Da solstizio a solstizio (Yuko's)
di
Yuko
genere
saffico
“Ma perchè deve essere ancora buio a quest'ora?” dico ad alta voce e mi preoccupo, mentre guardo l'orologio.
Non avrò per caso sbagliato a mettere la sveglia?
Non si cambia l'ora in gennaio, no?
Entro nel campeggio. No, l'ora è quella giusta, lo vedo sul grosso orologio di fronte alla reception; ma perchè sia ancora buio, questo non riesco proprio a capirlo.
Sto per girarmi per guardare in direzione del sole, quando scorgo dietro alla siepe un uomo nudo che si muove con un ritmo inequivocabile.
“Ma che ca...”
Mi avvicino e percepisco dei gemiti altrettanto espliciti.
Mi sporgo oltre la siepe e la scena mi appare nella sua interezza e semplicità: una donna a quattro zampe sulla panchina e un uomo che la sta scopando con evidente soddisfazione, da dietro, per la precisione.
Odio le feste di capodanno!
“Ragazzi, queste cose fatele in tenda, porca miseria!”
Lui si gira e non sembra neanche seccato, anzi sembra ammiccare, come se volesse invitarmi, o magari solo per farmi capire quanto sia figo. Sarebbe anche un bel ragazzo, ma ha troppi tatuaggi. Non mi piacerebbe fare sesso con un murales.
Ma la ragazza non ha gradito la mia ingerenza e mi apostrofa in un dialetto che non conosco.
Qui a Trieste se ne sentono di tutti i colori e non basterebbe una vita per impararli tutti, soprattutto per una straniera.
Sto per rispondere quando di colpo le parole assumono un senso.
Cazzo, mi ha risposto in giapponese!
Non me lo aspettavo, ma ora ho ben percepito un franco insulto nella lingua che conosco.
Non sapevo che ci fosse una orientale nel campeggio, ma magari sono arrivati ieri pomeriggio, quando avevo già dato il cambio.
Mi armo di pazienza e mi avvicino ai due, che non mostrano il minimo accenno a smettere. Neanche un filo di pudore. Non dico lui, ma almeno la mia connazionale!
Lei è di spalle, capelli lunghi e neri, anche un bel culetto, se posso permettermi.
Lui continua come se fosse l'orsacchiotto di Duracell e mi guarda con una faccia beata. Anche esibizionista.
“Dai ragazzi, vi beccate una bella denuncia, e io una multa. Andate in tenda e finite lì. Ormai vi ho interrotto!”
“Ma perchè non ti fai i cazzi tuoi?” mi risponde, invece, quello, continuando a piallare il fondoschiena della compaesana.
“Perchè 'questi' sono i cazzi miei! Io qui ci lavoro e devo mandare avanti questo posto senza casini!” gli rispondo mentre comincio ad alterarmi.
“Vuoi partecipare? Ce n'è anche per te!”
Io mi fermo e, mani sui fianchi, lo guardo con un'espressione truce. Iniziamo malissimo.
Quello sbuffa, si ferma, sguaina la spada dal fodero di carne e, così, forse per risarcimento, molla uno schiaffone sulle chiappe della ragazza.
E se ne va brandendo la verga a due mani, come un atleta di salto con l'asta. E, in effetti, che asta!
Lei si rialza e mi si rivolge con una raffica di insulti in giapponese.
Ma che palle! E non posso neanche rispondere!
Ma resto di pietra. Quella deficiente mi assomiglia in modo sorprendente. Solo che io quando faccio sesso non mi faccio vedere da tutti.
L'importante che i due dementi se ne ritornino in tenda e poi facciano quello che pare loro.
Nell'oscurità tutti gli orientali si assomigliano.
Già! E perchè è ancora buio???
Finalmente mi giro verso sud-est, da dove dovrebbe sorgere il sole in inverno.
