Diario di una crociera 5 -Notte di capodanno. RAPITE! (Solo per pochi, solo per veri amanti dell’erotismo …)

di
genere
dominazione

Io e Rita questa volta abbiamo davvero esagerato. Una serata di gala, con un cenone degno della corte dell’imperatore di Roma, Giulio Cesare. Abbiamo mangiato, bevuto e ci siamo divertite. Resterà un capodanno memorabile, e non solo per questa crociera ai Caraibi su una nave da sogno, che purtroppo tra qualche giorno terminerà, ma soprattutto per tutta una serie di vicissitudini, che mai avrei immaginato ci potessero capitare in questa vacanza, e forse anche nell'arco della mia. Un veglione che alla fine abbiamo concluso in una delle tre discoteche… Come? Direte voi. A scatenarci con i ritmi cubani, strusciando i nostri culi sui pacchi degli animatori, sbattendo i nostri meravigliosi seni sul muso di camerieri pressoché ipnotizzati, e provocando come due vere zoccole da taverna maschi bavosi, sudati, ammogliati o scapoli, senza nessuna distinzione.
Eravamo belle, sexi e leggermente brille, avevamo voglia di svagarci, forse abbiamo esagerato, forse qualcuno se la sarà attaccata al dito, ma Cristo santo, come ci siamo divertite!
Alle tre del mattino, in pista si contano una decina di persone, tra queste un paio stramazzate al suolo in preda ai fumi dell’alcool, una coppietta sui divanetti intenta a farsi un po’ di coccole, e i soliti duri a morire, in attesa di essere cacciati fuori dal locale a spintoni dalla security.
Sfinite, sudate e spettinate come due povere senzatetto, tra gli sguardi severi di alcuni addetti ai lavori, alle tre e trenta finalmente, un po’ sconsolate, decidiamo di fare rientro nella nostra cabina. Tutto quel movimento e lo struscio compulsivo delle ore precedenti, aveva alzato la nostra temperatura corporea ben oltre i quaranta gradi, tutte e due ci eravamo confidate di avere una voglia pazzesca di scopare, insomma sognavamo qualcosa di forte per iniziare l’anno nuovo, ma le previsioni erano di molto inferiori alle nostre aspettative.
Il giocattolino vibrante di Rita, e le nostre lingue, erano fino a quel momento l’unica vera alternativa in grado di assopire momentaneamente la nostra immensa voglia di cazzi.
Ci avviamo così, demoralizzate a leggermente barcollanti verso l’ascensore che conduce al piano superiore, ma per una strana coincidenza le porte scorrevoli si chiudono proprio nel medesimo istante del nostro arrivo sul pianerottolo, decidiamo di fare le scale, tre rampe, una fatica in più, ma sicuramente utile a restituire un po’ di ossigeno agli ultimi due neuroni ancora presenti nel nostro cervello.
Giunte sul primo pianerottolo, in totale silenzio, percepisco una strana sensazione, mi fermo e sussurro a bassa voce a Rita:
«Hai sentito? Cos’è stato quel rumore?»
E lei «Rumore? Quale rumore?»
«Come se sulle scale ci fosse stato qualcuno, non saprei mi è sembrato di sentire bisbigliare.»
«Ma dai, Dory smettila! Sei ubriaca, avrai le orecchie che fischiano, chi vuoi che bisbigli a quest’ora, qui sono tutti a trombare come matti, solo noi siamo destinate a non scopare per tutto l’anno! Ricordi il proverbio? Chi non scopa a capodanno…»
«Siii, lo so! Non scopa tutto l’anno! Ma io è da quando siamo uscite dalla discoteca che ho l’impressione che qualcuno ci segua.»
