere?". Era il video di lui e lei. Come regista di porno potrei avere un futuro, sapete? Sistemati come piace a me, Yan in piedi e Alisha inginocchiata davanti a lui, con il particolare molto sensuale delle sue mani immobilizzate dietro la schiena. Tutti e due a eseguire i miei ordini. "Devi metterle una mano dietro la testa", "dai Ali, piano piano cerca di prenderlo tutto, più che puoi", "guardalo, Ali, guardalo in viso!", "Ali non lo devi ingoiare, devi farti sborrare in faccia". Uaaaaoooooo. Farlo è stato molto uao, ve lo giuro. Rivederlo anche. Sentirne il sonoro, mentre lui lo guardava sul mio iPhone e io mi toglievo i collant e le mutandine, forse ancora di più. Ero gonfia e liquida di voglia già da ore. "Si può chiudere a chiave quella porta?". Mi sono messa alla pecorina sul suo letto, con le ginocchia larghe e i gomiti puntati. Senza bisogno di preliminari, io ero un lago e lui il mio diver bello pronto a tuffarsi. "Ti prego Yannick, sfondami", "sì, ma non devi fare rumore". Quando ha sollevato la gonna mi sono messa il cuscino tra i denti. Quei pochi secondi di attesa mi sono parsi interminabili.
Scopa benissimo, credo di averlo già scritto, anche se non ha quell’armamentario che Ali gli attribuisce. Ma nel suo caso davvero sticazzi, è il caso di dirlo.
Non credo però che siamo riusciti a essere tanto silenziosi. Credo che anche se soffocati dal cuscino i miei due orgasmi si siano sentiti (il primo subito, dopo due-tre botte, fulminante). Credo che il suo respiro pesante un po’ di rumore lo facesse. Credo che il cigolio del letto e quel ciac-ciac fossero abbastanza espliciti. Credo anche che una ragazza che arriva e mezz’ora dopo se ne va dopo un po’ di trambusto attutito da una semplice porta, si capisca bene cosa sia venuta a fare. “Forse potevamo mettere un po’ di musica – mi sono detta mentre scendevo in ascensore – ma chissenefrega”. E chissenefrega anche dello sguardo che mi ha lanciato la donna di servizio. Mi disprezza o mi invidia, signò?
La sera stessa ho sbocchinato Lapo. Cioè, un attimo, a dirla così sembra che sia arrapata h24. Cosa che in linea di massima in questo periodo sarebbe pure vera, ma nel caso in questione c'è una storia dietro. Non correte subito alle conclusioni.
Mi aveva telefonato dopo pochi minuti che ero uscita da casa di Yannick. La sera voleva andare a bere una cosa. Conoscendolo, ho messo le mani avanti: basta che non finisca come l'ultima volta. Mi piace ma non ho voglia di diventare la sua Serena-bis. E poi, obiettivamente, da quel punto di vista lì stavo a posto. "Solo un dopocena", mi ha promesso, anche se poi davanti a due bicchieri e sbracati su un divanetto mi ha attaccato un pippone sul fatto che non c'è nulla di male a vederci e che i miei sensi di colpa nei confronti di Serena sono una cazzata. Gli ho chiarito che, l’ultima volta, scoparmi come se fossi la sua puttana i miei sensi colpa li ha fatti ingigantire, altroché. Con lui posso permettermi di essere più che franca. "Però ti è piaciuto", mi ha fatto con il suo classico sorriso da stronzo. "Proprio perché mi è piaciuto devi lasciarmi stare", ho risposto. Anche se non ci credo nemmeno io che ne sarà mai capace e qualcosa dentro di me dice che nemmeno lo vorrei.
