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E così ci sedemmo davanti alla psicologa: terapia di coppia.
Non credo che questo tipo di sedute possa fruttare qualcosa di buono, ma stavolta voglio dare il meglio per riuscire a trarne beneficio.
“Buonasera, in questo primo incontro vorrei che mi parlaste sinteticamente del vostro problema, l’unica regola è che nessuno dei due deve interrompere l’altro mentre espone la sua visione, inizi lei Thomas”
“Buonasera dottoressa, sarò conciso, io adoro mia moglie, siamo sposati da poco, quasi un anno, non ho intenzione di fuggire, sostituirla, è lei che sta diventando ossessiva per gelosia infondata, mi tartassa di telefonate, elabora supposizioni fantascientifiche, non riesco ad avere la sua fiducia, ciò mi innervosisce e tendo a chiudermi. Mi sento oppresso”
“Bene Thomas, sintetico ed essenziale, chiara la sua posizione. Ora la parola a lei, Irene, esponga il suo disagio”
“Buonasera dottoressa, ammetto di esser gelosa, ma questo mio lato scaturisce dal fatto che mio marito non riesce a confortarmi, quando lo chiamo raramente risponde, non vuol farmi controllare il cellulare, non accetta videochiamate che effettuo per verificare se effettivamente è al lavoro, pretende conti correnti separati, insomma non fa nulla per venirmi incontro, ed io sono angosciata, disperata, ho incubi, non vivo bene, pretende che io mi fidi incondizionatamente, senza la minima prova.”
“Capisco, avete un classico problema delle coppie moderne, per sviscerare la questione, vorrei parlarvi singolarmente, inizierei da Irene, lei Thomas si accomodi gentilmente nel salottino antistante, attenda il suo turno.”

“Eccoci soli, Irene, senza suo marito potrà sentirsi più libera di esternare la profondità del suo malessere interiore”
“Dottoressa, le dirò subito la realtà, mi destabilizza il fatto che, da tempo, mio marito non raggiunge più l’orgasmo durante i rapporti. Avevamo una vita sessuale magnifica e appagante; mi porta sempre con sé quando si reca per lavoro all’estero, viaggiamo, visitiamo luoghi, ci addentriamo nelle particolarità culinarie, brindiamo, l’euforia dilaga e finiamo nel sesso più vertiginoso. Lui conosce il mio corpo e riesce a portarmi al piacere più volte fino a sfinirmi, farmi letteralmente crollare. Fino a qualche mese fa riuscivo a ricambiare, a sentirlo tracimare e addormentarsi appagato al mio fianco ma, ultimamente, non arriva al culmine.
Non ottengo l’agognato risultato nemmeno giocandomi armi fantasiose, le ho provate tutte mi creda, non sono una puritana. Lui prova a confortarmi dicendo che mi desidera come il primo giorno e che forse con l’età subentra un fattore fisico che innesca questo suo blocco. Lo ammetto, il problema è solo questo.
Mi pongo l’obiettivo di concentrarmi per viziarlo, gestendo io il rapporto carnale, ma non appena inizia a possedermi vengo travolta dal turbine della sua possente passione e nonostante i miei sforzi per gestirmi, vengo tradita dal mio essere multi orgasmica, la mia mente viene inondata dal piacere e scivolo in un’irresistibile lussuria, trovandomi devastata, sciupata, svuotata. Quando ritorno alla normalità l’ansia si impadronisce di me. Non so come ritornare padrona della situazione.”
