Storia di un matrimonio (ep. 5) – Il primo anniversario (Mia moglie è una troia)
di
Lizbeth Gea
genere
tradimenti
Ormai avevo deciso, le avrei concesso il divorzio, ma mi volevo prendere una piccola vendetta.
“Hai ragione quella sera mi sono divertito, ma pure te” - Le puntai la biro in tono di minaccia - “ti devo ricordare cosa è successo esattamente al nostro primo anniversario di matrimonio. Penso di essermi rifatto alla grande”.
“Cosa vuoi insinuare, per me non hai mai fatto nulla” - Sapeva di mentire
“Sono sicuro che Alessandro e il tuo allenatore li avevi invitati a cena per me”.
Ancora una volta si ammutolì.
21 aprile – ore 17:30
Eravamo sposati da quasi un anno, la nostra vita viaggiava abbastanza tranquilla vista la turbolenza dei primi anni di conoscenza. Lei aveva trovato un lavoro in palestra e si ostinava a giocare a calcio, non ottenendo risultati, ma finché si divertiva faceva bene. L'unico vizio che ci prendevamo era la sua amica Giusy, una ninfomane diplomata.
Tornai a casa abbastanza presto dal lavoro e trovai mia moglie parlare al telefono con qualcuno. Mi sono sempre fatto i cavoli miei nella vita, ma quando la sentii dire - “Allora caro sei d'accordo per il 23, mi agitai un po', ma non dissi nulla. Non volevo fare la parte del geloso.
22 aprile – ore 7:30
Mi svegliai come al solito contro voglia, mia moglie era già in bagno a farsi la doccia e aveva lasciato il cellulare sul comodino. Brillava. Afferrai il Nokia istintivamente. Sul display c'era un messaggio. Va bene capitano ci vediamo domani. Era del suo allenatore. Sul momento non ci feci caso, pensavo che si riferiva a una sorta di allenamento.
22 aprile – ore 19:30
Stavo mangiando un pollo cotto comprato in rosticceria, quando mia moglie mi diete un calcio agli stinchi e mi disse - “Ti ricordi vero che giorno è domani?”.
Sul momento non capii, poi mi tornò alla mente che c'eravamo sposati esattamente un anno prima - “Certo tesoro, è il nostro anniversario” - fingendo sicurezza e pensando che il giorno dopo le avrei dovuto comprare un bel regalo.
“E ti ricordi del mio addio al nubilato” - disse lei continuando il suo discorso.
“Certo amore, non lo dimenticherò fino a che non morirò” - ed era vero.
“Non credi che dovresti restituirmi il favore” - sputai la Coca-Cola che stavo bevendo.
“Non so, mi hai sempre detto che quella sera hai fatto sesso con amiche che non avevi mai toccato in vita tua” - sorrisi - “quindi penso che siamo pari”
“Beh si” - ormai aveva il suo pensiero fisso, e voleva continuare - “Sai che da quando sto con te non ho più toccato nessun altro uomo, nessun altro cazzo”
“Mi sembra il minimo” - lo so fu una risposta da egocentrico.
“Però tu le mie amiche le hai viste” - sembrava agitata - “sopratutto Giusy” - e poi sputò di getto una frase - “domani sera ho invitato due amici a cena”.
“Cosa vorresti dire” - di colpo mi tornarono in mente i sotterfugi di questi giorni.
“Non fare lo stupido hai capito” - Si sedette accanto a me con la sua scollatura in evidenza - “Ti giuro che sarà solo per una volta, ti prego” - Mi accarezzò il pacco - “Ne ho bisogno”.
La nostra relazione è sempre stata particolare, sin dal nostro primo incontro. Misi da parte il mio orgoglio e gli diedi il consenso.