Ma il meglio, per così dire, è venuto dopo. Con la partaccia che mi ha fatto quando gli ho parlato del lavoro al locale. "Sei pazza? Che bisogno hai di fare la maiala a pagamento?" è stata la cosa più gentile che mi ha detto per qualche minuto (è toscano, il termine "maiala" comprende un universo che va anche oltre i peggiori insulti che mi abbiano mai rivolto). Ci ho messo un bel po' ad ammansirlo, spiegandogli che è solo un lavoro, e non sono nemmeno convinta di esserci riuscita. Con le mie amiche era stato parecchio più facile. Tuttavia il suo era qualcosa di molto vicino al preoccuparsi e prendersi cura. Io almeno l’ho sentito così e l’ho voluto ringraziare a modo mio, nostro.
Mentre tornavamo a casa gli ho fatto del tutto out of the blue "ma se te lo succhiassi mentre guidi? questo sì che mi andrebbe ora". Forse per la prima volta in assoluto l'ho colto di sorpresa. Non ha fatto in tempo a spegnere il navigatore e ad inoltrarsi su strade poco trafficate che io ero già giù ad armeggiare con i suoi pantaloni. "Sei strana", mi ha detto dopo un po'. Gli ho risposto "mmm... mmm" solo perché avevo la bocca piena. Dopo aver finito e averglielo risistemato - perché è noto che i maschi non possono fare due cose insieme, tipo guidare e rimettersi il cazzo nelle mutande - gli ho chiarito "non sono strana, sono maiala, come dici tu, ma non a pagamento". E in quel momento ho sentito di volergli anche bene.
Se stasera mi sento placida, insomma, è pure merito di quel pomeriggio e di quella serata un po', diciamo così, movimentati.
Stavolta esco di casa con congruo ritardo, voglio arrivare al locale all'ora in cui arrivano le altre ragazze. Quando entro, in verità, sono già lì che mi aspettano. Con Olivia e Pam c'è anche Tina, che la prima sera mancava. Non ha la classe algida di Olivia, e nemmeno le mie gambe. Ma è una bella ragazza castana con un vestito bianco ultracorto che gliele mette in mostra più che generosamente. Siamo a un tanto così dal giro-figa, penso guardandola. Chissà, potrebbe essere lei quella che delle tre si lascia andare dentro i privè o si fa portare chissà dove. A guardarla così è impossibile dirlo.
Mentre sto andando a cambiarmi, ossia a togliermi le calze e le Adidas, suona il telefono. Proprio all'ultimo momento utile, mi dico domandandomi chi cazzo possa essere. E' Lapo. Cazzo vuole? "Non hai ancora cominciato...". "Eh no...". "Ma se venissi? Magari con un po' di gente?". "Oddio no, mi metteresti in difficoltà...". "Perché?". "E dai...". "Staresti con noi", insiste. "Ma che ti è preso? Te l'ho detto che non succede nulla". "Ti vengo a prendere quando finisci". "Ho la mia macchina, Lapo, e poi finisco tardi". "Proprio perché hai la tua macchina, sarai così sbronza che...". "Ma no...". Non mi fa finire la frase, chiude con un "a dopo" e mi lascia lì a interrogarmi sulla sua metamorfosi.
- Era il tuo ragazzo? Geloso? - domanda una voce dietro le mie spalle.
Sobbalzo, è Olivia che è venuta a posare la borsa, dove in cima troneggia una scatola di Tampax. Ho un rapido ricordo del mio calendario interno che segna lunedì.
- No, è un amico - le faccio - da quando sa che lavoro qui è diventato matto, si preoccupa... non l'ha mai fatto prima, non è il tipo... anzi.
- Carino, però - sorride Olivia – e il tuo fidanzato che dice?
- Il mio fidanzato è nell'iperspazio dei fidanzati, in attesa di conoscermi, ahahahah... ci facciamo una sigaretta prima di cominciare?
Mentre fumiamo la osservo. E' proprio bella, sensuale. Deve essere una che, qui dentro, potrebbe spingere un uomo a comprarsi tutto il locale per far colpo su di lei. Ed è anche bravissima a metterti a tuo agio.
- Quanto stai carina stasera - mi dice - ma in realtà sei carina sempre, scommetto. Difficile credere che tu non abbia ragazzi che ti ronzano attorno, me ne immaginerei a frotte...
