Il falso confessore -1-
di
LanA
genere
dominazione
Anna è stata per 2 anni in un piccolo convento vicino a Torino dove vivevano 6 suore, una Madre Superiora di circa 50 anni e cinque giovani suorine dai 20 ai 28 anni.
Le donne trascorrevano la giornata con lavori nell'orto, ricamando trine e pizzi e anche uscendo per compiere opere di carità nel paese vicino, assistendo anziani e persone in difficoltà.
Erano molto stimate ed apprezzate nella zona, e tutti consideravano il convento un'oasi di pace e di preghiera.
Ma le cose non stavano esattamente così.
La Madre superiora era molto rigida, e non perdeva occasione di punire le sue giovani consorelle per ogni piccola mancanza.
Le punizioni venivano impartite alla sera, dopo la cena e prima di andare a letto.
Quello che non era proprio ortodosso era il fatto che le punizioni fossero sempre di natura sessuale.
La suora da punire era fatta spogliare nuda, solo con il velo in testa.
Doveva stare inginocchiata nel refettorio, mentre le sue consorelle stavano attorno a lei.
Anche loro erano nude, solo coperte dal velo sul capo, ognuna con una candela accesa in mano.
La Madre superiora prendeva un frustino di salice e iniziava a percuotere i glutei della punita, non in modo troppo forte, ma comunque da farle provare dolore.
I colpi arrivavano al massimo di dieci, a seconda della gravità dell'errore.
Poteva anche essere una cosa banalissima, come aver fatto cadere una goccia di minestra sulla tovaglia.
Ogni pretesto era buono per sottoporle alla punizione.
Dopo la sculacciata, la suora punita doveva girarsi sulla schiena e sdraiarsi a gambe spalancate, mostrando la sua figa, che, come quella delle sue compagne, era completamente depilata.
La pratica veniva compiuta nel primo giorno di ingresso al convento, e ripetuta periodicamente in modo da tenere la vulva bella liscia e priva di peli.
La Superiora si avvicinava e prendeva dal tavolo del refettorio uno degli oggetti che aveva preparato.
Si trattava per lo più di prodotti dell'orto, carote, zucchine, cetrioli e anche banane, candele, ceri molto grossi, bottiglie di vetro di diverse dimensioni.
Si inginocchiava di fianco alla giovane e iniziava a leccarle i capezzoli.
Li mordeva e li strizzava sino a farla urlare, poi si accovacciava fra le gambe e le leccava a lungo la figa, prima di penetrarla con l'oggetto scelto.
Lo manovrava con forza avanti e indietro, fino a farla godere.
Se la colpa commessa era particolarmente grave, la malcapitata era penetrata in figa con un grosso cero, e una candela nel culo.
Mentre si svolgeva la masturbazione, le altre quattro suore spegnevano le loro candele, si mettevano a coppie una di fronte all'altra e cominciavano a baciarsi con le lingue in bocca.
Si strizzavano e pastrugnavano le tette, si toccavano le fighe sino a bagnarsi, ma dovevano evitare di godere.
Solo dopo che la punita aveva goduto con un urlo liberatorio, la Madre Superiora dava l'ordine alle altre di infilarsi vicendevolmente la candela nella figa, e masturbarsi sino a raggiungere l'orgasmo.
Quando tutte erano venute, la Superiora si spogliava a sua volta, e si sdraiava sul tavolo.
Le consorelle si dovevano avvicinare, toccarla leccarle le tette e la figa a turno sino a farla godere.
CONTINUA ...
Le donne trascorrevano la giornata con lavori nell'orto, ricamando trine e pizzi e anche uscendo per compiere opere di carità nel paese vicino, assistendo anziani e persone in difficoltà.
Erano molto stimate ed apprezzate nella zona, e tutti consideravano il convento un'oasi di pace e di preghiera.
Ma le cose non stavano esattamente così.
La Madre superiora era molto rigida, e non perdeva occasione di punire le sue giovani consorelle per ogni piccola mancanza.
Le punizioni venivano impartite alla sera, dopo la cena e prima di andare a letto.
Quello che non era proprio ortodosso era il fatto che le punizioni fossero sempre di natura sessuale.
La suora da punire era fatta spogliare nuda, solo con il velo in testa.
Doveva stare inginocchiata nel refettorio, mentre le sue consorelle stavano attorno a lei.
Anche loro erano nude, solo coperte dal velo sul capo, ognuna con una candela accesa in mano.
La Madre superiora prendeva un frustino di salice e iniziava a percuotere i glutei della punita, non in modo troppo forte, ma comunque da farle provare dolore.
I colpi arrivavano al massimo di dieci, a seconda della gravità dell'errore.
Poteva anche essere una cosa banalissima, come aver fatto cadere una goccia di minestra sulla tovaglia.
Ogni pretesto era buono per sottoporle alla punizione.
Dopo la sculacciata, la suora punita doveva girarsi sulla schiena e sdraiarsi a gambe spalancate, mostrando la sua figa, che, come quella delle sue compagne, era completamente depilata.
La pratica veniva compiuta nel primo giorno di ingresso al convento, e ripetuta periodicamente in modo da tenere la vulva bella liscia e priva di peli.
La Superiora si avvicinava e prendeva dal tavolo del refettorio uno degli oggetti che aveva preparato.
Si trattava per lo più di prodotti dell'orto, carote, zucchine, cetrioli e anche banane, candele, ceri molto grossi, bottiglie di vetro di diverse dimensioni.
Si inginocchiava di fianco alla giovane e iniziava a leccarle i capezzoli.
Li mordeva e li strizzava sino a farla urlare, poi si accovacciava fra le gambe e le leccava a lungo la figa, prima di penetrarla con l'oggetto scelto.
Lo manovrava con forza avanti e indietro, fino a farla godere.
Se la colpa commessa era particolarmente grave, la malcapitata era penetrata in figa con un grosso cero, e una candela nel culo.
Mentre si svolgeva la masturbazione, le altre quattro suore spegnevano le loro candele, si mettevano a coppie una di fronte all'altra e cominciavano a baciarsi con le lingue in bocca.
Si strizzavano e pastrugnavano le tette, si toccavano le fighe sino a bagnarsi, ma dovevano evitare di godere.
Solo dopo che la punita aveva goduto con un urlo liberatorio, la Madre Superiora dava l'ordine alle altre di infilarsi vicendevolmente la candela nella figa, e masturbarsi sino a raggiungere l'orgasmo.
Quando tutte erano venute, la Superiora si spogliava a sua volta, e si sdraiava sul tavolo.
Le consorelle si dovevano avvicinare, toccarla leccarle le tette e la figa a turno sino a farla godere.
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