Il sole non c'è, ma al suo posto spicca una lucente corona luminosa e irregolare, tutto attorno a un profilo tondo e nero.
Un'eclissi totale di sole? Resto impietrita.
Ma se sono rarissime! E di sicuro l'avrei saputo da tempo, se ci fosse stato un evento di tali proporzioni!
Resto affascinata ad osservare i dettagli della corona solare. Accidenti, ad averlo saputo, sarei ora qui col telescopio a guardarmi le protuberanze solari!
Ma mi riprendo subito. No, non è possibile. Non può esserci un'eclissi di sole, e la fase di totalità non può durare mezz'ora!
Che cosa sta succedendo?
Corro in reception, devo vedere un notiziario, guardare su internet cosa sta succedendo.
Questa situazione non è normale.
Corro verso il retro dell'edificio e scopro che la porta è già aperta.
Chi è arrivato? Ero io di turno.
La luce è accesa.
Si, mi sta andando in pappa il cervello.
Arrivo al bancone e trovo una ragazza seduta di spalle al posto dell'inserviente.
“Hey!” la richiamo.
Quella si gira e... no, non è possibile. Resto paralizzata.
Passi la ragazza che scopava nell'aiuola, ma anche questa è la mia copia identica.
“Ma mi spieghi chi sei tu? E che ci fai lì al mio posto?”
Quella mi sorride, e col tono più pacato del mondo mi risponde con un bel sorriso: “Honey, io qui ci lavoro! Ma si entra dal davanti! Be', ormai ci sei. Scusa, siedi un attimo, accendo il PC e sono da te.”
Io la guardo a occhi spalancati e completamente ammutolita. 'Ma che razza di...' i pensieri si aggrovigliano e non riesco a formulare la minima frase. Identica a me, al mio posto. E quelli sono anche i miei vestiti!
“Tutto bene, gioia?” mi chiede, con uno sguardo rassicurante. “Sei anche tu giapponese? Di dove?”
“O... Osaka...” balbetto io senza riuscire ad afferrare il bandolo della matassa.
“Hey, anch'io!” fa quella. E tutto mi sembra così assurdo.
Guardo l'orologio di fianco al PC. Segna la stessa ora di quello che ho intravisto, appena entrata in campeggio. È evidente che c'è qualcosa che non va. Eppure mi trovo del tutto incapace di ogni iniziativa; anche i pensieri si ribellano e resto a guardare l'altra con la mandibola cadente.
“Tutto ok?” continua quella, come se nulla fosse. “Ma lo sai che sei carina?”
Scuoto la testa, ma non riesco a cancellare questa immagine. Tutto intorno è ancora buio e questa situazione non si sblocca. Tutto è come ovattato, sembra quasi che i suoni rimbombino.
Alzo un dito verso la ragazza, ma non riesco a dire nulla, le parole mi si sono congelate in gola.
L'altra intanto si è alzata, ha aggirato il bancone e mi è venuta incontro.
“Che c'è, piccola, non sai l'italiano?” mi chiede in giapponese.
Io mi riscuoto, ma mi confondo ancora di più. Ora non saprei neanche più dire dove mi trovo.
Lei ora mi è di fronte. Siamo due gocce d'acqua e davanti a lei mi sembra di essere di fronte allo specchio. Eppure l'altra non si accorge, non è neanche minimamente stupita.
“Scusami, ma tu chi sei?” riesco alla fine a chiederle.
“Yuko!” risponde, tendendomi la mano.
“No, scusa, sono 'io' Yuko!”
“Ma dai! Ci chiamiamo nello stesso modo? Già ci assomigliamo che sembriamo due sorelle!”
Ah, ma allora lo ha notato!
“No, scusa...” mi allontano un attimo. Mi sta troppo appiccicata davanti.
“Io sono...” e allungo l'indice verso di lei. “Io sono...” ed è come se volessi dire 'io sono te!', ma ovviamente la mia mente si rifiuta di costruire una frase del genere.
