Visioni di un uomo qualunque (2)
di
PabloN
genere
masturbazione
Tornato a casa Luigi Pandolfi, che per comodità di narrazione d’ora in poi chiameremo solo Luigi, estrasse dal frigo i piatti pronti che la domestica gli aveva lasciato.
Mangiò senza appetito, quasi fosse un dovere di cortesia verso l’impegno profuso dalla signora che da anni si occupava di lui. Ma non ne provò piacere.
Dopo cena finse di interessarsi a qualche trasmissione televisiva, ma nulla fermava la sua mente, attiva e lontana da quell’appartamento di lusso, di certo troppo grande per un uomo solo.
Decise di mettersi a letto. Un buon sonno avrebbe di certo avuto un benefico effetto.
Quanto si sbagliava! A parte che il sonno non aveva alcuna intenzione di giungere in suo soccorso, a peggiorare le cose si aggiunsero le immagini della Lei che aveva fatto irruzione e preso possesso della sua mente.
La rivedeva liberarsi delle scarpe, abbassare la zip del vestito. Il suo corpo reagiva in modo affatto difforme da quanto era avvenuto qualche ora prima nello studio.
Sentì i boxer divenire stretti, un formicolio caldo umido associato ad una sensazione quasi di solletico perineale. Ecco, l’erezione era tornata. E questa volta non se ne sarebbe andata, ormai ne era certo. Non almeno con la sola forza della mente, ormai preda di pensieri e immagini peccaminose. Si abbandonò ad esse e si fece trasportare, ovunque l’avessero condotto.
La mano scivolò lenta verso il basso, sfiorando la pelle del petto dapprima, giocando con i capezzoli contornati da peli corti e morbidi per poi tuffarsi giù. Prese possesso del ventre, lo percorse con movimenti ampi e circolari, sempre più giù.
Giù fino a sfiorare il bordo del boxer, sollevarlo, liberare da quella costrizione innaturale il membro, ormai sull’attenti.
Lo percorse con le dita, lentamente, dalla fragola calda che ne segnava l’inizio giù, fino alla base e a sfiorare i testicoli.
Reagì, sollecitato da tante attenzione, sollevandosi fiero, teso, caldo e pulsante.
Bagnò le dita con la sua saliva e ripeté lo stesso percorso. Ora la sensazione era quella di una bocca calda, di una lingua che ne disegnasse i contorni.
Gemette piano. Passò le dita attorno al glande, stimolò il frenulo con lenti e leggeri movimenti alternati, si prese cura della piccola fessura che apriva al mondo la sua intimità. Piccole scie lucenti univano le dita alla fonte del suo piacere. Le portò alla bocca. Dunque questo era lui, questo il suo sapore.
Afferrò l’asta e iniziò a muovere la mano su e giù. Ad ogni movimento la tensione cresceva, le sensazioni divenivano più intense. Una marea che cresceva e sommergeva tutto. Di tanto in tanto estendeva la carezza ai testicoli e alla rosetta che si apriva subito sotto. Una sensazione piacevole e strana, che provocava contrazioni intense al suo ano e da qui al membro che si inturgidiva ancora di più.
Continuò così a lungo, rallentando e accelerando. Non voleva venire. Non voleva che le immagini di Lei sparissero dopo l’orgasmo che pure sentiva sempre più prossimo. Alla fine dovette cedere. Sentì ribollire il mare dentro di sé, una pressione che non poteva più essere contenuta. La sua bianca lava doveva trovare la via dell’uscita. E la trovò, frammista ai suoi gemiti. Eruttò sul suo ventre, strisce lunghe di sperma lanciato verso il mondo, bollente per la lunga attesa. Quante volte? Non poteva dirlo. Ma non aveva importanza. Si fermò, senza lasciare il suo pene. Lo senti poco per volta abbandonare la sua mano, addormentato. Sperò che presto anche il resto del suo corpo si sarebbe lasciato avvolgere dalle nebbie del sonno. E così fu.
Il mattino dopo controllò rapido che nessun segno fosse rimasto sulle lenzuola sfatte. Addormentatosi così, senza nemmeno asciugarsi, temeva che i segni inequivocabili delle sue malefatte fossero rimasti. Nell’aria aleggiava l’odore particolare del suo piacere solitario.
Per sicurezza cambiò le lenzuola. Una scusa l’avrebbe trovata con la signora. Magari un bicchiere rovesciato o chissà.
Si fece una doccia e si recò al lavoro.
Lavorò alacremente tutto il giorno, cercando di tenere lontano il pensiero di Lei.
La sera, però, prima di andarsene, tornò a controllare la finestra. Niente, nessuna luce, nessun corpo seducente di donna. Nulla. Si rassegnò e tornò a casa. La solita vita, le solite abitudini.