- Ho troppo da fare per stare appresso a un ragazzo - rispondo ridendo - mi debbo laureare in estate...
- Va beeene, ma qualche svago, un amico ce l'avrai...
Alzo le spalle, non mi va di andare su cose troppo personali. Sono già proiettata con il cervello alla serata che mi aspetta.
- E così hai conosciuto Tina, la succhiacazzi... - dice all'improvviso e cambiando discorso - lo sapevi, no?
- Sì - ammetto un po' interdetta – cioè, lo sapevo perché Arma me l’aveva detto... non sapevo fosse lei, cioè, me l’hai detto tu ora.
- Figurati se Armando si tiene un cecio in bocca - dice spegnendo la sigaretta - e chi pensavi che fosse? Pam? Io?
- No, non lo so... come facevo a dirlo? Tu no, cioè, mi sarei stupita... - le rispondo.
- ... e in fondo Pam il look da troia ce l'ha nel dna ahahahah... ma non è lei, poveretta, è anche troppo scema per essere lei.
- Sarà capitato pure a te di ricevere qualche offerta, no? - reagisco con un tono leggermente indispettito, chissà perché mi viene da difendere Pam.
- Certo, ma non è il modo in cui mi piace fare soldi - replica un po' secca - sei stata brava l'altra volta con quei ragazzi, sai? Ma non ti preoccupare, non ne capitano tanti così.
Dunque, svelato l'arcano. Se c'è una troia nel gruppo quella è Tina. La succhiacazzi, come la chiama Olivia. Ma adesso che lo so? Voglio dire, una volta tolta questa piccola e innocente curiosità cosa mi cambia? Mica la devo prendere a modello. Né positivo né negativo, faccia quello che le pare. Chissà perché Olivia ha voluto dirmelo. E chissà perché ci tiene a farmi sapere quanto disprezza Pam.
Detto questo, definire Tina una succhiacazzi mi sa che è limitativo. Passa più tempo nei privè che fuori, ok, ma magari fosse solo questo. Me l’ha candidamente confessato lei stessa.
Ero stata invitata a ballare, e poi a bere qualcosa, da tre tipi. Due ragazzi e una ragazza un po’ in carne ma a prima vista simpatica, sorridente, carina. Ero andata a cercare un cameriere, visto che non ci si filava nessuno. Mi ha agganciata un uomo seduto su un divanetto, avevo già notato come mi guardava: “Signorina, non l’ho mai vista qui”. “Buonasera, sì sono nuova”. “E’ molto graziosa, posso avere il piacere…?”. “Sono un po’ impegnata, magari dopo?”.
Me ne sono andata ringraziando il cielo per lo scampato pericolo. Nonostante i modi, non era proprio uno con cui avrei passato del tempo volentieri. Faccia da grezzo anche se ben curata, un collo più grande delle mie gambe strette insieme, tozzo, mani enormi come l’anello che aveva su un dito. Vestito con una eleganza ricercata che stonava con tutta la sua figura. Sarò snob, ma non ho potuto fare a meno di immaginarlo scorrazzare su una Porsche durante i week end e su un furgoncino con la scritta “centro carni” durante tutto il resto della settimana.
Mentre tornavo al mio posto mi ha fermata Tina. Letteralmente bloccata, con tanto di mano sul braccio.
- Senti, non me lo prendere quello per favore – mi ha detto un po’ trafelata.
- Uh? Ma chi? Ah sì, ok… - ho risposto – ma chi è, lo conosci?
- Sì, è un cliente, viene spesso.
- Beh, ma è da solo… ok, mi diverto di più con i miei, magari ci faccio mezza serata e alzo anche di più, mi sembrano ben forniti ahahahah…
- A bella, se vede che sei proprio nuova eh? Quello si chiama “trecento se vieni in albergo”, più gli eventuali extra – mi ha fatto Tina senza nessun imbarazzo apparente.