“Io... lavoro qui!” riesco infine a formulare.
Ma l'altra scoppia in una risata grossolana! È evidente che non mi crede. Eppure è così spontanea, così naturale.
Fa un passo deciso verso di me, mi passa una mano dietro alla schiena e mi stringe a lei. E prima che possa oppormi, tira fuori la lingua e mi dà una leccata sulla bocca, dal mento fino al naso.
“Me che razza... ma che cazzo...” cerco di divincolarmi.
“Eh dai, Yukiko, lo so che sei lesbica” insiste quella e intanto con il braccio mi serra al suo corpo, ventre contro ventre, anche se inarco la schiena per cercare di staccarmi.
“No, io veramente...”
“Va be', bisex. Cambia poco.”
E mi infila una mano sotto la gonna. Neanche il tempo di stupirmi che sento un suo dito che si spinge nel culo, infilandosi tra le cosce, con mutandine e tutto.
“Ma sei deficiente?” Le urlo addosso cercando di spingerla via con le braccia. Ma siamo troppo appiccicate e non riesco a far leva sulle sue spalle.
Quella intanto riesce invece a farmi di tutto e, dribblate le mutandine, mi ha infilato due dita in vagina.
È inutile negarlo, ero bagnata in modo imbarazzante e il mio tentativo di un'estrema opposizione naufraga in un esplicito sospiro di piacere.
Le sue dita si muovono dentro di me e mi stimolano in modo incomprensibile e incontrollato.
“Lo vedi che ti piace? Maiala di una jap?”
Cerco ancora di sfuggirle, le spingo le spalle, ma quella, con la mano libera mi arpiona una tetta, facendosi strada sotto la giacca aperta.
“Ma mi lasci stare?” Cerco ancora di sfuggirle, ma quelle dita dalla vagina si sono spostate sul clitoride. Quella porca sa esattamente come farmi godere e ora fa scempio delle mie sensazioni.
Mi stanno già cedendo le gambe e resto come appesa alle sue dita dentro di me.
Quella intanto mi è passata sotto il maglione e la camicetta e ora la sua mano è sul mio seno nudo, e mi strizza un capezzolo.
Non so cosa mi capiti, ma comincio ad ansimare e a gemere, e quella continua a centrifugarmi il clitoride, fino a provocarmi spasmi agli addominali.
“Vedi che ti piace, Yukiko? Lo vedi?” E senza lasciarmi una risposta che non avrei potuto dare, mi ficca la lingua in bocca, sposta la mano dal mio seno alla nuca, mi bacia, mi indaga in ogni pertugio e, sempre con quelle dita irresistibili fra le mie cosce, mi conduce a spegnere nella sua bocca il primo orgasmo.
Mi accascio su di lei, ma quella mi adagia contro il bancone, mi solleva e mi ci appoggia sopra.
Io ancora ansimo, incapace di qualunque resistenza mentre mi solleva la gonna, mi strappa le mutande e mi allarga le cosce.
“Ma cosa stai facendo...” ansimo, ancora scossa dalle contrazioni, ma la sua bocca è già tra le mie cosce. Mi morde il pube, mi tira i peli con i denti, mi succhia le labbra e ancora mi entra dentro con la lingua.
'Davvero io riesco a fare questo alle mie amanti?' ho ancora il minimo di lucidità per pormi questa domanda, quando sento un dito che mi si infila nel sedere.
“Mi... fai... godere...” recito tra un sospiro e l'altro.
E quella lingua! La figa è diventata una fontana; colo bava che riveste il dito che mi entra nel sedere e anche la penetrazione diventa ancora più piacevole.
A breve distanza dal primo, arriva un secondo orgasmo, più forte, più potente, e spingo il ventre e il culo incontro a quella lingua e a quel dito.
Le mie mani si infilano nei capelli di quella donna e me la tiro tra le cosce urlando il suo e il mio nome insieme.
