Quel filo di saliva che cola
di
thomas andersen
genere
bondage
Un racconto scritto in collaborazione (scritto a quattro mani)
Lei.
E così mi trovo qui, mai avrei immaginato di poter accettare una proposta come quella di Thomas, cioè scrivere un racconto a quattro mani, ma non in senso figurato, come tutti siamo abituati a leggere su questo sito, cioè con un testo che è il risultato delle parole di entrambi. Questo verrà scritto a quattro mani nel senso fisico della cosa.
Sì, sono qui, completamente nuda, ad assecondare quella che era per lui l’unica modalità in cui si sarebbe potuto scrivere un racconto in due. Spogli, con la sua mano destra vincolata alla mia destra, stessa cosa per le sinistre. Non pensate a corde, ha optato per polsini in pelle scura uniti da una corta catenina.
Son seduta sulle sue gambe e lui, dietro me, seduto a sua volta su una sedia in pelle di quelle tipiche da ufficio. Davanti a noi la scrivania con pc e tastiera sulla quale sto digitando questo testo, sì questo che state leggendo.
Ci alterneremo a comporlo, in questo momento le mani che cliccano sono le mie.
Ha pensato a tutto, mi ha mandato il taxi che mi ha accompagnato a Reggio Emilia, due stanze di hotel separate, nessun incontro visivo, nessuna scontata presentazione, l’appuntamento era alle 4.30 del mattino nella penombra della sua camera.
Dice che è l’orario in cui, se ci si sveglia, si è più creativi, perche riposati dal sonno, ancora sul confine dell’onirico, col mondo attorno che dorme. E’ anche il momento in cui il sesso di un uomo è più reattivo e la tortura per lui sarebbe quindi stata superiore.
Teoricamente non lo conosco, di lui so a malapena il nome, ci leggiamo a vicenda da quasi due anni, sappiamo cosa possa significare assorbirsi tramite le parole.
Ero un po’ imbarazzata appena entrata, intravederlo, in piedi, illuminato solo dal monitor settato su bassa luminosità, il suo corpo senza nessun indumento avvicinarsi, aiutarmi delicatamente a spogliarmi, avendo molta cura di non toccare la mia pelle. Il brivido del momento in cui ha stretto il primo polsino e ha unito i nostri polsi. Averlo alle spalle, in questa forma di abbraccio, lascia pochissimo spazio tra la mia schiena e il suo petto; e il suo sesso.
Anche in questo momento in cui sto scrivendo, e lui leggendo in diretta, percepisco, nonostante i suoi sforzi di tenersi a distanza il suo desiderio sfiorarmi la zona lombo sacrale, ma è garbato, gentile, non lo fa con malizia, forse vorrebbe inibire questa sua palese reazione ma il suo corpo non risponde al comando, e ciò mi piace, lo ammetto.
Thomas A.
Immaginavo sarebbe stata forte la tentazione, ma io stesso ho stabilito i limiti, cioè solo scrittura e niente sesso.
E’ seduta sulle mie cosce, i suoi capelli sono vicinissimi al mio viso, inspiro senza permesso il suo profumo, le mie mani inevitabilmente sfiorano le sue mentre cerco ogni singolo tasto, l’erezione non mi dà tregua già da quando le ho sbottonato la camicetta, lo sguardo mi cade sulla pelle della sua sinuosa schiena, fin giù, dovrei smettere di osservarla, non è corretto, lei non può voltarsi, mi sporgo lievemente per aver più visuale sulla tastiera e intravedo il suo seno, ignoravo fosse così femminile, lei osserva la pagina di word ed io continuo a scrivere, a comunicarle, così, in questo momento, quello che vorrei sussurrarle all’orecchio.
Mi aspettavo il desiderio di te, era proprio quello che volevo descrivere in diretta, ma non ipotizzavo che potesse annebbiarmi così la vista, credo che lentamente il sangue stia traslocando dal cervello verso il mio inguine, che ne pensi di poggiarti su una sola delle mie gambe, per maggiore comodità?