23 aprile – ore 20:00
Mia moglie era su di giri, erano mesi che non la vedevo cosi allegra. Appena tornata a casa dalla palestra si era fatta la doccia e aveva una camicetta bianca di seta con i due bottoni in cima slacciati. Era evidente che non portava il reggiseno visto che i vedevano chiaramente i capezzoli rigidi. Un gonnellino nero, decisamente corto. Inoltre aveva indossato i suoi autoreggenti preferiti: neri, trasparenti con una fantasia floreale. Le sue mutandine erano in pizzo e avvolgevano il sedere sensualmente. Me le aveva mostrate a cena, divertita, alzando il gonnellino.
23 aprile – ore 20:30
Sentii il campanello suonare. Mia moglie andò ad aprire e tornò assieme ad Alessandio, il suo ex, l'uomo che aveva lasciato per me. Ne avevo sentito parlare da lei, ma non l'avevo mai incontrato. Era un militare. Una roccia con i capelli rasati. Con lui davanti mi sentii sminuito, non lo salutai.
23 aprile – ore 20:45
La situazione era tesa, nessuno parlava, anche se Antonella cercava di fare la padrona di casa. Suonò il campanello per la seconda volta. Entrò Roberto - “Scusate ho trovato la porta aperta”. Era il tipo sportivo snello. Indossava una tutta da ginnastica. Ovviamente non saluti neppure lui.
23 aprile – ore 20:50
“Beh, eccoci qua” - Anche mia moglie era nervosa. Una cosa era pensare a una fantasia, un'altra eusadirla e lasciarsi andare - “Che sarà mai, tanto tutti e tre avete già scopato con me” - la battuta non servì a nulla.
23 aprile – ore 21:00
Nessuno aveva preso l'iniziativa, le birre erano finite. Ogni tanto qualcuno provava a parlare, ma le parole si bloccavano sul nascere. Io mi stiravo i pantaloni con le mani.
“Ora basta” - Mi prese, mi portò verso la poltrona solitaria - “Ora tu rimani qui” - Detto questo si avvicinò ad Alessandro e lo baciò. Si sbottonò la camicia e lui infilò la sua mano dentra all'interno alla ricerca di quel seno generoso. Poi con abile gesto, mi moglie gli abbassò la lampo e gli estrasse il pene ormai già duro.
Io e Roberto li guardavamo, ma i nostri animi erano diversi. Lui si era infilato la mano nei pantaloni per animare la sua erezione. Io invece non volevo guardare e pensai alla formazione dell'Inter del 1989.
Zenga, Bergomi, Ferri, Mandorlini, Brehme. Sentii un gemito. Fu pià forte di me. Mi girati e puntai i miei occhi verso il divano che avevo di fronte. Roberto li aveva raggiunti e Antonella gli accarezzava il pene mentre leccava quello dell'altro. Era come se io non esistessi.
Il mio pene premeva contro i pantaloni, desideroso di uscire. Non volevo eccittarmi, non in quelle condizioni.
La camicia di mia moglie era sparita e i suoi seni stringevano il pene di Roberto. Alessandro aveva introdutto una mano nella gonna di mia moglie e la stava masturbando e, per non farsi mancare nulla, la sua lingua aveva raggiunto la gola di lei. Lo scenario che avevo di fronte cambiò in men che non si dica. Antonella si chinò verso il pene del militare e lo accolse nella sua bocca calda. Le sue labbra scesero fino ai testicoli.
L'allenatore si era inginocchiato tra le gambe di mia moglie. Aveva scostato leggermente le mutandine e la stava deliziando con la sua lingua.
Bianchi, Matthäus, Matteoli... Maledizione non funzionava più. Quella scena mi aveva eccitato e sentivo la mia cappella scontrarsi contro la zip dei pantaloni. La sua lingua e la sua bocca stavano divorando quel pene eretto. La vedevo scorrere ogni millimetro dell'asta. Alessandro gli accarezzava il seno e, conoscendo perfettamente la sua ex, gli lasciava segni sul petto tramite le unghie. Ogni volta che lei si chinava, il petto sfiorava la capella dello stronzo. La mia gelosia aumentava.
