Il piccolo cerchio scuro

di
genere
saffico

Il piccolo cerchio che sta a sinistra del commento è scuro. Ha cambiato di nuovo l'immagine, Serena. Nuda, abbronzata, completamente abbronzata. Calda, se non altro per l'idea di sole estivo, di pelle assolata.
Sono sul letto. Di chi? Sul mio, mica sono sempre a prender cazzi in tutti i buchi (orecchie e narici escluse) o a stringere corpi femminei di mie pari. Qualcuna anche peggio; così, per trarre ispirazione. Idee da sviluppare con mio marito. Importa che la mia posizione è simile a quella della donna che vedo, solo che le mie gambe sono un po' divaricate. Prendo il tablet e ingrandisco l'immagine. Mi metto comoda. Guardo i capelli biondi, ricci. Proprio ricci, non come i miei che sono molto mossi; talvolta agitati. Comunque sempre sopra a una tempesta. A scanso di equivoci con me stessa, spalanco per bene le cosce, lascio che la mia passera possa esprimersi senza costrizioni. Già cerca una compagnia che manca, devo proprio lasciarla abbandonata a se stessa, con le labbra protese alla ricerca vana di un bacio o di una carezza? Vuota. No, non si può: l'immagine costituisce uno stimolo che merita attenzione e lei, la passera, magari potrebbe gridare il proprio reclamo. Per questo la zittisco preventivamente infilandoci dentro le tre palline cinesi. A gridare, nell'eventualità (eventualità? Figuriamoci!) che il desiderio prenda il sopravvento. Ah, sì! L'ha già fatto. Rimiro le tette, più grosse delle mie (non ci vuole molto), senza piercing. Abbronzate, questo sì, come le mie. Desiderabili, tanto per limitare il giudizio. Mo marito non commenterebbe tanto a lungo, ma manifesterebbe un interessante apprezzamento. Le mie sono desiderose, invece. Desiderose di carezze, leccate, morsi, graffi. I capezzoli bisognosi d'esser pizzicati, addentati, stretti, pizzicati, torti. Quelli dell'immagine sono tesi, come se si sporgessero per cercare qualcosa. Come se cercassero d'incontrare la mia voglia, di soddisfare tutte le voglie della Terra. Chissà che esplosione sarebbe un incontro fra le voglie espresse dai suoi capezzoli e le mie. Guardo ancora il disegno perfetto creato dalla posizione di quelle tette. Non so se un maschio riuscirebbe a sentire la medesima attrazione che sento io adesso. quest'attrazione che sentirò a lungo, anche quando computer o tablet non saranno più su questa fotografia. Sono ampiamente disponibile, me ne rendo conto, chiunque guardandomi non esiterebbe a prendermi. Si capisce benissimo, anche col più fuggevole degli sguardi, che basta prendermi, non serve chiedere nulla. Vorrei mi vedesse lei. Vorrei evitasse il “guardare e non toccare”. Io la toccherei anche se fossi paralizzata, tanta è la voglia che provoca. Percepisco la presenza ingombrante e piacevole delle palline al contrarsi dei miei muscoli inguinali. È uno dei segni del mio entusiasmo. Mi ? domando come si fossero comportati i suoi muscoli quando la fotografia è stata scattata. Quante contrazioni, di che intensità? Mi sembra di vederle, di sentirle proiettarsi su di me. In queste situazioni, lo so, sono sempre disponibile. No, non esattamente disponibile: sovente sono bisognosa. Intanto mi pizzico un capezzolo. Non è facile, mi blocco facilmente, mi blocco troppo presto; troppo presto. E poi è troppo scontato, troppo prevedibile, troppo conosciuto. Una stretta da parte di un'altra persona ha connotazioni completamente diverse. L'autocoscienza è un dramma, soprattutto in questi casi. Qualsiasi atto io compia su me stessa ha sfumature scontate, so benissimo quale azione io stia compiendo e benché possa prolungare, rafforzare, intensificare, non c'è sorpresa e rimane dominante la frustrazione della scontatezza. Mi scruto nello specchio dell'armadio di fronte a me. Sembro un'invocazione: immolatemi sull'altare della lussuria più sfrenata. Più immonda. Guardo, scruto di nuovo l'immagine, cerco di ammirare l'inguine, ma l'ombra e la posizione impediscono la conoscenza, non mi permettono di passare la lingua sullo schermo, in un'inutile tentativo di assaporare l'ambrosia femminile. Una fantasia piena di libidine. Devo accontentarmi della mia ambrosia. Devo accontentarmi di aprire il cassetto coi giochini da sesso. Prendo anche un metro, così, per misurare fin dove il mio schizzo potrà esprimere la conclusione, temporanea, di questo desiderio. Sono ultracerta che se non fossi sola ma ci fosse lei che agisce su di me, una bella macchia sull'armadio a due metri di distanza sarebbe un marchio emozionante che resterebbe in eterno (e chi oserebbe pensare d'eliminarlo?): un marchio a schizzo meno evanescente di un marchio a fuoco. Invece... ma forse sarebbe stato meglio se avessi steso un asciugamani da sotto il bacino fino ai piedi. Sia chiaro: uno bello spesso, perché già ora il piumone è bagnato. Fra poco sarà inondato dalla mia alluvione. Adesso, anche se sto ancora ansimando scossa dai tremori del piacere, rimango alla ricerca di quell'invisibile meta. Rimango con la sensazione del calore della sua pelle sulla mia. Rimango con questo bel dildo accanto a me, che funzionerebbe in modo ideale usandolo con lei. Intanto infilo di nuovo dentro di me le palline che prima ho sparato fuori dalla figa. Contemplerò ancora quest'immagine di Serena, fino a perdermi nelle nebbie del sonno.

Eh no, Serena! Hai cambiato di nuovo l'immagine! Devo ricominciare? No sarei troppo noiosa, cara Serena. La passione arriverà a stimolarmi ad ammirare il corpo esposto?
di
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2022-09-29
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