Viola
di
Kugher
genere
sadomaso
La serata era iniziata da circa un’ora.
Gli ospiti erano solo 6, tutti selezionati dal padrone di casa.
L’eleganza era tipica di quelle persone, sempre attenti alla forma ed all’estetica in quanto, si sa, la bellezza non è solo quella del corpo.
La cena era a buffet.
I presenti, in piedi, avevano appoggiato sui tavoli apparecchiati i piatti dai quali ogni tanto si servivano.
Nei bicchieri vi era champagne e la musica di sottofondo accompagnava i colloqui frivoli.
Nessuno fece particolare caso a quella elegante coppia da poco sedutasi su due poltrone che, appena entrati, già apparivano essere destinate ad uno scopo particolare, benché nella stanza ve ne fossero altre di identica fattura.
L’uomo aveva aperto i pantaloni facendo vedere il cazzo.
La Signora, invece, aveva un’ampia gonna che, arrotolata, metteva in mostra le autoreggenti e l’assenza di mutandine.
La musica, soffusa, non calò quando Marzio, il Padrone di casa, che si era nel frattempo assentato, entrò in stanza.
Appena dietro di lui vi era Viola, una bellissima donna, la sua bellissima donna. I capelli neri erano ordinati, perfettamente in ordine.
I presenti ne avevano sempre apprezzato l’eleganza, capace di evidenziare la sua bellezza classica che riusciva ad essere moderna in ogni luogo essa frequentasse e che, dei suoi 34 anni, ne rivelava agli spettatori appena 25 o poco più.
La pettinatura era la stessa di qualche sera addietro, quando, tutti assieme, erano andati a teatro e le sue amiche, quelle stesse lì presenti, le avevano fatto i complimenti.
Adesso Viola seguiva il suo robusto Padrone e teneva i suoi splendidi occhi verdi abbassati.
Fatta eccezione per le autoreggenti nere, era nuda, vestita solo della sua bellezza. I 12 centimetri di tacco non le impedivano di procedere con la sua naturale eleganza, quella stessa che aveva il potere di attirare l’attenzione e, anche, di eccitare.
Al collo non vi era più la collana d’oro indossata a teatro ma, bensì, un collare in acciaio al quale era attaccato il guinzaglio di catena, la cui altra estremità terminava nella mano del Padrone, che la precedeva di 15 anni e di un passo.
I capezzoli erano esposti e mostravano la sua eccitazione, quell’eccitazione tipica che le derivava dall’umiliazione nell’essere esposta alla vista delle sue amiche e dei loro mariti.
La depilazione, sempre curatissima, era uno di quegli elementi che, alla prima vista, passava inosservata ma, ad un attento esame, rendeva difficile non pensare più a quella parte del corpo. E’ questo uno di quei casi in cui il “niente” diviene magnetico per chi lo ammira.
Lo sguardo basso le faceva comunque sentire gli occhi di tutti i presenti puntati su di lei, occhi eccitati che la desideravano e godevano della sua umiliazione.
Viola non li vedeva, se non nella parte terminale delle loro gambe, però li sentiva.
La stavano sbeffeggiando e denigrando, ricordando a loro stessi ed a lei quanto invece era stata elegante ed ammirata qualche sera addietro.
Il contrasto con la sua situazione attuale era forte, deciso.
La guinzaglio di catena è un simbolo di potere per chi lo tiene in mano e di umiliazione e sottomissione in chi, invece, l’ha al collo.
I polsi ammanettati dietro la schiena esponevano maggiormente i seni e rappresentavano la sua resa, la sua appartenenza a quell’uomo.
Non era solo nuda, ma, così, anche quasi impotente, senza l’uso delle mani e delle braccia, maggiormente in balia del suo Padrone e, lo sapeva, degli ospiti presenti.
Marzio avrebbe voluto bendarla, ma gli amici gli avevano chiesto di astenersi dal farlo.