Intanto l'altro comprimario le aveva infilato tre dita nella vita e le leccava quelle gambe che gli avevano fatto vincere diverse partite di campionato.
Antonella chinò la testa verso di me e, continuando a leccare il cazzo che aveva di fronte, mi fissò con uno sguardo provocatorio. Sapeva bene come farmi uscire pazzo. Sussurrò qualcosa ai suoi amanti e si alzò in piedi. Pensai che si stesse dirigendo verso di me, ma la mia era una illusione. Afferrò entrambi i cazzi con le mani. La sentii dire - “Porci, venite con me” - E si diressero verso la nostra camera da letto. Il nostro talamo. Anche quella era una provocazione.
Io rimasi da solo in sala.
23 aprile – ore 21:15
Berti, Diaz e Serena. Guardai l'orologio, erano passati solo cinque minuti, che a me sembrarono una eternità. Non potevo più rimanere lì. Anche se probabilmente mi avrebbe fatto soffrire, la dovevo guardare, dovevo vedere cosa stesse facendo.
Arrivato alla porta, mi bloccai immediatamente. Mia moglie indossava ancora il gonnellino, ma le mutandine non c'erano più. Come lo avevo capito?. Semplicemente perché le aveva in bocca e, sopratutto, aveva Alessandro dentro di se. Avevo sperato fino all'ultimo che non succedesse, ma ormai era fatta. In quel momento avevo solo due scelte.
Andarmene o partecipare. Fanculo.
Mi tolsi i pantaloni e mi avvicinai a mia moglie - “Puttana” - Lei sputò le mutandine - “Era ora” - e accolse il mio cazzo in bocca.
Mi sorprenderò sempre la straordinarietà di certe donne. Nello stesso momento aveva il mio pene in bocca, quello di Alessandro dentro di se e stava agitando quello di Roberto.
La conoscevo, si stava riscaldando.
Avvicinò il pene che aveva nella mano destra alle sue labbra. Ci leccò entrambi. Per un nano secondo sfiorai la cappella dell'altro con la mia. Mi vennero i brividi. La sua lingua lavava entrambi i prepuzi. Accolse entrambe la cappelle in bocca. Quel momento fu interrotto da Alessandro, che con i suoi movimenti decisi. Aumentò il respiro della mia amata, che respinse i nostri peni.
Lei picchio la mano sul materasso e diresse il suo sguardo verso Roberto - “Sdraiati qui” - ancora una volta io venivo ignorato. Lui obbedì e attese. Antonella lo segò. Si divincolò dal pene di Alessandro e cambiò cazzo. Si sedette sull'uomo che era sotto di lei e si fece impalare. Gli leccò il viso e, mentre si risollevava, mi guardò, per nell'ennesima volta, con il suo sguardo di sfida - “Guarda quanto è troia tua moglie” - cercò con la mano destra il pene del suo ex e urlò - “Guardami” - Vidi con i miei occhi appoggiare l'altra cappella al suo ano. Vidi lui che entrava lentamente e la vidi eccitarsi coinvolta in una doppia.
Il suo corpo si imperlò di sudore. Mentre i loro cazzi la penetravano in sincronia, io rimasi in piedi imbambolato con il cazzo duro. Una mano lo raggiunse e mi strinse i testicoli. Le sue abilità erano indiscusse.
L'unica cosa che mi permisi di dire fu - “Lurida troia di merda” - spinsi con tanta forza il mio pene nella sua gola che quasi la soffocai.
La sentivo alitare sul mio pene. Le sue tette sbattevano contro il viso di Roberto, il quale cercava di succhiarle come se venisse allattato. In quel momento il suo ex gli stava massacrando il culo fino a quando non estrasse il suo pene di scatto ed esplose il suo seme contro il corpo di mia moglie, alcuni schizzi raggiunsero i lunghi capelli biondi. A quanto pare il primo getto l'aveva scaricato dentro di lei, vista la grande quantità di liquido che colava dal sedere.
