Vacanze Istriane - di Joe Cabot 8: mercoledì (pomeriggio)

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saffico

NELLE PUNTATE PRECEDENTI, Jacopo e Lia, con la sorella di lei Rachele, ed il suo ragazzo Bruno, sono in vanzanca in un albergo sulla costa istriana. Fanno amicizia con il direttore dell'albergo, il signor Laban e la sua giovane protetta, Mila, e questi li coinvolgono nei loro allegri e torbidi giochi erotici.
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Mi svegliai di buon mattino e poco dopo Lia uscì dal bagno fresca di doccia. Mi diede un allegro buon giorno e si infilò il costume.
– Andiamo? – mi disse. Io le risposi di andare pure e che sarei arrivato subito. Si avvolse in un prendisole, mi diede un bacio e se ne andò in spiaggia canticchiando.
Dopo una bella doccia scesi anch’io facendo però tappa alla reception. Mi feci dare carta e penna dalla signorina Nadja e lasciai un messaggio per il signor Laban: gli scrissi che Lia voleva vedere il trittico faunesco nel salottino. Quando, assieme a Bruno e Rachele rientrammo per il pranzo, la receptionist mi fece cenno di avvicinarmi. Mi disse solo che il signor Laban aveva pronto, per quel pomeriggio, uno spettacolo a cui non voleva mancassimo, e che sarebbe venuta lei stessa per accompagnarci.
Di sopra, dissi a Lia dell'appuntamento e le chiese se avesse avuto dei ripensamenti. Lei si morse il labbro e sussurrò “no”.
Ci vestimmo in modo semplice, come se dovessimo andare a prendere il tea da amici ed alle 15 in punto, la signorina Nadja, vestita al solito con la gonna e la camicetta della divisa, bussò alla nostra porta.
La seguimmo eccitati fino all’ascensore che ci portò al piano della suite e del salottino in cui il giorno prima avevo posseduto Mila assieme al signor Laban. Tuttavia c’era un’altra stanza che ancora non conoscevamo e fu proprio lì che la signorina ci condusse. Aprì una porta che dava su uno stanzino buio, più lungo che largo, con al centro un ampio divano all’apparenza comodo, di seta rossa ben imbottita. La signorina Nadja ci fece cenno di sederci e si portò al fianco di una tenda spessa, anch’essa rosso cupa come l’intera stanza, posta come un sipario proprio davanti al divano, e rimase ferma in piedi in attesa che ci fossimo accomodati. Io mi accomodai e Lia mi si sedette accanto, sistemandosi un mio braccio protettivo sulle spalle. Nadja ci guardò con la solita aria professionale per assicurarsi che fossimo comodi e quindi tirò una cordicella dorata che scoprì tra le pieghe del sipario. Subito un gridolino di stupore sfuggì dalle labbra di Lia.
Il sipario rivelò un’ampia vetrata ed al di là apparve uno spettacolo che ci lasciò a lungo senza parole.
– Non temete – disse la nostra accompagnatrice – loro possono vedere solo un grande specchio.
Il finto specchio dava su un letto a baldacchino che a Lia ricordò subito quello su cui l’aveva presa Laban nella suite. Solo che stavolta c’era un’altra donna su quel letto, e la donna era completamente nuda, legata mani e piedi ai quattro montanti del baldacchino. E, soprattutto, quella donna era sua sorella.
Accanto a Rachele era disteso il signor Laban, con una vestaglietta di seta slacciata sul davanti che metteva in mostra il suo petto ricoperto di peli brizzolati e il suo uccello ancora barzotto. Carezzava il bel corpo della rossa distesa al suo fianco, passandole le mani sulle cosce, spazzolando piano il pelo rosso vivo della fica di Rachele, e poi proseguiva lungo il suo pancino per arrivare ai grossi seni, ai suoi capezzoli grossi. Laban pareva voler maltrattare quei grossi seni, e ne stropicciava i capezzoli strappando alla ragazza dei gemiti che risuonavano in modo strano nello stanzino in cui ci trovavamo.
– C’è un sistema a circuito chiuso – disse Nadja indicando dei piccoli amplificatori ai lati della vetrata. – Noi possiamo sentirli ma loro non possono sentire noi.