Volevano che la schiava, perché tale in quel momento era, li vedesse, con gli occhi verdi rivolti a terra.
Viola li sentiva e ricordava quando quelle stesse persone le avevano fatto i complimenti e, gli uomini, il baciamano prima di entrare ad assistere allo spettacolo.
Ora stavano invece assistendo alla sua umiliazione, godendo del suo bel corpo esposto, nudo ove la funzione dei pochi capi indossati era quella di farle maggiormente sentire la sua nudità ed esposizione.
Viola si sentiva lo stomaco sottosopra.
L’umiliazione le faceva sempre quell’effetto che lei detestava perché era come un pugno nello stomaco, ma del quale non riusciva a privarsene perché le faceva bagnare la figa il cui umido luccicava nell’assenza dei peli.
Gli altri presenti, le sue amiche ed i loro mariti, lo notarono e ne risero.
Il Padrone la condusse davanti all’amico seduto, con il cazzo già duro per l’eccitazione perché quella scena non poteva lasciare indifferente nessuno, soprattutto chi di quella bellezza ne avrebbe goduto.
Lui era stato il primo, qualche sera addietro, a farle il baciamano accompagnato da una frase gentile di apprezzamento.
Ora era vestito, quale forte contrasto con la sua nudità, ed aveva il cazzo che attendeva proprio lei.
Il suo Padrone la condusse tra le gambe dell'ospite e, tirando il guinzaglio verso il basso, le ordinò di inginocchiarsi.
La situazione era forte.
Lo stomaco vibrava.
Si sentiva umiliata e, in quell’attimo, pur con la mente vuota, piena solo delle sensazioni del presente, fece resistenza.
Non fu solo lo sguardo basso, ma anche la tensione a non farle vedere il braccio del Padrone che, con il frustino, le colpì la schiena, una, due, tre volte.
L’aveva visto quel maledetto frustino nella sua mano quando gli stava un passo dietro.
In quel momento di buio, davanti al suo amico in attesa col cazzo esposto, lo aveva dimenticato.
Sentiva solo umiliazione ed eccitazione.
Si inginocchiò.
Il Padrone, con altre due frustate, le ordinò di prendere in bocca quel cazzo e di non farlo uscire fino a che non avesse bevuto tutto.
Avrebbe dovuto affidarsi solo all’abilità della sua bocca e della sua lingua, concentrandosi sulle palle prima e sul cazzo poi, con particolare attenzione al glande che, per quell’uomo, sapeva essere particolarmente sensibile.
I polsi ammanettati non le consentivano di fare ricorso alla sua abilità nell’accarezzare palle e cazzo durante il lavoro della bocca.
Sapeva che, mentre la sua lingua accudiva quel sesso, ogni tanto sarebbe arrivata la frustata. Non sapeva quando e quell’attesa le creava maggiore tensione, sensazioni che quasi le facevano dimenticare l'umiliazione la quale, però, restava sempre in un angolo del suo stomaco in subbuglio.
Sentiva le altre donne, sue amiche, parlare della sua bella figa depilata e bagnata.
Una aveva passato tra le sue cosce la punta della scarpa e tutti avevano avuto modo di vedere quanto fosse umida.
L’altra amica volle imitarla ma con la punta cercò di stimolare la sua figa, entrando appena.
Altra frustata, altra tensione unita all’umiliazione della posa e della masturbazione con la punta della scarpa.
Non era in grado di dire quanto tempo fosse passato quando l’uomo venne nella sua bocca.
Tutti sapevano della sua ritrosia ad ingoiare e, quindi, le tenne forte la testa sul cazzo per farle bere tutto.
Gli ospiti applaudirono e questo la fece sentire maggiormente esibita, esposta, umiliata ed eccitata, maledettamente eccitata, quella cazzo di eccitazione che la costringeva ad ubbidire al suo Padrone quando decideva di esibirla.
Sulle ginocchia si spostò tra le cosce della donna, anch’essa bagnata ed in attesa della sua lingua.