Antonella mi guardò e mi disse - “E' uno è andato”. Si sollevò, si mise a candela sopra il suo allenatore. I suoi movimenti rallentarono. Guardava negli occhi il suo cavallo. Gli sputò in faccia - “pensa se ci vedesse MariaGrazia, la tua futura moglie”. Inarcò la schiena. I sui capelli arrivarono fino al sedere e il suo seno sembrò di marmo e io mi precipitai a leccarlo. I suoi movimenti ora erano più decisi, sembrava che ballasse la samba sul pene duro.
“Anto, Anto” - Era la voce di Roberto. Lei intuii subito la situazione. Sollevò il bacino, quel cazzo uscii dalla sue labbra e iniziò a zampillare copiosamente sugli addominali della mia amata.
Rimanevo solo io.
Mi prese per mano, si diresse verso il muro primo di mobili, vi si appoggiò. Allargò le gambe e si accarezzò le labbra inferiori. Sapeva come farmi impazzire.
Non mi feci attendere. Le accarezzai il viso - “Sei una puttana”.
“Lo so” - sorrise e si morse la lingua. La scopai li in piedi davanti agli altri, che si erano seduti sul letto e si pasticciavano l'uccello.
Gli infilai il pene - “Chi ami?”
“Tu”
“Ripetilo a loro”
Li guardò - “Amo solo lui” - se non l'avesse detto l'avrei lasciata.
Le sollevai la gamba destra. Introdussi la cappella umida dentro la sua figa bagnata. La mia lingua si scontrava e incrociava con la sua. Le sue tette sbattevano contro il mio petto. Il miei battiti impazzirono e aumentai il ritmo. Toccava a me a farle raggiungere l'orgasmo, ne andava del mio orgoglio. Volevo essere meglio di quei due stronzi.
Pose la sua mano destra sulla mia nuca. Le afferrai il collo. La volevo strozzare, era la giusta vendetta.
“Fottimi amore, dimostrami che sono la tua puttana”
La violentai davanti agli altri. Faticava a respirare e in un attimo tu tutto finito. Emise un urlo soffocato e crollo a terra. Neppure il tempo di riprendere il fiato e mi afferrò il pene con decisione lo strinse. Lo strofinò sulla sua faccia - “È giunto il tuo momento”.
Ormai la conoscevo bene, sapevo cosa la faceva impazzire. Invitai gli altri due fenomeni accanto a noi. Si misero, con i loro cazzi duri, uno alla sua sinistra e uno alla sua destra. Le loro cappelle sfioravano le tette, praticamente le stavano scopando. La sua lingua si stava dedicando al mio cazzo, ero quasi al limite. Afferrò anche i pene degli altri e li sego velocemente. A me morse la cappella. Infilo la lingua dentro il mio meato. Brividi puri. Ora aveva in faccia tutte e tre le cappelle e le succhiava a turno. Con una incredibile sincronia gli sborrammo in faccia, riempiendola tutta. Faticava ad aprire gli occhi. Se li pulì con le dita e se le leccò. Anche se stravolta sembrava felice.
23 aprile – ore 22:00
Si risistemarono. Si ripulirono in bagno e se ne andarono come due ladri.
Guardai il mio amore - “Tesoro forse è meglio che cambiamo le lenzuola” - non volevo le prove del misfatto, se fosse dipeso da me, le avrei bruciate.
“Forse hai ragione”
Disfammo li letto. Fino che sono un tipo preciso, passai pure il moccio per terra. Mentre guardavo mia moglie prepararsi per la notte le dissi - “Non li vedremmo mai più, vero?”
“Forse” - e si mise a ridere.
Per fortuna fu la prima e unica volta che li incontrai. Guardai Antonella, non aveva aperto porta mentre raccontavo l'accaduto. Misi l'ultima firma e gli gettai i documenti - “Ora tocca a te” - e per rinforzare il concetto - “troia”.
