Tutte le donne delle mie fantasie
di
Chicken1973
genere
etero
Quella domanda continuava a frullarmi in testa, guardando le due figure allontanarsi di spalle, la mano di una sulle chiappe dell’altra.
Quella domanda a cui non so rispondere se non ripercorrendo a ritroso le ultime ore di quella giornata.
In principio fu la ragazza straniera incrociata casualmente davanti casa, appena scesa dal pullman, zaino in spalla, sguardo affaticato.
“you look lost...”
Ovvio che si fosse persa: abito lungo un vialone che taglia anonime coltivazioni, nel mezzo del nulla, nelle campagne che circondano la città, giusto un’edicola ed un tabaccaio 100 metri più dietro. Se arrivi qui, sei persa.
“thanks God ... someone speaking English!” accettò subito di buon grado l’implicita offerta di soccorso.
Studentessa australiana in anno sabatico a conoscere il mondo. Un’ovvietà nel suo anticonformismo.
Le mie frequentazioni di AbbyWinters e GirlsOutWest fanno scattare una slot machine nelle mie mutande.
Il mio senso civico va a braccetto con l’immagine di pubi pelosi malcelati da slip a fiorellini da supermercato.
La ragazza ha un volo nelle prossime ore, ma aveva preso l'autobus diretto verso l’aeroporto sbagliato di questa grande città, finchè a qualcuno non era venuto lo scrupolo di controllare la sua destinazione.
Fortunatamente, la stazione del treno è il terzo sito di una certa rilevanza nei paraggi, oltre all’edicola e alla tabaccheria: da lì potrà velocemente raggiungere gli snodi giusti per il secondo aeroporto, senza essere schiava del traffico dei lavoratori della sera che rientrano a casa.
La stazione è a cinque minuti a piedi. Mi offro di accompagnarla e ci metterei sicuramente meno che spiegarlo a voce.
E potrò contestualmente godermi la vista dei suoi lineamenti morbidi, grandi occhi scuri, capelli neri raccolti in una crocchia, guance tonde che fanno pandant con il seno generoso che rimbalza sotto la maglietta tesa dallo zaino, il reggiseno evidentemente un optional, i capezzoli che puntano orgogliosi verso il mondo di fuori per conquistarlo.
Scendiamo e risaliamo le scale della stazione, il mio viso attaccato al suo fondoschiena nascosto da una informe gonna lunga. La ragazza mi regala sorrisi che riempiono la giornata, complimenti per il mio inglese, se solo sapesse che nella mia testa quel sorriso corona il suo corpo nudo intrecciato con quello di qualche altra ragazza straniera, dalla carne olivastra, che intanto le lecca la fica.
Non posso che offrirmi di accompagnarla in treno fino alla città, farle vedere dove dovrà scendere per assicurarsi che non sbagli un’altra volta.
La lascio in banchina per comprare il biglietto per tutti e due, abbiamo ancora qualche minuto.
Arrivato alla macchinetta, trovo una donna in un incredibile vestito rosso, smanicato, zingaresco, che sta combattendo per riuscire a comprare il biglietto. Non deve essere di qui, altrimenti saprebbe il trucco per ingannare un touchscreen ormai fottuto da mesi per la mancata manutenzione.
Friggo per la ragazza-AbbyWinters lasciata sulla banchina, come se un qualsiasi giovanotto potesse rubarmela: “Aspetti, lasci fare a me, che quest’affare è una trappola; dove deve andare?”
La donna si gira e mi guarda con un sorriso che mi fulmina: il mio subconscio aveva rifiutato di dar seguito alla vocina che mi prometteva indicibili sensualità per quella donna vista di spalle. “Tanto lo sai che si gira e sarai deluso, hai la tua australiana ad attenderti”.
Invece mi trovo ad adorare un viso dai lineamenti forti, mascella ben definita, occhi che suggeriscono universi di vite e passioni, una donna di carattere. Sigourney Weaver in un incredibile vestito rosso in una cazzo di stazioncina di periferia, io mi sento Danny de Vito con qualche centimetro in più.
