Sex on the phone: le variazioni Chicken
di
Chicken1973
genere
masturbazione
Nei mesi di attività sul forum, ci eravamo frequentemente stuzzicati, con commenti e battute sui reciproci racconti.
Era così che eravamo entrati in contatto.
E col passare del tempo era come se ci conoscessimo sempre un po’ di più.
Attorno a noi venivano scambiati indirizzi di mail, e richieste di messaggi in privato;
il mio approccio invece restava più discreto, nella convinzione che fosse meglio non mischiare il mondo reale con quello di fantasia, avendo ben presente i rischi dell’ascoltare il canto di certe sirene.
Non saprei dire, quindi, cosa ci fu di diverso quel giorno in cui mi decisi per il passo.
“Ti sembrerebbe fuori luogo se ti chiedessi una maniera per sentirci in privato?”
“Mi chiedevo quanto tempo ci avresti messo ancora!”
“Sai com’è… così in pubblico…è come una dichiarazione fatta in piazza…”
“Cretino…scrivo qui il mio numero. Avvertimi non appena leggi così cancello il messaggio”
…qualche minuto, il tipico delay di Disqus, e l’ansia di ricontrollare direttamente sul sito.
Il retropensiero di finire vittima di un qualche scherzo.
Poi ecco comparire la sequenza di cifre.
CTRL-C, CTRL-V
“vai, cancella!”
❤
Restare nell’indecisione di quali sarebbero state le prime parole, degne di attraversare il muro digitale che ci separava.
Poi decido di inviare la foto del mio avatar del momento.
Così che non ci possano essere fraintendimenti.
…
“Chicken. Alla buon’ora!”
😊
Nessuno osa comporre il numero per sentirsi direttamente a voce.
Inizia una lenta spirale di messaggi cifrati.
Uno lungo tennistico scambio, giocando da fondo, come si fa ora.
Il serve-and-volley, a chiudere la partita in un battito di ciglia, neanche sappiamo dove sia di casa.
Ma ogni palla rimandata nel campo avversario, inizialmente timida e studiata, è sempre più pesante e sempre più effettata.
A ricercare reazioni inaspettate, a stimolare risposte imprevedibili.
Giungiamo sull’orlo dell’eccitazione, i nostri corpi che reagiscono ad ogni nuova notifica.
Parti morbide che diventano meno morbide.
Superfici prima asciutte ed ora umide.
Labbra mordicchiate.
Sono io a decidere l’affondo: “Senti, che ne dici se passiamo in videochiamata?”
“Finalmente, cominciavo a stancarmi!”
“Avendo fatto io il primo passo, solo una condizione: io non posso accendere la video-camera né rispondere a voce.
Posso solo scrivere.
Ascolterò e vedrò tutto.
Ma ti risponderò in chat.”
“Mmmm, non mi sembra corretto. Ma va bene. Immagino ci saranno orecchie da te a quest’ora di notte che è meglio che non sentano”
Non rispondo.
Ma arriva finalmente la video-chiamata.
La donna che mi compare davanti è inevitabilmente diversa da come mi aspettassi.
I centimetri di pelle intravisti sul forum non potevano rendere la complessità della figura che mi trovo davanti, con le sue movenze e con le sue imperfezioni.
Ma la trovo eccitante per questo, come entrare nell’intimo di qualcun altro.
“Cosa vuoi che faccia?
Se ho imparato a conoscerti un poco…”
L’inquadratura scende dal viso percorrendo il corpo della donna in pigiama, l’incavo fra i seni, la vedo scostare l’elastico ed un inguine fasciato dagli slip fa capolino in quell’antro di cotone.
Non che non mi piaccia, ma ho pensato a qualcos’altro.
“portami in casa tua, fammi venire dalla tua parte, continua a parlarmi di te.”
“Che intendi?”
“siamo separati da questo schermo: ma posso entrare nella quotidianità della tua casa e delle tue abitudini a cui altri non hanno accesso.
Vorrei chiederti di andare in bagno, e tu mi porti con te”
“ok… non mi stupisce la tua richiesta”
La donna si alza dal letto, intravedo le pareti della stanza, un corridoio obliquo nell’inquadratura traballante.