Lia pareva sconvolta. Una sua mano mi aveva stretto la coscia fino a farsi sbiancare le dita. Faticai a farle mollare la presa e lei non se ne accorse nemmeno, completamente assorta dall’inatteso spettacolo della sorella con il viso che si contraeva ad ogni nuova carezza del suo amante di soli due giorni prima. Aveva il volto arrossato, il fiato corto, come me del resto, che da tempo sentivo il cazzo indurirsi di fronte alla sorella della mia lady su cui avevo in passato nutrito non poco desiderio. E poi apparve lei.
Mila era completamente nuda, eccetto uno strano perizoma di pelle particolarmente grosso sul davanti. Apparve dal fondo della stanza invitata dai gesti ariosi di Laban, con i capelli lunghi sciolti sulle spalle, camminando su tacchi altissimi che la facevano incedere come su un piedistallo, con le sue forme perfette, con le sue curve che non cedevano né rubavano alcunché alla giusta misura di carne. Al solito Mila toglieva il fiato. Vedemmo lo sguardo di Rachele fissarsi sulla nuova venuta e poi passare su quelli del signor Laban, vedemmo tutto il suo stupore. La vedemmo tirare le corde dei polsi e delle caviglie senza riuscire a sottrarsi al supplizio che lei stessa si era cercata, la sentimmo gridare dei “no” imbarazzati mentre la croata era ormai ai piedi del letto. Mila si mise tra le sue gambe, si chinò su di lei afferrando le cosce che Rachele scalciava come una cavalla in trappola. Vedemmo la lingua di Mila farsi largo nel sesso di Rachele.
Il cazzo mi faceva un male boia e quel dolore mi riportò un po’ allo stanzino. Vidi Lia con un’espressione che non le avevo mai visto, un’espressione direi… rotta, disincantata, l’espressione che può aver avuto Nerone vedendo bruciare Roma. Io non so che incendio ormai le bruciasse dentro, né che cosa le stesse andando a fuoco ma il gesto con cui una sua mano scese lungo la coscia, per sollevare la corta gonnellina al fine di accompagnare al piacere di quelle immagini il piacere delle sue dita, fu come inesorabile, e non le richiese alcuna distrazione. La signorina Nadja, che fino ad allora era stata accanto alla tenda, mi si avvicinò.
– Posso? – disse inginocchiandosi tra le mie gambe. Vidi la ragazza aprirmi la patta per tirarne fuori il mio cazzo ormai tiratissimo. Lo prese in bocca con maestria mentre Lia pareva non aver notato nulla. Riportai il mio sguardo al di là dello specchio.
Rachele aveva da tempo smesso di lamentarsi di come Mila le stava lavorando la fica, né del resto ci sarebbe stato alcunché da lamentarsi. Conoscevo l’abilità della croata con la bocca e nulla mi faceva dubitare che su un’altra ragazza potesse essere anche più brava. Vedevo come esplorava a fondo quella fica gonfia attorniata dal folto vello rosso mentre le sue dita la dilatavano o scendevano a sollecitarle l’ano con abilità. Laban rimaneva in disparte e probabilmente ciò dipendeva dal fatto che quel pomeriggio lui, Rachele se l’era già scopata.
Mentre ancora Mila era china tra le cosce della rossa, il signor Laban si decise a scendere dal letto. Aprì il cassettino di uno scrittoio e ne trasse una scatoletta allungata, ricoperta di seta nera. Con quella si portò alle spalle di Mila.
– Basta così – ordinò.
Mila si staccò dalla fica di Rachele con un ultimo risucchio alla clitoride e si alzò ritta davanti al signor Laban dandoci la schiena. Sui tacchi pareva anche più alta dell’uomo. Lui le porse la scatoletta togliendone il coperchio, lei ne cavò qualcosa e si portò le mani sopra il sesso. Quando si voltò di nuovo verso la ragazza legata al letto vedemmo che, fissato al perizoma, aveva un enorme fallo nero, luccicante e splendido. Lo vide anche Rachele che sussultò di nuovo, di nuovo lamentandosi e gemendo senza alcun risultato. Sentii una voce sconosciuta accanto a me.
– Stai zitti, stupida. Stai zitta e godi.