Lei
Non ho assolutamente intenzione di agevolarti il lavoro, di allontanarmi dall’appagante sensazione di percepire sulla pelle, all’altezza delle fossette di Venere, quanto tempo durerà questa tua ingestibile smania primordiale, quanto potrò prolungare questa tua reazione, facendoti pentire di avermi proposto questo gioco pericoloso, anche per me.
Non mi muoverò, e se lo farò, sarà solo per puntarmi coi gomiti ai braccioli, allo scopo di sollevarmi e arretrare per rimettermi seduta al mio posto, poiché leggermente sto scivolando in avanti. Ovviamente questa manovra sarà molto rischiosa, immagina perché, non vorrei che tu mi scivolassi inavvertitamente tutto dentro.
Thomas A.
La voglia di leccarti l’orecchio mi dilania, smanio di prenderti qui, prima dell’alba, in questa nostra dimensione ovattata e sempre più viscerale. Non sei di statura alta ma così proporzionata, i tuo capelli castani arrivano appena sotto le spalle con sfumature tendenti al ramato. Una donna matura dalla pelle come seta, lucente, con quel colore donato dal sole.
Quanto sei tentatrice, i lettori hanno il diritto di sapere che stai facendo, coi braccioli, ciò che hai minacciato: ti stai tenendo sollevata.
Lascio che il mio bacino avanzi appena, scivolando sulla sedia, porto la cupola della mia immane fame verso la tua natura, la mia condanna. Quanto è difficile continuare a scrivere, ora che struscio piano, da un momento all’altro potrei venire risucchiato da un tuo movimento.
La tua calda densa chiazza mi ricopre, sei così scivolosa che mi vergogno a scrivertelo, perdonami, perdona quello che sto per fare, non resisto, venderei l’anima pur di..
mi manca il fiato, straziante digitare tasti proprio mentre il mio glande pulsa al tuo ingresso, come bussandoti per chiederti di potersi accomodare.
Il mio gomito sta per suicidare il racconto.
. . . . . . . .
Il mio gomito ha appena urtato, involontariamente o meno, il tuo,;
. . . . . . . . .
venendoti a mancare l’appoggio, sei sprofondata su me, inghiottendomi.
Siamo immobili, incastrati come nessuno mai, la sedia sta tremando, subisce le vibrazioni dei nostri corpi, sconvolti dalla sensazione che stanno vivendo ora, nel primo istante in cui la carne dura di uno è entrata nella carne bollente dell’altra.
Proverò con tutte le mie forze a non spingere oltre, non arriverò al tuo ventre, non appagherò il mio più tremendo languore.
Mi sporco di te, mi basta, sento che sei così indelebile per me.
Trovo la forza di sfilarmi, nonostante io sia marmoreo, è un supplizio, le mie mani non possono interrompere la prosecuzione della cronaca ma vorrebbero scendere per raccogliere la tua bava e spalmarla ovunque sui nostri visi.
Il mio respiro è compromesso, sbircio verso il basso la figura del tuo fondoschiena, la mia mente è fuori controllo, fantastica di tutto su Noi.
Quel tuo culo, qui, lo vedo come il tuo ingresso più vicino alla spina dorsale e, scopandotelo, potrei godere di qualcosa più forte dell’orgasmo: spruzzarti vicino al midollo, col miraggio che i fiotti caldi possano risalire la tua colonna, di vertebra in vertebra, fino a rimbombarti lassù, nel cervello.
Lei
Nel titolo hai mentito, non c’è bisogno che io lasci colare la saliva per lubrificarlo, è già viscido di noi. Continua a scrivere, più che puoi, in modo che resti impresso per l’eternità questo nostro momento.
Thomas A.
Digito le ultime parole prima di avvicinare le nostre mani, ancora vincolate, alle tue morbide chiappe, insieme le abbiamo divaricate, per servirle al mio battito primordiale. Sei scesa lenta, a tratti abbandono la tastiera per tenerti i fianchi e accompagnarti, risali, non ti farò male, non adesso, scendi, poco, brava, sali, continua piano ma non fermarti, ti mordo la scapola, ad ogni lieve affondo sale sempre più, emetto il primo grido da quando siamo entrati qui, è totalmente nelle tue viscere.
