L'adulterio di Ludovica Bianchi - Ep.2. "Sono una zoccola

di
genere
etero

Passarono giorni inquieti, per Ludovica, e dopo una settimana arrivò la chiamata tanto attesa. Fu Marino a telefonare a Simona dicendole che erano emerse alcune non meglio specificate perplessità. Simona, quella famosa sera, aveva portato a casa Ludovica e poi era tornata all'hotel. Lì si era presentata alla camera di Marino e lui aveva aperto. Marino aveva qualche anno di più rispetto a Luciano e pareva anche più vecchio. Bruno, barbuto e corpulento, con una risata un po' volgare e godereccia, si era rivelato però un buon scopatore e Simona si era proprio goduta la serata.
Con questo rapporto di amicizia consolidato da un po' di buon sesso, Simona non c'aveva messo molto ad estorcergli il motivo di queste perplessità: Luciano era sul punto di dare più spazio ad un altro progetto, ritenuto più maturo rispetto a quello di Ludovica.
Per la Cooperativa ciò avrebbe significato licenziamenti in massa. Forse persino la chiusura tout court. Per Ludovica significò una delusione atroce. Dopo quella serata insieme, Ludovica era tornata a lavoro piena di entusiasmo. Aveva lavorato al progetto in un continuo dialogo mentale con Luciano limando e rafforzando tutti i punti su cui lui aveva espresso dubbi. Ora veniva a sapere che lui aveva già deciso senza neanche visionare le modifiche apportate. Fu un vero smacco.
Simona invece, meno portata alla depressione, se la prese con lei.
«Lo sai cosa è mancato, stupida? È mancato che con lui sei stata gelida!»
«Ma Simona...» fece Ludovica imbarazzata, alzandosi per chiudere la porta dell'ufficio.
«'Ma Simona' cosa? Tu gli piaci e se te lo portavi a letto...»
«COSA?!? Dovevo prostituirmi per avere favori?»
«Ma che 'prostituirti', sciocca. Se gli sbavavi dietro come una cagnetta!»
Ludovica non fece altro che spalancare la bocca, incredula. «Io amo Franco...»
«Sì, sì, certo. E per queste tue cazzate la coop andrà a puttane e tu e lui finirete per strada, col mutuo da pagare.»
Era tutto vero e Ludovica si sentì tutto il peso di un centinaio di licenziamenti sul groppone.
«Adesso io chiamo Marino e organizzo un nuovo incontro con Luciano. Stavolta andiamo noi giù a Bologna e ci rimaniamo finché non hanno letto le tue modifiche. E tu dovrai convincerli che il tuo cazzo di progetto ora è perfetto, hai capito?»
Ludovica stava quasi per piangere. «Io a letto con Luciano non ci vado...»
«Uuuhh, che nervi, Ludo! Fai quello che vuoi, ma vedi di essere convincente. Ora fuori dalle balle che devo telefonare.»