La donna mi dice dove è diretta, una cadenza un po’ marcata che non stona troppo con i suoi lineamenti decisi ed io faccio il mio gioco di magia sullo schermo dell’emettitrice, toccando punti apparentemente a caso, ma tirando fuori dal cilindro il biglietto desiderato infine, tra i suoi complimenti che mi fanno arrossire
Le chiedo come sia capitata in questa landa dimenticata da Dio e fingo di ascoltare la sua risposta, mentre mi perdo nel suo sguardo e contemporaneamente acquisto i due biglietti per me e per l’australiana.
Continuiamo a chiacchierare mentre ci avviamo alla banchina, la sua schiena solida che emerge dall’abito zingaresco, deve essere stata una nuotatrice; ed ho l’occasione di raccontarle dell’incontro con la ragazza, prenderemo il treno nella stessa direzione.
La donna dal vestito rosso senza domande si presenta alla ragazza australiana, il suo inglese con un forte accento italiano, la ragazza che commenta come suoni sexy il suo modo di parlare alle orecchie di una straniera; ridacchiano all’unisono fissandosi negli occhi e la ragazza le fa spazio sulla panchina per lasciarla sedere, iniziando a chiacchierare: io volo nel mio universo parallelo: “hairy panties girl” e “Sigourney Weaver di periferia” nella stessa inquadratura davanti ai miei occhi.
Ripercorro a ritroso le ultime ore di quella giornata per rispondere a quella maledetta domanda.
Saliamo sul treno e ci riserviamo un gruppetto da quattro sedili, l’ultimo occupato dal voluminoso zaino della ragazza (cosa non darei per poterci sbirciare dentro e rubare un odoroso souvenir), io che traduco quello che il tenente Ripley non riesce a esprimere in inglese.
E mentre continuiamo a parlare e spieghiamo alla ragazza quali saranno le prossime fermate per arrivare all’aeroporto di destinazione, il mio sguardo cade su una donna seduta qualche sedile più avanti, la gonna corta che lascia in mostra le gambe, ed il mio solito istinto di maiale che comincia a sperare di poter vedere qualcosa di più.
La donna si gira più volte per lasciar passare i pendolari seduti vicino a lei e pian piano rilassa i muscoli delle gambe e le cosce strette, il suo tailleur da ufficio con una camicetta bianca in cui qualche bottone di troppo si è allentato, la fatica della giornata che abbassa le difese.
Finalmente, all’ennesima giravolta, le sue mutandine bianche fanno capolino in mezzo alle cosce, nascoste nell’antro della corta gonna, il mio cuore impazzisce, l’influenza delle due donne vicine e la vista di quegli slip, che immagino odorosi di una giornata appena passata tra le faccende quotidiane, aizzano il mio pisello, un’erezione che difficilmente riesco a controllare per quanto accavalli le gambe. I miei occhi fissi per un’eternità su quel triangolo di tessuto in vista in mezzo alle sue carni.
Alzo lo sguardo dalle mutandine bianche per studiarne i lineamenti, e trovo due occhi puntati su di me, un viso angelico incorniciato da lunghi capelli neri. Quello sguardo non può essere casuale, e la donna non accenna a chiudere le gambe, lasciando ben in vista l’interno delle sue cosce e la luce del tessuto che nasconde la sua fica, un bagliore come quello del tesoro nascosto nella valigetta di Marcellus Wallace.
Rimango paralizzato: perché dovrebbe guardare me? Eppure lo fa, non è casuale: raccoglie le sue cose, uno zainetto porta computer ed un’altra borsetta che avrà custodito il suo pranzo, si alza e si avvia alla porta per la prossima fermata, ma si gira di nuovo a guardare dalla mia parte, a riprova, con una lieve increspatura delle labbra.
