Diario di una crociera Ultimo episodio

di
genere
dominazione

"LA VENDETTA DELLE TROIE DEI CARAIBI" ...trio-dominazione-bisex- di tutto di più.

Eccoci al penultimo giorno di questa nostra vacanza, un po’ malinconiche e un po’ frastornate. Dopo l’incredibile disavventura della notte di capodanno (se vi siete persi il quinto capitolo, vi siete persi il meglio della crociera…) abbiamo deciso di restare tranquille e silenziose per qualche giorno. Perché, pare che qualcuno un po’ troppo chiacchierone, e con l’accento napoletano stia mettendo in giro voci strane, su due “cesse” assatanate tra gli ospiti della nave, molto disponibili a farsi montare da tutto l’equipaggio.
Ma non basta, ci sarebbero anche testimoni, nottambuli che la notte di San Silvestro avrebbero notato movimenti sospetti, e gemiti misteriosi provenire dai magazzini dove io e Rita, sempre secondo i maldicenti, avremmo dato vita a una vera gang bang degna del premio oscar del Porno; come miglior regista, la serpe della mia amica, e come miglior attrice, io per avere interpretato con rara professionalità il ruolo di vittima di un rapimento davvero atipico.
Così sappiamo che i soliti bigotti del cazzo, sparlano dietro alle nostre spalle, e una rana dalla bocca larga ci sta sputtanando senza pietà per tutti i Caraibi, additandoci come donnine dai facili costumi. Proprio noi, due innocenti fanciulle indifese, con quello che abbiamo dovuto subire da quattro omaccioni cattivi e perversi!
Ironia a parte, vi devo confidare che in realtà questa mattina qualcosa è successo, nulla di programmato, qualcosa che però ancora una volta mi ha fatto capire che la nuova Dorotea oltre ad avere finalmente tirato fuori la sua parte più trasgressiva ed erotica, ha imparato ad essere nei confronti dei maschietti che lo meritano, una vera figlia di puttana, capace di farsi rispettare mettendo in atto punizioni e vendette senza mai un ripensamento.
Basta buonismo e sudditanza! Viva le donne!

Io e Rita ci svegliamo come al solito alle otto e trenta circa, oggi la giornata e grigia, il mare è in tempesta e piove. La malinconia del fine crociera, la voglia repressa di tenerezze e sesso che inizia a farsi sentire, e un po’ di stanchezza dovuta alle nottate a fare baldoria, ci lasciano capire che di alzarci non ne abbiamo voglia. Decidiamo quindi di ordinare una bella colazione a base di pasticcini e cornetti alla crema in camera, una dolce coccola per iniziare la giornata che dovrebbe restituire un po’ di morale e voglia di chiudere il tour con un bel sorriso.
Telefoniamo al centro servizi e facciamo la nostra richiesta. Dopo circa quindici minuti, sentiamo bussare alla porta della cabina; Rita è ancora nuda sotto le lenzuola, io che ho appena fatto una doccia sono in accappatoio, quindi vado ad aprire e invito il cameriere ad entrare con il suo magnifico vassoio pieno di leccornie e due belle tazze fumanti di caffè.
Rita con la sua solita faccia da furbetta, dopo avere riconosciuto il tipo, mi lancia un’occhiata furbesca, nello stesso tempo, con un gesto del volto e il movimento delle pupille mi indica il ragazzo, attirando la mia attenzione.
Io, che in quel momento sono distratta a racimolare qualche soldino per la mancia, mi soffermo nel tentativo di capire cosa significano i sui gesti.
Noto che il cameriere ha un fare furtivo, posa velocemente il vassoio sul tavolino vicino al letto, e poi sempre tenendo la testa bassa saluta con voce sommessa e si gira nel tentativo di guadagnare l’uscita.
Finalmente riesco a inquadrare il viso, e realizzo subito la situazione; improvvisamente mi scatta la molla della vera figlia di puttana che c’è dentro me. Do un veloce sguardo d’intesa alla mia sorellina, e senza perdere tempo mi fiondo davanti alla porta, sbarrandola.
Con voce altisonante esclamo:
«Aspetta un attimo! Che mi venga un coccolone! Ma tu, tu sei… tu sei Isaia! Certo, adesso ti riconosco, sei uno dei miei aguzzini di capodanno, la lingua biforcuta che ci sta facendo diventare lo zimbello di tutta la “Soleil Princess”!»
E Rita sghignazzando:
«Cazzo, proprio lui tesoro mio, te lo ricordi cosa ti diceva: ” Ueee signora Dorotea! Adesso ci divertiamo noi a scutulià a nostra minghja nei vostri buchi da zoccole!”...»
«Ma certo che mi ricordo, proprio lui, il nostro dolcissimo Isaia; dolce ma un po’ troppo chiacchierone!»
A quel punto, il ragazzo si mette a ridere, imbarazzatissimo cerca ancora di fuggire, ma io con un colpo di tacco chiudo la porta, e con uno scatto felino do un giro di chiave, poi la estraggo e me la metto nella tasca dell’accappatoio.