Beh, ve lo devo dire, fare la zoccolina per gioco, finire a letto con uno sconosciuto, o dentro una toilette, e magari usare un linguaggio po’ smignotteggiante è un conto. Sentirsi dire queste cose da una professionista, un altro. Di colpo è come se mi si fosse spalancato davanti un mondo sconosciuto e buio.
Ho salutato Tina con un veloce “ok, non ti preoccupare” e sono tornata dai miei ragazzi. Un po’ turbata, lo confesso. Ho fatto finta di essere una escort, per gioco, e di vedere come mi guardavano gli altri. Mi è capitato di ricevere, non richiesta, qualche libera elargizione, chiamiamola così. Ricordo il fremito causato dalla punta delle dita sulle banconote, il mix di esaltazione, eccitazione e vergogna. La rottura del tabù. Io scommetterei che un sacco di ragazze, prima o poi, ci hanno fatto un pensiero sopra. Magari solo per fantasia, magari solo per masturbarsi. Ma il tariffario... beh, cazzo. Trecento in albergo? E gli extra? Cosa contemplano gli extra?
La serata, per il resto, va avanti in modo abbastanza calmo. Resto un po' con questi tre ragazzi. Quello che tra Sonia e Federico è di troppo si chiama Umberto. Ho sempre pensato che fosse un cazzo di nome, ma vabbè. Mi fa un po' il filo, molto timidamente. Dopo che abbiamo di nuovo ballato un po', chiedo permesso e li mollo. Accudisco altri due clienti, ma solo al bancone del bar. Mi godo i loro sguardi e i loro desideri sulle mie gambe e sulle mie cosce semiscoperte, le loro avances tutto sommato moderate. Il secondo cerca di impressionarmi con un uno-due di margaritas. Il bartender sa fare il suo lavoro e nei miei mette giusto un ricordo di tequila. Con lui, mi sa, eccede, se non altro per giustificare il prezzo. Sempre con il secondo, appena più intraprendente dell’altro, faccio anche qualche salto in pista. Non va oltre una mano su un fianco e la richiesta di una serata un po' più cheek to cheek. Ma non oggi, un'altra volta. Glielo prometto sorridendo proprio mentre delle dita sconosciute mi sfiorano il culo e io penso tra me e me "bell'idea", mi piace essere toccata così. Mi impegno un po' di più a ballare, il cliente sembra ringalluzzito. Avermi strappato quella promessa deve sembrargli chissà che.
Poi torna da me Umberto. E ci finisco praticamente la serata. Cazzo, questo si è fissato. Ci ballo un po', non mi tocca mai e mi guarda anche poco, guarda per terra. Vengo invece ancora una volta sfiorata e spogliata dagli sguardi di altri, anche di maschi che sono palesemente in compagnia. Devo essere per tutti una specie di zona franca, di facile territorio di conquista. Un tipo mi si avvicina alle spalle e mi appoggia, ve lo descrivo fedelmente, la mano aperta sul culo. Anche in questo caso mi accorgo che il contatto non mi disturba per niente, anzi. "C'hai da fa’?". "Sì, magari passa dopo", rispondo voltando la testa e sorridendogli. Mi dà un bacio a sfioro sulle labbra e mi dice "peccato, non ho molto tempo, un'altra volta". Mi strizza le chiappe mettendo la mano proprio sotto la giacca, a contatto con gli shorts, mormora "che culetto" e se ne va. Peccato davvero, un giretto con lui me lo sarei fatto volentieri. E non per lavoro. Per un momento l'eccitazione mi assale, mi bagno pure un po'. Torno a dedicarmi a Umberto, che balla guardando per terra e forse non si è nemmeno accorto di nulla. Chi può dirlo?