Non dovrei scendere lì, io: “hairy-panties” deve arrivare al capolinea per arrivare in aeroporto. Chiedo a Sigourney Weaver se le posso affidare la ragazza, le vedo affiatate: sognerei di vederle nella stessa scena, milf e hairy-teen che condividono lo stesso letto, una seduta sulla faccia dell’altra.
Ma so che è solo una mia fantasia. Mentre “miss-upskirt” continua a lanciarmi sguardi dalla porta.
E faccio la mia scelta.
Saluto la ragazza con un bacio, ne aspiro il profumo ed un lieve, eccitante odore di sudore, un abbraccio con la donna dal vestito rosso e mi avvio alla discesa dal treno.
“finalmente…” mi sussurra la donna di spalle; sarei pronto a venire nei pantaloni seduta stante.
Mi rendo conto che ogni domanda sarebbe fuori luogo e rimango muto nella mia eccitazione. Non so cosa aspettarmi.
Ripercorro le ultime ore di quella giornata per rispondere a quella maledetta domanda.
Scendiamo dal treno, mentre saluto le mie donne rimaste sopra. Ma sono subito investito dalla folla di gente che sciama nella stazione centrale di scambio dove ci siamo fermati.
A quell’ora è un inferno di corpi che si intrecciano, generando scintille di acrimonia molto più che di erotismo.
Quella frazione di secondo in cui mi sono volto verso “hairy panties” e “vestito-rosso”, mi ha fatto perdere di vista la mia “upskirt”; mi sembra di scorgerne i lunghi capelli neri ad un certo punto e mi avvio deciso da quella parte, fendendo la folla.
Ma troppo tardi mi accorgo e mi ricordo che i capelli lisci neri sono la moda del secolo: avrò attorno a me 20 ragazzine con la stessa acconciatura, in aperto contrasto con la supposta moda revival anni ’80 che vorrebbe cotonature e riccioli a dominare la scena.
Come cazzo ho fatto? Mi son trovato nelle mire di una donna di passaggio che mi ha concesso la celestiale e consensuale visione del suo intimo e ne ho perso traccia per un attimo di indecisione. Un attimo di indecisione. La storia della vita mia.
Continuo a scandagliare la folla. Ma so benissimo che da lì non si vedono mutandine.
E ripercorro le ultime ore di quella giornata per rispondere a quella maledetta domanda.
Nella frenesia della ricerca, la mia attenzione viene attirata da qualcos'altro: scorgo la mia “redhead” del giorno!
Come non vederla, la capigliatura fulva in quel mare di acconciature scure?
Accelero il passo per raggiungerla nella marea di corpi in movimento, ci infiliamo in una sequenza di gallerie e sottopassi che gradualmente filtrano e diradano la folla.
Ci dirigiamo verso una banchina che porta su treno per la periferia, man mano che la gente diminuisce, la mia “redhead” si trasforma in una “curvy-redhead”, un bel vestito verde a far da contrasto con la sua carnagione chiara ed i capelli rossi, le pieghette sui fianchi del suo corpo, un culo tondo su cui addormentarsi e polpacci puntellati da lentiggini.
Arriva il treno scalcagnato, reperto d’anteguerra che nessuna amministrazione ha mai avuto la decenza di sostituire con qualcosa di più moderno.
Sono perso nelle curve della “mia” donna dell’ultim’ora, immagino di essere nello stesso letto, lei che mi cavalca, il suo pube fulvo che struscia sui miei peli neri, rilasciando un inebriante odore di donna che getta un incantesimo in tutta la stanza, i suoi seni su di me, i suoi capezzoli che entrano ed escono dalla mia bocca, e puntano i miei occhi, come lo sguardo di un serpente che ti ammalia.
E ci immagino cenare a letto dopo il sesso, un menù tutto da decidere, basta che sia condito di risate e leggerezza e ancora sesso. Chiedimi cosa vuoi che io mangi dalla tua fica ed io lo farò, condiscilo con i tuoi olii profumati e sarò un cliente riconoscente, che sa gustare quei sapori antichi che non tutti sanno gustare, che vengono direttamente dalle viscere dei nostri istinti primordiali.
