Il tacito accordo
di
Chicken1973
genere
tradimenti
"Come fossi suo marito": le istruzioni Laura erano al contempo chiarissime e fumose.
Avrei potuto fare una semplice domanda per fugare ogni dubbio, ma quella domanda stessa avrebbe potuto scatenare conseguenze difficili da prevedere.
E quindi non la feci mai.
"Paola sta passando un periodo difficile, casini tosti con Luigi, per farle cambiare aria le ho proposto di raggiungermi in montagna, ma la dovrai accompagnare tu in macchina, che lei non se la sente di guidare fino a qui"
"Ok, chiaro. Tutto per Paola, lo sai"
"Esatto, proprio di questo volevo parlarti"
E qui si aprì l'inaspettato.
Tra Laura, me e Paola c'era sempre questa strana dinamica, mia moglie che sottolinea in continuazione come sarei stato un marito perfetto per Paola e Paola che ci scherza sopra, senza negare.
E nel contempo io che percepisco questa palpabile tensione erotica tra mia moglie e Paola: provo a convincermi sia solo nella mia testa e nelle mie mutande, ma doppi sensi buttati qui e là tra un abbraccio e un bacio sulla guancia gettano un profumato velo di sensualità sul loro rapporto.
"Avete due ore di viaggio da passare assieme: Paola ha bisogno di leggerezza. E' sempre appesantita da preoccupazioni e dalle difficoltà con la sua famiglia e con suo marito. Vorrei poterle offrire qualche giorno di respiro."
"Non capisco, che intendi?"
"In queste due ore di viaggio, fai finta di essere suo marito."
"Ma certo, la tratterò con tutti i riguardi, non c'è bisogno che me lo dici!"
"No, intendo.... fai finta di essere TU suo marito, ritagliatevi queste due ore da soli, dedicati a lei.
Poi quando arrivate tutto come prima."
"..."
"Come fossi suo marito"
E' qui che avrei dovuto porre la fatidica domanda.
Per essere sicuro non stessi fraintendendo.
Per capire fino a che punto dovesse spingersi la finzione.
Per capire quanto le due donne fossero d'accordo su questa cosa.
Perché la prospettiva della richiesta di mia moglie spingeva qualcos'altro lì in basso, un'erezione che pompava il sangue dalla mia testa direttamente fino alla punta del mio cazzo.
Ma come avrei potuto chiedere a mia moglie: "Laura: intendi che, se me lo chiede, posso infilarmi nelle mutande di Paola?"
La più plausibile conseguenza di quella mia domanda sarebbe stato un sorpreso interrogatorio, una sconcertata reazione di mia moglie che mi chiedeva come mi fosse venuto in mente e, soprattutto, una diretta domanda se io avrei assecondato una tale richiesta da parte di Paola.
Paola dal viso dolce e la voce di ragazza.
Paola dai capelli mossi che le accarezzavano le spalle.
Paola dal seno morbido che occhieggiava da ariosi décolleté sempre generosi.
Paola dal ventre accogliente, le chiappe tonde e le gambe solide.
Paola dai piedi nudi fatti per ballare.
Ed io che non so mentire, cosa avrei potuto rispondere?
"Laura: dentro di te lo sai che morirei per affondare la mia faccia nella fica pelosa di Paola e leccargliela fino a consumargliela. Posso farlo?"
Questo avrei voluto chiederle.
Ma non lo feci.
Diedi solo un generico assenso, lasciando intendere che avevo capito.
Quindi non dissi nulla quando Paola appoggiò il suo capo sulla mia spalla mentre guidavo.
E l’assecondai quando mi chiese un bacio sui capelli profumati.
Ma anche quando mi sussurrò che le sarebbe piaciuto che le carezzassi l’interno della sua coscia rimasta scoperta dal corto abito azzurro.
Né opposi resistenza quando lei spinse la mia mano più su fino a raggiungere le sue mutandine calde e umide.
Quelle stesse mutandine che ora lei si era tolte e che delicatamente passava a pochi millimetri dal mio naso perché potessi sentirne l’odore di donna e di pipì, disteso su un letto di foglie nel cuore del bosco in cui ci eravamo avventurati in una pausa del viaggio, lei in piedi sopra di me, nuda a parte il reggiseno che a fatica le conteneva i seni tondi sormontati da ampi capezzoli, i miei pantaloni abbassati, il cazzo eretto e fremente che attendeva di scoparla.