Troviamo un tavolo libero e ordina una boccia di Hendrick's. Mi faccio portare una Schweppes e allungo molto il mio bicchiere, lui se lo fa liscio, praticamente tutta la bottiglia. E' un ragazzo allampanato, nemmeno brutto ma con lo sguardo un po' triste. Mi guarda pochissimo, parla pochissimo. Devo farlo io per lui. Cerco con gli occhi i suoi amici, non li vedo. "Ma che fine hanno fatto?". "Non lo so, ogni tanto scompaiono". Ovviamente mi immagino Sonia accucciata in uno dei bagni a succhiare il cazzo di Federico, oppure appoggiata con le mani sul water con le sue carni abbondanti scosse dai colpi del suo ragazzo. Per qualche insondabile ragione, me li immagino mentre lui la sodomizza e lei fa finta di protestare. Mah.
Mi guardo intorno, mentre racconto la mia vita a Umberto. "Ci ho giocato a tennis, per un anno sono stata anche classificata, sai?". Vedo Tina uscire da un privè con mister "trecento se vieni in albergo" e un altro tipo. Sembrano tutti e tre su di giri e soddisfatti. Pam che blocca sorridente la mano di un uomo con il codino che sta decisamente indugiando in direzione fica. Olivia è più lontana. Balla, la riconosco dal vestito e dai capelli. E poi ci sono quelli che guardano me. Chi di nascosto dalle proprie compagne, chi apertamente. Chi addirittura sorride spudorato con la faccia che dice "che ci fai con quello sfigato lì? vieni che ci divertiamo". Mi guarda anche una donna, lei proprio in modo ostentato. La trovo volgare con la sua frangetta bionda, la pelle moganata dalle settimane passate sotto la lampada. Ha le tette stagionate e quasi di fuori, fa correre la mano sulla coscia di un uomo seduto accanto lei che sta conversando con un altro e se la fila zero. Passa la lingua sul quel serbatoio di botox che sono le sue labbra, ma non so se è un gesto meccanico o diretto a me. I nostri sguardi si agganciano. Mi fa davvero orrore ma, per un momento, ho come il flash di un racconto sadomaso da quattro soldi dove sono bendata nel salone di un castello e la sua voce che dice "caro, guarda chi ti ho trovato per stanotte". Devo fare un bello sforzo per non scoppiare a riderle in faccia.
Ma non ci siamo solo io, Pam, Tina e Olivia. In un certo senso è come se stare seduta al tavolo con Umberto mi mettesse in una condizione di straniamento. Vedo, per contrasto, tutto ciò che la prima sera non avevo visto. Ci sono un po' ovunque sguardi, sorrisi, mani che si intrufolano, labbra che si lingue che si intrecciano, corpi che si strusciano, promesse. E' come se l'aria fosse satura di sesso che attende solo di andare da qualche parte per sfogarsi. Difficile, molto difficile restare indifferenti. Ho voglia di una sigaretta e di lanciare occhiate da troia a qualcuno che non sia questo qui.
Quando Umberto ordina la seconda bottiglia di Hendrick's cerco di fermarlo. Lui insiste, la cameriera mi dà un'occhiataccia tipo “cazzo te ne frega a te se questo vuole sfondarsi, sei qui per farlo sfondare”. Non so come faccia a bere così senza crollare. D'un tratto, interrompendomi, mi fa "ci vediamo domani mattina?". Mi domando in quale cazzo di universo parallelo si trovi ora per non rendersi conto che è già un miracolo se domattina non si troverà in coma etilico al pronto soccorso. "Tu mi piaci, come possiamo fare?", ripete un paio di volte con la voce impastata, sempre più rallentata. "Sono già fidanzata, Umberto". "Ma tu non fai la puttana qui?". "No Umberto, non faccio la puttana". Ondeggia e ho quasi paura che cada dalla sedia. Oddio, se succede che cazzo faccio?
Quando Federico e Sonia ritornano è praticamente in catalessi. Lei è raggiante e un po' sudata. Non si può mai dire ma secondo me qualcosa ha avuto. A guardare Umberto in quelle condizioni e la bottiglia sul tavolo il suo sguardo diventa però subito incazzato. "Non è colpa mia, gli avevo detto che stava bevendo troppo". Dalle parole che scambia con Federico capisco che Umberto deve essere il fratello. Se lo porta via furibonda, voltandosi e biascicando qualcosa che non riesco a sentire. Ma vaffanculo, stronza.