Perso in quelle fantasie il viaggio termina prima che me ne renda conto, siamo al capolinea, la mia “curvy-redhead” lascia il treno con me che la seguo cercando di non sembrare uno stalker.
L’odore salmastro del mare mi investe, per un attimo la fantasia mi fa immaginare che sia l’odore in mezzo alle sue cosce quello che sento, una marea inebriante. La donna cammina, borsetta su una spalla, non so dove sia diretta, non le stacco gli occhi di dosso.
Una figura si staglia in lontananza in linea retta con il suo camminare, il mare alle sue spalle, appoggiata ad una balaustra, le gambe incrociate, fuma in attesa di qualcosa o di qualcuno.
E man mano che ci avviciniamo è chiaro che è in attesa di qualcuno che è la mia “curvy-redhead”, che infatti saluta la figura da lontano con una mano, ricevendo pronta risposta. Mi fermo a metà strada, vicino ad un’edicola, per non sembrare sospetto e guardo la coppia.
Le due figure sono finalmente vicine, si abbandonano ad un bacio profondo, una mano finisce sulla tetta della mia giunonica donna rossa.
Il mio cazzo esplode. Le due donne che si baciano in lunghe ondate sono una visione paradisiaca.
Vorrei essere lì per sentire il profumo della loro passione ed invece sono da solo con l’appiccicume dello sperma nelle mie mutande mentre loro si allontano, una mano della donna sulla chiappa della mia “curvy-redhead”.
E quella domanda che ora continua a tormentarmi, mentre fisso le loro schiene ed i suoi capelli rossi che danzano nel vento, ed il mare rumoreggia basso e costante, e l’odore salmastro continua a solleticare le mie narici e le mie fantasie.
Quella domanda che ora continua a tormentarmi, a cui non so rispondere se non ripercorrendo le ultime ore della mia giornata.
Quella domanda, lo sguardo fisso verso il sole che tramonta sul mare: “Ma io... ma come cazzo ci sono arrivato io fino ad Ostia Lido?”
Quella domanda a cui non so rispondere se non ripercorrendo a ritroso le ultime ore di quella giornata.
In principio fu la ragazza straniera incrociata casualmente davanti casa, appena scesa dal pullman, zaino in spalla, sguardo affaticato.
“you look lost...”
Ovvio che si fosse persa: abito lungo un vialone che taglia anonime coltivazioni, nel mezzo del nulla, nelle campagne che circondano la città, giusto un’edicola ed un tabaccaio 100 metri più dietro. Se arrivi qui, sei persa.
“thanks God ... someone speaking English!” accettò subito di buon grado l’implicita offerta di soccorso.
Studentessa australiana in anno sabatico a conoscere il mondo. Un’ovvietà nel suo anticonformismo.
Le mie frequentazioni di AbbyWinters e GirlsOutWest fanno scattare una slot machine nelle mie mutande.
Il mio senso civico va a braccetto con l’immagine di pubi pelosi malcelati da slip a fiorellini da supermercato.
La ragazza ha un volo nelle prossime ore, ma aveva preso l'autobus diretto verso l’aeroporto sbagliato di questa grande città, finchè a qualcuno non era venuto lo scrupolo di controllare la sua destinazione.
Fortunatamente, la stazione del treno è il terzo sito di una certa rilevanza nei paraggi, oltre all’edicola e alla tabaccheria: da lì potrà velocemente raggiungere gli snodi giusti per il secondo aeroporto, senza essere schiava del traffico dei lavoratori della sera che rientrano a casa.
La stazione è a cinque minuti a piedi. Mi offro di accompagnarla e ci metterei sicuramente meno che spiegarlo a voce.
E potrò contestualmente godermi la vista dei suoi lineamenti morbidi, grandi occhi scuri, capelli neri raccolti in una crocchia, guance tonde che fanno pandant con il seno generoso che rimbalza sotto la maglietta tesa dallo zaino, il reggiseno evidentemente un optional, i capezzoli che puntano orgogliosi verso il mondo di fuori per conquistarlo.