Non visti da nessuno nell’umida solitudine del bosco, lei si abbassò, la punta del mio glande che si affaccia sulle sue grandi labbra, lei che spinge con una mano il mio cazzo dentro la sua fica bagnata ed accogliente.
"Scopami Paolino: è il mio regalo per tutta la tenerezza che hai sempre dimostrato per me"
Mi cavalca e la punta del mio pisello bussa alle porte del suo utero, non so quanto posso durare, lei che si muove strusciando il suo pube sulla base del mio cazzo perché le mie ossa possano stimolarle il clitoride.
Quando si rialza, la luce del sole filtrata dal fogliame la illumina come una divinità, le gambe larghe, il pube peloso che incornicia labbra carnose e affamate.
Lentamente si mette carponi ed io mi inginocchio dietro di lei, in adorazione dell'altare del suo culo tondo e della sua vulva che sporge tra ciuffi umidi di peli.
Le bacio i fianchi ed i glutei, infilo il naso tra le sue chiappe aspirando profondamente e finalmente la penetro con il mio cazzo rimasto senza protezione in quei interminabili secondi di ammirazione.
Uno schiocco della sua carne ogni affondo, un suo esasperato " Cazzo, sì, più forte!!" strappato ad ogni colpo, come animali in quella foresta il cui silenzio è rotto solo dai rumori del nostro sesso.
Posso rimirare la sua fica spalancata ogni volta che esco da lei, tra suoni morbidi di carni bagnate.
Lei si sfila con un ultimo guizzo e si stende gambe larghe, di schiena sul tappeto del bosco, io che mi sorreggo coi gomiti e torno a fotterla, facendomi più spazio dentro di lei ad ogni affondo, lei che mi cinge con le cosce bloccandomi a sé.
Devo uscire d'improvviso, un rumore di risucchio, le sborro sulla pancia nuda, inondato di piacere che sale dalla base del cazzo, la sua fregna che emette rumori sconci e svergognati espellendo l'aria mentre riprende la sua forma.
Mi bacia ancora e poi si spalma il mio seme sulla pancia, con un sospiro soddisfatto.
La borraccia d'acqua era stata appena sufficiente a permetterle di pulirsi, ed io godevo della vista delle sue dita che indugiavano nelle pieghe della carne della sua vagina.
Salutammo il bosco incantato battezzandolo con il sollievo di una pisciata femminile, Paola che si accovaccia, gambe larghe, fica al vento per rilasciare la sua acqua alla base di un albero fortunato.
Sarei voluto essere quelle radici.
Arrivati in paese Paola e Laura si persero in un abbraccio infinito, pancia contro pancia, ma non potrei giurare che sotto l'ombelico non si toccassero.
"Tesorino, sono contenta che sei venuta finalmente! Paolo ti ha trattato bene?"
Tremai. Avevo mille motivi per tremare. E non necessariamente per la paura che Laura scoprisse cosa era successo durante il viaggio.
La giornata proseguì come se nulla fosse, solo io che giustifico il mio desiderio di solitudine con una plausibile stanchezza, in realtà cercando di evitare domande da parte di mia moglie.
Le due donne cucinano insieme ciacolando e scherzando rumorosamente, ma quando lavo i piatti mi sembra di sentire i loro sguardi sulla mia schiena e non so cosa pensare delle loro voci basse.
Immagino Laura brandire la padella che sto insaponando per spaccarmi la testa, forse trattenuta solo dallo scrupolo di non fare scenate davanti ad un'amica già abbastanza provata dai suoi problemi in famiglia.
Fino a sera, gli occhi di mia moglie sembravano trapassarmi e bruciare incandescenti il mio cazzo indisciplinato.
Quando fu notte, si decise che Laura e Paola avrebbero dormito insieme e che io sarei stato (in punizione?) in camera da solo nella mansarda.
Un inferno: sotto il caldo del tetto infuocato dal sole del giorno, ardevo tormentato dalla sensazione del ventre accogliente e fradicio di Paola ancora attorno al mio pisello, alternarsi con il terrore delle conseguenze di ciò che era stato, per lasciare poi spazio alla tortura ancora più intima delle suggestioni che i corpi di Laura e Paola nello stesso letto generavano nella mia testa.