Sento come se io non esistessi più nel mondo reale, come se rinascessi in quel calore sempre agognato, dentro al tuo bellissimo buco del culo.
Lei
Sento le tue labbra asportarmi quelle micro gocce di sudore che sprigiono dalla pelle del mio collo e della parte alta della mia schiena, mi volto, “un bacio sensuale caro”.
Thomas A.
Riesco a scrivere solo una parola ogni cinque secondi, sbaglio i tasti, continuo a sodomizzarti, te lo scrivo e te lo dico all’orecchio, ti inculo, ti sbatto nel culo, ti invado il deretano, ti fotto questo tuo bel sedere, stragodo nel chiavarmi il tuo ingresso posteriore, continuo con la sinistra a scrivere, la destra deve raggiungere l’acquitrino della nostra anima, la mia mano ti tocca, mentre la tua, legata ad essa, detta il ritmo.
Scaravento via la sedia, ti appoggio al tavolino, due dita ti arpionano in profondità, vibrano allo stesso ritmo della monta fra i tuoi glutei, il palmo preme dove sei più gonfia e sensibile, sto per smettere di scrivere anche con la sinistra, sto per irrorarti di me e nel farlo devo stringere il tuo seno.
Le dita stuprano veloci, curve, so che fra poco potresti sputarle fuori e contorcerti, continuo, voglio berti, abbasso gli occhi, vedere quanto stai lasciandomi fare, vedere quel tuo foro ricevere un tale trattamento invasivo e innaturale.
Faccio ancora solo in tempo ad avvisare chiunque leggerà che .........................
Ho le mani inzuppate di te, sto imbrattando la tastiera.
Sei appoggiata a me.
Volti il viso.
Mi chino lievemente, per baciarti ancora mentre clicco il pulsante “invia racconto”.
Lei.
E così mi trovo qui, mai avrei immaginato di poter accettare una proposta come quella di Thomas, cioè scrivere un racconto a quattro mani, ma non in senso figurato, come tutti siamo abituati a leggere su questo sito, cioè con un testo che è il risultato delle parole di entrambi. Questo verrà scritto a quattro mani nel senso fisico della cosa.
Sì, sono qui, completamente nuda, ad assecondare quella che era per lui l’unica modalità in cui si sarebbe potuto scrivere un racconto in due. Spogli, con la sua mano destra vincolata alla mia destra, stessa cosa per le sinistre. Non pensate a corde, ha optato per polsini in pelle scura uniti da una corta catenina.
Son seduta sulle sue gambe e lui, dietro me, seduto a sua volta su una sedia in pelle di quelle tipiche da ufficio. Davanti a noi la scrivania con pc e tastiera sulla quale sto digitando questo testo, sì questo che state leggendo.
Ci alterneremo a comporlo, in questo momento le mani che cliccano sono le mie.
Ha pensato a tutto, mi ha mandato il taxi che mi ha accompagnato a Reggio Emilia, due stanze di hotel separate, nessun incontro visivo, nessuna scontata presentazione, l’appuntamento era alle 4.30 del mattino nella penombra della sua camera.
Dice che è l’orario in cui, se ci si sveglia, si è più creativi, perche riposati dal sonno, ancora sul confine dell’onirico, col mondo attorno che dorme. E’ anche il momento in cui il sesso di un uomo è più reattivo e la tortura per lui sarebbe quindi stata superiore.
Teoricamente non lo conosco, di lui so a malapena il nome, ci leggiamo a vicenda da quasi due anni, sappiamo cosa possa significare assorbirsi tramite le parole.
Ero un po’ imbarazzata appena entrata, intravederlo, in piedi, illuminato solo dal monitor settato su bassa luminosità, il suo corpo senza nessun indumento avvicinarsi, aiutarmi delicatamente a spogliarmi, avendo molta cura di non toccare la mia pelle. Il brivido del momento in cui ha stretto il primo polsino e ha unito i nostri polsi. Averlo alle spalle, in questa forma di abbraccio, lascia pochissimo spazio tra la mia schiena e il suo petto; e il suo sesso.