Poi è come se svenissi.
E quando mi risveglio è tutto finito. Sono su un morbido letto, e sono nuda.
Una mano di donna mi accarezza il seno, leggera e delicata.
Alzo gli occhi. Ora c'è luce. E quella è la Giò, la riconosco. L'ho vista solo in foto, ma quel sorriso malizioso, quell'espressione da furbetta impunita... Non posso sbagliare.
Ma sento ancora delle carezze umide tra le cosce. E allora come al rallentatore abbasso lo sguardo oltre ai miei seni, al mio ventre e oltre il monte di Venere. Dai dietro ai miei peli pubici spunta una capigliatura bionda, quello sguardo che conosco così bene, quegli occhi dolci e rassicuranti.
Lucrezia si erge tra le mie cosce, come una sirena che emerge tra i flussi.
Nuda, il suo seno rigoglioso, il suo sguardo caldo e avvolgente.
“Tutto bene, Yuko?”
Mi sorride e intanto la mano di Giovanna gioca col mio seno, le sue dita, terribilmente calde, leggere come il velluto sui miei capezzoli.
“Sorella... non ci crederai, ho sognato...”
“Cosa hai sognato, fiore delle perle?”
“Ho sognato...” e mi metto a ridere. “Non ci crederai! O sognato che gestivo un camping a Trieste!”
E scoppio in una risata. Mi copro la bocca con una mano, mentre avverto una prensione più consistente della mano di Giovanna sul mio seno.
Lucrezia si fa seria. Guarda me, poi la Giò, poi ancora me. Intanto io riesco a contenere la mia risata.
“Mi ci vedi?” Io, dall'ospedale a gestire un camping?” e rido ancora. La mano di Giò mi prende tutto il seno, me lo avvolge, e ci affonda le dita, voluttuosamente.
“Ma Yuko”, continua Lucrezia, con uno sguardo che non ammette repliche. “Tu è già da un mese che lavori al camping 'Eclissi di sole'! E sei di turno questo pomeriggio!”
Non avrò per caso sbagliato a mettere la sveglia?
Non si cambia l'ora in gennaio, no?
Entro nel campeggio. No, l'ora è quella giusta, lo vedo sul grosso orologio di fronte alla reception; ma perchè sia ancora buio, questo non riesco proprio a capirlo.
Sto per girarmi per guardare in direzione del sole, quando scorgo dietro alla siepe un uomo nudo che si muove con un ritmo inequivocabile.
“Ma che ca...”
Mi avvicino e percepisco dei gemiti altrettanto espliciti.
Mi sporgo oltre la siepe e la scena mi appare nella sua interezza e semplicità: una donna a quattro zampe sulla panchina e un uomo che la sta scopando con evidente soddisfazione, da dietro, per la precisione.
Odio le feste di capodanno!
“Ragazzi, queste cose fatele in tenda, porca miseria!”
Lui si gira e non sembra neanche seccato, anzi sembra ammiccare, come se volesse invitarmi, o magari solo per farmi capire quanto sia figo. Sarebbe anche un bel ragazzo, ma ha troppi tatuaggi. Non mi piacerebbe fare sesso con un murales.
Ma la ragazza non ha gradito la mia ingerenza e mi apostrofa in un dialetto che non conosco.
Qui a Trieste se ne sentono di tutti i colori e non basterebbe una vita per impararli tutti, soprattutto per una straniera.
Sto per rispondere quando di colpo le parole assumono un senso.
Cazzo, mi ha risposto in giapponese!
Non me lo aspettavo, ma ora ho ben percepito un franco insulto nella lingua che conosco.
Non sapevo che ci fosse una orientale nel campeggio, ma magari sono arrivati ieri pomeriggio, quando avevo già dato il cambio.
Mi armo di pazienza e mi avvicino ai due, che non mostrano il minimo accenno a smettere. Neanche un filo di pudore. Non dico lui, ma almeno la mia connazionale!