“Hai ragione quella sera mi sono divertito, ma pure te” - Le puntai la biro in tono di minaccia - “ti devo ricordare cosa è successo esattamente al nostro primo anniversario di matrimonio. Penso di essermi rifatto alla grande”.
“Cosa vuoi insinuare, per me non hai mai fatto nulla” - Sapeva di mentire
“Sono sicuro che Alessandro e il tuo allenatore li avevi invitati a cena per me”.
Ancora una volta si ammutolì.
21 aprile – ore 17:30
Eravamo sposati da quasi un anno, la nostra vita viaggiava abbastanza tranquilla vista la turbolenza dei primi anni di conoscenza. Lei aveva trovato un lavoro in palestra e si ostinava a giocare a calcio, non ottenendo risultati, ma finché si divertiva faceva bene. L'unico vizio che ci prendevamo era la sua amica Giusy, una ninfomane diplomata.
Tornai a casa abbastanza presto dal lavoro e trovai mia moglie parlare al telefono con qualcuno. Mi sono sempre fatto i cavoli miei nella vita, ma quando la sentii dire - “Allora caro sei d'accordo per il 23, mi agitai un po', ma non dissi nulla. Non volevo fare la parte del geloso.
22 aprile – ore 7:30
Mi svegliai come al solito contro voglia, mia moglie era già in bagno a farsi la doccia e aveva lasciato il cellulare sul comodino. Brillava. Afferrai il Nokia istintivamente. Sul display c'era un messaggio. Va bene capitano ci vediamo domani. Era del suo allenatore. Sul momento non ci feci caso, pensavo che si riferiva a una sorta di allenamento.
22 aprile – ore 19:30
Stavo mangiando un pollo cotto comprato in rosticceria, quando mia moglie mi diete un calcio agli stinchi e mi disse - “Ti ricordi vero che giorno è domani?”.
Sul momento non capii, poi mi tornò alla mente che c'eravamo sposati esattamente un anno prima - “Certo tesoro, è il nostro anniversario” - fingendo sicurezza e pensando che il giorno dopo le avrei dovuto comprare un bel regalo.
“E ti ricordi del mio addio al nubilato” - disse lei continuando il suo discorso.
“Certo amore, non lo dimenticherò fino a che non morirò” - ed era vero.
“Non credi che dovresti restituirmi il favore” - sputai la Coca-Cola che stavo bevendo.
“Non so, mi hai sempre detto che quella sera hai fatto sesso con amiche che non avevi mai toccato in vita tua” - sorrisi - “quindi penso che siamo pari”
“Beh si” - ormai aveva il suo pensiero fisso, e voleva continuare - “Sai che da quando sto con te non ho più toccato nessun altro uomo, nessun altro cazzo”
“Mi sembra il minimo” - lo so fu una risposta da egocentrico.
“Però tu le mie amiche le hai viste” - sembrava agitata - “sopratutto Giusy” - e poi sputò di getto una frase - “domani sera ho invitato due amici a cena”.
“Cosa vorresti dire” - di colpo mi tornarono in mente i sotterfugi di questi giorni.
“Non fare lo stupido hai capito” - Si sedette accanto a me con la sua scollatura in evidenza - “Ti giuro che sarà solo per una volta, ti prego” - Mi accarezzò il pacco - “Ne ho bisogno”.
La nostra relazione è sempre stata particolare, sin dal nostro primo incontro. Misi da parte il mio orgoglio e gli diedi il consenso.