E lui stupito: «Uee signò, e mo basta no, io devo annà a faticà! Nun dicit strunzat, sapete bene come è andata la storia, vi siete divertite a chiappà tutti i cazzi dei vostri rapitori, e mo che vulit da me, forza signora Dorotea apri quella porta che al bar mi aspettano!»
E Rita in tono ironico:
«Ma guarda un po’, lui deve faticà, e chissà quanta fatica farai a raccontare in giro che ti sei scopato due zoccole aristocratiche, due cesse… Che c’avete sfunnat u culu, come dite voi a Napoli. Sulla nave per colpa tua tutti non fanno altro che parlare delle troie dei caraibi, e i patti se ricordo bene erano del silenzio più assoluto, la riservatezza grandissimo coglione che non sei altro…»
E lui con voce seccata:
«e dai iamme, mo non facciamo na tragedia, io non so di cosa parlate, sarà stato lo spagnolo a sputtanarvi, mo fatela finita, aprite chella port…»
«Aprite chella port?» esclamo io con voce rabbiosa
«Senti il nostro piccolo ometto come ordina e comanda! E tu pensi di divertirti alle nostre spalle, di farti grande agli occhi della gente, raccontando di quelle due zoccole che ti sei trombato con altri tre cazzoni dell’equipaggio, senza prenderti la lezione che meriti?
Com’è che dicesti quella notte? “Voi puttan aristocratiche penzate de venì ca a faccela annusà, a prenderci per u panàru senza pagare pegno?-“ E mo te lo facciamo pagare noi il pegno, caro il nostro Isaia!»
«Agg capit, vui vulit zumpà n’altra volta! Allora siete peggio che i puttan, siete proprio due affamate! E dai iamm, questa notte quanno smonto porto qualche amico mio, e ci divertiamo. Promesso signò, vi do la mia parola!»
Ed io cercando di imitare il dialetto napoletano per scherno:
«Uee strunz! Allora non hai capito proprio, tu non esci da questa stanza vivo questa mattina! Perché mo, u chiacchierone ce lo sbattiamo nuie buttan, ma a modo nostro e come vogliamo nuie! Ed è meglio che fai il bravo ragazzo, ubbidiente, se non vuoi che chiamo la security e diciamo che hai provato a saltarci addosso. Uee, guagliò hai capito!»
«Ma chella puttan e mammeta, state scherzando signora, o vi siete bevute il cervello! Io rischio il licenziamento se chiamate la sicurezza, m’anguaiate proprio!»
Rita si alza dal letto, è completamente nuda, mi si avvicina, mi guarda, sorride e mi slaccia la cintura dell’accappatoio, la sfila dai suoi passanti lasciandomi con i seni al vento e la mia fighetta liscia come i petali di una rosa, appena depilata la sera prima, completamente scoperta. Poi si gira e si pone davanti al povero Isaia, che in quell’istante, con occhi increduli ci sta squadrando dalla testa ai piedi alla ricerca di qualche indizio per capire se stiamo bleffando, o se invece deve iniziare a preoccuparsi sul serio.
«Spogliati!»
ordina Rita al ragazzo con fare minaccioso.
E lui «Ma state scherzando. Ma veramente volete che mi spoglio adesso?»
«Allora non hai ancora capito, davvero credi che scherziamo? O fai quello che ti dico, o conto fino a tre, poi prendo quel telefono e chiamo la security…»
Lui si guarda attorno come se dovesse cercare aiuto, poi incredulo mi fissa per qualche secondo, e infine facendosene una ragione, capisce di non avere alternativa.
Si slaccia la cintura dei pantaloni, si toglie il farfallino dal collo, e molto lentamente sbottona uno ad uno i bottoni bianchi della camicia. Se la sfila, si toglie la maglietta bianca, mettendo a nudo bellezze che nel buio della notte di capodanno non avevo potuto notare, due magnifici pettorali scolpiti, e addominali che sembrano di granito. Poi si leva le scarpe e si cala i pantaloni, restando con indosso un paio di slip neri.
«E mo, che devo fa, ci mettiamo sul letto signò, o ci facciamo in piedi?»
Io mi avvicino a Rita, e le prendo di mano la cintura dell’accappatoio, poi mi metto alle spalle di Isaia, gli afferro le braccia, anche loro massicce e muscolose, gliele posiziono sulla schiena e con la cintura lego i polsi con un doppio nodo, come fossero due manette.
