8.6
di
Yuko
genere
etero
8.6 Original
Vadano come vadano le cose, la cena va fatta e ovviamente è a me che tocca.
Stasera mangiamo all'italiana.
Vago nel supermarket in cerca degli ingredienti e scivolo tra i bancali delle birre.
Una lattina blu scuro mi colpisce. Gli occhi di un lupo mi guardano intensamente, sembrano gialli, per compensazione sullo sfondo notte, ma sono bianchi.
8.6
la perentoria scritta bianca.
Forte gradazione alcoolica.
In alto capeggia la provenienza.
Imported from Holland.
“Mmmmmmhh...”
Il cervello pensa.
Intense blond...
Ma sì, conosco il prodotto.
Ne ho anche a casa, che mi aspetta.
Intense.... blond...
Sì è proprio lui.
Prendo un paio di lattine, completo gli ingredienti della pizza con buone mozzarelle di bufala e affronto i vapori soffocanti che si sprigionano dall'asfalto di Milano cercando di arrivare a casa viva.
Apro la soglia e deposito la spesa in cucina prima che mi si stacchino le dita.
Un olandese si staglia sulla porta della cucina, alle mie spalle, silenzioso.
Mi giro guardinga e lo scruto.
Prendo in mano una di quelle lattine.
Leggo ad alta voce.
“Imported from Holland”
Lo guardo, lui annuisce, tenta anche un sorriso timido. (Faccia da schiaffi!)
“Intense blond”
Lo guardo severa. Lui si mette sull'attenti. (Ti ucciderei con la katana!)
“8.6%”
Lo osservo con espressione interrogativa.
Lui non sa cosa fare, si guarda intorno, un po' perso. (Orsacchiotto mio...)
“Jos, ce l'hai un 8.6% di cervello?”
Vedo che con la mente si lancia in complicati calcoli, ha attivato tutti i software del suo computer interno, gli occhi vagano incerti, percepisco il rumore di rotelle che girano nella sua scatola cranica.
È questo l'uomo che mi sono scelto.
Non risponde, non osa.
Mi slaccio i sandali, li sfilo con lentezza e resto a piedi nudi sul pavimento.
Mi sovrasta dai suoi quasi unoenovanta di altezza e benchè anche io sia alta, mi sento improvvisamente piccola.
Slaccio i jeans e li lascio scivolare sulle cosce.
Lui mi guarda, segue le mie mani.
Il mio sguardo lo controlla e il suo è inchiodato sulle mie mani e i miei indumenti che scoprono le mie cosce.
Resto in mutande e magliettina, in piedi, dritta davanti a lui. Raddrizzo la schiena e sporgo il seno, una presenza che sfida la sua concentrazione.
“Cosa ne farai di me? Cosa sai fare di una donna?” lo apostrofo in tono serio.
Lui mi fissa negli occhi, le sue congiuntive si coprono di un velo di lacrime.
Oddio, ora gli trema il mento. Questa massa di muscoli e ormoni si sta sciogliendo come un sorbetto al sole. (Testa bacata!)
Senza mollare il suo sguardo inizio a sollevarmi la maglietta.
I suoi occhi chiari sono fissi nei miei, ma quando la maglietta arriva al seno, lo sguardo cala per guardare il mio petto che si scopre, davanti a lui.
Butto la maglietta da parte.
Inizio a sfilarmi le mutandine e seguo le pupille che scivolano lungo il ventre per vedere i primi peli neri che spuntano dall'elastico bianco.
Il cotone scende, ondeggio le cosce quel tanto e sono nuda davanti a lui, completamente nuda.
“Cosa sei capace di fare, Jos, di questa donna?” gli ripeto, in tono più dolce.
Lui crolla in ginocchio davanti a me, il volto, il naso davanti al mio pube.
“Oltre a scoparmi, si intende...”
Lui sta zitto e poco dopo scoppia a piangere, sommessamente.
Mi allunga le mani dietro alla schiena, sul sedere, quasi ci si aggrappa, e appoggia il volto sul mio monte di Venere, il viso dalla barba sfatta sui miei soffici peli.
Piange.
Piange come un vitello.
Gli infilo le mani tra i capelli, allargo un poco le gambe e me lo stringo sulla vulva.
Lui continua a piangere, le spalle si scuotono di sussulti, e mi stringe le natiche con forze.
“Dio, Jos...” riprendo io, in un sussurro.
“Se non ti avessi raccattato io, di te cosa ne sarebbe ora?”
E lentamente mi inginocchio di fronte a lui, lo bacio sugli occhi umidi, poi sulle labbra.
Mi piego indietro e mi sdraio sul pavimento.
Sento il tocco freddo delle piastrelle sulla schiena, ma è solo un attimo.
Piego le ginocchia, sollevandole, apro le cosce e me lo tiro addosso, stringendogli il muso sulla mia vulva ormai bagnata.