Lei racconta di come si sente, della sua eccitazione, del suo sentirsi bagnata tra le gambe.
Una porta si apre ed il rimbombo del suono che rimbalza di mattonella in mattonella.
“Eccomi. Ora?”
Le scrivo che vorrei che si sedesse sul bidet e si lavasse la fica davanti a me.
Tanto non posso sentirne l’odore con lo schermo che ci separa.
Fossimo stati di persona sarebbe stato differente, avrei affondato il mio viso nelle sue nudità.
invece l’idea di vederla alle prese con un gesto così intimo, che altri non possono vedere, mi riempie di eccitazione.
Ed anche io sento qualcosa di umido lì in basso, nel caldo del mio pigiama.
Si abbassa i pantaloni.
Si abbassa gli slip.
si siede su bidet.
L’acqua scorre.
Una mano si insapona.
Dita si infilano nelle pieghe della vagina di questa donna che mi sta regalando un momento esclusivo.
La sento che sospira.
La mia mano scorre sul mio ventre per infilarsi nel pantalone del mio pigiama.
Ed anche io mi tocco.
“Cosa stai facendo?” mi chiede.
Indovina! Le rispondo in chat.
Una singola parola, facile da scrivere con una mano sola.
“porco, ti stai masturbando? TI sei afferrato il cazzo, vero?”
Non rispondo. Ma il mio respiro è evidentemente più affannoso.
Vorrei essere io a lavarti la fica, ora, con la mia mano, mentre ti bacio il collo, mentre respiro il tuo profumo al termine di una giornata faticosa.
Vedo lei infilarsi il medio nella vagina.
Dentro e fuori.
Poi un secondo dito.
Dentro e fuori.
Escono un attimo ad accarezzare il clitoride in coppia, poi immerge di nuovo un terzo dito nel solco umido tra le sue cosce, mignolo e pollice fuori che danzano un sabba impazzito.
Il suono dei suoi umori e dell’acqua e del sapone e del suo respiro si mischiano in una sinfonia.
Io l’accompagno con la mia sezione ritmica a distanza, colpo dopo colpo ansimo a tempo con lei.
“Cazzo, non è giusto: mi devi dire cosa stai facendo, ti stai menando il cazzo? Ti è venuto duro?”
La mia mano continua a muoversi ritmica, sempre più frenetica, ma lei non può sentire né vedere nulla.
Il palmo si fa umido, il respiro corto.
“Rispondimi cazzo!” ringhia!
Attivo la camera, attivo l’audio.
E lei mi può vedere.
Tutta.
Le gambe larghe, la mia fica pelosa, le dita che entrano ed escono dalle mie labbra umide e gonfie.
Le mie mutandine attorno ad una caviglia.
I suoni sconci che fanno cavità che si riempiono e si risvuotano.
Mi fa male il braccio, sempre più teso nella ricerca dell’orgasmo.
“Tesoro mio!” le sussurro.
I miei capezzoli sembrano perforare il tessuto del pigiama.
“Tesoro mio!”
La sua sorpresa non mi sorprende.
La sua bella bocca, già aperta negli spasmi del godimento, prende una strana piega.
Non so se più per la visione dell’inaspettato o per l’orgasmo che la stava per assalire.
So di essere stata scorretta.
Forse avrei dovuto avvertirla prima che quella storia dell’ingegnere, dell’insegnante di matematica, il marito che sogna della moglie che lecca la fica dell’amica comune.
Tutte le donne dei miei racconti, fiche pelose, mutandine, pipì, capelli rossi, occhiali…
“….ma… Chicken…. Che cazzo…?”
Le sue parole sono l’ultima spinta, l’orgasmo mi esplode attorno alle dita umide, le pareti della mia vagina si contraggono attorno ai polpastrelli.
Lascio cadere il cellulare, mi stringo un seno, sudata.
“Mio tesoro” sussurro un’ultima volta.
Un respiro esce a valanga dai miei polmoni, pronunciando quelle parole.