23 aprile – ore 20:00
Mia moglie era su di giri, erano mesi che non la vedevo cosi allegra. Appena tornata a casa dalla palestra si era fatta la doccia e aveva una camicetta bianca di seta con i due bottoni in cima slacciati. Era evidente che non portava il reggiseno visto che i vedevano chiaramente i capezzoli rigidi. Un gonnellino nero, decisamente corto. Inoltre aveva indossato i suoi autoreggenti preferiti: neri, trasparenti con una fantasia floreale. Le sue mutandine erano in pizzo e avvolgevano il sedere sensualmente. Me le aveva mostrate a cena, divertita, alzando il gonnellino.
23 aprile – ore 20:30
Sentii il campanello suonare. Mia moglie andò ad aprire e tornò assieme ad Alessandio, il suo ex, l'uomo che aveva lasciato per me. Ne avevo sentito parlare da lei, ma non l'avevo mai incontrato. Era un militare. Una roccia con i capelli rasati. Con lui davanti mi sentii sminuito, non lo salutai.
23 aprile – ore 20:45
La situazione era tesa, nessuno parlava, anche se Antonella cercava di fare la padrona di casa. Suonò il campanello per la seconda volta. Entrò Roberto - “Scusate ho trovato la porta aperta”. Era il tipo sportivo snello. Indossava una tutta da ginnastica. Ovviamente non saluti neppure lui.
23 aprile – ore 20:50
“Beh, eccoci qua” - Anche mia moglie era nervosa. Una cosa era pensare a una fantasia, un'altra eusadirla e lasciarsi andare - “Che sarà mai, tanto tutti e tre avete già scopato con me” - la battuta non servì a nulla.
23 aprile – ore 21:00
Nessuno aveva preso l'iniziativa, le birre erano finite. Ogni tanto qualcuno provava a parlare, ma le parole si bloccavano sul nascere. Io mi stiravo i pantaloni con le mani.
“Ora basta” - Mi prese, mi portò verso la poltrona solitaria - “Ora tu rimani qui” - Detto questo si avvicinò ad Alessandro e lo baciò. Si sbottonò la camicia e lui infilò la sua mano dentra all'interno alla ricerca di quel seno generoso. Poi con abile gesto, mi moglie gli abbassò la lampo e gli estrasse il pene ormai già duro.
Io e Roberto li guardavamo, ma i nostri animi erano diversi. Lui si era infilato la mano nei pantaloni per animare la sua erezione. Io invece non volevo guardare e pensai alla formazione dell'Inter del 1989.
Zenga, Bergomi, Ferri, Mandorlini, Brehme. Sentii un gemito. Fu pià forte di me. Mi girati e puntai i miei occhi verso il divano che avevo di fronte. Roberto li aveva raggiunti e Antonella gli accarezzava il pene mentre leccava quello dell'altro. Era come se io non esistessi.
Il mio pene premeva contro i pantaloni, desideroso di uscire. Non volevo eccittarmi, non in quelle condizioni.
La camicia di mia moglie era sparita e i suoi seni stringevano il pene di Roberto. Alessandro aveva introdutto una mano nella gonna di mia moglie e la stava masturbando e, per non farsi mancare nulla, la sua lingua aveva raggiunto la gola di lei. Lo scenario che avevo di fronte cambiò in men che non si dica. Antonella si chinò verso il pene del militare e lo accolse nella sua bocca calda. Le sue labbra scesero fino ai testicoli.
L'allenatore si era inginocchiato tra le gambe di mia moglie. Aveva scostato leggermente le mutandine e la stava deliziando con la sua lingua.
Bianchi, Matthäus, Matteoli... Maledizione non funzionava più. Quella scena mi aveva eccitato e sentivo la mia cappella scontrarsi contro la zip dei pantaloni. La sua lingua e la sua bocca stavano divorando quel pene eretto. La vedevo scorrere ogni millimetro dell'asta. Alessandro gli accarezzava il seno e, conoscendo perfettamente la sua ex, gli lasciava segni sul petto tramite le unghie. Ogni volta che lei si chinava, il petto sfiorava la capella dello stronzo. La mia gelosia aumentava.