Era Lia a parlare con una voce che non le avevo mai sentito. Aveva le cosce aperte in modo osceno e le sue dita scorrevano dentro e fuori dalla sua fica e sul grilletto con smania.
La bocca di Mila si avvicinò di nuovo alla fica di Rachele, ma non ci si fermò proseguendo invece verso i seni che succhiò quasi a volerli inghiottire del tutto, poi le sue splendide labbra si fissarono a tormentarle i grossi capezzoli. Mila era ben più alta della piccola Rachele e sopra di lei pareva una gigantessa. Prese a baciarle il collo, infischiandosene delle proteste della ragazza, e quindi le ficcò a forza la propria lingua in bocca finché l’altra non si rassegnò a rispondere al bacio. Lo spettacolo delle due donne che si baciavano era irresistibile, così diverse eppure entrambe con occhi verdi e labbra carnose.
– Fottila, fottila ora! – ordinò il signor Laban. Ma a Mila quel bacio pareva davvero piacere, o forse aveva altre idee.
– FOTTILA, PUTTANA! –
Mila mosse i fianchi per puntare con il grosso arnese che aveva incastonato sul pube la fica di Rachele, ma esitava ancora. Si puntellò con le mani sopra le spalle della rossa e così facendo i suoi seni sodissimi vennero a trovarsi a portata della bocca della ragazza che stava per essere posseduta.
– FOTTILA, HO DETTO, TE LO ORDINO! – urlava Laban con voce isterica, in piedi accanto al letto ma chino sulla scena.
– Succhiami le tette, puttanella – sussurrò Mila a Rachele – sei la mia schiava. Fammi godere – le disse fissandola negli occhi.
Rachele obbedì. Vidi la sua lingua che si posava su uno dei capezzoli, la sua bocca che si apriva per risucchiarlo e poi respingerlo.
– PUTTANE! – gridò di nuovo Laban e stavolta in mano aveva uno scudiscio che sbatté con forza sul magnifico culo di Mila lasciandole un segno ben visibile. Ma lei parve divertita e si girò verso di lui con fare di sfida. Lui la colpì di nuovo esasperato, lei sorrise ma iniziò a spingere il grosso fallo nella fica di Rachele che emise un grido strozzato vedendosi presa a quel modo. Le scudisciate presero a risuonare nell’aria e Mila rideva presa da una strana euforia mentre scopava con sempre maggior foga Rachele su cui ormai si era gettata con tutto il corpo, tra le sue cosce, seno contro seno, labbra contro labbra.
Ad un tratto Lia si mosse al mio fianco, allungò una mano e prese la receptionist per i capelli sollevandola dal pompino che ormai stava per farmi esplodere. La signorina Nadja la guardò smarrita da dietro i suoi occhiali.
– Adesso voglio che tu me la lecchi – le disse. La ragazza assentì con il capo e poco dopo Lia si era distesa sul divano, appoggiata in modo da poter continuare a vedere le piacevoli sevizie a cui il signor Laban e Mila stavano sottoponendo la sorella. La mia lady allargò le cosce e si scostò le mutandine per offrire la sua fica alla ragazza e questa, obbediente, vi si infilò. Mentre Lia soffiava il suo piacere e spingeva con entrambe le mani il capo della ragazza contro il proprio pube, mi portai alle spalle della receptionist e le sollevai la gonna fin sopra il magnifico culo che non tradì per nulla le aspettative che mi ero fatto su di esso in quei giorni. Le calai i collant e le mutandine fino a metà coscia e ben presto fui dentro di lei.
Sentimmo che di là Rachele urlava il suo orgasmo con voce straziante e poi vedemmo Mila che si scostava per permettere al signor Laban di mettersi a cavalcioni sulla rossa e venirle a spruzzo sui seni e sul viso. Allora anche la mia lady emise un gridolino che aveva in sé sia il piacere che lo stupore dello stesso. La signorina che mi stavo scopando se ne distaccò giusto in tempo per prendersi in bocca il mio orgasmo con la sua faccia da segretaria occhialuta. Lia però non volle lasciarglielo ingoiare e subito le si gettò contro infilandole la lingua in bocca. Vidi il mio sperma sulle labbra della croata e la mia lady che glielo leccava di bocca avida.

(Ci vediamo su: http://raccontiviola.wordpress.com)
scritto il
2012-10-02
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