Giacché ci sono ne approfitto della situazione per dare uno sguardo alle spalle, molto larghe e anch’esse nerborute, e ai glutei, due belle masse carnose, sporgenti e massicce come il noce del tanganica. La febbre inizia a farsi sentire, mi viene voglia di prenderlo e sbatterlo sul letto per impalarmi senza nessun ritegno, ma ciò che ho in mente è qualcosa di diverso, e forse anche più eccitante, per cui resisto alla tentazione e mi limito a farlo avvicinare al letto. Ricordando il trattamento che mi è stato riservato la fatidica notte del rapimento, mi viene un idea. Sotto lo sguardo incuriosito di Rita, inizio ad accarezzare il volto di Isaia, poi con estrema sensualità, gli passo le mani tra i capelli, scendo lentamente dietro al collo, e con le unghie piantate nella carne attraverso per tutta la lunghezza la sua schiena da stallone.
«E mò signò, se fate così mi viene la minghja dura, vedo che vi piace il muscolo. Che aspettate a saltarmi addosso, ce vulimm divertì o no?»
Sorrido, e nello stesso tempo, con una mano inizio ad accarezzare la sua zona pelvica, sopra gli slip. Sento il suo membro inturgidirsi in pochi secondi, è davvero un bel pisellone, ma del resto un ragazzo così giovane, con il testosterone a mille, e un fisico da gladiatore, non può che essere un vero animale da monta, e quindi essere in possesso di un’attrezzatura adeguata.
Una scarica di brividi attraversa il mio corpo con l’effetto di uno tsunami, l’occasione è troppo ghiotta per resistere, mi inginocchio e con un colpo secco gli tiro giù gli slip, lasciando che il suo cazzo, gonfio e duro come il marmo mi sventoli davanti al naso.
La situazione è davvero intrigante, per una volta sono io a sottomettere un uomo anziché essere vittima del suo volere.
Rita continua ad osservarmi divertita, ma non dice nulla e si tiene ancora in disparte godendosi lo spettacolo che ho deciso di offrirle.
Con una mano agguanto l’asta, sento lui sussultare, allora alzo lo sguardo, ha gli occhi semichiusi, mi diverto a spiare le sue smorfie, il suo viso contratto. Lentamente inizio a segare il suo pene, lo sento pulsare, il suo immenso calore rende il palmo della mia mano ancora più sensibile, annuso il profumo misto di sudore e bagnoschiuma, un aroma asprigno, da maschio che solletica le mie narici, aumentando l’intensità del mio stato emozionale.
Le mie labbra scorrono sul glande, e piano piano con la lingua prendo a tormentare il frenulo, provocando alla mia giovane vittima uno scatto improvviso in avanti del ventre. Dopo qualche tentennamento gli do il colpo di grazia. Ingoio fino alla radice la sua asta, quasi come se volessi cibarmi di quel splendido frutto, gioco con le lebbra, lo estraggo per metà e lo succhio come fosse un ghiacciolo. Lui ansima, si contorce, il ritmo delle mie pompate si fa più veloce, sempre più profondo e audace. Percepisco un piacere sublime avvolgere la mia fighetta ormai inondata da una marea di secrezioni, e sempre più aperta, ma ad un certo punto mi ricordo il motivo per cui il lestofante è legato e prigioniero nella nostra cabina, è stato complice con altri tre porci del mio rapimento e della gang bang della notte di capodanno, e peggio ancora ha spifferato ai quattro venti tutti i particolari ma soprattutto le protagoniste del fattaccio, e per tutto questo deve essere punito in modo esemplare.
…lo sento; ancora qualche pompata e mi riempirà la bocca, la sua asta è sempre più dura.La cappella ad ogni affondo palpita come se dovesse scoppiare. Ingoiare tutto il suo sperma, gustare il liquido biancastro come fosse miele, l’idea mi fa impazzire, lo farei capitolare per deglutire tutto fino all’ultima goccia, ma non adesso, non se la caverà così facilmente il porco! Smetto improvvisamente di succhiare il dardo, a malincuore lo estraggo dalla mia bocca pregna di saliva, poi alzo la testa, lui riapre gli occhi, e farfuglia qualcosa di incomprensibile, stringo leggermente il suo glande tra i denti, lo mordicchio, ma lui si ritrae, e con tono supplichevole mi dice:
«Vaffanmocc a mammeta signò! Mo ti sei fermata! Che te lo vuoi mangià sto cazzo? Pompa zoccola, pompa che sto a venì!»
Io e Rita scoppiamo in una risata beffarda, poi all’improvviso nella stanza cala il silenzio, mi alzo in piedi e con un gesto da vero Killer, senza che lui faccia in tempo a rendersene conto impugno i due testicoli stringendoli con forza, e con sguardo cattivo gli urlo in faccia:
«Tu non hai proprio capito un cazzo caro il mio pisellone! Tu non sei qui per svuotare i tuoi grossi testicoli nella bocca di una mignotta, tu sei nostro prigioniero perché sei un figlio di puttana che non conosce il rispetto per le donne, una munnezz che è andato in giro a dire che siamo due zoccole, due cesse ninfomani… Non sai tenere un segreto, non sei un uomo, sei un ragazzino che adesso pagherà cara la sua arroganza, molto caro!»