“Irene mi descriva il rapporto intimo standard, devo capire perché lei non riesce a condurre il gioco, almeno una volta, portare suo marito dove lei vuole, trascinandolo fino alla soglia di non ritorno”
“Dottoressa non c’è un copione, in quel caso credo riuscirei a tenere in pugno l’evolversi della situazione. Vengo colta di sorpresa da una progressione di passione differente, mai impostata, mai prevedibile, come farlo, ogni volta, con uno sconosciuto. Da una parte, ciò intensifica le sensazioni, dall’altra mi inquieta. Nell’ultima occasione mi son avvicinata io a lui, era seduto sul divano al centro del salotto, con un libro in mano; io in piedi alle sue spalle, ho cominciato a passare le dita fra i suoi capelli scuri; sporgendo il busto, con le mani mi son addentrata nella maglietta bianca per raggiungere il petto; io e i miei seni, scendendo dall’alto stavano per coprire il suo viso, incurvandomi ulteriormente avevo in mente di proseguire ancora ma lui ha preso il mio viso, portando la mia bocca verso la sua. Vista la posizione specchiata, aprendo le bocche, i palmi delle lingue potevano appoggiarsi combaciando uno sull’altro, scorrere aperti, distesi, tenere ruvidità unite, leccarci le papille, umidi intimi morbidi muscoli che si accarezzavano lentamente; ho scoperto, lì, quanto grande sia davvero la lingua. Credo di aver iniziato a gocciolare bava, a dir la verità non ero in grado di distinguere chi stesse intingendo o elargendo saliva all’altro, so solo che, essendo io sopra, il succo delle nostre gole scendeva nella sua ingorda cavità.
Nell’ultimo tentativo di dominare la situazione ho allungato un braccio verso il suo inguine, toccando, attraverso il morbido pantalone della tuta, la sua imponente erezione. Da lì in poi sono stata in balìa del suo imperversare. Mi ha afferrata sotto le braccia, sul tronco, trascinando letteralmente il mio viso verso il suo sesso, ricordo di non aver fatto quasi in tempo ad abbassare l’elastico dell’indumento che già me lo son ritrovata in gola. Deve avermi denudata incurante di tutto perché poi trovai la camicetta scucita, i ganci del reggiseno strappati, le calze a brandelli. Improvvisamente tre delle sue dita sostituirono il grosso pene nella mia deturpata bocca. La sua lingua, che aveva innescato questo vortice, spalmava gli abbondanti secreti del nostro bacio sul contorno del mio ano; quelle pennellate furono preambolo del suo intento di sodomia, non prima di avermi stesa con le gambe alzate e poggiate sulle sue spalle. Mi sentivo toccata, non saprei dire esattamente come, due polpastrelli sui capezzoli, denti sul muscolo delle spalle, dita crudeli avvinghiate al costato, glande slargare lo sfintere, respiro introdursi nel mio udito, onde, doglie, movimenti, contrazioni, palpazioni fino a ritrovarmi remissivamente scopata nel culo.
Poi comparve qualcosa, un oggetto. Ero così sballottata e con la vista offuscata da non riuscire a riconoscere subito cosa fosse. Non so dove lo nascondesse, forse lo teneva pronto sotto il cuscino del divano. Riconobbi le sembianze di un fallo in lattice, non rigido, di quelli molto flessibili, lungo almeno mezzo metro, con la doppia estremità. Senza sfilarsi dal mio culo, fece entrare almeno venti di quei centimetri nel mio ventre. Provai a sbirciare verso il basso ma subito mi raggiunse una sberla, affibbiata proprio con l’altra estremità libera di quel biscione gommoso, Pochi secondi e la seconda punta di quel dildo invase la mia bocca, oltre al ritrovarmi inculata e riempita in vulva, ebbi riempito anche il terzo pertugio.
In tutti e tre i miei cunicoli mi sentivo scossa, pervasa, perché oltre alle profonde spinte nelle mie viscere, mio marito agitava manualmente quella doppia verga per invadermi a dismisura.
Contorcendomi venni, sputando quel tentacolo fuori dal mio grembo, irrorando il divano, lui, me stessa. A dirla tutta, appena iniziai a sgorgare l’anima, lui prese quel membro invertebrato per sbandierarmelo convulsamente sulla clitoride per devastare, senza pietà, l’ultimo contegno del rubinetto della mia appartenenza.

Decise di invertire i glandi in gomma lattiginosa, col risultato che quello fradicio del mio vergognoso flusso era ora vicino alla mia bocca, ma non lo immerse. Volle baciarlo con me, lo succhiammo insieme, approfittandone per limonarci.
Non avevo ancora smesso di stantuffarmi in culo mentre baciavamo lo stesso zuppo oggetto, faticavamo a seguirlo, rincorrerlo, oscillava, perché credo lo stesse pure segando, e quel movimento si ripercuoteva inevitabilmente nell’altro lembo, quello nei meandri della mia fica.
Succhiando insieme quella cappella,
venni ancora, e ancora.”
scritto il
2021-11-11
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