Chiudiamo e passo a prendere i soldi nell'ufficio di Arma. Mi domanda com'è andata ma stavolta è di poche parole, per fortuna. Trovo sul telefono un WhatsApp di Lapo che dice "quando hai finito mandami un messaggio". "Ora", scrivo, sperando che non si sia addormentato. In fondo non mi dispiace che mi riporti a casa, sono sfranta.
Appoggiate a una macchina, io e Pam ci fumiamo una sigaretta. Anche lei è in attesa. Il suo ragazzo la passa a prendere tutte le notti, mi racconta, convivono. Quando me lo dice un po' mi vergogno di avere pensato che la troia fosse lei.
Passa Arma con un "notte ragazze". Pochi metri dietro di lui, Dana, la cameriera. La vediamo allontanarsi un po' circospetta, sculettando nel suo passo stretto. "Poveraccia, come fai a innamorarti di uno così...", commenta Pam. E subito dopo: "T'ha timbrata pure a te?". "Veramente sono io che ho fatto la scema con lui, è così che mi ha notata... ero ubriaca", rispondo quasi giustificandomi. "Qui, tutte - continua Pam - giusto Olivia gli ha tenuto testa, ma quella... oh, Annalì, sta’ ‘n campana con Olivia, eh? 'n te fidà più de tanto".
Proprio mentre sto per chiederle perché, arriva Lapo con il suo suv. Pam mi fa "ma quello è il ragazzo tuo?". "E' un mio amico", rispondo. "Porca troia...". La capisco.
Salgo sulla Tiguan, bacetto di saluto e ringraziamento. Per essermi passato a prendere, per avere attirato su di sé l’ammirazione di Pam e su di me un’innocente invidia. Per strada gli racconto sommariamente della serata. Fa un sacco di domande. Rispondo, un po' elusiva e un po' no. Evito i particolari scabrosi. Mi sento strana. Mentre sta per imboccare la mia via gli dico “dormi con me? vuoi? puoi? non mi va di stare da sola…”. Glielo chiedo quasi senza pensarci, non avevo e non ho nessun piano, mi è uscita così. Lapo mi guarda senza parlare, gli ripeto a voce un po’ più bassa “non mi va di stare da sola”.
Si mette alla ricerca di un parcheggio. Cosa che in piena notte dalle parti di casa mia è praticamente impossibile. Ma siccome lui ha un bucio di culo così (immaginate le mie mani belle aperte, please) ne trova uno a meno di trecento metri. Ce li facciamo affiancati e parlando zero. Io quasi trascino la borsa. “Devo farmi una doccia - gli dico quando siamo in casa – stiamo in camera di mia sorella che ha il letto grande… se vuoi prenditi qualcosa in frigo”.
Mi spoglio e mi faccio una rapida doccia domandandomi perché gli abbia chiesto di restare. Non che mi sia pentita, è che proprio non ne ho idea.
Torno in camera avvolta nell’accappatoio. “Dormi vestito?”, gli faccio. Lui comincia a togliersi le scarpe.
- Senti Lapo, sono molto stanca… - dico inginocchiandomi sul materasso.
Mi guarda con un sorrisetto, continuando a spogliarsi.
- Ma pensi che ti sia passata a prendere per trombarti? – domanda.
- Chi ti sei già trombato, stasera? – gli domando giocando un po’ sul filo dell’ironia.
- Vabbè, ma che c’entra… - ride.
Mi tolgo l’accappatoio e mi infilo nel letto, nuda. Lui mi imita tenendo i boxer attillati addosso. Gli do un bacetto e spengo la luce.
Sento il tipico e delizioso indolenzimento dei muscoli che si rilassano quando ti stendi. Sono ancora piacevolmente eccitata dalle sensazioni provate mentre ballavo e vagamente turbata per ciò che ho visto. Sono felice di non essere sola.
- Buonanotte Lapo – dico voltandomi su un fianco e dandogli le spalle – mi abbracci?
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