Il congedo?

di
genere
saffico

Per tutta l’estate, ad eccezione di qualche caffè al volo, non ho mai visto Paola. Troppa difficoltà nella logistica da poter superare, soprattutto nella sua. Con i suoi trent’anni è purtroppo costretta a vivere ancora con i genitori, e a complicare il tutto ci si metta pure un rapporto con un fidanzato possessivo, oppressivo e diciamolo anche omofobo.
Davvero troppo per lei, per il suo bisogno, per la sua voglia di venire allo scoperto. Facciamo fatica anche a sentirci con una telefonata o un messaggio, tutto sembra spegnersi così, silente.
Sono in riunione quando vedo illuminarsi con l’anteprima un whatsapp di cui lei è la mittente. Riesco ad aprirlo solo in tarda mattinata, leggo “ciao, ti penso, mi manchi”. Rispondo di getto che se vuole possiamo vederci anche da subito, l’indomani sarei stata sola a casa per la serata. Siamo entrambe online ma lei non risponde.
Nel traffico serale mentre ferma attendo il verde lei mi risponde con un laconico “ok sarò da te alle 20”, rispondo con il pollice alzato.
Per tutta la giornata successiva non so cosa pensare, no non voglio più farmi domande mi dico, comunque vada passerò la sera in compagnia.
Al mio rientro preparo qualcosa di veloce e decido di riceverla con la tuta che ho indossato per cucinare e senza neanche un filo di trucco.
Quando le vado ad aprire ci guardiamo un po' imbarazzate entrambe, è bella come sempre, indossa un maglioncino di cotone nero e una gonna rossa. Ci accomodiamo in salotto dove ho preparato un aperitivo con qualche stuzzichino. Nemmeno il tempo di sederci che le squilla il telefono, è il suo fidanzato con i suoi classici controlli da remoto. Si rabbuia in viso, si alza e va sul balcone.
La guardo dalla vetrata gesticolare, chissà se stanno discutendo, che cosa gli abbai detto che avrebbe fatto per la serata.
Mi sposto in cucina per andare a riscaldare le pietanze. Per tutta la durata del pasto evitiamo accuratamente qualsiasi discorso che possa incartarci, sembra quasi una cena fra colleghi in cui non si vede l’ora di terminare.
Mi alzo per andare ad accendere la macchina del caffè, sento alle spalle i suoi passi avvicinarsi, mi è di fianco, appoggia la sua mano sulla mia, la accarezza con una sensualità impossibile da non percepire. La guardo per un attimo e poi la bacio senza dire nulla. E’ solo per un paio di secondi, mi stacco chiedendole scusa. Per risposta adesso è lei a trascinarmi a sé dandomi un bacio ancora più travolgente a cui è impossibile sottrarsi. Un bacio lungo e intenso, le accarezzo le spalle, la vita, il ventre e poi risalgo sfiorandole la pelle sotto il maglioncino. Non indossa reggiseno, il contatto con i suoi capezzoli è dirompente, soprattutto per lei visto l’indurimento degli stessi. Infilo l’altra mano sotto la gonna, dopo aver passato con leggerezza le unghie sul suo interno coscia, mi avvicino al cavallo. Percepisco subito un calore forte, sposto la mutandina e la trovo bagnatissima, lo è sempre così meravigliosamente tanto….
I miei movimenti sono tutto fuorchè rapidi, ma lei fatica sempre più a baciarmi, il suo respiro è affannoso, continua a piegarsi sulle ginocchia, come schiacciata da un peso immenso.
La prendo per mano è la conduco verso il tavolo della sala, la faccio stendere con le gambe aperte in un perfetto spacco a V. Parto con la mia lingua e con i miei baci dalla sue caviglie, con pazienza e dovizia di scalatrice arrivo agognatamente in cima al monte, di Venere.
Ha la figa meravigliosamente aperta, con le grandi labbra sporgenti e imperlate, il clitoride sembra tremare sotto i colpi della mia lingua. Un misto di saliva e umori formano una pozza sul tavolo. Paola ha spasmi continui, le sento crescere in modo percettibilissimo il suo orgasmo, quando ne viene travolta stringe la mia testa infilando le dita nei miei ricci.
Mi stacco un attimo, mi guardo allo specchio di fianco, ho il viso stravolto tutto bagnato. Lei è come in trance, occhi aperti e sbarrati.
Mi sfilo i pantaloni della tuta insieme alla mutandina, salgo sul tavolo e mi accovaccio seduta sul suo viso. So che non ci vorrà molto a godere, è la più brava “leccatrice” che abbia incontrato in vita mia.
Adesso anche lei ha il viso tutto imbrattato, torniamo a baciarci con molta più delicatezza. La fisso negli occhi, così belli, così profondi, le accarezzo il viso con infinita lentezza sbaciucchiandole il collo.
Decidiamo di fare una doccia insieme. Voglio lavare prima io lei, la insapono prima sul davanti per poi farla girare. Lei quasi giocando al topo con il gatto si volta e appoggiando le mani al muro con braccia alzate divarica un po' le gambe. Le accarezzo lentamente la schiena riempiendola di bagno schiuma, mi avvicino al suo culo e con le dita rese scivolose riesco con facilità a incunearmi nelle sue creste anali. Le dita sono due e adesso sono completamente dentro e si muovono che è una meraviglia. La chiudo in una morsa quando con l’altra mano mi occupo della sua patatina. La scopo senza tregua con due dita davanti e due dietro mentre le lecco il collo e le succhio il lobo dell’orecchio.
Questa volta viene urlando oltre che tremando. Come sempre le gambe le cedono costringendola a rannicchiarsi sul pavimento.
Le accarezzo la testa, lei come attratta da un magnete si aggrappa ai miei glutei e affonda il viso in mezzo alle mie gambe. Cerco di staccarla perché mi sta scappando qualche goccia di pipì ma è una missione impossibile, si aggrappa ancora più forte piantandomi le unghie nel culo e incurante mi lavora con la sua bocca e la sua lingua fino a portarmi in paradiso.
La faccio alzare, la stringo forte quasi a impedirle di scappare.
Capisco impietosamente che la serata a livello di tempistiche sta volgendo al termine. Quando una volta rivestite la accompagno alla porta ci guardiamo per qualche secondo poi lei esclama “ci..sentiamo…”.
Le sorrido facendole l’occhiolino, mentre si allontana so che mi sta mentendo, ma quello che più strazia e mi intristisce è la consapevolezza che menta soprattutto a se stessa, condannandola forse ad una vità a metà….
scritto il
2022-10-27
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