Lei è di spalle, capelli lunghi e neri, anche un bel culetto, se posso permettermi.
Lui continua come se fosse l'orsacchiotto di Duracell e mi guarda con una faccia beata. Anche esibizionista.
“Dai ragazzi, vi beccate una bella denuncia, e io una multa. Andate in tenda e finite lì. Ormai vi ho interrotto!”
“Ma perchè non ti fai i cazzi tuoi?” mi risponde, invece, quello, continuando a piallare il fondoschiena della compaesana.
“Perchè 'questi' sono i cazzi miei! Io qui ci lavoro e devo mandare avanti questo posto senza casini!” gli rispondo mentre comincio ad alterarmi.
“Vuoi partecipare? Ce n'è anche per te!”
Io mi fermo e, mani sui fianchi, lo guardo con un'espressione truce. Iniziamo malissimo.
Quello sbuffa, si ferma, sguaina la spada dal fodero di carne e, così, forse per risarcimento, molla uno schiaffone sulle chiappe della ragazza.
E se ne va brandendo la verga a due mani, come un atleta di salto con l'asta. E, in effetti, che asta!
Lei si rialza e mi si rivolge con una raffica di insulti in giapponese.
Ma che palle! E non posso neanche rispondere!
Ma resto di pietra. Quella deficiente mi assomiglia in modo sorprendente. Solo che io quando faccio sesso non mi faccio vedere da tutti.
L'importante che i due dementi se ne ritornino in tenda e poi facciano quello che pare loro.
Nell'oscurità tutti gli orientali si assomigliano.
Già! E perchè è ancora buio???
Finalmente mi giro verso sud-est, da dove dovrebbe sorgere il sole in inverno.
Il sole non c'è, ma al suo posto spicca una lucente corona luminosa e irregolare, tutto attorno a un profilo tondo e nero.
Un'eclissi totale di sole? Resto impietrita.
Ma se sono rarissime! E di sicuro l'avrei saputo da tempo, se ci fosse stato un evento di tali proporzioni!
Resto affascinata ad osservare i dettagli della corona solare. Accidenti, ad averlo saputo, sarei ora qui col telescopio a guardarmi le protuberanze solari!
Ma mi riprendo subito. No, non è possibile. Non può esserci un'eclissi di sole, e la fase di totalità non può durare mezz'ora!
Che cosa sta succedendo?
Corro in reception, devo vedere un notiziario, guardare su internet cosa sta succedendo.
Questa situazione non è normale.
Corro verso il retro dell'edificio e scopro che la porta è già aperta.
Chi è arrivato? Ero io di turno.
La luce è accesa.
Si, mi sta andando in pappa il cervello.
Arrivo al bancone e trovo una ragazza seduta di spalle al posto dell'inserviente.
“Hey!” la richiamo.
Quella si gira e... no, non è possibile. Resto paralizzata.
Passi la ragazza che scopava nell'aiuola, ma anche questa è la mia copia identica.
“Ma mi spieghi chi sei tu? E che ci fai lì al mio posto?”
Quella mi sorride, e col tono più pacato del mondo mi risponde con un bel sorriso: “Honey, io qui ci lavoro! Ma si entra dal davanti! Be', ormai ci sei. Scusa, siedi un attimo, accendo il PC e sono da te.”
Io la guardo a occhi spalancati e completamente ammutolita. 'Ma che razza di...' i pensieri si aggrovigliano e non riesco a formulare la minima frase. Identica a me, al mio posto. E quelli sono anche i miei vestiti!
“Tutto bene, gioia?” mi chiede, con uno sguardo rassicurante. “Sei anche tu giapponese? Di dove?”
“O... Osaka...” balbetto io senza riuscire ad afferrare il bandolo della matassa.
“Hey, anch'io!” fa quella. E tutto mi sembra così assurdo.