Anche in questo momento in cui sto scrivendo, e lui leggendo in diretta, percepisco, nonostante i suoi sforzi di tenersi a distanza il suo desiderio sfiorarmi la zona lombo sacrale, ma è garbato, gentile, non lo fa con malizia, forse vorrebbe inibire questa sua palese reazione ma il suo corpo non risponde al comando, e ciò mi piace, lo ammetto.
Thomas A.
Immaginavo sarebbe stata forte la tentazione, ma io stesso ho stabilito i limiti, cioè solo scrittura e niente sesso.
E’ seduta sulle mie cosce, i suoi capelli sono vicinissimi al mio viso, inspiro senza permesso il suo profumo, le mie mani inevitabilmente sfiorano le sue mentre cerco ogni singolo tasto, l’erezione non mi dà tregua già da quando le ho sbottonato la camicetta, lo sguardo mi cade sulla pelle della sua sinuosa schiena, fin giù, dovrei smettere di osservarla, non è corretto, lei non può voltarsi, mi sporgo lievemente per aver più visuale sulla tastiera e intravedo il suo seno, ignoravo fosse così femminile, lei osserva la pagina di word ed io continuo a scrivere, a comunicarle, così, in questo momento, quello che vorrei sussurrarle all’orecchio.
Mi aspettavo il desiderio di te, era proprio quello che volevo descrivere in diretta, ma non ipotizzavo che potesse annebbiarmi così la vista, credo che lentamente il sangue stia traslocando dal cervello verso il mio inguine, che ne pensi di poggiarti su una sola delle mie gambe, per maggiore comodità?
Lei
Non ho assolutamente intenzione di agevolarti il lavoro, di allontanarmi dall’appagante sensazione di percepire sulla pelle, all’altezza delle fossette di Venere, quanto tempo durerà questa tua ingestibile smania primordiale, quanto potrò prolungare questa tua reazione, facendoti pentire di avermi proposto questo gioco pericoloso, anche per me.
Non mi muoverò, e se lo farò, sarà solo per puntarmi coi gomiti ai braccioli, allo scopo di sollevarmi e arretrare per rimettermi seduta al mio posto, poiché leggermente sto scivolando in avanti. Ovviamente questa manovra sarà molto rischiosa, immagina perché, non vorrei che tu mi scivolassi inavvertitamente tutto dentro.
Thomas A.
La voglia di leccarti l’orecchio mi dilania, smanio di prenderti qui, prima dell’alba, in questa nostra dimensione ovattata e sempre più viscerale. Non sei di statura alta ma così proporzionata, i tuo capelli castani arrivano appena sotto le spalle con sfumature tendenti al ramato. Una donna matura dalla pelle come seta, lucente, con quel colore donato dal sole.
Quanto sei tentatrice, i lettori hanno il diritto di sapere che stai facendo, coi braccioli, ciò che hai minacciato: ti stai tenendo sollevata.
Lascio che il mio bacino avanzi appena, scivolando sulla sedia, porto la cupola della mia immane fame verso la tua natura, la mia condanna. Quanto è difficile continuare a scrivere, ora che struscio piano, da un momento all’altro potrei venire risucchiato da un tuo movimento.
La tua calda densa chiazza mi ricopre, sei così scivolosa che mi vergogno a scrivertelo, perdonami, perdona quello che sto per fare, non resisto, venderei l’anima pur di..
mi manca il fiato, straziante digitare tasti proprio mentre il mio glande pulsa al tuo ingresso, come bussandoti per chiederti di potersi accomodare.
Il mio gomito sta per suicidare il racconto.
. . . . . . . .
Il mio gomito ha appena urtato, involontariamente o meno, il tuo,;
. . . . . . . . .
venendoti a mancare l’appoggio, sei sprofondata su me, inghiottendomi.