Quella sera faticò a dormire. A Franco non aveva detto nulla per non preoccuparlo ma i discorsi di Simona l'avevano sconvolta. Il fallimento del progetto, la possibilità di ritrovarsi disoccupati per colpa sua... e poi i discorsi sul fatto che se si fosse scopata Luciano, magari....
Distesa in pigiama accanto a suo marito Franco, filava e filava gomitoli di pensieri sempre più assurdi rifiutando di affrontare il pensiero che più la sconvolgeva: la eccitava l'idea di darsi a Luciano; e ancor di più la eccitava il pensiero di darsi a quell'uomo potente, di darsi a lui come una....
Attorno a questo pensiero girava e rigirava, come sbirciando dalla strada oltre il muro di un giardino proibito. Eppure, lungi dal prendere sonno, si sentiva sempre più visceralmente eccitata. Simona era riuscita ad organizzare una trasferta di tre giorni a Bologna e Ludovica cercava di concentrarsi sul discorso di presentazione del progetto nella sede della Fondazione, ed inevitabilmente finiva per pensare a Luciano, alle sue spalle, ai suoi occhi, alle sue mani sulle sue cosce... e poi ricacciava quel pensiero indietro. Lei era la donna di Franco e Franco era il suo torello. Il suo torello da monta, che a letto la faceva sempre squittire per bene.
Si voltò verso il suo uomo ed iniziò a stuzzicarlo. Lui era voltato di schiena, su un fianco. E lei gli si fece sotto, iniziando a mordicchiargli il lobo dell'orecchio.
“Povero Franco, amore mio, voglio darti un figlio” pensò Ludovica. “Ma se ci licenziano come faremo?”
Scacciò quel pensiero e allungò la mano verso il suo pacco, la intrufolò sotto l'elastico del pigiama. Lo sentì caldo e flaccido tra le sue dita. Lui iniziò a svegliarsi, piano piano, e altrettanto iniziò a fare il suo bel cazzo.
«Amore che fai? Hai voglia?» mugolò mezzo addormentato.
«Sì, voglio che mi scopi per bene» gli soffiò nell'orecchio.
Franco a questo punto si svegliò, si voltò e trovò subito la bocca della moglie. Di lì a poco le sue mani forti trovarono la sua carne, mentre i pigiami volarono via da qualche parte. Lei sentì l'uomo nel pieno della sua virilità e gli fu grata per quanto fosse sempre vigoroso, lui e il suo cazzo che spuntava di tutta la punta dalle sue manine appaiate. Lo sentì sopra di sé e lo sentì entrare come nel burro.
«Sei un lago, Ludo, sei bagnata e calda... bollente...» iniziò Franco mentre iniziava il suo andirivieni.
Lei lo zittì infilandogli la lingua in bocca. Lui prese a fotterla con forza, con vigoria, facendo cigolare il letto, sbattendola e chiavandola e tutto il resto. Lui la fotteva così, e a lei piaceva.
«Scopami amore, scopami!» sussurrò, ma già il pensiero di Luciano andava insinuandosi in lei e tanto più il piacere le faceva perdere la testa, tanto più il pensiero di darsi a Luciano sgusciava fuori libero da tutti i meandri del suo cervello.
“Sono una cagna” si disse, “sono una puttana” e questi pensieri le infiammarono la fica quanto e più del cazzo di Franco che, sentendola aperta e sfrontata come non mai, ci dava dentro con tutta la sua potenza. “Voglio essere sbattuta come una maiala.... Voglio essere sbattuta come una troia”.
«Sìììì» gridò mentre sentiva l'orgasmo montarle dentro. Lui non si fermò. “Voglio scoparmi Luciano, voglio scoparmi Luciano, voglio essere la sua puttana.”
«Sìììì» gridò venendo, mentre Franco le sudava sopra, eccitato dalle sue smorfie, e la sbatteva più forte.
“Voglio farmi fare di tutto, voglio succhiargli il cazzo, voglio dargli anche il culo”.
Spalancò gli occhi e venne di nuovo, Franco fece altrettanto dentro di lei con un grugnito e poi le crollò addosso. Lei se lo strinse contro e si rifugiò sul suo petto spaventata per quello che era successo. “Oddiooddiooddio!” pensava. “Avrò mica parlato? Cosa ho detto? E cosa ho pensato?”
Lui si sollevò e la guardò. Ora che la furia virile gli era stata prosciugata dalle cosce di lei, aveva gli occhi assonnati che si vedevano appena nella penombra della camera.
«Ti amo, amore,» sussurrò prima di rotolarle al fianco.
Ludovica, sconvolta da sé stessa, lo sentì respirare affannato per un paio di minuti. Poi lo sentì crollare nel sonno.
“Sono stata...”, pensò, ma non sapeva cosa.
“Non ho mai pensato ad un altro uomo. Sono... cattiva.”
Eppure si sentiva i capezzoli duri da farle male e la fica che ancora le pulsava. Se li toccò, i capezzoli, cercando di attenuarne il pizzicorio. Poi, senza accorgersene una mano le scivolò tra le cosce, a rovistare nella sua fica piena di sperma e di piacere suo. Iniziò a masturbarsi piano e, sentendosi un verme, si accorse che di nuovo Luciano la veniva a trovare. Venne di nuovo, piano, attenta a non svegliare Franco che comunque dormiva come un sasso.
“Sono una zoccola” si disse. Poi, finalmente, si addormentò.

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[potete trovare il seguito di questa e altre storie, corredate di foto delle muse ispiratrici, all'indirizzo: https://raccontiviola.wordpress.com/]
scritto il
2022-06-13
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