Guardo l'orologio di fianco al PC. Segna la stessa ora di quello che ho intravisto, appena entrata in campeggio. È evidente che c'è qualcosa che non va. Eppure mi trovo del tutto incapace di ogni iniziativa; anche i pensieri si ribellano e resto a guardare l'altra con la mandibola cadente.
“Tutto ok?” continua quella, come se nulla fosse. “Ma lo sai che sei carina?”
Scuoto la testa, ma non riesco a cancellare questa immagine. Tutto intorno è ancora buio e questa situazione non si sblocca. Tutto è come ovattato, sembra quasi che i suoni rimbombino.
Alzo un dito verso la ragazza, ma non riesco a dire nulla, le parole mi si sono congelate in gola.
L'altra intanto si è alzata, ha aggirato il bancone e mi è venuta incontro.
“Che c'è, piccola, non sai l'italiano?” mi chiede in giapponese.
Io mi riscuoto, ma mi confondo ancora di più. Ora non saprei neanche più dire dove mi trovo.
Lei ora mi è di fronte. Siamo due gocce d'acqua e davanti a lei mi sembra di essere di fronte allo specchio. Eppure l'altra non si accorge, non è neanche minimamente stupita.
“Scusami, ma tu chi sei?” riesco alla fine a chiederle.
“Yuko!” risponde, tendendomi la mano.
“No, scusa, sono 'io' Yuko!”
“Ma dai! Ci chiamiamo nello stesso modo? Già ci assomigliamo che sembriamo due sorelle!”
Ah, ma allora lo ha notato!
“No, scusa...” mi allontano un attimo. Mi sta troppo appiccicata davanti.
“Io sono...” e allungo l'indice verso di lei. “Io sono...” ed è come se volessi dire 'io sono te!', ma ovviamente la mia mente si rifiuta di costruire una frase del genere.
“Io... lavoro qui!” riesco infine a formulare.
Ma l'altra scoppia in una risata grossolana! È evidente che non mi crede. Eppure è così spontanea, così naturale.
Fa un passo deciso verso di me, mi passa una mano dietro alla schiena e mi stringe a lei. E prima che possa oppormi, tira fuori la lingua e mi dà una leccata sulla bocca, dal mento fino al naso.
“Me che razza... ma che cazzo...” cerco di divincolarmi.
“Eh dai, Yukiko, lo so che sei lesbica” insiste quella e intanto con il braccio mi serra al suo corpo, ventre contro ventre, anche se inarco la schiena per cercare di staccarmi.
“No, io veramente...”
“Va be', bisex. Cambia poco.”
E mi infila una mano sotto la gonna. Neanche il tempo di stupirmi che sento un suo dito che si spinge nel culo, infilandosi tra le cosce, con mutandine e tutto.
“Ma sei deficiente?” Le urlo addosso cercando di spingerla via con le braccia. Ma siamo troppo appiccicate e non riesco a far leva sulle sue spalle.
Quella intanto riesce invece a farmi di tutto e, dribblate le mutandine, mi ha infilato due dita in vagina.
È inutile negarlo, ero bagnata in modo imbarazzante e il mio tentativo di un'estrema opposizione naufraga in un esplicito sospiro di piacere.
Le sue dita si muovono dentro di me e mi stimolano in modo incomprensibile e incontrollato.
“Lo vedi che ti piace? Maiala di una jap?”
Cerco ancora di sfuggirle, le spingo le spalle, ma quella, con la mano libera mi arpiona una tetta, facendosi strada sotto la giacca aperta.
“Ma mi lasci stare?” Cerco ancora di sfuggirle, ma quelle dita dalla vagina si sono spostate sul clitoride. Quella porca sa esattamente come farmi godere e ora fa scempio delle mie sensazioni.
Mi stanno già cedendo le gambe e resto come appesa alle sue dita dentro di me.
Quella intanto mi è passata sotto il maglione e la camicetta e ora la sua mano è sul mio seno nudo, e mi strizza un capezzolo.