Intanto l'altro comprimario le aveva infilato tre dita nella vita e le leccava quelle gambe che gli avevano fatto vincere diverse partite di campionato.
Antonella chinò la testa verso di me e, continuando a leccare il cazzo che aveva di fronte, mi fissò con uno sguardo provocatorio. Sapeva bene come farmi uscire pazzo. Sussurrò qualcosa ai suoi amanti e si alzò in piedi. Pensai che si stesse dirigendo verso di me, ma la mia era una illusione. Afferrò entrambi i cazzi con le mani. La sentii dire - “Porci, venite con me” - E si diressero verso la nostra camera da letto. Il nostro talamo. Anche quella era una provocazione.
Io rimasi da solo in sala.
23 aprile – ore 21:15
Berti, Diaz e Serena. Guardai l'orologio, erano passati solo cinque minuti, che a me sembrarono una eternità. Non potevo più rimanere lì. Anche se probabilmente mi avrebbe fatto soffrire, la dovevo guardare, dovevo vedere cosa stesse facendo.
Arrivato alla porta, mi bloccai immediatamente. Mia moglie indossava ancora il gonnellino, ma le mutandine non c'erano più. Come lo avevo capito?. Semplicemente perché le aveva in bocca e, sopratutto, aveva Alessandro dentro di se. Avevo sperato fino all'ultimo che non succedesse, ma ormai era fatta. In quel momento avevo solo due scelte.
Andarmene o partecipare. Fanculo.
Mi tolsi i pantaloni e mi avvicinai a mia moglie - “Puttana” - Lei sputò le mutandine - “Era ora” - e accolse il mio cazzo in bocca.
Mi sorprenderò sempre la straordinarietà di certe donne. Nello stesso momento aveva il mio pene in bocca, quello di Alessandro dentro di se e stava agitando quello di Roberto.
La conoscevo, si stava riscaldando.
Avvicinò il pene che aveva nella mano destra alle sue labbra. Ci leccò entrambi. Per un nano secondo sfiorai la cappella dell'altro con la mia. Mi vennero i brividi. La sua lingua lavava entrambi i prepuzi. Accolse entrambe la cappelle in bocca. Quel momento fu interrotto da Alessandro, che con i suoi movimenti decisi. Aumentò il respiro della mia amata, che respinse i nostri peni.
Lei picchio la mano sul materasso e diresse il suo sguardo verso Roberto - “Sdraiati qui” - ancora una volta io venivo ignorato. Lui obbedì e attese. Antonella lo segò. Si divincolò dal pene di Alessandro e cambiò cazzo. Si sedette sull'uomo che era sotto di lei e si fece impalare. Gli leccò il viso e, mentre si risollevava, mi guardò, per nell'ennesima volta, con il suo sguardo di sfida - “Guarda quanto è troia tua moglie” - cercò con la mano destra il pene del suo ex e urlò - “Guardami” - Vidi con i miei occhi appoggiare l'altra cappella al suo ano. Vidi lui che entrava lentamente e la vidi eccitarsi coinvolta in una doppia.
Il suo corpo si imperlò di sudore. Mentre i loro cazzi la penetravano in sincronia, io rimasi in piedi imbambolato con il cazzo duro. Una mano lo raggiunse e mi strinse i testicoli. Le sue abilità erano indiscusse.
L'unica cosa che mi permisi di dire fu - “Lurida troia di merda” - spinsi con tanta forza il mio pene nella sua gola che quasi la soffocai.
La sentivo alitare sul mio pene. Le sue tette sbattevano contro il viso di Roberto, il quale cercava di succhiarle come se venisse allattato. In quel momento il suo ex gli stava massacrando il culo fino a quando non estrasse il suo pene di scatto ed esplose il suo seme contro il corpo di mia moglie, alcuni schizzi raggiunsero i lunghi capelli biondi. A quanto pare il primo getto l'aveva scaricato dentro di lei, vista la grande quantità di liquido che colava dal sedere.