Scendiamo e risaliamo le scale della stazione, il mio viso attaccato al suo fondoschiena nascosto da una informe gonna lunga. La ragazza mi regala sorrisi che riempiono la giornata, complimenti per il mio inglese, se solo sapesse che nella mia testa quel sorriso corona il suo corpo nudo intrecciato con quello di qualche altra ragazza straniera, dalla carne olivastra, che intanto le lecca la fica.
Non posso che offrirmi di accompagnarla in treno fino alla città, farle vedere dove dovrà scendere per assicurarsi che non sbagli un’altra volta.
La lascio in banchina per comprare il biglietto per tutti e due, abbiamo ancora qualche minuto.
Arrivato alla macchinetta, trovo una donna in un incredibile vestito rosso, smanicato, zingaresco, che sta combattendo per riuscire a comprare il biglietto. Non deve essere di qui, altrimenti saprebbe il trucco per ingannare un touchscreen ormai fottuto da mesi per la mancata manutenzione.
Friggo per la ragazza-AbbyWinters lasciata sulla banchina, come se un qualsiasi giovanotto potesse rubarmela: “Aspetti, lasci fare a me, che quest’affare è una trappola; dove deve andare?”
La donna si gira e mi guarda con un sorriso che mi fulmina: il mio subconscio aveva rifiutato di dar seguito alla vocina che mi prometteva indicibili sensualità per quella donna vista di spalle. “Tanto lo sai che si gira e sarai deluso, hai la tua australiana ad attenderti”.
Invece mi trovo ad adorare un viso dai lineamenti forti, mascella ben definita, occhi che suggeriscono universi di vite e passioni, una donna di carattere. Sigourney Weaver in un incredibile vestito rosso in una cazzo di stazioncina di periferia, io mi sento Danny de Vito con qualche centimetro in più.
La donna mi dice dove è diretta, una cadenza un po’ marcata che non stona troppo con i suoi lineamenti decisi ed io faccio il mio gioco di magia sullo schermo dell’emettitrice, toccando punti apparentemente a caso, ma tirando fuori dal cilindro il biglietto desiderato infine, tra i suoi complimenti che mi fanno arrossire
Le chiedo come sia capitata in questa landa dimenticata da Dio e fingo di ascoltare la sua risposta, mentre mi perdo nel suo sguardo e contemporaneamente acquisto i due biglietti per me e per l’australiana.
Continuiamo a chiacchierare mentre ci avviamo alla banchina, la sua schiena solida che emerge dall’abito zingaresco, deve essere stata una nuotatrice; ed ho l’occasione di raccontarle dell’incontro con la ragazza, prenderemo il treno nella stessa direzione.
La donna dal vestito rosso senza domande si presenta alla ragazza australiana, il suo inglese con un forte accento italiano, la ragazza che commenta come suoni sexy il suo modo di parlare alle orecchie di una straniera; ridacchiano all’unisono fissandosi negli occhi e la ragazza le fa spazio sulla panchina per lasciarla sedere, iniziando a chiacchierare: io volo nel mio universo parallelo: “hairy panties girl” e “Sigourney Weaver di periferia” nella stessa inquadratura davanti ai miei occhi.
Ripercorro a ritroso le ultime ore di quella giornata per rispondere a quella maledetta domanda.
Saliamo sul treno e ci riserviamo un gruppetto da quattro sedili, l’ultimo occupato dal voluminoso zaino della ragazza (cosa non darei per poterci sbirciare dentro e rubare un odoroso souvenir), io che traduco quello che il tenente Ripley non riesce a esprimere in inglese.
E mentre continuiamo a parlare e spieghiamo alla ragazza quali saranno le prossime fermate per arrivare all’aeroporto di destinazione, il mio sguardo cade su una donna seduta qualche sedile più avanti, la gonna corta che lascia in mostra le gambe, ed il mio solito istinto di maiale che comincia a sperare di poter vedere qualcosa di più.