Non so cosa mi capiti, ma comincio ad ansimare e a gemere, e quella continua a centrifugarmi il clitoride, fino a provocarmi spasmi agli addominali.
“Vedi che ti piace, Yukiko? Lo vedi?” E senza lasciarmi una risposta che non avrei potuto dare, mi ficca la lingua in bocca, sposta la mano dal mio seno alla nuca, mi bacia, mi indaga in ogni pertugio e, sempre con quelle dita irresistibili fra le mie cosce, mi conduce a spegnere nella sua bocca il primo orgasmo.
Mi accascio su di lei, ma quella mi adagia contro il bancone, mi solleva e mi ci appoggia sopra.
Io ancora ansimo, incapace di qualunque resistenza mentre mi solleva la gonna, mi strappa le mutande e mi allarga le cosce.
“Ma cosa stai facendo...” ansimo, ancora scossa dalle contrazioni, ma la sua bocca è già tra le mie cosce. Mi morde il pube, mi tira i peli con i denti, mi succhia le labbra e ancora mi entra dentro con la lingua.
'Davvero io riesco a fare questo alle mie amanti?' ho ancora il minimo di lucidità per pormi questa domanda, quando sento un dito che mi si infila nel sedere.
“Mi... fai... godere...” recito tra un sospiro e l'altro.
E quella lingua! La figa è diventata una fontana; colo bava che riveste il dito che mi entra nel sedere e anche la penetrazione diventa ancora più piacevole.
A breve distanza dal primo, arriva un secondo orgasmo, più forte, più potente, e spingo il ventre e il culo incontro a quella lingua e a quel dito.
Le mie mani si infilano nei capelli di quella donna e me la tiro tra le cosce urlando il suo e il mio nome insieme.
Poi è come se svenissi.
E quando mi risveglio è tutto finito. Sono su un morbido letto, e sono nuda.
Una mano di donna mi accarezza il seno, leggera e delicata.
Alzo gli occhi. Ora c'è luce. E quella è la Giò, la riconosco. L'ho vista solo in foto, ma quel sorriso malizioso, quell'espressione da furbetta impunita... Non posso sbagliare.
Ma sento ancora delle carezze umide tra le cosce. E allora come al rallentatore abbasso lo sguardo oltre ai miei seni, al mio ventre e oltre il monte di Venere. Dai dietro ai miei peli pubici spunta una capigliatura bionda, quello sguardo che conosco così bene, quegli occhi dolci e rassicuranti.
Lucrezia si erge tra le mie cosce, come una sirena che emerge tra i flussi.
Nuda, il suo seno rigoglioso, il suo sguardo caldo e avvolgente.
“Tutto bene, Yuko?”
Mi sorride e intanto la mano di Giovanna gioca col mio seno, le sue dita, terribilmente calde, leggere come il velluto sui miei capezzoli.
“Sorella... non ci crederai, ho sognato...”
“Cosa hai sognato, fiore delle perle?”
“Ho sognato...” e mi metto a ridere. “Non ci crederai! O sognato che gestivo un camping a Trieste!”
E scoppio in una risata. Mi copro la bocca con una mano, mentre avverto una prensione più consistente della mano di Giovanna sul mio seno.
Lucrezia si fa seria. Guarda me, poi la Giò, poi ancora me. Intanto io riesco a contenere la mia risata.
“Mi ci vedi?” Io, dall'ospedale a gestire un camping?” e rido ancora. La mano di Giò mi prende tutto il seno, me lo avvolge, e ci affonda le dita, voluttuosamente.
“Ma Yuko”, continua Lucrezia, con uno sguardo che non ammette repliche. “Tu è già da un mese che lavori al camping 'Eclissi di sole'! E sei di turno questo pomeriggio!”
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Notte della vigiliaracconto sucessivo
Tre donne, un solo antico mestiere
Commenti dei lettori al racconto erotico