Greg Barison e Lo Squalo e il Piranha
di
Joe Cabot
genere
pulp
È davvero una meravigliosa serata di settembre, né troppo calda, né troppo fredda. Giusto una brezza sottile annuncia che tra qualche mezzora pioverà. La pioggia va bene.
Philip Marlowe è nel suo ufficio che fa la posta ad un moscone iridato. È lì lì per beccarlo con la paletta apposita quando suona il telefono.
Io invece me ne sto sul sedile, quello senza volante, della mia fedele Ford Fiesta dell’’82 a leggere gialli aspettando che Clara mi comunichi, tramite l’auricolare, che ha sistemato le microcamere. Allora accenderò lo schermo posato sul cruscotto per vedere se la ricezione è sufficiente, tirerò l’orecchino argentato di una lattina, e mi accomoderò a guardare lo spettacolo. O forse leggerò chi la spunterà tra Marlowe e il moscone, chi lo sa.
Il ragazzo della tipetta sotto osservazione si era presentato in ufficio due settimane prima a sgranare il solito rosario di sospetti, mezze verità, lati oscuri.
– Ha qualcuno, ne sono certo – mi disse.
– Capisco – avevo risposto.
Un mese dopo se la sarebbe sposata e non voleva sentirsi dire il sacrosanto “Sì” con la mezza idea di aver sposato una puttana. La tipetta certo non è una che deve penare parecchio a reperire maschietti. Piccolina ma con tutte le sue cosette al posto giusto, anzi, direi che tutti i suoi optional sono messi in risalto proprio dal poco spazio in cui li ha collocate mamma natura (con un certo buon gusto, direi). E poi quegli occhietti vispi e neri che c’hanno messo un nulla a notarmi al bar. Certo, deve avermi preso per uno dei tanti che se la lumano facendo finta di leggere la Gazzetta dello Sport. Mi ha scattato un bel sorrisetto da piranha con i dentini bianchi che brillavano tra le labbra tinte di rosso. Labbra che, detto per inciso, formavano proprio una piccola e bella boccuccia. C’era un compagno di scuola che aveva una sua teoria sull’utilizzo ottimale di certe bocche piccole e carnose e tale teoria avrebbe senz’altro tratto conferma dal modo in cui la bimba aveva spolpato la fettina d’arancio del suo aperitivo campari e tocai. Mi era passata accanto ben attenta a sbattermi in faccia il suo culetto da scattista francese. Subito avevo pensato ad usare l’autoscatto per far sapere al suo futuro sposino che, in effetti, un po’ troia lo era. Certo avrei dovuto dare spiegazioni fastidiose sul perché c’ero io sopra (o sotto, o, perché no?, dietro) alla sua adorata fidanzatina.
Comunque sia mi erano serviti tre giorni di pedinamenti e alcune dritte di Rizla, una lingua lunga di mia conoscenza, per scoprire l’appartamentino di cui invece il mio cliente non sapeva nulla. Vestita da amministratrice condominiale, tailleur bleu e occhiali appuntiti, Clara sarebbe andata dalla tipetta a lamentarsi che mancava alle riunioni condominiali. Visto che mi ero fatto sgamare al bar, avevo dovuto mandare la mia formosa segretaria a piazzare le microcamere.
– Capo, ci sei?
Traffico con i comandi dell’auricolare. Ci vogliono dita da geisha per premere i pulsanti.
– Capo, porca puttana, sei già sbronzo?
È una tipa schietta, la mia segretaria.
– No, Clara. E tu?
– Sei un investigatore di merda, Greg Barison. È possibile che fai fare tutto a me?– La sua voce è un sussurro, il suo tono tutt’altro.
– Dai Clara, devi solo andare lì, fare la tua commedia e andartene a casa a farti sbattere dal tuo avvocato.
– Fan’ culo. – momento di silenzio: – ci sono.
Dall’auricolare sento la porta dell’ascensore che si apre. Poi i rintocchi dei tacchi di Clara, il campanello.
– Sì?– Ce l’ha pure la voce da piranha. Com’è la voce da piranha? Affamata e cattiva. Ma simpatica.
Clara però non è da meno. È anche incazzata al punto giusto per il ritardo che le costa il mio piano. Pare davvero un’amministratrice squalo antipatica.
Le microcamere sono grandi come la punta di una penna e, mentre Clara parla indispettita dello scarso senso civico di certi condomini che non badano affatto alla raccolta differenziata, d’improvviso una di esse inizia a trasmettere. Sullo schermo appare prima la scollatura di Clara poi, scostatosi il suo maggior pregio, l’intero soggiorno. È riuscita a piazzare la microcamera sotto al naso della tipetta, in un’ottima posizione, proprio davanti al divano su cui è seduta la graziosa. Io chiudo il libro e slinguetto la lattina.
Clara gira per la stanza dondolandosi sui tacchi alti e controllando con disappunto la polvere sui mobili, di tanto in tanto spia la ragazza seduta sul divano. La tipetta si attorciglia una ciocca di capelli neri su un dito affusolato. Con l’altra mano rigira il ghiaccio in un bicchiere ambrato. Sorpresa dal campanello appena uscita dalla doccia, ha indosso un accappatoio chiaro, piuttosto aperto sui seni e soprattutto sulle cosce. Risponde “Sii” distratti alla ramanzina di Clara e ben presto si accorge degli sguardi della presunta amministratrice. La cosa pare divertirla, tanto più che, mentre Clara è alle sue spalle, si sfiora il ginocchio con il bicchiere ghiacciato e inizia a risalire la coscia. Clara interrompe imbarazzata il suo monologo per deglutire.