Imbocchiamo la seconda rampa, ridendo e mantenendoci l’una all’altra per evitare di cadere, la terza rampa finisce direttamente sul ponte, da lì prima di arrivare al corridoio che ci porta alle cabine si deve fare una trentina di metri lungo il perimetro dei locali dove sono situati alcuni magazzini, la luce in quel tratto è piuttosto debole. Suggestionate dalle mie paranoie espresse qualche istante prima affrettiamo il passo. Ci troviamo a una decina di metri dal traguardo, quando da una porticina, nella penombra vediamo sbucare quattro sagome.
Io subito presa dal panico, trattengo per un braccio la mia amica, e ad alta voce esclamo:
«E questi chi cazzo sono?»
E Rita con voce irritata:
«ma chi vuoi che sia! Siamo su una nave da crociera, e non sul set di un film horror! Dai cammina e smettila di mettermi ansia, che mi sto pisciando addosso!»
Siamo a due passi dai quattro, e appena la luce lo consente ci rendiamo conto che qualcosa non va. Schierandosi a barriera ci chiudono la strada, nel frattempo notiamo che in mano hanno qualcosa di strano…
Tutto si svolge in una manciata di secondi; cerco di urlare, ma il terrore mi ha resa afona, mi giro per sfuggire, ma Rita è impietrita, non si muove dal posto, così in tempo zero i quattro ci fiondano addosso. Due cercano di immobilizzarci, e gli altri infilano qualcosa di stoffa sulle nostre teste, non riesco a capire se si tratta di un sacchetto o forse di semplici magliette in cotone. Mi divincolo disperatamente, ma prima che riesca a dire una parola, sento una forte pressione sulla bocca, sono praticamente immobile, il respiro si fa sempre più affannato, il cuore pulsa come se volesse liberarsi dal corpo, capisco che siamo in trappola, che qualcosa di grave sta per succedere.
Poi una voce maschile, parla in lingua spagnola, in modo sommesso e cantilenante mi dice: «mira que sorpresa, dos chicas solas a esta hora de la noche... chicas italiane, state cercando guai?»
Sento una risata corale, sono i suoi compari, nello stesso momento due mani forzute mi afferrano per i fianchi, e mi trascinano di forza, per qualche metro.
Non percepisco più la voce di Rita, e inizio davvero a temere il peggio. Siamo sicuramente all’interno di un locale, il rumore metallico di una porta che sbatte mi provoca un fremito, e ancora quella voce stridula, questa volta attaccata ad un mio orecchio che mi urla: «Ahora estáis en nuestras manos, sois buenas chicas y os divertís con nosotras, pero si nos hacéis enfadar... nos volvemos muy malas». (Adesso siete nelle nostre mani, fate le brave ragazze e vi divertite con noi, ma se ci fate arrabbiare... diventiamo molto cattivi.) Non conosco la lingua Spagnola, ma credo di avere compreso il senso di quella frase, i brividi scorrono lungo la schiena, cerco di capire a chi appartiene quella voce. Forse si tratta di uno degli animatori della discoteca, anzi si tratta sicuramente di Cayetano, il tipo pelato, con il quale ho scherzato più volte, strusciando il mio culo mentre mi insegnava i passi del flamenco…
Sono ancora stretta nella morsa delle braccia del mio rapitore, e finalmente sento Rita che parla con qualcuno, mi sembra stranamente pacata, penso che sia solo per un fattore nervoso, poi si rivolge a me, mi esorta a stare tranquilla, a non oppormi alle richieste dei balordi che non ci succederà nulla di grave:
«fai quello che ti dicono sorellina, non avere paura, ci sono qui io… dicono che se stiamo brave non ci faranno del male..»
Sono ancora troppo confusa, non rispondo, e resto in attesa di capire cosa succede in quella stanza. Il tipo che continua a braccarmi, ad un certo punto molla leggermente la presa, poi si posiziona alle mie spalle, e mi blocca gli avambracci dietro alla schiena.
Un’altra voce, questa volta la riconosco chiaramente, è Kristien, il cameriere di colore del festino di qualche notte prima, il suo tono è inconfondibile, ma le sue parole non sono certo rassicuranti:
«regardez qui est là, la salope italienne avec son amie! (guarda chi c'è, la troietta italiana con la sua amica!)»