La donna si gira più volte per lasciar passare i pendolari seduti vicino a lei e pian piano rilassa i muscoli delle gambe e le cosce strette, il suo tailleur da ufficio con una camicetta bianca in cui qualche bottone di troppo si è allentato, la fatica della giornata che abbassa le difese.
Finalmente, all’ennesima giravolta, le sue mutandine bianche fanno capolino in mezzo alle cosce, nascoste nell’antro della corta gonna, il mio cuore impazzisce, l’influenza delle due donne vicine e la vista di quegli slip, che immagino odorosi di una giornata appena passata tra le faccende quotidiane, aizzano il mio pisello, un’erezione che difficilmente riesco a controllare per quanto accavalli le gambe. I miei occhi fissi per un’eternità su quel triangolo di tessuto in vista in mezzo alle sue carni.
Alzo lo sguardo dalle mutandine bianche per studiarne i lineamenti, e trovo due occhi puntati su di me, un viso angelico incorniciato da lunghi capelli neri. Quello sguardo non può essere casuale, e la donna non accenna a chiudere le gambe, lasciando ben in vista l’interno delle sue cosce e la luce del tessuto che nasconde la sua fica, un bagliore come quello del tesoro nascosto nella valigetta di Marcellus Wallace.
Rimango paralizzato: perché dovrebbe guardare me? Eppure lo fa, non è casuale: raccoglie le sue cose, uno zainetto porta computer ed un’altra borsetta che avrà custodito il suo pranzo, si alza e si avvia alla porta per la prossima fermata, ma si gira di nuovo a guardare dalla mia parte, a riprova, con una lieve increspatura delle labbra.
Non dovrei scendere lì, io: “hairy-panties” deve arrivare al capolinea per arrivare in aeroporto. Chiedo a Sigourney Weaver se le posso affidare la ragazza, le vedo affiatate: sognerei di vederle nella stessa scena, milf e hairy-teen che condividono lo stesso letto, una seduta sulla faccia dell’altra.
Ma so che è solo una mia fantasia. Mentre “miss-upskirt” continua a lanciarmi sguardi dalla porta.
E faccio la mia scelta.
Saluto la ragazza con un bacio, ne aspiro il profumo ed un lieve, eccitante odore di sudore, un abbraccio con la donna dal vestito rosso e mi avvio alla discesa dal treno.
“finalmente…” mi sussurra la donna di spalle; sarei pronto a venire nei pantaloni seduta stante.
Mi rendo conto che ogni domanda sarebbe fuori luogo e rimango muto nella mia eccitazione. Non so cosa aspettarmi.
Ripercorro le ultime ore di quella giornata per rispondere a quella maledetta domanda.
Scendiamo dal treno, mentre saluto le mie donne rimaste sopra. Ma sono subito investito dalla folla di gente che sciama nella stazione centrale di scambio dove ci siamo fermati.
A quell’ora è un inferno di corpi che si intrecciano, generando scintille di acrimonia molto più che di erotismo.
Quella frazione di secondo in cui mi sono volto verso “hairy panties” e “vestito-rosso”, mi ha fatto perdere di vista la mia “upskirt”; mi sembra di scorgerne i lunghi capelli neri ad un certo punto e mi avvio deciso da quella parte, fendendo la folla.
Ma troppo tardi mi accorgo e mi ricordo che i capelli lisci neri sono la moda del secolo: avrò attorno a me 20 ragazzine con la stessa acconciatura, in aperto contrasto con la supposta moda revival anni ’80 che vorrebbe cotonature e riccioli a dominare la scena.
Come cazzo ho fatto? Mi son trovato nelle mire di una donna di passaggio che mi ha concesso la celestiale e consensuale visione del suo intimo e ne ho perso traccia per un attimo di indecisione. Un attimo di indecisione. La storia della vita mia.