Gli ospiti erano solo 6, tutti selezionati dal padrone di casa.
L’eleganza era tipica di quelle persone, sempre attenti alla forma ed all’estetica in quanto, si sa, la bellezza non è solo quella del corpo.
La cena era a buffet.
I presenti, in piedi, avevano appoggiato sui tavoli apparecchiati i piatti dai quali ogni tanto si servivano.
Nei bicchieri vi era champagne e la musica di sottofondo accompagnava i colloqui frivoli.
Nessuno fece particolare caso a quella elegante coppia da poco sedutasi su due poltrone che, appena entrati, già apparivano essere destinate ad uno scopo particolare, benché nella stanza ve ne fossero altre di identica fattura.
L’uomo aveva aperto i pantaloni facendo vedere il cazzo.
La Signora, invece, aveva un’ampia gonna che, arrotolata, metteva in mostra le autoreggenti e l’assenza di mutandine.
La musica, soffusa, non calò quando Marzio, il Padrone di casa, che si era nel frattempo assentato, entrò in stanza.
Appena dietro di lui vi era Viola, una bellissima donna, la sua bellissima donna. I capelli neri erano ordinati, perfettamente in ordine.
I presenti ne avevano sempre apprezzato l’eleganza, capace di evidenziare la sua bellezza classica che riusciva ad essere moderna in ogni luogo essa frequentasse e che, dei suoi 34 anni, ne rivelava agli spettatori appena 25 o poco più.
La pettinatura era la stessa di qualche sera addietro, quando, tutti assieme, erano andati a teatro e le sue amiche, quelle stesse lì presenti, le avevano fatto i complimenti.
Adesso Viola seguiva il suo robusto Padrone e teneva i suoi splendidi occhi verdi abbassati.
Fatta eccezione per le autoreggenti nere, era nuda, vestita solo della sua bellezza. I 12 centimetri di tacco non le impedivano di procedere con la sua naturale eleganza, quella stessa che aveva il potere di attirare l’attenzione e, anche, di eccitare.
Al collo non vi era più la collana d’oro indossata a teatro ma, bensì, un collare in acciaio al quale era attaccato il guinzaglio di catena, la cui altra estremità terminava nella mano del Padrone, che la precedeva di 15 anni e di un passo.
I capezzoli erano esposti e mostravano la sua eccitazione, quell’eccitazione tipica che le derivava dall’umiliazione nell’essere esposta alla vista delle sue amiche e dei loro mariti.
La depilazione, sempre curatissima, era uno di quegli elementi che, alla prima vista, passava inosservata ma, ad un attento esame, rendeva difficile non pensare più a quella parte del corpo. E’ questo uno di quei casi in cui il “niente” diviene magnetico per chi lo ammira.
Lo sguardo basso le faceva comunque sentire gli occhi di tutti i presenti puntati su di lei, occhi eccitati che la desideravano e godevano della sua umiliazione.
Viola non li vedeva, se non nella parte terminale delle loro gambe, però li sentiva.
La stavano sbeffeggiando e denigrando, ricordando a loro stessi ed a lei quanto invece era stata elegante ed ammirata qualche sera addietro.
Il contrasto con la sua situazione attuale era forte, deciso.
La guinzaglio di catena è un simbolo di potere per chi lo tiene in mano e di umiliazione e sottomissione in chi, invece, l’ha al collo.
I polsi ammanettati dietro la schiena esponevano maggiormente i seni e rappresentavano la sua resa, la sua appartenenza a quell’uomo.
Non era solo nuda, ma, così, anche quasi impotente, senza l’uso delle mani e delle braccia, maggiormente in balia del suo Padrone e, lo sapeva, degli ospiti presenti.
Marzio avrebbe voluto bendarla, ma gli amici gli avevano chiesto di astenersi dal farlo.
Volevano che la schiava, perché tale in quel momento era, li vedesse, con gli occhi verdi rivolti a terra.