Improvvisamente una mano si insinua tra le mie gambe, obbligandomi a spalancare le cosce, si posa sul mio monte di venere, scosta il triangolino del perizoma e con due dita si va a infilare impietosamente tra le due grandi labbra, per poi ritirarsi immediatamente dopo inumidite dai succhi che involontariamente la mia vulva ha iniziato a sprigionare. Non contento, lo sconosciuto con uno strattone fa saltare i quattro bottoni che tengono chiusa la mia camicetta nera semitrasparente. Mi sento morire, atterrita e in preda ad una tensione che rischia di portarmi allo svenimento, avverto il calore delle dita che scorrono sulla stoffa del reggiseno, i capezzoli si inturgidiscono tanto da farmi male, poi una mano senza troppa delicatezza estrae un seno dal suo involucro e lo lascia al vento, così anche per il secondo.
Le due coppe, gonfie, prosperose e abbondanti ora sono libere, ma per pochi secondi.
A mani piene vengono afferrate, e strette come in una morsa, sollevate verso il mio mento e poi ancora lasciate ciondolare con tutto il loro peso sul mio addome nudo. Mi mordo le labbra, tendo tutti i muscoli del corpo, ma non per il dolore, ancora una volta per nascondere un sottilissimo piacere che si impadronisce spudoratamente di ogni anfratto del mio cervello.
Il mio guardiano smette di parlare in francese e con un italiano sgrammaticato riprende a parlare in tono minaccioso: «Quel seins da salope! vi siete divertite questa notte a provocare i vostri schiavetti vero? Salope! …ti piace fare la troietta e sbattere ton cul contro i nostri cazzi! Adesso tocca a noi fare la festa, bonne année petites chiennes en chaleur !!!»
Dopo quella frase così devastante il sangue mi schizza al cervello, è tutto chiaro, avevamo provocato e sicuramente esagerato quella notte, e quel comportamento così spregiudicato e forse anche un po’ troppo sfrontato, era stato percepito dal “branco” come un segnale di sfida, un affronto che doveva essere vendicato con quel rapimento, il cui scopo è evidente, punire la nostra spavalderia.
Le mie gambe tremano, sudo freddo, e con il viso coperto da quel sacco i miei polmoni sono quasi al collasso. Nel locale echeggiano voci concitate, bisbigliano qualcosa di incomprensibile tra loro, almeno due energumeni parlano in lingua italiana, poi il tipo che in quel momento mi tiene dalle spalle, inizia a spintonarmi, faccio faticosamente una decina di passi, poi sento una forte pressione sulla testa, e una voce che mi ordina di mettermi in ginocchio. Obbedisco senza contestare, mi lascio andare, sotto di me c’è qualcosa di morbido, sicuramente un materassino. Qualcuno approfittando di quella posizione, da tergo mi dà una sberla sulle natiche, accompagnato da un sussulto lancio un urlo, ma senza scompormi, ho un secondo sussulto quando sento sollevare improvvisamente le mie mani, per poi essere legate e tese con una corda in alto sopra la mia testa.
In quella posizione, chiunque può abusare di me senza che io abbia la possibilità di difendermi, eppure può sembrare strano, ma se da un parte la situazione mi sta terrorizzando, a livello mentale l’idea di essere messa alla mercè di quattro figli di puttana, pronti a sfogare ogni loro perversione senza incontrare nessuna resistenza, mi eccita in modo incredibile. Qualcosa di profondo inizia a vibrare nel mio cervello, e a riesumare quella mia vecchia fantasticheria, confessata proprio qualche giorno prima alla mia cara amica Rita.
Un sogno erotico ricorrente, che solo a pensarci mi vengono i brividi di piacere.
Desideravo essere rapita, per diventare vittima di qualche folle amante, ma certamente non in quel modo, e non da quattro sconosciuti privi di scrupoli.