Non so cosa bruciasse di più: le pareti, il senso di colpa o il mio cazzo aizzato dall'immagine delle due amiche che si baciano, le dita affondate nelle rispettive fiche a strappare spasmi di bagnati orgasmi tra parole sudice sussurrate nelle orecchie con voci innocenti e domande impazienti sul sottoscritto.
"Ti sei fatta sbattere per bene? Ti ha leccato la fica come fa con me? Ha fatto il porco maiale con le tue mutande come tanto gli piace? Gli hai strappato il cervello con l'odore della tua patata come ti avevo detto?"
In alternativa, oscure promesse di morte.
Comprensibilmente, arrivai alla colazione distrutto, io da solo a tavola, le due donne ancora nella loro stanza.
Seduto al tavolo davanti al mio tè, lo stomaco chiuso, non riuscivo ad assaggiare nessuno degli avanzi di torte lasciati sul tavolo dalla sera prima.
Poi la loro porta si apre, Laura e Paola escono assieme, ma non riesco a vederle, vanno dritte in bagno, insieme, come liceali, la porta che si chiude.
Poco dopo il rumore delle loro pipì, ricche pisciate mattutine dalle loro fiche assonnate di cui cerco di non immaginare l'odore per non farmi trovare di prima mattina con una erezione difficile da spiegare.
Infine eccole arrivare, in mutandine e maglietta.
Serie fissarmi, Paola che presto gira lo sguardo su mia moglie.
Non so cosa pensare, e mi scappa un incerto: "Laura, io...."
"Zitto!" perentoria.
Sudo freddo.
Mi fa alzare dal tavolo.
"Non dire nulla"
Un brivido contrae la pelle del mio scroto facendomi salire le palle in gola.
Poi Laura prende la mano di Paola, si avvicinano al tavolo e ci si siedono sopra, una accanto all'altra.
Sincronizzate allargano le gambe e scostano i lembi degli slip: i tesori delle loro fiche umide di chissà quali umori (saliva? pipì? ) si dischiudono alla mia vista, le dita premurose che le tormentano e le divaricano in uno sconcio spettacolo.
"Paolino…"
il mio nome sulle labbra di Paola è miele infuocato che cola sul mio glande esausto
“…ora facciamo colazione!"
Il mio cazzo rassegnato esplode, sborro lì così, macchiandomi i pantaloni come un adolescente.
Pregusto la mia punizione.
Avrei potuto fare una semplice domanda per fugare ogni dubbio, ma quella domanda stessa avrebbe potuto scatenare conseguenze difficili da prevedere.
E quindi non la feci mai.
"Paola sta passando un periodo difficile, casini tosti con Luigi, per farle cambiare aria le ho proposto di raggiungermi in montagna, ma la dovrai accompagnare tu in macchina, che lei non se la sente di guidare fino a qui"
"Ok, chiaro. Tutto per Paola, lo sai"
"Esatto, proprio di questo volevo parlarti"
E qui si aprì l'inaspettato.
Tra Laura, me e Paola c'era sempre questa strana dinamica, mia moglie che sottolinea in continuazione come sarei stato un marito perfetto per Paola e Paola che ci scherza sopra, senza negare.
E nel contempo io che percepisco questa palpabile tensione erotica tra mia moglie e Paola: provo a convincermi sia solo nella mia testa e nelle mie mutande, ma doppi sensi buttati qui e là tra un abbraccio e un bacio sulla guancia gettano un profumato velo di sensualità sul loro rapporto.
"Avete due ore di viaggio da passare assieme: Paola ha bisogno di leggerezza. E' sempre appesantita da preoccupazioni e dalle difficoltà con la sua famiglia e con suo marito. Vorrei poterle offrire qualche giorno di respiro."
"Non capisco, che intendi?"
"In queste due ore di viaggio, fai finta di essere suo marito."
"Ma certo, la tratterò con tutti i riguardi, non c'è bisogno che me lo dici!"
"No, intendo.... fai finta di essere TU suo marito, ritagliatevi queste due ore da soli, dedicati a lei.
Poi quando arrivate tutto come prima."
"..."
"Come fossi suo marito"
E' qui che avrei dovuto porre la fatidica domanda.
Per essere sicuro non stessi fraintendendo.
Per capire fino a che punto dovesse spingersi la finzione.
Per capire quanto le due donne fossero d'accordo su questa cosa.
Perché la prospettiva della richiesta di mia moglie spingeva qualcos'altro lì in basso, un'erezione che pompava il sangue dalla mia testa direttamente fino alla punta del mio cazzo.