E lui stringendo i denti:
« Voi siete pazze! Chittestrammuort signò, molla i palle prima che me le stacchi! Vi fate scopare come delle cagne in calore, vi siete divertite e mo, tu e soreta, chella che tiene e zizze comme e recchie nu cane ‘e caccia, ve la prendete cu mmè! E mo basta, m’avete rutt u cazz! Slegami brutta cessa, hai capit, slegami che te faccio passà nu guaio!»
Inevitabilmente dopo avere ascoltato insulti e le minacce di Isaia, a Rita saltano i nervi.
Si avvicina al ragazzo e con un sonoro ceffone gli fa girare la faccia dalla parte opposta:
«Ma chi ti credi di essere, brutto figlio di puttana, ti faccio vedere io chi ha le zizze come un cane da caccia! Cesse noi? Non hai nessun rispetto per due signore che ti hanno fatto divertire, che sono libere di fare quel che cazzo le pare! Credi davvero di essere superiore a noi, e di trattarci come due sgualdrine da bordello?»
Lui colto di sorpresa abbozza ad una risposta:
«Scusate signò, non volevo…»
«Taci cafone, non aggiungere una parola. Tu non volevi cosa, pezzo di merda! Adesso sono cazzi tuoi, fai tutto quello che ti diciamo o giuro che ti rovino!»
E lui «avete ragione, scusate signora Rita! Non volevo offendere nessuno, mi sono comportato da omm ‘e merd! Ditemi cosa posso fare per farmi perdonare!»
«Ti ho detto taci, strunz! Adesso ti faccio vedere io cosa sono capaci di fare le due cesse se le manchi di rispetto! Mettiti in ginocchio, avanti inginocchiati e non dire una sola parola, se non vuoi tornare a casa senza coglioni!»
«E mo dai Signora Rita, ho chiesto scusa…»
«Prendo il telefono? Dory fai il numero della security!»
«Ma chella zompapereta e mammetà, statevi calme, nu facite cazzate! Faccio chill che mi dite voi, ma lassate stà stu cazz ‘i telefun!»
Finalmente il ragazzo si mette in ginocchio, poi sia io che Rita ci avviciniamo a lui, mi sfilo l’accappatoio che ancora indosso, e così restiamo ambedue completamente nude, con il nostro sesso a pochi centimetri dalla faccia di Isaia.
A quel punto lo afferro per la folta capigliatura, gli sbatto la mia figa in faccia, e con tono autoritario gli ordino:
«Adesso lecca, pezzo di merda! Lecca le tue cesse, e cerca di farlo bene. Visto che ti piace usare la lingua, renditi utile, e mettila tra le nostre cosce!»
Lui senza più fiatare apre la bocca, io per agevolare l’operazione, con le dita scostando le grandi labbra spalanco completamente la mia vagina, andando a spingere con la clitoride proprio tra le sue labbra. Lui sorride, è giovane, ma sa bene dove andare a sbattere con la favella. Si muove con disinvoltura, sprofondando tra le mie carni, poi punta al mio grilletto mordicchiandolo e succhiandolo come fosse una caramella. Lo titilla e lo frusta con la lingua. Il mio godimento è sempre più forte, mi sento elettrizzata; sto dominando il mio uomo come fosse un cagnolino, e la cosa devo dire che mi rende ancora più troia, ancora più selvaggia. Con quel frullino tra le gambe sento che l’apice del piacere è prossimo, ma non è il momento. Lo afferro ancora una volta per la chioma, e lo stacco prepotentemente dalla mia vulva, l’immagine è fantastica. Ha gli occhi indemoniati, le sue labbra, il suo mento e anche il naso luccicano, il mio succo è copioso sul suo viso.
Poi mi scosto di lato e lascio il posto alla mia amica, che è posizionata alle mie spalle, anche lei si aggrappa alla nuca di Isaia, lo tira a se, come se volesse scoparlo con la sua prugna ormai in fibrillazione, lui quasi non respira, ma non molla, anzi, si muove con vigore, apre e chiude la sua bocca facendola scorrere per tutta la lunghezza dello spacco fino all’orifizio anale, e lì si sofferma, usando la lingua come un piccolo membro. Rita si contorce, ansima e lo insulta:
«Allora grandissimo porco? Ti piace leccare la figa di una zoccola ninfomane, vero? La nostra bellissima passera tutta rasata e liscia come quelle delle giovani puttanelle che sei abituato a scopare! Dai, schiavo, lecca tutto e fai godere la tua troia… uuu sii, magnifico!»
Una scena estasiante, che però decido di interrompere nuovamente:
«Adesso basta, sorellina, abbiamo tempo per godere, prima voglio dare una bella lezione a sto guaglione, ho una bella idea in mente.»
Rita pur bofonchiando il suo disappunto, molla la presa, io afferro Isaia per un braccio, e lo aiuto a rimettersi in piedi, poi lo invito a sedersi sul bordo del letto. Lui sembra quasi contento, probabilmente pensa che sia giunto il momento di scopare, mi supplica di slegargli i polsi, ma con un cenno della testa gli nego anche questo favore. Poi mi rivolgo alla mia compagna e con una faccia da sorniona le dico:
« Ripensavo a quella notte sorellina, io ero terrorizzata, mi hanno legata, e mi hanno minacciata. Sai cosa mi diceva questo bravo ragazzo?»