La situazione è tra le peggiori immaginabili, io, legata e messa alla gogna, inginocchiata in attesa di ricevere chissà qual punizione, e Rita?
Che fine ha fatto la mia sorellina?
Ad un tratto finalmente qualcuno decide di sfilarmi il copricapo che mi impedisce di vedere. Con gli occhi ancora offuscati cerco di orientarmi e definire lo scenario che mi circonda; siamo all’interno di un enorme magazzino, dove vedo stipati decine di cassoni di legno, tutto avvolto da un’atmosfera tetra e semibuia. Astutamente i nostri aguzzini hanno acceso un solo faro e tra i più distanti da dove ci troviamo, così che, non filtri il chiaro dagli oblò all’esterno e non possa destare l’attenzione della security.
Rita è circondata da tre uomini, uno è Kristien, il secondo in penombra non riesco a metterlo a fuoco, troppo buio, è impossibile da riconoscere. Lei è messa nella mia stessa posizione, in ginocchio su un materasso gettato a terra, con il seno al vento mezza nuda, indossa solo il suo gonnellino di paillette colore fucsia. A differenza delle mie, le sue mani sono ancora libere. Alle sue spalle riconosco Cayetano, proprio lui, l’animatore della discoteca, uno spagnolo di una quarantina d’anni, non molto alto, ma fisico palestrato e pieno di tatuaggi, completamente senza capelli. Le sta palpando le tette, le stringe con forza, impugnandole da tergo come se volesse farle scoppiare, nel mentre continua a insultarla, un po’ in madre lingua spagnola e un po’ in italiano.
Lei non si divincola, mi sembra molto tesa ma non dice nulla, è praticamente passiva, sembra quasi gradire quel trattamento, e anche quando il pelato inizia a darle qualche schiaffetto sulle mammelle ormai di colore rosso carminio invece di protestare inizia a lanciare flebili gridolini di piacere.
Al mio fianco c’è colui che fino a quel momento mi ha trattenuta e legata, il suo volto non mi è nuovo, è qualcuno che ho incontrato in palestra, anzi guardandolo bene da vicino lo riconosco, è un altro dei camerieri del ristorante, uno di quelli che servono la colazione al mattino, mi pare che si chiami Isaia un napoletano verace, l’altra voce italiana che sentivo quando ero bendata. Una bella stanga di ragazzo, sempre molto gentile, educato e raffinato, un insospettabile… chi l’avrebbe mai detto che si sarebbe lasciato trascinare in questa pazzia.
Mi fissa, sorride, poi mi si piazza davanti, faccia a faccia, sento odore di alcool e di liquori provenire dalla sua bocca. Mi volto di lato per non sentirmi in soggezione, ma lui mi afferra dal mento e si avvicina ancora di più, e in modo sprezzante mi dice:
«Ueee signora Dorotea? Che si prova ad essere rapite da quattro guaglione che tra poco te sfonnano u culu senza pietà? Credi che non mi sia accorto, quanto godete te e chella granda zoccola della tua amica a fare le esibizioni, con quel culone tatuato che c’avete?
Ve piace scutulià i cosce senza mutande ogni volta che vedete uno di noi poveri schiavetti della nave? Voi puttan aristocratiche penzate de venì ca a faccela annusà, a prenderci per u panàru senza pagare pegno? Adesso ci divertiamo noi a scutulià a nostra minghja nei vostri buchi da zoccole! Quindi cercate di non fare e strunz e sarà il vostro giorno più bello di tutto l’anno. Mo iniziamo dalla tua cara amica, poi sarà o tiempo tuo. Divertiti signora Dorotea!»
Si volta e fa per allontanarsi.
