L'adulterio di Ludovica Bianchi - Ep.10. Per bene.
di
Joe Cabot
genere
etero
Ludovica si svegliò e decise che ne aveva avuto abbastanza.
Scivolò fuori dal letto in cui ancora dormiva Luciano e andò a farsi una doccia. Una lunga doccia.
Quando ebbe finito, lui era lì. La contemplava soddisfatto, appoggiato al lavandino, e lì rimase finché lei non ebbe finito di asciugarsi i capelli. Poi lei lo guardò, si fece coraggio, perché non le piaceva scontentare il prossimo, e poi disse solo: «Io me ne vado.»
Prese e uscì.
Lui la seguì e si sedette su una poltroncina, mentre lei raccoglieva le sue cose.
«Torni dal tuo infermiere?» disse lui.
Ludovica lo guardò e pensò di fargli presente che ‘il suo infermiere’ aveva lasciato il liceo classico a 17 anni perché la famiglia non se la passava bene, che aveva finito il liceo studiando la sera dopo il lavoro da muratore. Poi era entrato nella cooperativa e dopo anni, sempre studiando la sera, stava per diplomarsi. Che ‘il suo infermiere’ aveva rifiutato due lavori ben pagati in clinica privata perché non voleva andarsene in città e credeva in quel che facevano. Ma si rese conto che era inutile. La gente come Rismondi non capisce un cazzo. Rispose solo di ‘sì’. Poi lo salutò e se ne andò.
7 ore dopo era a casa sua. Arrivò un’oretta prima che Franco tornasse da lavoro ed ebbe il tempo di disfare le valige e lavarsi. Quando arrivò, lo vide dalla finestra percorrere il vialetto di casa e, che ci crediate o no, a Ludovica tremarono le gambe, la fica ebbe un fitta. Quello era il suo uomo, il suo torello da monta. Aprì la porta, gli corse incontro, gli buttò le braccia al collo e gli infilò la lingua in bocca prima che lui potesse dire niente. Lo trascinò dentro e si fece scopare sul divano.
Venne come per bene, più volte.
Le cose tra loro cambiarono, e a Franco sotto sotto andava bene, al punto che gli amici iniziarono a sfotterlo per i sabati sera che se ne stava a casa o, udite udite, portava fuori la moglie, magari in città per passarci un week end. Fu in uno di questi week end che Ludovica tolse letteralmente il fiato a Franco uscendo dal bagno dell’albergo 4 stelle con addosso solo un négligé trasparente e una delle guepiere, con calze e tacchi, che erano rimaste in fondo alla valigia dalla famosa gita a Bologna. E fu sempre in quella sera che dopo essersi fatta deliziare dalla sua bocca (stava imparando bene) e gli aveva sussurrato che quella sera lo voleva dappertutto, anche dietro. Franco disse solo “perché no?”
A lavoro le cose andavano bene, schivando al solito una grana dopo l’altra. La Fondazione aveva accolto il loro progetto e ciò significava un paio di anni di respiro. Con Simona si erano riviste il lunedì successivo e si erano salutate come niente fosse. Di Bologna, di quello che avevano vissuto insieme, non ne avevano più parlato.
Alcuni mesi dopo si incontrarono alla sagra del paese. Ludovica era raggiante e indossava il suo vestito rosso (ultimamente le capitava più spesso di mettersi in tiro, e aveva anche aggiunto altra lingerie al suo guardaroba). Aveva ballato un liscio con il suo uomo ed era affannata e felice, brilla di tocai friulano e danza. Si misero a chiacchierare e d’un tratto Simona le fece notare che era davvero bella, solare, e che la gita a Bologna le aveva fatto davvero bene. Ludovica sghignazzò e rispose che sì, era stata un’avventura interessante.
«Solo un’avventura?» bisbigliò Simona maliziosa, posandole una mano sull'avambraccio.
Ludovica si godette la discreta carezza, guardandola divertita e interrogativa per un po’, prima di risponderle.
«Sai Simona?, tra qualche giorno è il compleanno di Franco. Vorrei fargli qualcosa di speciale.»
«Davvero?» risposa sorniona Simona. «Hai già in monte qualcosa?»
Ludovica non rispose subito. Taceva sorseggiando il vino dal bicchiere e mordicchiandosi il labbro pensosa.
«Beh,» rispose alla fine con un sorrisetto, avvicinandosi fino a sfiorare i grossi seni dell’amica con i propri, «il regalo potresti essere tu.»
. FINE
.
I commenti sono oltremodo graditi.