Vadano come vadano le cose, la cena va fatta e ovviamente è a me che tocca.
Stasera mangiamo all'italiana.
Vago nel supermarket in cerca degli ingredienti e scivolo tra i bancali delle birre.
Una lattina blu scuro mi colpisce. Gli occhi di un lupo mi guardano intensamente, sembrano gialli, per compensazione sullo sfondo notte, ma sono bianchi.
8.6
la perentoria scritta bianca.
Forte gradazione alcoolica.
In alto capeggia la provenienza.
Imported from Holland.
“Mmmmmmhh...”
Il cervello pensa.
Intense blond...
Ma sì, conosco il prodotto.
Ne ho anche a casa, che mi aspetta.
Intense.... blond...
Sì è proprio lui.
Prendo un paio di lattine, completo gli ingredienti della pizza con buone mozzarelle di bufala e affronto i vapori soffocanti che si sprigionano dall'asfalto di Milano cercando di arrivare a casa viva.
Apro la soglia e deposito la spesa in cucina prima che mi si stacchino le dita.
Un olandese si staglia sulla porta della cucina, alle mie spalle, silenzioso.
Mi giro guardinga e lo scruto.
Prendo in mano una di quelle lattine.
Leggo ad alta voce.
“Imported from Holland”
Lo guardo, lui annuisce, tenta anche un sorriso timido. (Faccia da schiaffi!)
“Intense blond”
Lo guardo severa. Lui si mette sull'attenti. (Ti ucciderei con la katana!)
“8.6%”
Lo osservo con espressione interrogativa.
Lui non sa cosa fare, si guarda intorno, un po' perso. (Orsacchiotto mio...)
“Jos, ce l'hai un 8.6% di cervello?”
Vedo che con la mente si lancia in complicati calcoli, ha attivato tutti i software del suo computer interno, gli occhi vagano incerti, percepisco il rumore di rotelle che girano nella sua scatola cranica.
È questo l'uomo che mi sono scelto.
Non risponde, non osa.
Mi slaccio i sandali, li sfilo con lentezza e resto a piedi nudi sul pavimento.
Mi sovrasta dai suoi quasi unoenovanta di altezza e benchè anche io sia alta, mi sento improvvisamente piccola.
Slaccio i jeans e li lascio scivolare sulle cosce.
Lui mi guarda, segue le mie mani.
Il mio sguardo lo controlla e il suo è inchiodato sulle mie mani e i miei indumenti che scoprono le mie cosce.
Resto in mutande e magliettina, in piedi, dritta davanti a lui. Raddrizzo la schiena e sporgo il seno, una presenza che sfida la sua concentrazione.
“Cosa ne farai di me? Cosa sai fare di una donna?” lo apostrofo in tono serio.
Lui mi fissa negli occhi, le sue congiuntive si coprono di un velo di lacrime.
Oddio, ora gli trema il mento. Questa massa di muscoli e ormoni si sta sciogliendo come un sorbetto al sole. (Testa bacata!)
Senza mollare il suo sguardo inizio a sollevarmi la maglietta.
I suoi occhi chiari sono fissi nei miei, ma quando la maglietta arriva al seno, lo sguardo cala per guardare il mio petto che si scopre, davanti a lui.
Butto la maglietta da parte.
Inizio a sfilarmi le mutandine e seguo le pupille che scivolano lungo il ventre per vedere i primi peli neri che spuntano dall'elastico bianco.
Il cotone scende, ondeggio le cosce quel tanto e sono nuda davanti a lui, completamente nuda.
“Cosa sei capace di fare, Jos, di questa donna?” gli ripeto, in tono più dolce.
Lui crolla in ginocchio davanti a me, il volto, il naso davanti al mio pube.
“Oltre a scoparmi, si intende...”
Lui sta zitto e poco dopo scoppia a piangere, sommessamente.
Mi allunga le mani dietro alla schiena, sul sedere, quasi ci si aggrappa, e appoggia il volto sul mio monte di Venere, il viso dalla barba sfatta sui miei soffici peli.
Piange.
Piange come un vitello.
Gli infilo le mani tra i capelli, allargo un poco le gambe e me lo stringo sulla vulva.
Lui continua a piangere, le spalle si scuotono di sussulti, e mi stringe le natiche con forze.
“Dio, Jos...” riprendo io, in un sussurro.
“Se non ti avessi raccattato io, di te cosa ne sarebbe ora?”
E lentamente mi inginocchio di fronte a lui, lo bacio sugli occhi umidi, poi sulle labbra.
Mi piego indietro e mi sdraio sul pavimento.
Sento il tocco freddo delle piastrelle sulla schiena, ma è solo un attimo.
Piego le ginocchia, sollevandole, apro le cosce e me lo tiro addosso, stringendogli il muso sulla mia vulva ormai bagnata.
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