Mi avvicino all’orecchio di Isaia, e con voce roca e artefatta gli sussurro:
«Ti ricordi Isaia, quando mentre io piangevo dalla paura, e tu senza pietà in modo sprezzante mi dicevi “Ueee signora Dorotea? Che si prova ad essere rapite da quattro guaglioni che tra poco te sfonnano u culu senza pietà?” Sai cosa ti dico io adesso, piccolo mitomane dalla lingua lunga? Uee Signor Isaia, cosa si prova a essere rapiti da due vecchie baldracche che adesso ti sfondano il culo?»
Scoppio a ridere, Rita mi guarda basita. Il nostro prigioniero a quel punto tenta di rialzarsi in piedi, ma io con le due mani lo spingo nuovamente sul letto. Anche lui ride, ma si capisce che inizia a preoccuparsi. Poi con degli strattoni cerca di liberare le mani, ancora legate dietro alla schiena, dopo qualche tentativo andato a vuoto, spazientito esclama:
«E mo basta, non esageriamo signò, che m’avete preso pe nu ricchion’! A me ste cose non piacciono, se vulimm fa nu trio, ci stò, ma u culu no, chillo nun se tocca!»
Io come nulla fosse, ignorando le lamentele del povero ragazzo, vado in bagno, dove so di trovare il beauty della mia amica, prendo il sacchettino in stoffa viola con dentro il nostro giochino e ritorno nella stanza. Mi riposiziono di fronte all’uomo, e ridacchiando gli sventolo davanti l’involucro, dalla forma inconfondibile.
«Sai cos’è questo mio caro rapitore da strapazzo?»
E lui, visibilmente preoccupato: «Non scherziamo signò, non facimm cazzate, mo esageriamo con questo gioco, io non mi diverto più.»
Ed io «Dai cocco, non fare il difficile, adesso ci divertiamo un po’ noi, come ti sei divertito tu. Ti è piaciuto scutuliare la tua minghja dura nel sedere della mia sorellina? Ti sei vantato di averci rotto il culo? Adesso tocca a noi, ragazzo, non ti devi preoccupare, abbiamo anche il lubrificante, vedrai che ti piacerà.»
E Rita con tono soddisfatto: «Ottima idea Dory, mi sembra la giusta punizione per un cialtrone come questo, diamogli una bella lezione, così impara a insultare le mie magnifiche tette, gli insegniamo un po’ di educazione, così la prossima volta se ne ricorderà.»
Ed io rivolgendomi a Isaia «Dai su, fai il bravo ragazzo, mettiti steso sul lettone, che adesso ti facciamo la festa.»
E lui « Mannaggia la muort, ma veramente volete ficcarmi nel culo un vibratore? Ma qui stiamo paziando!»
Ed io in tono minaccioso:
«Conto fino a tre…»
E lui «Chillu strunz e patet…chitestrammuort, signò, che resti tra noi sta cosa, altrimenti mi rovinate!»
Poi, rassegnato decide di coricarsi, Rita si mette stesa al suo fianco e gli sfila gli slip. Il suo pene inaspettatamente è in fase di erezione, segno che forse il nostro gioco sotto sotto allo schiavetto non dispiace. Nel frattempo estraggo dal sacchettino, vibratore e lubrificante, poso i due oggetti sul letto, mi avvicino al viso del giovane lo guardo e sorrido, lui chiude gli occhi e impreca tutta una serie di bestemmie in dialetto, si capisce che è teso, ma comunque si arrende alle nostre cure quasi con una certa curiosità.
Rita inizia a carezzargli il petto completamente depilato, basta un contatto per vedere il suo pene guizzare come un’anguilla, la vedo scivolare con la sua testa verso il basso, e senza toccare con mano, si infila in bocca la cappella di quel meraviglioso obelisco. Il corpo di Isaia si scuote, sobbalza, e dalla sua bocca esce una specie di rantolo. E mentre la mia amica va su e giù per tutta l’asta con ritmo crescente, io prendo il tubo di lubrificante, ne metto una dose abbondante sul palmo della mano, poi prendo il vibro e lo strofino per con grande manualità rendendo l’oggetto lucido e ben umettato in ogni sua parte. Rita è ancora indaffarata a succhiare il cazzo, lui è in piena estasi, tanto che senza fare opposizione lascia che io gli alzi le gambe, una alla vola, per poi spalancarle come se fosse a una visita ginecologica. Il ragazzo sembra divertito, ansima sempre più forte, accompagnato dai mugolii che escono dalla gola della mia amica ogni volta che ingoia la sua cappella con la foga di una vera pompinara professionista.