Ma come avrei potuto chiedere a mia moglie: "Laura: intendi che, se me lo chiede, posso infilarmi nelle mutande di Paola?"
La più plausibile conseguenza di quella mia domanda sarebbe stato un sorpreso interrogatorio, una sconcertata reazione di mia moglie che mi chiedeva come mi fosse venuto in mente e, soprattutto, una diretta domanda se io avrei assecondato una tale richiesta da parte di Paola.
Paola dal viso dolce e la voce di ragazza.
Paola dai capelli mossi che le accarezzavano le spalle.
Paola dal seno morbido che occhieggiava da ariosi décolleté sempre generosi.
Paola dal ventre accogliente, le chiappe tonde e le gambe solide.
Paola dai piedi nudi fatti per ballare.
Ed io che non so mentire, cosa avrei potuto rispondere?
"Laura: dentro di te lo sai che morirei per affondare la mia faccia nella fica pelosa di Paola e leccargliela fino a consumargliela. Posso farlo?"
Questo avrei voluto chiederle.
Ma non lo feci.
Diedi solo un generico assenso, lasciando intendere che avevo capito.
Quindi non dissi nulla quando Paola appoggiò il suo capo sulla mia spalla mentre guidavo.
E l’assecondai quando mi chiese un bacio sui capelli profumati.
Ma anche quando mi sussurrò che le sarebbe piaciuto che le carezzassi l’interno della sua coscia rimasta scoperta dal corto abito azzurro.
Né opposi resistenza quando lei spinse la mia mano più su fino a raggiungere le sue mutandine calde e umide.
Quelle stesse mutandine che ora lei si era tolte e che delicatamente passava a pochi millimetri dal mio naso perché potessi sentirne l’odore di donna e di pipì, disteso su un letto di foglie nel cuore del bosco in cui ci eravamo avventurati in una pausa del viaggio, lei in piedi sopra di me, nuda a parte il reggiseno che a fatica le conteneva i seni tondi sormontati da ampi capezzoli, i miei pantaloni abbassati, il cazzo eretto e fremente che attendeva di scoparla.
Non visti da nessuno nell’umida solitudine del bosco, lei si abbassò, la punta del mio glande che si affaccia sulle sue grandi labbra, lei che spinge con una mano il mio cazzo dentro la sua fica bagnata ed accogliente.
"Scopami Paolino: è il mio regalo per tutta la tenerezza che hai sempre dimostrato per me"
Mi cavalca e la punta del mio pisello bussa alle porte del suo utero, non so quanto posso durare, lei che si muove strusciando il suo pube sulla base del mio cazzo perché le mie ossa possano stimolarle il clitoride.
Quando si rialza, la luce del sole filtrata dal fogliame la illumina come una divinità, le gambe larghe, il pube peloso che incornicia labbra carnose e affamate.
Lentamente si mette carponi ed io mi inginocchio dietro di lei, in adorazione dell'altare del suo culo tondo e della sua vulva che sporge tra ciuffi umidi di peli.
Le bacio i fianchi ed i glutei, infilo il naso tra le sue chiappe aspirando profondamente e finalmente la penetro con il mio cazzo rimasto senza protezione in quei interminabili secondi di ammirazione.
Uno schiocco della sua carne ogni affondo, un suo esasperato " Cazzo, sì, più forte!!" strappato ad ogni colpo, come animali in quella foresta il cui silenzio è rotto solo dai rumori del nostro sesso.
Posso rimirare la sua fica spalancata ogni volta che esco da lei, tra suoni morbidi di carni bagnate.
Lei si sfila con un ultimo guizzo e si stende gambe larghe, di schiena sul tappeto del bosco, io che mi sorreggo coi gomiti e torno a fotterla, facendomi più spazio dentro di lei ad ogni affondo, lei che mi cinge con le cosce bloccandomi a sé.
Devo uscire d'improvviso, un rumore di risucchio, le sborro sulla pancia nuda, inondato di piacere che sale dalla base del cazzo, la sua fregna che emette rumori sconci e svergognati espellendo l'aria mentre riprende la sua forma.
Mi bacia ancora e poi si spalma il mio seme sulla pancia, con un sospiro soddisfatto.
La borraccia d'acqua era stata appena sufficiente a permetterle di pulirsi, ed io godevo della vista delle sue dita che indugiavano nelle pieghe della carne della sua vagina.
