Ridotta in schiavitù, venduta (parte 10)
di
Kugher
genere
sadomaso
L’asta ebbe luogo la sera successiva, in un palazzo storico con sale meravigliose.
La musica soffusa e delicata lasciava tracce di note morbide nei locali dove si acquistava il piacere della proprietà di un’altra persona ridotta a mero oggetto.
Era obbligatorio l’abito da sera e, quindi, l’eleganza regnava sovrana e ben si sposava con la raffinatezza del palazzo e della musica, degli arredi e dei bicchieri di cristallo che si sentivano tintinnare in occasione di conoscenze o incontri dei Padroni.
Non mancava lo champagne che gli ospiti sorseggiavano mangiucchiando mentre comperavano persone che sarebbero state di loro proprietà, con promesse di piaceri e divertimenti.
In Africa le vendite erano molto più spartane, sempre tenute in bei palazzi ma nei quali mancava tutto il contorno.
A Parigi era ancor più evidenziato l’agio, il benessere e la ricchezza dei compratori rispetto alla condizione di annullamento delle persone vendute.
Altra differenza era per la merce esposta.
In Africa in una sola serata venivano messe in vendita schiave di varie categorie: lavoratrici, domestiche robuste e forti ed oggetti delicati di piacere.
Quella sera, invece, venivano vendute solo schiave di piacere, belle, da esibire e godere. In altra serata sarebbero state vendute le schiave e gli schiavi giovani ma robusti, forti, da dedicare anche ai lavori.
Gli schiavi e schiave da lavoro invece avevano aste a parte che, solitamente, si tenevano in magazzini. In alcuni casi venivano messe nelle gabbie come in un supermercato e, chi era interessato, faceva un giro e prendeva quello che interessava al prezzo esposto.
Quella sera ciascuno aveva il suo tavolo riservato. Qualcuno lo aveva prenotato per assicurarsi di avere quello vicino al palco sul quale sarebbe stata esposta la merce.
Frank aveva prenotato tardi e, quindi, fu loro riservato un tavolo nelle ultime file.
La cameriera che li accompagnò al tavolo li rassicurò in quanto la merce avrebbe comunque fatto un giro tra i tavoli per essere ammirata, oltre alla proiezione sui maxischermi che, però, non avevano il pregio di restituire la tridimensionalità.
Fino all’inizio delle vendite, sugli schermi vennero proiettate le immagini delle schiave in vendita.
Per gli schiavi era prevista la serata successiva.
Gli organizzatori volevano che la partecipazione ad un’asta per l’acquisto di una schiava da piacere fosse una esperienza da ricordare, anche se l’acquisto non fosse stato fatto.
Al cliente sarebbe rimasta l’emozione di quanto vissuto e prima o poi, sarebbe tornato, in quello stesso palazzo, in altra serata organizzata da quella stessa casa d’aste.
Le luci divennero soffuse e la musica si abbassò, per consentire alla voce dell’imbonitore di raggiungere, senza essere eccessiva nel volume, ogni parte della sala ed annunciare l’inizio delle vendite.
Il timbro di voce, benché deciso, riusciva ad accarezzare le persone presenti.
Una ad una sul palco salirono le schiave in vendita.
Ciascuna era anticipata da una breve presentazione che creasse l’aspettativa. Le luci erano idonee ad evidenziare le forme, magari anche nascondendo qualche difetto.
Sugli schermi sparsi in sala era possibile ammirare la bellezza dell’oggetto esposto.
Dopo la presentazione, l’imbonitore attaccava il guinzaglio al collare e portava la schiava in giro per la stanza, facendola avvicinare agli interessati che, così, avrebbero potuto vedere la merce da vicino, pur senza toccarla.
Angélique era l’ultima. Su di lei, infatti, molti avevano puntato gli occhi e, così, si erano astenuti dall’acquistare altri pezzi. L’effetto fu che al suo arrivo in tanti avrebbero fatto offerte.
In ogni caso, alla fine venivano rimesse in vendita tutte con altro giro di asta. Così, chi si fosse astenuto dall’acquisto in attesa del pezzo desiderato, al secondo giro avrebbe comprato.
L’imbonitore fece fare un ampio e ripetuto tour per la stanza a Angélique che, con il tacco di 12 centimetri, era slanciatissima e meravigliosamente desiderabile.
Kalifa si avvicinò al marito comunicandogli che la voleva tutti i costi.
Nella loro città c’erano schiave bellissime, acquistate anche a prezzi inferiori della somma di partenza richiesta per quella schiava. Tuttavia con i suoi requisiti non erano moltissime e lei la voleva.
La lotta fu dura. Frank aveva atteso ad entrare in gara e, quando tutti pensavano che fossero state fatte tutte le offerte possibili, lui rilanciò con un aumento tale da convincere tutti che sarebbe stato disposto a tutto per averla.
Ci furono ancora un paio di rilanci ma alla fine Angélique fu acquistata da loro.
L’imbonitore portò Angélique al cospetto dei suoi nuovi proprietari, davanti ai quali dovette inginocchiarsi e baciare le scarpe, tenendo poi la fronte a terra in attesa.
Franck pagò e diede l’indirizzo dell’albergo al quale la schiava avrebbe dovuto essere consegnata a cura della stessa casa d’aste.
Dopo quell’aggiudicazione venne il momento del break, per consentire agli ospiti di riorganizzare le idee e concentrarsi su altri acquisti, posto che i pezzi migliori erano ormai stati venduti.
Frank e Kalifa restarono in sala ancora, attratti dall’ambiente con la sua eleganza e raffinatezza.