A quel punto, ormai coinvolta in tutta quella frenesia, inizio a massaggiare con altro lubrificante il buchino peloso dell’uomo. Lui prima stringe le chiappe, poi lentamente si rilassa, io, come se non avessi mai fatto altro nella vita, senza né pudore o vergogna insinuo il mio anulare con delicatezza nello sfintere, cedevole più che mai. Mi aspetto qualche reazione contrariata, e invece Isaia allarga ancora di più le ginocchia, e cerca di mettersi più comodo. Quel gioco lo sta sicuramente eccitando, gli piace e forse inconsciamente lo desidera. Rita interrompe il suo pompino per pochi secondi, ma solo per slegare finalmente i polsi della nostra vittima, poi si rimette in posizione e riprende l’arnese tra le labbra, proseguendo con il suo personale trattamento.
Ormai lo avevamo promesso, non possiamo tirarci indietro, volevamo punire il fetente, dargli una lezione, e così sia!
Mi faccio coraggio, impugno il dildo, metto la vibrazione al massimo e lo avvicino all’orifizio con cautela , strofino un po’, ma lui non si ritrae, allora provo a spingere, vedo la rosa grinzosa aprirsi per lasciare entrare una parte del vibratore, lui ancora una volta non reclama, anzi, avendo le mani libere con uno scatto d’impeto afferra Rita per i capelli e le spinge con forza la testa giù, costringendola a ingoiare il suo cazzo fino alla gola. Lei per un momento resta ferma, poi cerca di divincolarsi, emana dei strani rantoli, dalla sua bocca sprigiona fiotti di saliva schiumosa, io nello stesso momento affondo fino oltre la metà il fallo vibrante e inizio a pompare l’ano di Isaia aumentando velocità e profondità.
Lui lascia andare la testa della mia amica, esclama parole indicibili, emette grugniti strani di piacere, inveisce contro di noi:
«Azz, ma quanto siete zoccole… mmm, mannagg i santi, siete peggio che i puttan e Napule!!! Haaa sii, signò, ma che cazz succede, mi state facendo murì…»
Non avevo dubbi, quella pratica al codardo piace; adesso si dimena, Rita lo sta segando e lui inarca le reni, proprio come succede a noi donne quando lo prendiamo nel culo e stiamo per godere. Cerco di mantenere un ritmo non troppo veloce, invece Rita ha ripreso a pompare con la bocca, e ancora una volta le mani possenti di Isaia vanno a premere sulla nuca della donna, con più forza, poi solleva il ventre, e si lascia andare ad un urlo quasi disumano, il suo corpo si tende in ogni suo muscolo come le corde di un contrabbasso, e improvvisamente ecco che arriva il suo tanto agognato orgasmo, forse il più potente della sua vita, il migliore. Una quantità abnorme di liquido bollente si riversa nella gola della povera Rita, schizzi che probabilmente la stanno soffocando, che gonfiano le sue guance, e fuoriescono persino dalle narici. Fino a quando lei con uno sforzo immane riesce a liberarsi dalla morsa del ragazzo forzuto, presa da una tosse convulsa, senza un filo di fiato e con sperma che le cola da tutte le parti. Questa volta è lei a inveire e imprecare, incazzatissima gli molla un altro ceffone sul muso, poi urla:
«Bastardo che non sei altro! Mi vuoi affogare? Sei proprio uno schifoso, ma cos’hai nei coglioni, una fabbrica di latte di cazzo? Ne avrò bevuto mezzo litro!»
Io non resisto, la scena è troppo esilarante e scoppio a ridere, soddisfatto e tutto goduto anche Isaia esplode in una risata sguaiata.
Restiamo tutti e tre per qualche minuto, a ridere e fare battute, lui sembra più disteso e rilassato, ma a quanto pare ha ancora voglia di provare emozioni forti. Dopo nemmeno una decina di minuti il suo cazzo, grazie anche ad alcuni strofinamenti dei nostri corpi, riprende incredibilmente vigore, e noi ovviamente ne approfittiamo; adesso vogliamo godere, non vogliamo sprecare l’ultima occasione per divertirci nella nostra crociera e mettere il sigillo sulla nostra etichetta di “Troie dei Caraibi”.
