Buon compleanno
di
Margie
genere
tradimenti
Entro, timidamente. O cautamente?. La porta è stata lasciata socchiusa per questo, perché io entri senza disturbare. Cigola forte mentre l'apro. Nessun contatto da quando la comunicazione s'è conclusa con le sue disposizioni. Di chi? Non lo so. Mio marito mi ha detto di farlo, quando l'ho alluvionato coi miei dubbi, le mie remore. Ne ho ancora? Non è più come quei giorni, quando negandosi e poi sbattendomi mi ha resa cosciente di me stessa. Quando mi ha insegnato quanto si possa godere e quanto facilmente e con rapidità io ci riesca. Ora devo attendere, qui, in piedi, vestita. Anche a me c'è voluto del coraggio per girare così. Gonna corta, a ruota, completa di pettorina con due bretelle che s'incrociano sulla schiena nuda e tacchi a spillo da schianto di caviglie, dita e pianta dei piedi. Già sono alta; così mi sembra di vedere in basso il mondo; in questo caso il pavimento, strisce di mattonelle quadrate rosa intercalate da righe sottili di mattonelle viola scuro, larghe pochi centimetri. È stato difficile per come sono vestita ma soprattutto per queste scarpe: ho faticato a camminare, molto. Perché i tempi erano ristretti, perché ogni passo era uno sforzo. Potevo toglierle, le scarpe, così avrei potuto camminare più rapida, sculettando meno. Quante volte ho camminato scalza? Moltissime. Mi è piaciuto, mi piace poi vedere le piante dei piedi annerite da polvere e asfalto. E poi mi eccita. Quanto eccitata sarei? Oh, mi è sufficiente esserlo come lo sono. Ma dovevo giungere qui coi piedi puliti. Comunque sono eccitata parecchio. Sono pronta. Sento l'orgasmo sulla punta dei capezzoli. Lo sento pesare su clitoride e figa, anche più forte. Però devo aspettare. E devo farlo da ferma. Devo essere immobile. Mi sento un po' smarrita in questo nuovo ambiente. Vuoto; ampio e vuoto, ma con una temperatura confortevole. Pareti, pavimento, io la porta alle mie spalle. Null'altro. Chi l'ha chiusa, la porta attraverso cui sono entrata? Perché non viene nessuno? Io vorrei venire, già adesso, ma non devo. Devo aspettare. Per questo mi sto sforzando a tener lontane le mie mani dai miei tanti punti sensibili. Posso soltanto guardare le pareti identiche al pavimento, vuote, che mi circondano. C'è una poltrona Biedermaier, girevole. Con un grosso dildo fissato sulla seduta. È anche più grosso del cazzo di mio marito. Sta dritto, è invitante. Dio, come sono bagnata! Ci salterei sopra sfondandomi, non importa se figa o culo. Mi blocca l'imperativo di stare ferma. Eh, sì. Mio marito me l'aveva ardentemente raccomandato. E cerco di farlo, nonostante tutto. Di certo comunque non posso bloccare i fremiti che sempre più nitidi percepisco nella figa e nel culo. Mi sembra che lì, nel mio inguine e dintorni, ci sia un violento terremoto. Il preludio di un'eruzione violenta e devastante. Il fiato mi s'ingrossa. Sì, ho camminato velocemente, però giunta in questo edificio ho usato l'ascensore. Settimo piano. Al settimo cielo c'è l'empireo. Qui invece c'è il vuoto, un vuoto rosa striato di viola. No, c'è solo quel dildo smodato e cosparso di piccole protuberanze. Come sarebbe dentro la mia figa? O dentro al culo? Ce ne vorrebbero due, uno per buco. No, così grossi sarebbero troppo. Ma se fossero il dazio per uscire da questa situazione, per ridurre le mie esigenze inguinali, per rallentare questi fremiti travolgenti, per darmi un po' di pace, accetterei. O forse già li desidero. Vedo nello specchio il mio viso. Prima le pareti erano nude. Da dov'è saltato fuori? O in alternativa, chi l'ha posto lì di fronte a me se non è entrato nessuno? È stanca o è stravolta l'immagine della mia faccia? Due lacrime parallele mi rigano il viso di nero. Mi sono truccata pesante, come mi avevano chiesto. Anzi, ordinato. Sono stata obbediente, non merito d'esser lasciata così sospesa! I miei occhi proiettano nello specchio la mia esigenza. Padrona inesorabile, bollente e frigida. Indifferente. Beffarda, come quando torno a casa dopo aver tradito mio marito e lui mi guarda così, con ironia. Poi lui mi salta addosso e mi sublima a colpi di cazzo. Qui invece sono sola. Sola con quel dildo orrendo, spaventoso, e nonostante ciò ormai bramato, posto sopra quella sedia su cui vorrei sedermi, anche se avesse la seduta irta di chiodi. Perché non succede niente? Me ne voglio andare. Invece non posso: devo attendere. Guardo lo specchio. Riflette soltanto la mia immagine. Dov'è la porta attraverso la quale sono entrata? Sì, sono entrata. Però è sparita. Davvero, non c'è più. Tremo, adesso. Non ho freddo, ma tremo. È paura o sono i tremori che dalla figa e dal culo si trasmettono al corpo intero? Una mano improvvisa mi palpa una tetta da un lato della pettorina, mi stringe la tetta, mi strizza il capezzolo, mi muove bruscamente il piercing. Sono penetrata. Forte. Sono letteralmente riempita. Non c'è più... sono sdraiata, mio marito mi sta scopando, vengo e continuo, mentre lui continua soltanto a martellare dentro di me stringendomi a sé con forza, quasi una costrizione. Riconosco il suo uccello dentro di me. L'uccello del paradiso. Il suo “Buon compleanno, troia!” si scolpisce sulle pareti e nella mia mente, mi esalta, quasi come quel dito che comincia a frugare dietro di me. No, non sono più nella stanza vuota e triste, sono il centro dell'Universo. È il mio compleanno, spero mi regali di peggio. Godo comunque; godrò comunque. Supererò le note più acute del canto gregoriano, ridurrò i soprani in baritoni. Ha lacerato i miei limiti. L'ha fatto, è vero, l'ha fatto diverse volte ed è stato sempre più gratificante, sempre più perverso. Ha dato corpo alle fantasie della mia anima. Per fortuna più in là ce ne sono sempre, di nuovi confini da valicare, tabù da infrangere, perversioni da realizzare. Intanto mi faccia la festa per il mio compleanno; me la faccia e me la rifaccia. Sarà tanto più un atto pietoso quanta meno pietà saprà mostrare. Noi due soltanto, oppure in tanti. Sarà comunque un'orgia.
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