Concordarono sul fatto che un acquisto presso quella casa d’aste fosse un’esperienza che sarebbe stata ricordata.
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krugher.1863@gmail.com
La musica soffusa e delicata lasciava tracce di note morbide nei locali dove si acquistava il piacere della proprietà di un’altra persona ridotta a mero oggetto.
Era obbligatorio l’abito da sera e, quindi, l’eleganza regnava sovrana e ben si sposava con la raffinatezza del palazzo e della musica, degli arredi e dei bicchieri di cristallo che si sentivano tintinnare in occasione di conoscenze o incontri dei Padroni.
Non mancava lo champagne che gli ospiti sorseggiavano mangiucchiando mentre comperavano persone che sarebbero state di loro proprietà, con promesse di piaceri e divertimenti.
In Africa le vendite erano molto più spartane, sempre tenute in bei palazzi ma nei quali mancava tutto il contorno.
A Parigi era ancor più evidenziato l’agio, il benessere e la ricchezza dei compratori rispetto alla condizione di annullamento delle persone vendute.
Altra differenza era per la merce esposta.
In Africa in una sola serata venivano messe in vendita schiave di varie categorie: lavoratrici, domestiche robuste e forti ed oggetti delicati di piacere.
Quella sera, invece, venivano vendute solo schiave di piacere, belle, da esibire e godere. In altra serata sarebbero state vendute le schiave e gli schiavi giovani ma robusti, forti, da dedicare anche ai lavori.
Gli schiavi e schiave da lavoro invece avevano aste a parte che, solitamente, si tenevano in magazzini. In alcuni casi venivano messe nelle gabbie come in un supermercato e, chi era interessato, faceva un giro e prendeva quello che interessava al prezzo esposto.
Quella sera ciascuno aveva il suo tavolo riservato. Qualcuno lo aveva prenotato per assicurarsi di avere quello vicino al palco sul quale sarebbe stata esposta la merce.
Frank aveva prenotato tardi e, quindi, fu loro riservato un tavolo nelle ultime file.
La cameriera che li accompagnò al tavolo li rassicurò in quanto la merce avrebbe comunque fatto un giro tra i tavoli per essere ammirata, oltre alla proiezione sui maxischermi che, però, non avevano il pregio di restituire la tridimensionalità.
Fino all’inizio delle vendite, sugli schermi vennero proiettate le immagini delle schiave in vendita.
Per gli schiavi era prevista la serata successiva.
Gli organizzatori volevano che la partecipazione ad un’asta per l’acquisto di una schiava da piacere fosse una esperienza da ricordare, anche se l’acquisto non fosse stato fatto.
Al cliente sarebbe rimasta l’emozione di quanto vissuto e prima o poi, sarebbe tornato, in quello stesso palazzo, in altra serata organizzata da quella stessa casa d’aste.
Le luci divennero soffuse e la musica si abbassò, per consentire alla voce dell’imbonitore di raggiungere, senza essere eccessiva nel volume, ogni parte della sala ed annunciare l’inizio delle vendite.
Il timbro di voce, benché deciso, riusciva ad accarezzare le persone presenti.
Una ad una sul palco salirono le schiave in vendita.
Ciascuna era anticipata da una breve presentazione che creasse l’aspettativa. Le luci erano idonee ad evidenziare le forme, magari anche nascondendo qualche difetto.
Sugli schermi sparsi in sala era possibile ammirare la bellezza dell’oggetto esposto.
Dopo la presentazione, l’imbonitore attaccava il guinzaglio al collare e portava la schiava in giro per la stanza, facendola avvicinare agli interessati che, così, avrebbero potuto vedere la merce da vicino, pur senza toccarla.
Angélique era l’ultima. Su di lei, infatti, molti avevano puntato gli occhi e, così, si erano astenuti dall’acquistare altri pezzi. L’effetto fu che al suo arrivo in tanti avrebbero fatto offerte.
In ogni caso, alla fine venivano rimesse in vendita tutte con altro giro di asta. Così, chi si fosse astenuto dall’acquisto in attesa del pezzo desiderato, al secondo giro avrebbe comprato.
L’imbonitore fece fare un ampio e ripetuto tour per la stanza a Angélique che, con il tacco di 12 centimetri, era slanciatissima e meravigliosamente desiderabile.
Kalifa si avvicinò al marito comunicandogli che la voleva tutti i costi.
Nella loro città c’erano schiave bellissime, acquistate anche a prezzi inferiori della somma di partenza richiesta per quella schiava. Tuttavia con i suoi requisiti non erano moltissime e lei la voleva.
La lotta fu dura. Frank aveva atteso ad entrare in gara e, quando tutti pensavano che fossero state fatte tutte le offerte possibili, lui rilanciò con un aumento tale da convincere tutti che sarebbe stato disposto a tutto per averla.
Ci furono ancora un paio di rilanci ma alla fine Angélique fu acquistata da loro.
L’imbonitore portò Angélique al cospetto dei suoi nuovi proprietari, davanti ai quali dovette inginocchiarsi e baciare le scarpe, tenendo poi la fronte a terra in attesa.
Franck pagò e diede l’indirizzo dell’albergo al quale la schiava avrebbe dovuto essere consegnata a cura della stessa casa d’aste.
Dopo quell’aggiudicazione venne il momento del break, per consentire agli ospiti di riorganizzare le idee e concentrarsi su altri acquisti, posto che i pezzi migliori erano ormai stati venduti.
Frank e Kalifa restarono in sala ancora, attratti dall’ambiente con la sua eleganza e raffinatezza.
Concordarono sul fatto che un acquisto presso quella casa d’aste fosse un’esperienza che sarebbe stata ricordata.
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