Vacanza sullo yacht (parte 11)

di
genere
sadomaso

Andrea e Marta avevano finito di fare i lavori che erano stati loro ordinati dai Padroni.
Non avevano ricevuto ordini.
Fecero ciò che i Padroni avevano insegnato loro da quando era iniziata la vacanza, pensando che quella fosse la normalità anche se, si resero conto, era la “loro normalità”, perché espressa in termini assoluti avrebbe stonato un poco.
Andrea si stese sul gradino appena sotto la passerella di ingresso, per accogliere, quale zerbino, chiunque fosse salito a bordo. Marta era inginocchiata lì vicino per essere pronta a togliere le scarpe.
Non si chiesero nemmeno se avrebbero dovuto restare nudi e si misero in posizione, in attesa, con un velo di eccitazione, anche alla bocca dello stomaco.
Enrico e Lia stavano passeggiando sulla battigia, tenendo in mano le scarpe e con i vestiti accarezzati dal vento.
Vennero superati da una ragazza che stava facendo jogging lasciando le impronte delle sue scarpe da corsa che presto sparivano perchè la sabbia bagnata riprendeva la sua forma.
La osservarono mentre camminavano mano nella mano, finché la ragazza non incrociò un’altra coppia in lontananza nella quale, guardando bene, riconobbero i loro amici.
Fecero un cenno con la mano per farsi riconoscere ed accelerarono appena il passo.
Si sedettero al bar della spiaggia per un caffè.
“Raccontateci meglio questa cosa degli schiavi”.
Era una coppia inglese che spesso veniva in Italia, amici da anni, più o meno della loro età.
“Ricordate quella bella coppia che aveva fatto da camerieri quando siete venuti a trovarci l’ultima volta?”
“Sì, certo, erano molto gentili, educati, oltre che entrambi molto belli”.
“In realtà con loro abbiamo un rapporto un po’ particolare in quanto sono i nostri schiavi e cani”.
Avevano anticipato qualcosa al telefono, quindi più o meno già avevano una idea.
Raccontarono più nel dettaglio chi erano i due ragazzi, cosa facevano, le loro pulsioni (di tutte e due le coppie) e come avevano costruito quel particolare rapporto.
Gli ospiti facevano fatica a comprendere come qualcuno potesse provare piacere a sottomettersi così completamente.
“Non possiamo entrare in aspetti psicologici che ci sfuggono. Di fatto come ci sono i dominanti, esistono coloro che hanno bisogno di essere schiavi”.
“E noi come ci dobbiamo comportare con loro?”
“Per quanto possibile normalmente, pensando però che avete davanti due schiavi dai quali farvi servire, anche solo per prendere acqua o togliervi le scarpe. Oppure se volete accarezzarli come cani. Fate quello che volete, se volete. Se non vi va non fate nulla e sopportate solo la loro presenza”.
“Abbiamo timore di fare qualcosa che possa mancare loro di rispetto”.
“Il maggior rispetto che potete avere è, appunto, rispettare la loro sessualità, senza giudicarla, ed usarli per ciò che loro sono e vogliono essere con noi, cioè schiavi e cani. Pensate che sono momenti in cui tutti noi facciamo respirare quella parte di sessualità che, specularmente, ci accomuna. Una volta a casa, loro vivranno la loro vita coniugale mentre questa sessualità la vivono con noi”.
“Perchè ci avete coinvolti?”
“Bella domanda. Ci abbiamo pensato a lungo. Innanzitutto perché siete i migliori amici che abbiamo e sappiamo che di voi ci possiamo fidare. Inoltre ci faceva piacere poter condividere con voi questa nostra sessualità e viverla quasi liberamente, per quanto possibile, ovvio”.
“Sembra eccitante, però, la cosa”.
“Lo è, e come tale va vissuta, come un'esperienza eccitante e divertente”.
Spiegarono loro più o meno cosa avrebbero trovato e come sarebbero stati utilizzati gli schiavi.
di
scritto il
2021-11-11
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