Continuo a scandagliare la folla. Ma so benissimo che da lì non si vedono mutandine.
E ripercorro le ultime ore di quella giornata per rispondere a quella maledetta domanda.
Nella frenesia della ricerca, la mia attenzione viene attirata da qualcos'altro: scorgo la mia “redhead” del giorno!
Come non vederla, la capigliatura fulva in quel mare di acconciature scure?
Accelero il passo per raggiungerla nella marea di corpi in movimento, ci infiliamo in una sequenza di gallerie e sottopassi che gradualmente filtrano e diradano la folla.
Ci dirigiamo verso una banchina che porta su treno per la periferia, man mano che la gente diminuisce, la mia “redhead” si trasforma in una “curvy-redhead”, un bel vestito verde a far da contrasto con la sua carnagione chiara ed i capelli rossi, le pieghette sui fianchi del suo corpo, un culo tondo su cui addormentarsi e polpacci puntellati da lentiggini.
Arriva il treno scalcagnato, reperto d’anteguerra che nessuna amministrazione ha mai avuto la decenza di sostituire con qualcosa di più moderno.
Sono perso nelle curve della “mia” donna dell’ultim’ora, immagino di essere nello stesso letto, lei che mi cavalca, il suo pube fulvo che struscia sui miei peli neri, rilasciando un inebriante odore di donna che getta un incantesimo in tutta la stanza, i suoi seni su di me, i suoi capezzoli che entrano ed escono dalla mia bocca, e puntano i miei occhi, come lo sguardo di un serpente che ti ammalia.
E ci immagino cenare a letto dopo il sesso, un menù tutto da decidere, basta che sia condito di risate e leggerezza e ancora sesso. Chiedimi cosa vuoi che io mangi dalla tua fica ed io lo farò, condiscilo con i tuoi olii profumati e sarò un cliente riconoscente, che sa gustare quei sapori antichi che non tutti sanno gustare, che vengono direttamente dalle viscere dei nostri istinti primordiali.
Perso in quelle fantasie il viaggio termina prima che me ne renda conto, siamo al capolinea, la mia “curvy-redhead” lascia il treno con me che la seguo cercando di non sembrare uno stalker.
L’odore salmastro del mare mi investe, per un attimo la fantasia mi fa immaginare che sia l’odore in mezzo alle sue cosce quello che sento, una marea inebriante. La donna cammina, borsetta su una spalla, non so dove sia diretta, non le stacco gli occhi di dosso.
Una figura si staglia in lontananza in linea retta con il suo camminare, il mare alle sue spalle, appoggiata ad una balaustra, le gambe incrociate, fuma in attesa di qualcosa o di qualcuno.
E man mano che ci avviciniamo è chiaro che è in attesa di qualcuno che è la mia “curvy-redhead”, che infatti saluta la figura da lontano con una mano, ricevendo pronta risposta. Mi fermo a metà strada, vicino ad un’edicola, per non sembrare sospetto e guardo la coppia.
Le due figure sono finalmente vicine, si abbandonano ad un bacio profondo, una mano finisce sulla tetta della mia giunonica donna rossa.
Il mio cazzo esplode. Le due donne che si baciano in lunghe ondate sono una visione paradisiaca.
Vorrei essere lì per sentire il profumo della loro passione ed invece sono da solo con l’appiccicume dello sperma nelle mie mutande mentre loro si allontano, una mano della donna sulla chiappa della mia “curvy-redhead”.
E quella domanda che ora continua a tormentarmi, mentre fisso le loro schiene ed i suoi capelli rossi che danzano nel vento, ed il mare rumoreggia basso e costante, e l’odore salmastro continua a solleticare le mie narici e le mie fantasie.
Quella domanda che ora continua a tormentarmi, a cui non so rispondere se non ripercorrendo le ultime ore della mia giornata.
Quella domanda, lo sguardo fisso verso il sole che tramonta sul mare: “Ma io... ma come cazzo ci sono arrivato io fino ad Ostia Lido?”
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