Sapendo di aver sabotato il suo orgasmo.
Sentendomi una stronza.
Era così che eravamo entrati in contatto.
E col passare del tempo era come se ci conoscessimo sempre un po’ di più.
Attorno a noi venivano scambiati indirizzi di mail, e richieste di messaggi in privato;
il mio approccio invece restava più discreto, nella convinzione che fosse meglio non mischiare il mondo reale con quello di fantasia, avendo ben presente i rischi dell’ascoltare il canto di certe sirene.
Non saprei dire, quindi, cosa ci fu di diverso quel giorno in cui mi decisi per il passo.
“Ti sembrerebbe fuori luogo se ti chiedessi una maniera per sentirci in privato?”
“Mi chiedevo quanto tempo ci avresti messo ancora!”
“Sai com’è… così in pubblico…è come una dichiarazione fatta in piazza…”
“Cretino…scrivo qui il mio numero. Avvertimi non appena leggi così cancello il messaggio”
…qualche minuto, il tipico delay di Disqus, e l’ansia di ricontrollare direttamente sul sito.
Il retropensiero di finire vittima di un qualche scherzo.
Poi ecco comparire la sequenza di cifre.
CTRL-C, CTRL-V
“vai, cancella!”
❤
Restare nell’indecisione di quali sarebbero state le prime parole, degne di attraversare il muro digitale che ci separava.
Poi decido di inviare la foto del mio avatar del momento.
Così che non ci possano essere fraintendimenti.
…
“Chicken. Alla buon’ora!”
😊
Nessuno osa comporre il numero per sentirsi direttamente a voce.
Inizia una lenta spirale di messaggi cifrati.
Uno lungo tennistico scambio, giocando da fondo, come si fa ora.
Il serve-and-volley, a chiudere la partita in un battito di ciglia, neanche sappiamo dove sia di casa.
Ma ogni palla rimandata nel campo avversario, inizialmente timida e studiata, è sempre più pesante e sempre più effettata.
A ricercare reazioni inaspettate, a stimolare risposte imprevedibili.
Giungiamo sull’orlo dell’eccitazione, i nostri corpi che reagiscono ad ogni nuova notifica.
Parti morbide che diventano meno morbide.
Superfici prima asciutte ed ora umide.
Labbra mordicchiate.
Sono io a decidere l’affondo: “Senti, che ne dici se passiamo in videochiamata?”
“Finalmente, cominciavo a stancarmi!”
“Avendo fatto io il primo passo, solo una condizione: io non posso accendere la video-camera né rispondere a voce.
Posso solo scrivere.
Ascolterò e vedrò tutto.
Ma ti risponderò in chat.”
“Mmmm, non mi sembra corretto. Ma va bene. Immagino ci saranno orecchie da te a quest’ora di notte che è meglio che non sentano”
Non rispondo.
Ma arriva finalmente la video-chiamata.
La donna che mi compare davanti è inevitabilmente diversa da come mi aspettassi.
I centimetri di pelle intravisti sul forum non potevano rendere la complessità della figura che mi trovo davanti, con le sue movenze e con le sue imperfezioni.
Ma la trovo eccitante per questo, come entrare nell’intimo di qualcun altro.
“Cosa vuoi che faccia?
Se ho imparato a conoscerti un poco…”
L’inquadratura scende dal viso percorrendo il corpo della donna in pigiama, l’incavo fra i seni, la vedo scostare l’elastico ed un inguine fasciato dagli slip fa capolino in quell’antro di cotone.
Non che non mi piaccia, ma ho pensato a qualcos’altro.
“portami in casa tua, fammi venire dalla tua parte, continua a parlarmi di te.”
“Che intendi?”
“siamo separati da questo schermo: ma posso entrare nella quotidianità della tua casa e delle tue abitudini a cui altri non hanno accesso.
Vorrei chiederti di andare in bagno, e tu mi porti con te”
“ok… non mi stupisce la tua richiesta”
La donna si alza dal letto, intravedo le pareti della stanza, un corridoio obliquo nell’inquadratura traballante.