Viola li sentiva e ricordava quando quelle stesse persone le avevano fatto i complimenti e, gli uomini, il baciamano prima di entrare ad assistere allo spettacolo.
Ora stavano invece assistendo alla sua umiliazione, godendo del suo bel corpo esposto, nudo ove la funzione dei pochi capi indossati era quella di farle maggiormente sentire la sua nudità ed esposizione.
Viola si sentiva lo stomaco sottosopra.
L’umiliazione le faceva sempre quell’effetto che lei detestava perché era come un pugno nello stomaco, ma del quale non riusciva a privarsene perché le faceva bagnare la figa il cui umido luccicava nell’assenza dei peli.
Gli altri presenti, le sue amiche ed i loro mariti, lo notarono e ne risero.
Il Padrone la condusse davanti all’amico seduto, con il cazzo già duro per l’eccitazione perché quella scena non poteva lasciare indifferente nessuno, soprattutto chi di quella bellezza ne avrebbe goduto.
Lui era stato il primo, qualche sera addietro, a farle il baciamano accompagnato da una frase gentile di apprezzamento.
Ora era vestito, quale forte contrasto con la sua nudità, ed aveva il cazzo che attendeva proprio lei.
Il suo Padrone la condusse tra le gambe dell'ospite e, tirando il guinzaglio verso il basso, le ordinò di inginocchiarsi.
La situazione era forte.
Lo stomaco vibrava.
Si sentiva umiliata e, in quell’attimo, pur con la mente vuota, piena solo delle sensazioni del presente, fece resistenza.
Non fu solo lo sguardo basso, ma anche la tensione a non farle vedere il braccio del Padrone che, con il frustino, le colpì la schiena, una, due, tre volte.
L’aveva visto quel maledetto frustino nella sua mano quando gli stava un passo dietro.
In quel momento di buio, davanti al suo amico in attesa col cazzo esposto, lo aveva dimenticato.
Sentiva solo umiliazione ed eccitazione.
Si inginocchiò.
Il Padrone, con altre due frustate, le ordinò di prendere in bocca quel cazzo e di non farlo uscire fino a che non avesse bevuto tutto.
Avrebbe dovuto affidarsi solo all’abilità della sua bocca e della sua lingua, concentrandosi sulle palle prima e sul cazzo poi, con particolare attenzione al glande che, per quell’uomo, sapeva essere particolarmente sensibile.
I polsi ammanettati non le consentivano di fare ricorso alla sua abilità nell’accarezzare palle e cazzo durante il lavoro della bocca.
Sapeva che, mentre la sua lingua accudiva quel sesso, ogni tanto sarebbe arrivata la frustata. Non sapeva quando e quell’attesa le creava maggiore tensione, sensazioni che quasi le facevano dimenticare l'umiliazione la quale, però, restava sempre in un angolo del suo stomaco in subbuglio.
Sentiva le altre donne, sue amiche, parlare della sua bella figa depilata e bagnata.
Una aveva passato tra le sue cosce la punta della scarpa e tutti avevano avuto modo di vedere quanto fosse umida.
L’altra amica volle imitarla ma con la punta cercò di stimolare la sua figa, entrando appena.
Altra frustata, altra tensione unita all’umiliazione della posa e della masturbazione con la punta della scarpa.
Non era in grado di dire quanto tempo fosse passato quando l’uomo venne nella sua bocca.
Tutti sapevano della sua ritrosia ad ingoiare e, quindi, le tenne forte la testa sul cazzo per farle bere tutto.
Gli ospiti applaudirono e questo la fece sentire maggiormente esibita, esposta, umiliata ed eccitata, maledettamente eccitata, quella cazzo di eccitazione che la costringeva ad ubbidire al suo Padrone quando decideva di esibirla.
Sulle ginocchia si spostò tra le cosce della donna, anch’essa bagnata ed in attesa della sua lingua.
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