Non so cosa mi prende, ma invece di mettermi a piangere o urlare nel tentativo di cercare aiuto, pur di non mostrarmi intimorita dalle sue minacce, in tono di sfida rispondo ad alta voce:
«Siete solo un manipolo di vigliacchi figli di puttana, quattro mezze seghe impotenti…se credi di farmi paura ti sbagli grandissimo bastardo, tanto non potete tenerci chiuse qui dentro per tutta la vita, e quando usciamo la pagherete cara la vostra bravata!»
Per tutta risposta lui con una smorfia in volto che non promette nulla di buono, si rigira di scatto e mi mette una mano al collo, stringendo leggermente con le dita la mia giugulare. Questa volta capisco di avere provocato la persona sbagliata, mi aspetto qualche gesto violento, chiudo istintivamente gli occhi, ma la reazione del tipo non è quella che immagino.
Appoggia le sue labbra sulle mie, poi inizia dolcemente a fare un piccolo movimento, strofinando le sue estremità contro le mie, più volte, fino a quando senza rendermene conto schiudo la bocca, e sempre ad occhi chiusi con la mia lingua inizio a leccare la polpa succosa dei due cuscinetti rossi, percepisco il gusto amarognolo di vodka che ha intriso la sua pelle, lui mi sussurra qualcosa, parole che mi fanno spalancare gli occhi, a quel punto mi lascio trasportare da un bacio appassionato e languido, interrotto solo dal suo improvviso distacco dalla mia faccia.
Mi sorride soddisfatto, poi mi volta le spalle e si unisce al trio che si sta dedicando a Rita.
Ed eccola la mia cara sorellina. Intenta a pompare con la bocca tre fantastici membri; a turno i balordi, quasi spintonandosi a vicenda, infilano le loro cappelle nella gola della loro vittima, qualcuno le sta tenendo ferma la testa trattenendola per i capelli, lei è ancora in ginocchio con le mani libere è indaffarata a segare i cazzi che non riescono a violare la sua bocca. Ed io sono qui, legata e immobilizzata, costretta ad assistere ad una scena terribile, ma che vista con gli occhi delle mie perversioni, mi sta facendo cadere nel girone dantesco dell’inferno. Sono tormentata dai miei sensi di colpa, ma non posso negare a me stessa il piacere che provo nel assistere a quella performance così brutale e crudele.
La scena dopo qualche minuto cambia; Rita è messa a pecorina, dietro di lei c’è Isaia il cameriere napoletano, un bel fisico, una pancetta leggermente abbondante, ma un uccello di tutto rispetto. La sta scopando con grande foga, colpi che si sentono, che la mia amica accompagna con mugolii da vera vacca da monta. Vedo i suoi seni sballottare come due melanzane, non può parlare né urlare, perché ha la bocca piena, questa volta è il randello gigantesco di Kristien che la penetra, quel porco, continua a spingere la sua mazza nera e grondante di saliva fino alla gola, ma non basta, quel figlio di puttana di Cayetano da dietro, quando lei cerca di sottrarsi alle spinte del nero, le spinge in avanti la nuca per costringerla ad ingoiare ogni millimetro di quel magnifico dardo. Ridono i bastardi, ogni volta che sentono i conati di vomito della loro vittima ridono come due cretini.
Adesso è il turno di Cayetano, ha preso il posto di Isaia, lui mi sembra meno dotato, il tipo che non conosco è posizionato al fianco di Rita, con le mani le sta allargando il solco dei glutei, così Cayetano si trova la rosellina del secondo buco della donna praticamente spalancata e già pronta, si porta due dita alla bocca e le riempie di saliva.
Sento la voce del napoletano che incita Cayetano:
«Vai spagnolo, sfonna sta baldracca! Miettecelo in culo, sfonnala a sta puttan…»
A quel punto capisco cosa succederà al povero culo della mia amica, e quale sarà il mio destino. I balordi non si accontenteranno sicuramente di scoparci, vogliono davvero tutto: bocca, figa e anche i nostri culi. Ma il mio ano è ancora vergine, capisco che dovrò combattere fino all’ultimo sangue per evitare di cedere il mio gioiellino…

«porca puttana! Cazzo! fai piano… uuu spingi, spingi bastardo! Haaa si si si!»
