Il regalo di matrimonio perfetto

di
genere
tradimenti

Neanche lo so perché ci sono andata a quel fottuto matrimonio. In fondo da quando Chiara aveva baciato il mio ragazzo davanti a tutti, la notte di capodanno di qualche anno fa, i nostri rapporti si erano decisamente raffreddati.
Era una delle mie migliori amiche e mi aveva umiliata in pubblico.
Certo lei aveva bevuto un po’ e il mio ragazzo di allora era un vero stronzo, ma poteva anche evitare di ficcargli la lingua in bocca, e che diamine!
Devo ammettere, però, che in fin dei conti mi ha fatto un favore: ci stavo rimettendo la salute dietro a quell’imbecille.
Dopo quella tragica notte Chiara mi chiese scusa decine di volte e alla fine abbiamo ricucito, un pochino, ma l’invito al suo matrimonio proprio non me lo aspettavo.
Forse avrebbe fatto meglio a non invitarmi, anzi il forse è decisamente di troppo.



Mentre il terzo primo a base di pesce faceva il suo pomposo ingresso nella sala da pranzo, la super damigella d’onore - tale Valentina di Milano - tirò fuori da un elegante sacchetto di raffia, strategicamente posizionato sotto il tavolo, un piccolo pacco regalo per Chiara.
Onestamente ancora oggi ignoro cosa ci fosse dentro, probabilmente lo dissero anche a me, ma ovviamente non ascoltai. Ricordo solo che misi la mia quota, 67 euro circa, oltre ai 200 euro nella busta, un autentico salasso.
Di certo era qualcosa di piccante; tutte le commensali al mio tavolo, infatti, continuavano a ripetere all’unisono che non poteva essere aperto davanti ai familiari.
Valentina chiese se qualcuna di noi aveva voglia di portare il pacchetto direttamente nella camera degli sposi, mentre lei si sarebbe occupata dell’ingrato compito di distrarre la sposa.
Era una piccola via di fuga da quell’inferno in cui mi ero infilata, per cui mi offrii volontaria senza pensarci un attimo.
Per la ricerca della stanza Valentina mi disse di rivolgermi direttamente allo sposo e così feci.

Dopo essersi rimpinzata con le linguine al profumo di mare, Valentina trascinò Chiara in pista da ballo, mentre io, con il pacchetto sotto braccio, mi avvicinai silenziosamente allo sposo.
Gli spiegai quello che dovevo fare e lui si offrì di accompagnarmi; aveva bisogno di fumare una sigaretta e per arrivare alla loro suite c’era da camminare all’esterno della sala.
Sulla strada chiacchierammo un po’. Alberto era decisamente un tipo gentile. Mi chiese se mi stavo divertendo, se mi piaceva il cibo e la musica. Aveva un bellissimo sorriso ed un sguardo così profondo da rischiare di annegarci dentro.
Arrivati all’ingresso della stanza tirò fuori una piccola chiave, la infilò nella toppa e mi lasciò entrare.
La stanza era semplicemente magnifica. A dire il vero c’era un letto a baldacchino un tantino kitch, ma a parte quello tutto sembrava come in un film.
Dall’ingresso, inoltre, era possibile intravedere una mega vasca idromassaggio. Fossi stata io la sposa non avrei avuto dubbi: la prima scopata sarebbe stata di certo lì dentro.
Allungai la testa per guardare meglio la vasca, così da immaginare un pochino più nel dettaglio tutte le mirabolanti peripezie che sarebbe stata in grado di ospitare, quando Alberto sfiorandomi la spalla mi riportò drammaticamente alla realtà.

Senza dire una parola mi avvicinai al menzionato terribile letto matrimoniale e lasciai lì il pacchetto, mettendo in bella mostra, come da istruzioni di Valentina, il biglietto di auguri.
Appena fatto mi girai verso di Alberto, così da raggiungere l’uscita.
Mio malgrado, però, i suoi occhi magnetici, uniti ai poco casti pensieri provocati dalla vasca e alle bollicine del pessimo vino bianco bevuto con le linguine, mi fecero balenare in testa l’idea più stupida, insensata e terribilmente malefica della mia vita.
Odiavo Chiara e volevo la mia vendetta su quella stronza da troppo tempo.

Come un predatore che ha puntato la sua preda mi indirizzai fulminea verso lo sposino con la ferma intenzione di non farlo fuggire.
Avvicinai il mio viso a pochi centimetri dal suo, lasciandolo completamente impietrito dalla paura.
Con la mano destra dietro la schiena Alberto tentò maldestramente di aprirsi una via di fuga, ma non gli diedi il tempo di riuscirci poiché, sollevandomi sulle punte, incollai risoluta le mie labbra alle sue.
Passarono tre o quattro infiniti secondi in cui mi sembrò di baciare un manichino, poi finalmente ricambiò il mio bacio e con la sua bocca prese possesso della mia.
Mi fece assaporare prepotentemente il dolce sapore della sua lingua ed io docile mi lasciai invadere e torturare dalla sua passione.
Dopo quasi un minuto di erotica apnea si fermò di colpo, allontanò solo di qualche centimetro il suo volto dal mio, tolse la mano dalla maniglia e la portò dietro al mio collo, poi finalmente tornò a baciarmi.