Antonella mi guardò e mi disse - “E' uno è andato”. Si sollevò, si mise a candela sopra il suo allenatore. I suoi movimenti rallentarono. Guardava negli occhi il suo cavallo. Gli sputò in faccia - “pensa se ci vedesse MariaGrazia, la tua futura moglie”. Inarcò la schiena. I sui capelli arrivarono fino al sedere e il suo seno sembrò di marmo e io mi precipitai a leccarlo. I suoi movimenti ora erano più decisi, sembrava che ballasse la samba sul pene duro.
“Anto, Anto” - Era la voce di Roberto. Lei intuii subito la situazione. Sollevò il bacino, quel cazzo uscii dalla sue labbra e iniziò a zampillare copiosamente sugli addominali della mia amata.
Rimanevo solo io.
Mi prese per mano, si diresse verso il muro primo di mobili, vi si appoggiò. Allargò le gambe e si accarezzò le labbra inferiori. Sapeva come farmi impazzire.
Non mi feci attendere. Le accarezzai il viso - “Sei una puttana”.
“Lo so” - sorrise e si morse la lingua. La scopai li in piedi davanti agli altri, che si erano seduti sul letto e si pasticciavano l'uccello.
Gli infilai il pene - “Chi ami?”
“Tu”
“Ripetilo a loro”
Li guardò - “Amo solo lui” - se non l'avesse detto l'avrei lasciata.
Le sollevai la gamba destra. Introdussi la cappella umida dentro la sua figa bagnata. La mia lingua si scontrava e incrociava con la sua. Le sue tette sbattevano contro il mio petto. Il miei battiti impazzirono e aumentai il ritmo. Toccava a me a farle raggiungere l'orgasmo, ne andava del mio orgoglio. Volevo essere meglio di quei due stronzi.
Pose la sua mano destra sulla mia nuca. Le afferrai il collo. La volevo strozzare, era la giusta vendetta.
“Fottimi amore, dimostrami che sono la tua puttana”
La violentai davanti agli altri. Faticava a respirare e in un attimo tu tutto finito. Emise un urlo soffocato e crollo a terra. Neppure il tempo di riprendere il fiato e mi afferrò il pene con decisione lo strinse. Lo strofinò sulla sua faccia - “È giunto il tuo momento”.
Ormai la conoscevo bene, sapevo cosa la faceva impazzire. Invitai gli altri due fenomeni accanto a noi. Si misero, con i loro cazzi duri, uno alla sua sinistra e uno alla sua destra. Le loro cappelle sfioravano le tette, praticamente le stavano scopando. La sua lingua si stava dedicando al mio cazzo, ero quasi al limite. Afferrò anche i pene degli altri e li sego velocemente. A me morse la cappella. Infilo la lingua dentro il mio meato. Brividi puri. Ora aveva in faccia tutte e tre le cappelle e le succhiava a turno. Con una incredibile sincronia gli sborrammo in faccia, riempiendola tutta. Faticava ad aprire gli occhi. Se li pulì con le dita e se le leccò. Anche se stravolta sembrava felice.
23 aprile – ore 22:00
Si risistemarono. Si ripulirono in bagno e se ne andarono come due ladri.
Guardai il mio amore - “Tesoro forse è meglio che cambiamo le lenzuola” - non volevo le prove del misfatto, se fosse dipeso da me, le avrei bruciate.
“Forse hai ragione”
Disfammo li letto. Fino che sono un tipo preciso, passai pure il moccio per terra. Mentre guardavo mia moglie prepararsi per la notte le dissi - “Non li vedremmo mai più, vero?”
“Forse” - e si mise a ridere.
Per fortuna fu la prima e unica volta che li incontrai. Guardai Antonella, non aveva aperto porta mentre raccontavo l'accaduto. Misi l'ultima firma e gli gettai i documenti - “Ora tocca a te” - e per rinforzare il concetto - “troia”.
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