E’ la voce di Rita, resto un attimo basita, perché tutto mi sembra, ma non che lei non sia felice di essere scopata nel culo, la sento eccitatissima, ansima, e partecipa ordinando ai quattro bastardi come e dove scopare i sui buchi…
Nella mia testa inizia a balenare una strana e assurda idea, un sospetto, che però mi pare così irragionevole da farmi subito desistere dal convincermi che tutta questa vicenda non sia solo frutto della mia immaginazione, o peggio ancora, tutto drammaticamente reale, ma dietro al quale c’è una regia precisa e ben orchestrata. E dietro a questa regia chi ci potrebbe essere se non quella mente diabolica di Rita? Magari ispirata proprio dalla mia ingenua confessione di qualche notte prima...
…Urla più forti attirano la mia attenzione e mi distraggono dai miei pensieri:
«Ma tu guarda sta puttana come prende due di cazzi! E senti come gode!»
E’ la frase che esclamo ad alta voce, quando vedo sconvolta ciò che i ragazzi stanno riservando alla loro vittima. Una fantastica doppia penetrazione, di quelle da invidia, per i protagonisti di quel groviglio di corpi. Il quarto uomo, quello che non conosco, fisico da modello e ottima dotazione si è steso sul materasso, lei si è messa a cavalcioni e si è infilata nel culo il suo bel pisellone, mentre Kristien, il nero, la sta pompando da davanti tenendole le gambe sollevate con le ginocchia che toccano il seno. Rita mi sembra in estasi, continua a subire colpi al ventre dal cioccolatino come fosse un pugile, guaisce e impreca, li supplica di non fermarsi, gli ordina di spingere che si sente morire… poi urla, geme e sento finalmente che grida il suo orgasmo… Isaia è costretto a tapparle la bocca, sento i suoi rantoli, e nonostante abbia già goduto nessuno dei due stantuffi si ferma. Anzi Kristien aumenta il ritmo e continua ad affondare senza pietà, vedo il suo sesso lucido, in controluce sembra ancora più grande, sento i suoi versi di animale in calore. E’ un’immagine talmente coinvolgente che anche io, essendo immobilizzata inizio a muovere il mio bacino avanti e indietro come un’ossessa, mi sembra di impazzire, sento i rìgoli caldi dei miei succhi colare lungo l’interno cosce, la mia vulva è aperta in modo osceno, il mio seno gonfio e i capezzoli eretti all’insù come due comignoli… se non è l’inferno, poco ci manca.

«Vas Vas… je vien! Haaa putain! Putain… alè! Ouvrè la bouche!....»
La voce di Kristien soffocata in gola, le sue smorfie e i suoi rantoli, annunciano il suo orgasmo ormai prossimo. Ed io non posso che assistere a quella scena da spettatrice.
Il giovane ragazzo, estrae il suo pene, dalla figa di Rita, che resta paurosamente spalancata, contemporaneamente le lascia cadere le gambe, che fino a quel momento erano sorrette in aria dalle sue poderose spalle, e prima che lei se ne rende conto, con una mano l’afferra dalla nuca e la costringe a tirarsi su con il busto, solo il tempo sufficiente per infilare, impugnato dall’altra mano, metà del suo randello nella sua bocca. Lei colta di sorpresa strabuzza gli occhi, ma quando capisce che sta per ricevere il getto bollente e viscido del suo cazzuto cioccolatino è troppo tardi. Non ha scampo, la sento boccheggiare, vedo le sue guance gonfiarsi, Kristien sussulta come se ricevesse una scarica da duemila wolt, ad ogni spasmo corrisponde un mugolio di Rita, ogni mugolio si capisce chiaramente che corrisponde ad una boccata di sperma che lei deglutisce con fatica.