Prima tocca a me; approfittando della posizione dell’uomo dopo averglielo succhiato per qualche secondo, mi metto a cavalcioni, mi infilo il suo pistone nella mia passera già abbondantemente lubrificata e appoggiando il mio seno sul suo petto, lascio che sia lui, afferrandomi per i glutei a scoparmi. Sento il suo uccello dentro, è una sensazione di pienezza, lui avendo già sfogato il suo piacere con l’orgasmo precedente adesso può andare veloce come un treno. Inizia a martellarmi con una foga che mi fa vibrare tutta come una foglia al vento, sbatte come un ossesso il suo bacino contro il mio culo, colpi secchi, potenti e continui, non mi da sosta, mi sento già al settimo celo. E’ un martello pneumatico che mi sta sconquassando le viscere, la mia vulva è un fiume in piena, ma lo spettacolo è solo all’inizio. Isaia all’improvviso si ferma e mi sospinge verso l’alto, percepisco come un vuoto improvviso nello stomaco, qualcuno da dietro ha sfilato il cazzo del mio amante e lo sta succhiando con voracità. E’ quell’ingorda di Rita, la sento ansimare, il gorgoglio della saliva della sua bocca che sfruguglia sulla cappella del toro, poi con una sola spinta, guidato dalla mano della mia amica, mi sento nuovamente penetrare, come se volesse farlo uscire dalla mia bocca. Adesso è ancora più corposo, un pezzo di marmo che sta vangando le mie carni. Ho gli occhi chiusi, sento solo la voce di lui che mi insulta, mi da della troia, della cagna in calore; poi cogliendomi di sorpresa mi arriva una sberla in piena faccia, non è violenta, è come una carezza ad alta velocità, seguita da una seconda sberla sull’altra guancia.
E ancora insulti:
«si proprio na puttan, signò! Na zoccola da sfonnà senza pietà… godi troia, godi, che mo ti feccio vedè io comm song i napulitan’!!»
Sono ancora frastornata, ma non reagisco, anzi, quella rudezza, e la sorpresa di quegli schiaffi mi fa salire ancora di più la temperatura corporea, incredibilmente il bruciore sulle guance diventa un sottile piacere, che si propaga in ogni anfratto del mio sistema nervoso, un piacere che schianta prepotentemente ogni mia resistenza, e che diventa un potentissimo orgasmo. Perdo il controllo di me stessa, mi dimeno, e sento ancora una volta lo schiocco delle sberle che ricevo sul volto da quel bastardo del mio montone, mi avrà colpita almeno sette o otto volte. Ad un certo punto inizio ad urlare come una tigre inferocita, cerco di restituirgli i ceffoni, ma non centro mai l’obbiettivo, perché lui con una mano mi blocca i polsi. L’apice è talmente forte da farmi quasi perdere i sensi, lui continua senza sosta a stantuffare, e in quell’istante alla mia vagina succede per la prima volta in vita mia qualcosa che mi lascia esterrefatta. Dopo svariati spasmi, sento un impulso diverso,qualcosa che mi costringe a contrarre i muscoli pelvici, contemporaneamente dei piccoli schizzi di liquido caldo e denso escono dalla mia vulva, una sensazione strana, che ho già provato in altre situazioni ma solo grazie alla stimolazione manuale, e mai scopando. Sto squirtando, cazzo! Non ci posso credere! Laggiù, dove è ancora infilato il manicotto del mio amante, c’è un lago che sta straripando e lasciando sul lenzuolo bianco una enorme chiazza bagnata.
Anche Rita se ne accorge, e me lo fa notare apostrofandomi senza troppi complimenti:
«Guarda sta puttana! Sta squirtando come una fontana! Ma da quando sorellina? A me non è mai successo… che troia infame! …guardala, hai riempito di sborra anche lo stomaco di Isaia…»
Non rispondo, capisco le sue parole, ma non ho più fiato, sono ancora in piena fase orgasmica, le mie cosce vibrano, i muscoli mi fanno quasi male, e io non riesco a smettere di gemere. Il mio montone a quel punto capisce di avermi praticamente distrutta e messa fuori gioco. Mi tiene per qualche minuto adagiata sul suo petto, abbracciandomi teneramente, ha smesso di insultarmi, mi bacia con affetto sulle labbra, mi sussurra parole dolci, arriva persino a dirmi che sono uno spettacolo di donna, che l’ho fatto scatenare come mai gli era successo, ed io lo sento sincero. Ma lui è ancora in tiro, incastonato come un diamante tra le mie cosce, e ovviamente adesso vuole la sua ricompensa. Strisciando e poi gattonando, mi metto in disparte, so che c’è un’altra persona che ha atteso pazientemente il suo turno, e finalmente adesso tocca a lei compiere l’atto finale.
Infatti non perde tempo, e come io scavallo lo stallone, Rita prende il mio posto. Si mette a quattro zampe e si infila tra le cosce di Isaia ancora disteso, la testa resta all’altezza del suo randello, che a quanto pare di andare a dormire non ne vuole proprio sapere.
«Che vulite fa signò, mo vulite sucà natra vota? Non è bastato che ti ho annegata prima, avete ancora sete? …che zoccola che sei Rita!»
«Sei sempre il solito arrogante del cazzo! Non ti è bastato prendere un manganello nel culo, sei ancora più strafottente di prima…»
«E che m’avete fatto signò! Sapete come si dice al mio paese “Cu nu poc’ e vasellina l’elefant o mise n’culo a la gallin’ ”»
E lei «e quindi? Che significa sta cazzata?»
«Haa ma allora non l’avete capito! A me stu gioco m’è piaciuto assai, se l’ha preso la gallina dall’elefante cu nu poc’ e vasellina, io pure, cu nu poc’ di gell l’ho preso nu culu da due galline, e m’è piaciuto signora Rita, mannagg u cazz se m’è piaciut!»