Joe Cabot vi aspetta per altre storie, corredate da foto delle muse ispiratrici, all’indirizzo: https://raccontiviola.wordpress.com/
Scivolò fuori dal letto in cui ancora dormiva Luciano e andò a farsi una doccia. Una lunga doccia.
Quando ebbe finito, lui era lì. La contemplava soddisfatto, appoggiato al lavandino, e lì rimase finché lei non ebbe finito di asciugarsi i capelli. Poi lei lo guardò, si fece coraggio, perché non le piaceva scontentare il prossimo, e poi disse solo: «Io me ne vado.»
Prese e uscì.
Lui la seguì e si sedette su una poltroncina, mentre lei raccoglieva le sue cose.
«Torni dal tuo infermiere?» disse lui.
Ludovica lo guardò e pensò di fargli presente che ‘il suo infermiere’ aveva lasciato il liceo classico a 17 anni perché la famiglia non se la passava bene, che aveva finito il liceo studiando la sera dopo il lavoro da muratore. Poi era entrato nella cooperativa e dopo anni, sempre studiando la sera, stava per diplomarsi. Che ‘il suo infermiere’ aveva rifiutato due lavori ben pagati in clinica privata perché non voleva andarsene in città e credeva in quel che facevano. Ma si rese conto che era inutile. La gente come Rismondi non capisce un cazzo. Rispose solo di ‘sì’. Poi lo salutò e se ne andò.
7 ore dopo era a casa sua. Arrivò un’oretta prima che Franco tornasse da lavoro ed ebbe il tempo di disfare le valige e lavarsi. Quando arrivò, lo vide dalla finestra percorrere il vialetto di casa e, che ci crediate o no, a Ludovica tremarono le gambe, la fica ebbe un fitta. Quello era il suo uomo, il suo torello da monta. Aprì la porta, gli corse incontro, gli buttò le braccia al collo e gli infilò la lingua in bocca prima che lui potesse dire niente. Lo trascinò dentro e si fece scopare sul divano.
Venne come per bene, più volte.
Le cose tra loro cambiarono, e a Franco sotto sotto andava bene, al punto che gli amici iniziarono a sfotterlo per i sabati sera che se ne stava a casa o, udite udite, portava fuori la moglie, magari in città per passarci un week end. Fu in uno di questi week end che Ludovica tolse letteralmente il fiato a Franco uscendo dal bagno dell’albergo 4 stelle con addosso solo un négligé trasparente e una delle guepiere, con calze e tacchi, che erano rimaste in fondo alla valigia dalla famosa gita a Bologna. E fu sempre in quella sera che dopo essersi fatta deliziare dalla sua bocca (stava imparando bene) e gli aveva sussurrato che quella sera lo voleva dappertutto, anche dietro. Franco disse solo “perché no?”
A lavoro le cose andavano bene, schivando al solito una grana dopo l’altra. La Fondazione aveva accolto il loro progetto e ciò significava un paio di anni di respiro. Con Simona si erano riviste il lunedì successivo e si erano salutate come niente fosse. Di Bologna, di quello che avevano vissuto insieme, non ne avevano più parlato.
Alcuni mesi dopo si incontrarono alla sagra del paese. Ludovica era raggiante e indossava il suo vestito rosso (ultimamente le capitava più spesso di mettersi in tiro, e aveva anche aggiunto altra lingerie al suo guardaroba). Aveva ballato un liscio con il suo uomo ed era affannata e felice, brilla di tocai friulano e danza. Si misero a chiacchierare e d’un tratto Simona le fece notare che era davvero bella, solare, e che la gita a Bologna le aveva fatto davvero bene. Ludovica sghignazzò e rispose che sì, era stata un’avventura interessante.
«Solo un’avventura?» bisbigliò Simona maliziosa, posandole una mano sull'avambraccio.
Ludovica si godette la discreta carezza, guardandola divertita e interrogativa per un po’, prima di risponderle.
«Sai Simona?, tra qualche giorno è il compleanno di Franco. Vorrei fargli qualcosa di speciale.»
«Davvero?» risposa sorniona Simona. «Hai già in monte qualcosa?»
Ludovica non rispose subito. Taceva sorseggiando il vino dal bicchiere e mordicchiandosi il labbro pensosa.
«Beh,» rispose alla fine con un sorrisetto, avvicinandosi fino a sfiorare i grossi seni dell’amica con i propri, «il regalo potresti essere tu.»
. FINE
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I commenti sono oltremodo graditi.
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