Confesso che a quel punto ero felice, avevo avuto la mia vendetta, non desideravo altro. Purtroppo per me, però, quel dannato bacio fu caldo, sensuale, lussurioso.
Un irresistibile formicolio di piacere iniziò a scendere dal mio basso ventre fino in mezzo alle cosce e prima che me ne accorgessi la mia mano destra era sulla patta dei suoi pantaloni.
Alberto trasalì, sgranò gli occhi e si tirò indietro verso la porta, era terrorizzato. Io, però, non gli diedi il tempo di riflettere, di obiettare, mi riportai di filato addosso a lui e tornai a baciarlo con avidità.
Nel frattempo la mia mano destra, più veloce che mai in passato, si sbarazzò di cintura, bottone e zip, lasciando lo sposino letteralmente a brache calate.
Il suo bacio perse violenza ed ardore, sebbene le sue labbra neppure per un istante accennarono a staccarsi dalle mie.
Mi sembrò un incoraggiamento più che sufficiente.
Sollevai leggermente il mio vestitino stretto, per rendere più agevole ogni mio movimento. Scivolai con i miei baci dalle sue labbra al collo, infine mi adagiai rapida sulle ginocchia.
Il pavimento era di pietra ruvida, dannatamente freddo e scomodo, ma valeva la pena soffrire.
La giacca del suo abito e la camicia bianca nascondevano a fatica i suoi boxer. Li sollevai entrambi e ordinai ad Alberto di aiutarmi a tenerli su. Lui obbedii incredulo.
Ero pronta, lui molto meno.

Quando tirai giù i suoi boxer mi ritrovai davanti uno spettacolo decisamente bello e intrigante, anche se c’era da lavorarci un po’. Il suo pisello, infatti, era ancora in una condizione leggermente barzotta, per quanto le dimensioni fossero già molto più che apprezzabili.
In un altro contesto l’avrei massaggiato a lungo, ci avrei giocato un po’, ma in quel caso proprio non potevo, tempus fugit.
Senza perdere un istante afferrai il suo cazzo con entrambe le mani e, dopo aver sollevato lo sguardo per fissare Alberto dritto negli occhi, lo presi tutto nella mia bocca.
Non appena imprigionato nelle mie bollenti fauci il processo di solidificazione del suo membro divenne tanto rapido, quanto ineluttabile.
Il cambio di consistenza e dimensione del suo pisello dentro la mia bocca mi provocò l’ennesimo brivido in mezzo alle gambe e con esso un piccolo lago di eccitazione.
Travolta dal desiderio iniziai a leccare e sferzare vogliosa la sua asta dalla base fin sulla punta, non disdegnando, ogni tanto, di fermarmi a giocherellare e ruotare con la mia lingua intorno alla sua cappella.
Fino a quel momento Alberto aveva retto indomito il mio sguardo voglioso, ma ad un certo punto, sotto gli incessanti colpi della mia lingua, chiuse gli occhi e si lasciò andare all’indietro, appoggiandosi alla porta sopraffatto.

Intuendo fosse ormai cotto a puntino, ripresi a divorare ingorda la sua solida carne. Le mie labbra, tinte di rosso cremesi, iniziarono a scivolare lente e lascive lungo tutta la sua virilità, mentre all’interno la mia lingua assaporava viziosa ogni traccia della sua liquida eccitazione.
Pochissimi vertiginosi saliscendi furono sufficienti ad infervorare il novello sposino.
Dopo qualche appassionato succhiotto sulla sua cappella, infatti, Alberto tolse le mani dalla porta cui era appoggiato e si aggrappò alla mia bellissima acconciatura, evidentemente ignaro degli 80 euro e quasi cinquanta minuti spesi per tirarla su.
Iniziò a spingere rapidamente la mia testa verso il suo inguine e nel giro di pochi istanti mi confessò di essere pronto ad esplodere.
Il tempo per riflettere fu pochissimo, ma sufficiente per capire che se il suo pisello fosse uscito dalla mia prigione di certo mi avrebbe rovinato il trucco, per non parlare del vestito.
Fu così che mentre lui rallentò, pronto ad uscire per la sborrata, io aggrappai con forza le mie mani al suo culo, impedendogli di fuggire.
Il suo orgasmo fu denso, violento, dolce.
Lo lasciai sussultare e tremare dentro di me ripetutamente, poi lo liberai ben attenta a non far colare nulla sul mio vestito.
Mi misi comoda, scivolando seduta su di un lato a terra. Mi chiese se volevo andare in bagno, presumo per sputare, ma dopo aver buttato giù tutto gli dissi che non ne avevo bisogno, in fondo il sapore del suo orgasmo era stato molto meglio del vino a tavola.
Il mio erotico deglutire il nettare del suo piacere lo portò a sgranare nuovamente gli occhi, come quando gli avevo toccato il pacco, e la sua verga tornò magicamente a diventare barzotta e ad agitarsi.
Confesso che feci violenza su me stessa per chiedergli di rivestirsi.
Anche se quel matrimonio mi era costato un capitale, avrei pagato per farmi scopare da lui, lì in quel momento.
Alberto obbedì senza dire una sola parole, ma sopratutto senza accorgersi della piccola striscia di rossetto che gli avevo lasciato in regalo sul pisello.
Non lo avvisai, probabilmente speravo la scoprisse Chiara nella sua prima notte di nozze, sarebbe stato il mio perfetto regalo di matrimonio.
scritto il
2022-03-28
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