E lei ridendo «Che stronzo! Si nu guaglione Bastrd’, ma sei simpatico Isaia. Adesso però hai poco da ridere, perché io e te abbiamo ancora un conto in sospeso!»
«Un conto in sospeso? Uuuu signò, ma non sarà per quello che ho detto delle tue zizze? Ti chiedo scusa, vabbè? Le tue zinne so’ bellissime, dai faccimm a pace…»
«Certo, piccolo ragazzino ruffiano e spocchioso, te la vuoi cavare così… mi ricordo bene cosa ti sei permesso di dire “tien e zizze comme e recchie nu cane ‘e caccia”, e adesso ti faccio vedere io a cosa servono le zizze della zietta, guarda e impara, perché le tue ragzzine questa cosa sicuramente non te la possono fare…»
Tutti e tre scoppiamo in una risata condominiale, io mi siedo sul letto, e Isaia dopo avere tirato su la testa preoccupato, decide di lasciarla ricadere sul cuscino, rassegnato a quella nuova “punizione”.
Rita, dopo avermi dato il solito sguardo di complicità, impugna il cazzo che da qualche minuto le stava sventolando di fronte al naso. Lo stringe fortemente tra le dita e comincia a deliziarlo con un su e giù lentissimo, poi con la lingua carezza la cappella, e improvvisamente gli sputa sopra una dose copiosa di saliva. Con la stessa mano che in quel momento lo sta segando, va a recuperare il più possibile quel lubrificante naturale, e con movimenti ben studiati inizia a inumidire l’asta. Ripete l’operazione due o tre volte, lui inizia a muovere il suo bacino, in cerca della sua bocca, ma lei invece di regalargli il tanto atteso pompino, fa un balzo in avanti, e fa sparire completamente il bastone del giovanotto tra le sue meravigliose tette. Da quel movimento, con la complicità di tutto il corpo inizia una danza sensuale e sempre più sostenuta. Vedo la cappella rossa come un pomodoro sgusciare da quei due morbidissimi promontori decorati da due grandi capezzoli intirizziti, per poi sparire immediatamente, lui è come in uno stato di trance, balbetta parole, rantola, e accompagna il massaggio della mia sorellina con il suo bacino. A tratti Rita fa sgusciare il membro per farlo sparire tra le sue labbra, è una vera artista della così detta “spagnola”, si capisce da come si muove, nel modo in cui fa ballonzolare i suoi seni su quel splendido arnese sempre più turgido e lucido. Non usa mai le mani, eppure l’eccitazione di Isaia è tutto un crescendo. Duro a morire, ma alla fine sotto i colpi di lingua e lo strofinamento della carne bollente delle mammelle della sua aguzzina, l’orgasmo arriva per la seconda volta con tutta la sua sconvolgente irruenza. Sento il suo urlo soffocato, le sue mani vanno ad afferrare nuovamente i capelli di Rita, costringendola a spalancare la bocca e a ricevere una dose incredibile di succo bollente. I getti sono talmente potenti da finire sulla sua faccia, tra i capelli e sulle sue guance, lui continua a muoversi in preda al morso della tarantola, sussulta con movimenti pelvici sbattendo sul muso di Rita il suo glande. Poi si lascia andare ad occhi chiusi sul lenzuolo ormai imbrattato da un misto di succhi, sperma e sudore, senza quasi più dare segni di vita, stremato e finalmente reso inerme dalle nostre cure.
E dolce vendetta sia! il bastardo traditore è stato punito… o forse no… Ma chi se ne importa…
Ma lui ha ancora qualcosa da dire, prima che lo sbattiamo fuori dalla porta mezzo morto:
«Vafammocca a mammeta, m’avet’ sdrummat’ signò… due zoccole che adesso amo chiù della mia vita! »

≤ Purtroppo quando leggerete questa ultima esperienza, la nostra crociera si sarà conclusa da diversi giorni, quindi finisce qui il nostro “diario di una crociera”, non so se continuerò a scrivere su questo blog. Devo ancora capire se ha un senso, confondersi in mezzo ad una marea di racconti davvero sgradevoli, per tematiche (vedi incesti, quando sento parlare anche se solo scritto, di racconti con giovinette protagoniste, mi si rivolta lo stomaco), ma anche spesso per la loro assoluta inutilità, sgrammaticati, farciti solo da volgarità e improvvisazione. Speravo in un pubblico più attento ed esigente, in un coinvolgimento con amanti del vero erotismo e delle cose fatte bene, ma non mi pare che sia così. Ringrazio chi dirige questo blog, e mi ha dato spazio, chi ha letto e commentato i miei racconti e chi in silenzio si è eccitato/a pensando alle magnifiche, inimitabili Troie dei Caraibi si è dato alla pazza gioia. Vostra Dorotea. ≥
scritto il
2023-01-15
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