Salutammo il bosco incantato battezzandolo con il sollievo di una pisciata femminile, Paola che si accovaccia, gambe larghe, fica al vento per rilasciare la sua acqua alla base di un albero fortunato.
Sarei voluto essere quelle radici.
Arrivati in paese Paola e Laura si persero in un abbraccio infinito, pancia contro pancia, ma non potrei giurare che sotto l'ombelico non si toccassero.
"Tesorino, sono contenta che sei venuta finalmente! Paolo ti ha trattato bene?"
Tremai. Avevo mille motivi per tremare. E non necessariamente per la paura che Laura scoprisse cosa era successo durante il viaggio.
La giornata proseguì come se nulla fosse, solo io che giustifico il mio desiderio di solitudine con una plausibile stanchezza, in realtà cercando di evitare domande da parte di mia moglie.
Le due donne cucinano insieme ciacolando e scherzando rumorosamente, ma quando lavo i piatti mi sembra di sentire i loro sguardi sulla mia schiena e non so cosa pensare delle loro voci basse.
Immagino Laura brandire la padella che sto insaponando per spaccarmi la testa, forse trattenuta solo dallo scrupolo di non fare scenate davanti ad un'amica già abbastanza provata dai suoi problemi in famiglia.
Fino a sera, gli occhi di mia moglie sembravano trapassarmi e bruciare incandescenti il mio cazzo indisciplinato.
Quando fu notte, si decise che Laura e Paola avrebbero dormito insieme e che io sarei stato (in punizione?) in camera da solo nella mansarda.
Un inferno: sotto il caldo del tetto infuocato dal sole del giorno, ardevo tormentato dalla sensazione del ventre accogliente e fradicio di Paola ancora attorno al mio pisello, alternarsi con il terrore delle conseguenze di ciò che era stato, per lasciare poi spazio alla tortura ancora più intima delle suggestioni che i corpi di Laura e Paola nello stesso letto generavano nella mia testa.
Non so cosa bruciasse di più: le pareti, il senso di colpa o il mio cazzo aizzato dall'immagine delle due amiche che si baciano, le dita affondate nelle rispettive fiche a strappare spasmi di bagnati orgasmi tra parole sudice sussurrate nelle orecchie con voci innocenti e domande impazienti sul sottoscritto.
"Ti sei fatta sbattere per bene? Ti ha leccato la fica come fa con me? Ha fatto il porco maiale con le tue mutande come tanto gli piace? Gli hai strappato il cervello con l'odore della tua patata come ti avevo detto?"
In alternativa, oscure promesse di morte.
Comprensibilmente, arrivai alla colazione distrutto, io da solo a tavola, le due donne ancora nella loro stanza.
Seduto al tavolo davanti al mio tè, lo stomaco chiuso, non riuscivo ad assaggiare nessuno degli avanzi di torte lasciati sul tavolo dalla sera prima.
Poi la loro porta si apre, Laura e Paola escono assieme, ma non riesco a vederle, vanno dritte in bagno, insieme, come liceali, la porta che si chiude.
Poco dopo il rumore delle loro pipì, ricche pisciate mattutine dalle loro fiche assonnate di cui cerco di non immaginare l'odore per non farmi trovare di prima mattina con una erezione difficile da spiegare.
Infine eccole arrivare, in mutandine e maglietta.
Serie fissarmi, Paola che presto gira lo sguardo su mia moglie.
Non so cosa pensare, e mi scappa un incerto: "Laura, io...."
"Zitto!" perentoria.
Sudo freddo.
Mi fa alzare dal tavolo.
"Non dire nulla"
Un brivido contrae la pelle del mio scroto facendomi salire le palle in gola.
Poi Laura prende la mano di Paola, si avvicinano al tavolo e ci si siedono sopra, una accanto all'altra.
Sincronizzate allargano le gambe e scostano i lembi degli slip: i tesori delle loro fiche umide di chissà quali umori (saliva? pipì? ) si dischiudono alla mia vista, le dita premurose che le tormentano e le divaricano in uno sconcio spettacolo.
"Paolino…"
il mio nome sulle labbra di Paola è miele infuocato che cola sul mio glande esausto
“…ora facciamo colazione!"
Il mio cazzo rassegnato esplode, sborro lì così, macchiandomi i pantaloni come un adolescente.
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