Palcoscenico

di
genere
esibizionismo

Una mano su una tetta e una ad occultare la mia figa. Mi premi i piercing con lieve stretta, quasi una piuma a ondulare la mia pelle. Ci sai fare, lo so, ci conosciamo; ma ora è diverso. Mi guardi: ti vedo a stento attraverso due piccole ferite tra le palpebre. Due ferite che sembrano voler celare l'ansia che finalmente un tuo movimento mi strappi da questa sospensione mentale estrema. Un ampliamento di quella sessuale. Riesco a guardarti, quando i miei occhi riescono a vincere sulle emozioni. Ora li tengo aperti. Voglio vedere ogni tuo sguardo, ogni tuo movimento. Sarà per il mio piacere, sarà per il tuo piacere di farmi godere. Sarà per il nostro piacere. Sai bene che cosa possa provare quando una lieve contrazione dei una tua mano preme un po' più forte lì, dove sento di più, dove vorrei che scatenassi la tua dolce forza dirompente. Ecco il tuo fiato lieve sulla tetta libera. La punta della tua lingua gioca come risacca con un mio capezzolo. Una risacca calda, liquida, dura, flessibile, rigida. Lenta. Non è risacca: è una lumaca che striscia lasciando la gemma di un mio sospiro libidinoso. Sento l'areola stringersi allo stringersi delle tue labbra sui miei capezzoli. Il mio respiro è un abisso. Il mio desiderio cresce oltre le vette himalayane. Gli aliti sopra, staccando la bocca. Addenti l'anello che lo trapassa e tiri piano: un lieve movimento della tua testa, che da lì mi dilania il cervello e rimbalza fino ai miei piedi. Guardalo, ora, il mio capezzolo: si tende come a cercare di nuovo la tua bocca. Mentre trasformi tutto ciò in brevi ma tiranniche carezze, lasci che la mia mano giunga alla tua passera. Sono le mie dita che sfiorano la tua pelle arsa e fanno emergere dal tuo inguine una sorgente calda e odorosa. Sono le tue mani che ora stringono la mia carne, la mia sensibilità, la mia tensione. Stringono come a carpirmi: stringono e mi aprono. Non riesco a sentire freddo dove il fuoco mi brucia, quando le mani si sollevano stracciandomi la carne. Subito stringi, più forte, una ventata di ossigeno sulla mia carne in fiamme. Quei suoni che senti, non escono dalla mia bocca, ma dalla mia anima. I suoni che io tolgo alla tua passera e spingo nella tua bocca ci circondano, si abbracciano ai miei. Le nostre lingue girovagano sulla nostra pelle luccicante della nostra saliva. È questo il nostro vestito, ora, l'unico indumento che indossiamo e che mostriamo. Sono i nostri denti che decapitano i nostri rantoli. Mi rendi oscena. Diventiamo oscene. Nei gesti. Oscene anche nelle parole. Ma sono parole questi suoni che s'intersecano fra le nostre bocche e le nostre cosce? Sono inviti, stimoli, pretese. Sono orgasmi, miei, tuoi. A catena. E lì davanti loro ci guardano, ci sentono. Ci incitano. Si segano. Me lo dici tu. No, non li vedi, come non li vedo io. Me lo dici tu: lo sai. Esperienza.

La luce flebile crea riflessi sulla nostra pelle mentre attraversiamo nude lo stretto corridoio fra i sedili. Pochi metri in cui mani indecenti ci sfiorano e ci toccano indecentemente. Mani infami, adorabili, prive di scrupoli. Qualcuna ancora un po' viscida di sperma. Se ne sente l'odore. Intravvedo fazzoletti di carta. Fosse qualche di metro più lungo, questo corridoio, verrei di sicuro. Di nuovo. Qualcuno si alza e ci segue. Una mano si ferma sul mio sedere. Scende; mi scivola sotto e mi stuzzica. Mugolo. Tu ti fermi e nella tua lingua incomprensibile berci quattro parole che inchiodano il tizio. Mi chiedi se mi stesse dando fastidio. Ti guardo come a domandarti “lo sai, no, come sono?” Tu lo sai alla perfezione; almeno credi: quante volte, in quante occasioni, so essere molto peggio? Se te lo chiedessi mi risponderesti “di solito”.
Nella piccola sala al di là del tendone ci aspettano alcuni uomini. Vibro tutta: piccole convulsioni che dischiudono la mia figa lacrimante. Ci offriranno soldi, ognuno per essere il primo... Dici ancora qualcosa nella tua lingua, poi traduci che per me è la prima volta che sono qui. Visi arrapati o perplessi perdono aggressività. Si va avanti.

Adesso siamo stanche, visibilmente. Abbiamo questa certezza spalmata su tutto il corpo. Arrivederci, tesoro! Grazie.

NON CONTINUA.

Come va a finire? Come al solito, quindi... È vero: cambia il posto, ma il finale è il solito. Perciò perché ripetermi?
di
scritto il
2022-06-17
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