– Diceva?– la incalza la tipetta.
Clara guarda verso la microcamera con l’espressione di Ollio beffato da Stanlio.
– Sì, dunque– riprende. – Lei non sarà di quelle che fanno cadere le briciole dalla finestra della camera?
– No. Se vuole può controllare. La camera è di là.
Clara va di là ed io cambio frequenza per captare il segnale della seconda microcamera che subito si accende. Vedo una camera da letto ordinaria. Il lettone, un comodino con abat-jour, un armadio a specchio accanto al letto. Piazzata la microcamera, Clara va alla finestra per continuare la parte. Io giro la manovella del finestrino e sporgo fuori il pugno chiuso con il pollice sollevato, con l’altra mano accendo la luce sopra il cruscotto. Fuori ormai è buio, ma così lei vede il gesto dalla terza finestra a destra del palazzo sotto cui sono parcheggiato.
Sintonizzo il monitor sulla microcamera del soggiorno e con sorpresa vedo il divano vuoto, torno sulla microcamera in camera da letto e faccio in tempo a vedere Clara che si gira e trasalisce trovandosi di colpo davanti la tipetta.
Deve aver lasciato il bicchiere di là mentre non ha smesso di tormentare il ciuffetto che le spunta da dietro l’orecchio. Sta di fronte all’imbarazzata Clara impedendole il passaggio tra il letto e il mobile del televisore nel quale, stando all’immagine rimandata dallo specchio, deve aver piazzato la microcamera. La guarda con il solito sorrisetto da piranha, con le labbra rosse che appena ne rivelano i dentini.
– Chi sei tu, in realtà?
Clara è imbarazzata, non sa che dire.
– Non capisco…
– Non capisci, eh!
La tipetta le si fa sotto. Lentamente. Fissandola negli occhi.
– Guarda che ho visto come mi guardavi.
– Signorina, che dice…
La signorina sorride ancora più sfacciata. Lascia stare il ricciolino, scende con la mano lungo l’accappatoio sottolineando la forma dei piccoli seni duri. Arriva al nodo che tiene chiuso l’accappatoio. Lo slaccia.
–- Signorina…, – fa Clara con la voce roca.
L’accappatoio si apre, le scivola dalle spalle.
– È questo che volevi da quando mi hai vista, cara la mia amministratrice. E poiché sono stata cattiva, adesso mi farò perdonare.
In effetti Clara pare incapace di allontanarsi da lei. Alza un mano, le sfiora il collo nudo giù, fino al seno. La tipetta si limita a rimanere immobile, ad offrirsi. La guarda con il suo sorriso da predatrice e sta zitta. Poi le si fa ancora più vicina, vince le sue ultime resistenze prendendola per la vita e adagiandosi contro di lei con tutto il suo corpo giovane e nudo.
– Baciami,– le sussurra all’orecchio.
Clara è inebriata, schiude le labbra e le posa su quelle della ragazza, le lingue si incontrano mentre le mani della donna assaporano la nudità dell’altra. La tipetta intanto non perde tempo. Con dita agili libera Clara della gonna e poco dopo è il turno giacca di scivolare sul pavimento. Clara, come intontita, rimane con la sola camicetta, esposta sui suoi tacchi alti, le mutandine infilate sopra il reggicalze, pronte per essere sfilate dall’avvocato, e gli occhiali da amministratrice condominiale. Poco dopo anche la camicia vola via, mentre le due donne continuano a baciarsi proprio davanti alla microcamera.
Clara si lascia spingere a sedere sul letto, la tipetta si inginocchia tra le sue cosce e, passandole le mani dietro alla schiena, la libera del reggiseno. Clara ha seni pieni, da donna matura, capezzoli grossi che subito vedo scomparire tra le piccole labbra rosse della moretta. Clara contrae le labbra perché un’abile mano le si è infilata nelle mutandine, si abbandona all’indietro, si trascina sui gomiti fino al centro del letto dove può allargare le gambe per offrire il proprio sesso alla ragazza che la incalza, che quasi non le stacca la bocca di dosso. La microcamera mi rimanda un primo piano del sedere della tipetta. Un meraviglioso piccolo sedere da francesina inginocchiata sopra al corpo fremente dell’amministratrice ormai smascherata. Vedo il corpo di Clara inarcarsi per permettere alla ragazza di sfilarle le mutandine. Poi questa si alza sulle ginocchia, facendo roteare le mutandine di pizzo nere sul proprio indice. Clara la guarda in tralice, con il sesso sottolineato da reggicalze e calze nere, si contorce smaniosa di una lingua infilata in fondo alle sue labbra più salate. Ma la tipetta si ritrae camminando all’indietro sulle ginocchia, scende dal letto in direzione della microcamera. Ora vedo il sesso della ragazza in primo piano. Ha il pelo curato e nerissimo. Poi vedo i particolari delle mutandine di Clara, poi non vedo più nulla. Sento solo i gemiti. Poso la lattina, apro la portiera.
[Troverete altre storie di Joe Cabot su Greg Barison (Greg Barison e l'odore del piacere) su questo sito e su https://raccontiviola.wordpress.com/2012/08/15/greg-barison-e-lodore-del-piacere-cap-1/]
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