Lei racconta di come si sente, della sua eccitazione, del suo sentirsi bagnata tra le gambe.
Una porta si apre ed il rimbombo del suono che rimbalza di mattonella in mattonella.
“Eccomi. Ora?”
Le scrivo che vorrei che si sedesse sul bidet e si lavasse la fica davanti a me.
Tanto non posso sentirne l’odore con lo schermo che ci separa.
Fossimo stati di persona sarebbe stato differente, avrei affondato il mio viso nelle sue nudità.
invece l’idea di vederla alle prese con un gesto così intimo, che altri non possono vedere, mi riempie di eccitazione.
Ed anche io sento qualcosa di umido lì in basso, nel caldo del mio pigiama.
Si abbassa i pantaloni.
Si abbassa gli slip.
si siede su bidet.
L’acqua scorre.
Una mano si insapona.
Dita si infilano nelle pieghe della vagina di questa donna che mi sta regalando un momento esclusivo.
La sento che sospira.
La mia mano scorre sul mio ventre per infilarsi nel pantalone del mio pigiama.
Ed anche io mi tocco.
“Cosa stai facendo?” mi chiede.
Indovina! Le rispondo in chat.
Una singola parola, facile da scrivere con una mano sola.
“porco, ti stai masturbando? TI sei afferrato il cazzo, vero?”
Non rispondo. Ma il mio respiro è evidentemente più affannoso.
Vorrei essere io a lavarti la fica, ora, con la mia mano, mentre ti bacio il collo, mentre respiro il tuo profumo al termine di una giornata faticosa.
Vedo lei infilarsi il medio nella vagina.
Dentro e fuori.
Poi un secondo dito.
Dentro e fuori.
Escono un attimo ad accarezzare il clitoride in coppia, poi immerge di nuovo un terzo dito nel solco umido tra le sue cosce, mignolo e pollice fuori che danzano un sabba impazzito.
Il suono dei suoi umori e dell’acqua e del sapone e del suo respiro si mischiano in una sinfonia.
Io l’accompagno con la mia sezione ritmica a distanza, colpo dopo colpo ansimo a tempo con lei.
“Cazzo, non è giusto: mi devi dire cosa stai facendo, ti stai menando il cazzo? Ti è venuto duro?”
La mia mano continua a muoversi ritmica, sempre più frenetica, ma lei non può sentire né vedere nulla.
Il palmo si fa umido, il respiro corto.
“Rispondimi cazzo!” ringhia!
Attivo la camera, attivo l’audio.
E lei mi può vedere.
Tutta.
Le gambe larghe, la mia fica pelosa, le dita che entrano ed escono dalle mie labbra umide e gonfie.
Le mie mutandine attorno ad una caviglia.
I suoni sconci che fanno cavità che si riempiono e si risvuotano.
Mi fa male il braccio, sempre più teso nella ricerca dell’orgasmo.
“Tesoro mio!” le sussurro.
I miei capezzoli sembrano perforare il tessuto del pigiama.
“Tesoro mio!”
La sua sorpresa non mi sorprende.
La sua bella bocca, già aperta negli spasmi del godimento, prende una strana piega.
Non so se più per la visione dell’inaspettato o per l’orgasmo che la stava per assalire.
So di essere stata scorretta.
Forse avrei dovuto avvertirla prima che quella storia dell’ingegnere, dell’insegnante di matematica, il marito che sogna della moglie che lecca la fica dell’amica comune.
Tutte le donne dei miei racconti, fiche pelose, mutandine, pipì, capelli rossi, occhiali…
“….ma… Chicken…. Che cazzo…?”
Le sue parole sono l’ultima spinta, l’orgasmo mi esplode attorno alle dita umide, le pareti della mia vagina si contraggono attorno ai polpastrelli.
Lascio cadere il cellulare, mi stringo un seno, sudata.
“Mio tesoro” sussurro un’ultima volta.
Un respiro esce a valanga dai miei polmoni, pronunciando quelle parole.
Sapendo di aver sabotato il suo orgasmo.
Sentendomi una stronza.
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