Il mio vizietto - 7 (continua)
di
LanA
genere
fisting
La relazione con Giulio andò avanti ancora per qualche tempo, fino a che scoprii che oltre a me, e alla moglie si sbatteva a mia insaputa l’altra, cosa che mi fece andare su tutte le furie fino a troncare la nostra relazione.
Dopo Giulio ebbi un periodo in cui non volevo legami fissi, e motivi familiari mi portarono lontano ad avere un esperienza lavorativa all’estero per due anni.
Alla soglia dei trent’anni avevo lasciato l’università e mi ero avvicinata al mondo del lavoro.
L’occasione volle che il padre di un amico fosse il responsabile di un’azienda italiana in Cina, mi diede l’opportunità di espatriare e staccare la spina dalle situazioni che mi affiggevano in quel periodo.
Mi ritrovai in una grande città come Shanghai, senza conoscere nessuno e sola.
I colleghi italiani con cui mi trovavo a lavorare erano per lo più ragazzi in cerca di esperienza lavorativa, gente uscita dall’università senza una prospettiva lavorativa nel nostro paese, e altri erano dipendenti della ditta madre che saltuariamente venivano a controllare il lavoro che veniva fatto.
Passarono le prime settimane senza grandi emozioni, l’ambientamento al nuovo lavoro e alla grande metropoli erano tutto quello che c’era nella mia mente, dividevo un appartamento in un residence con una mia collega, e la routine lavorativa era tutto il mio mondo.
Questo per quasi due mesi, quando un giorno il mio capo mi chiese se fossi disposta ad accompagnare un giornalista italiano che sarebbe arrivato per un servizio in giro in azienda, per mostrargli la nostra unità produttiva e in alcuni luoghi in città.
Detti la mia disponibilità, e quando arrivò venni presentata come la sua accompagnatrice.
Era un tipo sulla quarantina, un po’ brizzolato ma carino, e da come si muoveva sembrava che ne facesse un buon uso della sua immagine.
Dopo aver fatto alcune domande ai miei colleghi su come fosse la loro vita lontano da casa etc etc, visitammo la fabbrica e poi uscimmo a prendere un taxi per dirigerci nel centro città.
Ormai era sera, e mi chiese se fosse un problema se prima fossimo passati al suo albergo e poi saremmo usciti a cena.
Risposi di no, ero tutta accaldata e avrei fatto volentieri una doccia anch’io.
Arrivammo in albergo, il portiere mi aiutò a scendere dal taxi, e salimmo in camera sua.
Mi disse di accomodarmi, intanto che si sarebbe cambiato in bagno.
Sulla scrivania c’era il suo pc aperto a allora chiesi se potessi vedere internet.
Acconsentì e iniziai a navigare.
Non so perché mi venne la voglia di curiosare nei suoi file, e aprendo una cartella siglata foto Cina, trovai foto di lui che si stava facendo spompinare da alcune cinesi.
Chiusi velocemente prima che tornasse, diciamo appena in tempo.
Mi disse di essere pronto ad andare, se non avessi niente in contrario, e così fu.
Andammo a cena in uno dei locali italiani che si trovano in centro, per andare sul sicuro.
A tavola parlammo del più e del meno, dei motivi che mi avevano portata a trasferirmi in Cina.
Al termine della cena andammo in un locale poco distante a bere qualcosa, e quando si era fatta una certa ora mi chiese se mi facesse piacere passare ancora in albergo.
Acconsentii sapendo già a cosa puntava, ma in realtà la mia passerina era a riposo da un po’di tempo e a parte masturbarmi non avevo avuto modo di aver altre distrazioni, e quindi ero eccitata all’idea di poter gustarmi qualcosa di nostrano in quel posto lontano dalle abitudini.
Finimmo in camera sua e demmo sfogo ai miei istinti repressi.
Alle due di notte lo salutai, il giorno dopo sarebbe tornato in Italia.
Io me ne tornai a casa, soddisfatta della serata, consapevole che anche lì bastava guardarsi intorno per trovare qualche distrazione.
Qualche settimana più tardi arrivò in azienda un nuovo collega, era un lunedì mattina e si mise a lavorare nell’ufficio al piano terra.
Una delle mie colleghe me lo fece notare, pareva sui trentacinque anni, non portava la fede al dito e pareva molto concentrato sul lavoro, tanto da non notarmi affatto.
Con la scusa di un’informazione, andai nell’ufficio, e prima di uscire, mi fermai davanti alla sua scrivania e mi presentai; pochi convenevoli e me ne andai nel mio ufficio.