Un’abbuffata che sembra non finire più, avrà ricevuto almeno una decina di schizzi, gran parte di quel liquido biancastro adesso le sta sgocciolando dai lati della bocca e si sta depositando sul suo seno.
Io fatico a stare ferma, vorrei urlare, ma non per paura, ma per ricordare ai quattro che ci sono anche io, che vorrei essere scopata con la stessa irruenza con il quale stanno castigando la mia sorellina, sono allo stremo, le braccia mi formicolano, chiudo nuovamente gli occhi, e ancora una volta sento grida di piacere, rantoli, e grugniti. Questa volta a è lo sconosciuto a riempire Rita. Lei è ancora impalata sul suo cazzo, saltella su e giù sostenuta dalle mani del tipo, che agguantano i suoi fianchi. Anche lui adesso sussulta in preda a spasmi… una, due tre volte, mi chiedo chissà quale sensazione deve provare la mia amica nel sentirsi così riempita di carne e di sperma nel retto anale, quale piacere si può provare, e quanto dolore potrebbe invece avere a quel povero muscolo così dilatato.
Li vedo ancora lì, uno dentro l’altra, immobili, lei con la schiena appoggiata al suo petto, con una fame di ossigeno che le fa sobbalzare il torace.
Poi improvvisamente vedo qualcuno che si stacca dal gruppetto, è nuovamente Isaia, l’insospettabile gentiluomo, mi si mette di fronte e anche lui si inginocchia, mi fissa per alcuni secondi e con il dito indice inizia a strofinare delicatamente il contorno della mia bocca. Mi sento tremare, sono sudata fradicia, in mezzo alle gambe c’è un lago di umori, e lui se ne accorge. Poi il suo dito si fa spazio nella mia bocca, lo usa come fosse un membro, per penetrare le mie labbra, per giocare con la mia lingua, dopodiché lo estrae e va direttamente a rovistare nel mio sesso in cerca del mio clitoride. E’ stato come ricevere una scarica elettrificata direttamente nel cervello. Spinta da un desiderio irrefrenabile allargo ancora di più le mie gambe e spingo in avanti il ventre, ma lui esita, allora inizio ad ancheggiare, ma lo stronzo ritrae la mano, ed io rimango tesa come una corda di violino, con gli occhi chiusi in attesa che ricominci a massaggiare, e magari a spingere non una ma due o tre dita, nella mia vagina per farmi godere. Passa qualche secondo, ma non succede nulla, apro gli occhi e vedo Isaia che si mette di lato, poi tre ombre scure mi circondano, e tra loro vedo sbucare Rita, sorridente a braccetto con Kristien, con quel bastone tra le gambe che ciondola come il batacchio di una campana. Il modello sconosciuto ha tra le mani una bottiglia di Champagne, di quelle da due litri, tutti mi guardano e ridono, dopo qualche momento anche Rita si mette in ginocchio, sono allibita, li osservo a sua volta con espressione di sgomento, la guardo, come a chiederle che diavolo sta succedendo, ma lei non parla, mi abbraccia, poi mi da un bacio sulle labbra e nell’orecchio mi sussurra:
«Buon anno mia dolce sorellina…»
In pochi attimi realizzo le sue parole e capisco tutto. Il mio sospetto era più che fondato, e forse ne ho sempre avuto la certezza, ma anche se duro e crudele, questo gioco me lo sono voluto godere fino alla fine come una vera giocatrice d’azzardo. Adesso sento che mi posso lasciare andare ad un respiro profondo, inizio a singhiozzare, il terrore e l’ansia scivolano via come una liberazione.
Con voce artefatta e le lacrime che mi rigano le guance guardo la mia amica e le dico in tono rabbioso:
«Buon anno grandissima figlia di puttana! Mi hai fatto perdere dieci anni di vita, troia che non sei altro! Adesso me la paghi con tutti gli interessi!»