Siamo immobili, incastrati come nessuno mai, la sedia sta tremando, subisce le vibrazioni dei nostri corpi, sconvolti dalla sensazione che stanno vivendo ora, nel primo istante in cui la carne dura di uno è entrata nella carne bollente dell’altra.
Proverò con tutte le mie forze a non spingere oltre, non arriverò al tuo ventre, non appagherò il mio più tremendo languore.
Mi sporco di te, mi basta, sento che sei così indelebile per me.
Trovo la forza di sfilarmi, nonostante io sia marmoreo, è un supplizio, le mie mani non possono interrompere la prosecuzione della cronaca ma vorrebbero scendere per raccogliere la tua bava e spalmarla ovunque sui nostri visi.
Il mio respiro è compromesso, sbircio verso il basso la figura del tuo fondoschiena, la mia mente è fuori controllo, fantastica di tutto su Noi.
Quel tuo culo, qui, lo vedo come il tuo ingresso più vicino alla spina dorsale e, scopandotelo, potrei godere di qualcosa più forte dell’orgasmo: spruzzarti vicino al midollo, col miraggio che i fiotti caldi possano risalire la tua colonna, di vertebra in vertebra, fino a rimbombarti lassù, nel cervello.
Lei
Nel titolo hai mentito, non c’è bisogno che io lasci colare la saliva per lubrificarlo, è già viscido di noi. Continua a scrivere, più che puoi, in modo che resti impresso per l’eternità questo nostro momento.
Thomas A.
Digito le ultime parole prima di avvicinare le nostre mani, ancora vincolate, alle tue morbide chiappe, insieme le abbiamo divaricate, per servirle al mio battito primordiale. Sei scesa lenta, a tratti abbandono la tastiera per tenerti i fianchi e accompagnarti, risali, non ti farò male, non adesso, scendi, poco, brava, sali, continua piano ma non fermarti, ti mordo la scapola, ad ogni lieve affondo sale sempre più, emetto il primo grido da quando siamo entrati qui, è totalmente nelle tue viscere.
Sento come se io non esistessi più nel mondo reale, come se rinascessi in quel calore sempre agognato, dentro al tuo bellissimo buco del culo.
Lei
Sento le tue labbra asportarmi quelle micro gocce di sudore che sprigiono dalla pelle del mio collo e della parte alta della mia schiena, mi volto, “un bacio sensuale caro”.
Thomas A.
Riesco a scrivere solo una parola ogni cinque secondi, sbaglio i tasti, continuo a sodomizzarti, te lo scrivo e te lo dico all’orecchio, ti inculo, ti sbatto nel culo, ti invado il deretano, ti fotto questo tuo bel sedere, stragodo nel chiavarmi il tuo ingresso posteriore, continuo con la sinistra a scrivere, la destra deve raggiungere l’acquitrino della nostra anima, la mia mano ti tocca, mentre la tua, legata ad essa, detta il ritmo.
Scaravento via la sedia, ti appoggio al tavolino, due dita ti arpionano in profondità, vibrano allo stesso ritmo della monta fra i tuoi glutei, il palmo preme dove sei più gonfia e sensibile, sto per smettere di scrivere anche con la sinistra, sto per irrorarti di me e nel farlo devo stringere il tuo seno.
Le dita stuprano veloci, curve, so che fra poco potresti sputarle fuori e contorcerti, continuo, voglio berti, abbasso gli occhi, vedere quanto stai lasciandomi fare, vedere quel tuo foro ricevere un tale trattamento invasivo e innaturale.
Faccio ancora solo in tempo ad avvisare chiunque leggerà che .........................
Ho le mani inzuppate di te, sto imbrattando la tastiera.
Sei appoggiata a me.
Volti il viso.
Mi chino lievemente, per baciarti ancora mentre clicco il pulsante “invia racconto”.
1
voti
voti
valutazione
9
9
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Non disperdere il tuo semeracconto sucessivo
Taccuino di Hélène
Commenti dei lettori al racconto erotico