Era stata solo la follia di un momento?
Chissà, magari domani…
Mangiò senza appetito, quasi fosse un dovere di cortesia verso l’impegno profuso dalla signora che da anni si occupava di lui. Ma non ne provò piacere.
Dopo cena finse di interessarsi a qualche trasmissione televisiva, ma nulla fermava la sua mente, attiva e lontana da quell’appartamento di lusso, di certo troppo grande per un uomo solo.
Decise di mettersi a letto. Un buon sonno avrebbe di certo avuto un benefico effetto.
Quanto si sbagliava! A parte che il sonno non aveva alcuna intenzione di giungere in suo soccorso, a peggiorare le cose si aggiunsero le immagini della Lei che aveva fatto irruzione e preso possesso della sua mente.
La rivedeva liberarsi delle scarpe, abbassare la zip del vestito. Il suo corpo reagiva in modo affatto difforme da quanto era avvenuto qualche ora prima nello studio.
Sentì i boxer divenire stretti, un formicolio caldo umido associato ad una sensazione quasi di solletico perineale. Ecco, l’erezione era tornata. E questa volta non se ne sarebbe andata, ormai ne era certo. Non almeno con la sola forza della mente, ormai preda di pensieri e immagini peccaminose. Si abbandonò ad esse e si fece trasportare, ovunque l’avessero condotto.
La mano scivolò lenta verso il basso, sfiorando la pelle del petto dapprima, giocando con i capezzoli contornati da peli corti e morbidi per poi tuffarsi giù. Prese possesso del ventre, lo percorse con movimenti ampi e circolari, sempre più giù.
Giù fino a sfiorare il bordo del boxer, sollevarlo, liberare da quella costrizione innaturale il membro, ormai sull’attenti.
Lo percorse con le dita, lentamente, dalla fragola calda che ne segnava l’inizio giù, fino alla base e a sfiorare i testicoli.
Reagì, sollecitato da tante attenzione, sollevandosi fiero, teso, caldo e pulsante.
Bagnò le dita con la sua saliva e ripeté lo stesso percorso. Ora la sensazione era quella di una bocca calda, di una lingua che ne disegnasse i contorni.
Gemette piano. Passò le dita attorno al glande, stimolò il frenulo con lenti e leggeri movimenti alternati, si prese cura della piccola fessura che apriva al mondo la sua intimità. Piccole scie lucenti univano le dita alla fonte del suo piacere. Le portò alla bocca. Dunque questo era lui, questo il suo sapore.
Afferrò l’asta e iniziò a muovere la mano su e giù. Ad ogni movimento la tensione cresceva, le sensazioni divenivano più intense. Una marea che cresceva e sommergeva tutto. Di tanto in tanto estendeva la carezza ai testicoli e alla rosetta che si apriva subito sotto. Una sensazione piacevole e strana, che provocava contrazioni intense al suo ano e da qui al membro che si inturgidiva ancora di più.
Continuò così a lungo, rallentando e accelerando. Non voleva venire. Non voleva che le immagini di Lei sparissero dopo l’orgasmo che pure sentiva sempre più prossimo. Alla fine dovette cedere. Sentì ribollire il mare dentro di sé, una pressione che non poteva più essere contenuta. La sua bianca lava doveva trovare la via dell’uscita. E la trovò, frammista ai suoi gemiti. Eruttò sul suo ventre, strisce lunghe di sperma lanciato verso il mondo, bollente per la lunga attesa. Quante volte? Non poteva dirlo. Ma non aveva importanza. Si fermò, senza lasciare il suo pene. Lo senti poco per volta abbandonare la sua mano, addormentato. Sperò che presto anche il resto del suo corpo si sarebbe lasciato avvolgere dalle nebbie del sonno. E così fu.
Il mattino dopo controllò rapido che nessun segno fosse rimasto sulle lenzuola sfatte. Addormentatosi così, senza nemmeno asciugarsi, temeva che i segni inequivocabili delle sue malefatte fossero rimasti. Nell’aria aleggiava l’odore particolare del suo piacere solitario.
Per sicurezza cambiò le lenzuola. Una scusa l’avrebbe trovata con la signora. Magari un bicchiere rovesciato o chissà.
Si fece una doccia e si recò al lavoro.
Lavorò alacremente tutto il giorno, cercando di tenere lontano il pensiero di Lei.
La sera, però, prima di andarsene, tornò a controllare la finestra. Niente, nessuna luce, nessun corpo seducente di donna. Nulla. Si rassegnò e tornò a casa. La solita vita, le solite abitudini.
Era stata solo la follia di un momento?
Chissà, magari domani…
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Visioni di in uomo qualunque (1)racconto sucessivo
Visioni di un uomo comune (3)
Commenti dei lettori al racconto erotico