Nello stesso istante sento il forte botto del tappo dello Champagne che viene proiettato sul soffitto del locale, e subito dopo una cascata di liquido ghiacciato frizzante che scorre sui nostri corpi ancora abbracciati, il tutto seguito da un applauso degli altri quattro complici della mia amica, quattro bastardi che hanno rischiato la galera per assecondare due pazze come noi.

«Slegami grandissima stronza, slegami che adesso tocca a me divertirmi!»
La imploro, le mie braccia ormai sono di legno, e le ginocchia non le sento più.
Isaia provvede immediatamente a snodare la corda che mi avvolge i polsi, adesso sono libera, e infoiata coma una vera cagna in calore.
Afferro per i capelli Rita, mi siedo sul materasso e la costringo con la forza a mettere il suo muso tra le mie gambe. Poi le urlo:
«Leccamela brutta troia! Leccamela e succhia tutto il suo nettare come una vera baldracca! Sei una vera stronza, ma adesso ti faccio vedere io come si tratta una puttana come te!»
Ho perso ogni tipo di pudore, ho l’adrenalina che pompa a mille, sento che questa è una notte che ricorderò per tutta la vita, e non solo per l’ora di terrore che ho appena trascorso, ma perché adesso più che mai posso dare sfogo a tutte le mie perversioni senza nessun ritegno e soprattutto senza paura di essere giudicata.
Lei poi, tra le mie gambe sembra un vero demonio. La sua lingua è uno tsunami, entra ed esce dalle mie carni come fosse una lucertola, mi frusta il clitoride senza tregua, ed io per punizione le spingo la testa fino a quando la sento soffocare sul mio monte di venere. Poi forte come una scossa di terremoto di magnitudo sette, arriva il primo fantastico orgasmo, potente, interminabile e liberatorio come se lo avessi desiderato per anni.
«E adesso tocca voi grandissimi figli di puttana!» Mi rivolgo ai nostri quattro super eroi, che in silenzio si sono goduti quella fantastica scena di due lesbiche infoiate.
Un invito che viene colto con infinito entusiasmo dai nostri rapitori, che non esitano a saltarci addosso come lupi affamati, e a scoparci in tandem con la mia amica, per altre due ore di fila, come se non ci fosse un domani. Riempiendo più volte la mia bocca con il loro seme e sborrando sulle mie tette quantità incredibili di sperma. Li ho voluti provare tutti, nelle posizioni più impensabili. Qualcuno ha tentato più volte di profanare il mio sacro sfintere anale, ma io, eroicamente, almeno per questa volta ho respinto gli attacchi di arieti da sfondamento pronti a tutto, dirottando le loro cappelle nella mia figa accogliente. Non ho contato gli orgasmi, ma ciò che posso dire è che io e Rita siamo rientrate nella nostra cabina con il sole che faceva capolino, alle dieci circa del mattino, strisciando quasi a quattro zampe, spettinate come due naufraghe dell’isola di Robinson Crusoè, mezze nude, ancora ubriache e con le nostre vagine arrossate come un peperoncino piccante di Soverato, guadagnandoci con questa avventura di diritto e il titolo di vere “Troie dei caraibi”.
E i nostri rapitori? Dopo questa notte di follia, credo che ci gireranno al largo per un po’ di giorni, anche loro in fondo sono tornati nelle loro cabine piegati a quattro zampe e prosciugati come il deserto del Marocco.

ATTENZIONE! In questo racconto, tutto di fantasia, nessuna donna è stata maltrattata o costretta a subire atti sessuali contro voglia. Le protagoniste sono tutte maggiorenni e consenzienti. Chi scrive da anni combatte contro la violenza sulle donne, e il silenzio che circonda tale flagello. E invita i lettori a riflettere su questo tema, e a alimentare ognuno nel suo piccolo, la cultura del rispetto e dell’amore nei confronti dell’universo femminile. NO SILENT! AGAINST FEMINICIDE!
scritto il
2023-01-07
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