Sembrava proprio non mi vedesse.
Una sera uscimmo tutti a cena, e al termine della serata ci spostammo in un locale in centro dove si ballava.
Mi ritrovai nell’euforia generale, a ballare sul bancone del bar.
Dopo Giulio ebbi un periodo in cui non volevo legami fissi, e motivi familiari mi portarono lontano ad avere un esperienza lavorativa all’estero per due anni.
Alla soglia dei trent’anni avevo lasciato l’università e mi ero avvicinata al mondo del lavoro.
L’occasione volle che il padre di un amico fosse il responsabile di un’azienda italiana in Cina, mi diede l’opportunità di espatriare e staccare la spina dalle situazioni che mi affiggevano in quel periodo.
Mi ritrovai in una grande città come Shanghai, senza conoscere nessuno e sola.
I colleghi italiani con cui mi trovavo a lavorare erano per lo più ragazzi in cerca di esperienza lavorativa, gente uscita dall’università senza una prospettiva lavorativa nel nostro paese, e altri erano dipendenti della ditta madre che saltuariamente venivano a controllare il lavoro che veniva fatto.
Passarono le prime settimane senza grandi emozioni, l’ambientamento al nuovo lavoro e alla grande metropoli erano tutto quello che c’era nella mia mente, dividevo un appartamento in un residence con una mia collega, e la routine lavorativa era tutto il mio mondo.
Questo per quasi due mesi, quando un giorno il mio capo mi chiese se fossi disposta ad accompagnare un giornalista italiano che sarebbe arrivato per un servizio in giro in azienda, per mostrargli la nostra unità produttiva e in alcuni luoghi in città.
Detti la mia disponibilità, e quando arrivò venni presentata come la sua accompagnatrice.
Era un tipo sulla quarantina, un po’ brizzolato ma carino, e da come si muoveva sembrava che ne facesse un buon uso della sua immagine.
Dopo aver fatto alcune domande ai miei colleghi su come fosse la loro vita lontano da casa etc etc, visitammo la fabbrica e poi uscimmo a prendere un taxi per dirigerci nel centro città.
Ormai era sera, e mi chiese se fosse un problema se prima fossimo passati al suo albergo e poi saremmo usciti a cena.
Risposi di no, ero tutta accaldata e avrei fatto volentieri una doccia anch’io.
Arrivammo in albergo, il portiere mi aiutò a scendere dal taxi, e salimmo in camera sua.
Mi disse di accomodarmi, intanto che si sarebbe cambiato in bagno.
Sulla scrivania c’era il suo pc aperto a allora chiesi se potessi vedere internet.
Acconsentì e iniziai a navigare.
Non so perché mi venne la voglia di curiosare nei suoi file, e aprendo una cartella siglata foto Cina, trovai foto di lui che si stava facendo spompinare da alcune cinesi.
Chiusi velocemente prima che tornasse, diciamo appena in tempo.
Mi disse di essere pronto ad andare, se non avessi niente in contrario, e così fu.
Andammo a cena in uno dei locali italiani che si trovano in centro, per andare sul sicuro.
A tavola parlammo del più e del meno, dei motivi che mi avevano portata a trasferirmi in Cina.
Al termine della cena andammo in un locale poco distante a bere qualcosa, e quando si era fatta una certa ora mi chiese se mi facesse piacere passare ancora in albergo.
Acconsentii sapendo già a cosa puntava, ma in realtà la mia passerina era a riposo da un po’di tempo e a parte masturbarmi non avevo avuto modo di aver altre distrazioni, e quindi ero eccitata all’idea di poter gustarmi qualcosa di nostrano in quel posto lontano dalle abitudini.
Finimmo in camera sua e demmo sfogo ai miei istinti repressi.
Alle due di notte lo salutai, il giorno dopo sarebbe tornato in Italia.
Io me ne tornai a casa, soddisfatta della serata, consapevole che anche lì bastava guardarsi intorno per trovare qualche distrazione.
Qualche settimana più tardi arrivò in azienda un nuovo collega, era un lunedì mattina e si mise a lavorare nell’ufficio al piano terra.
Una delle mie colleghe me lo fece notare, pareva sui trentacinque anni, non portava la fede al dito e pareva molto concentrato sul lavoro, tanto da non notarmi affatto.
Con la scusa di un’informazione, andai nell’ufficio, e prima di uscire, mi fermai davanti alla sua scrivania e mi presentai; pochi convenevoli e me ne andai nel mio ufficio.
Sembrava proprio non mi vedesse.
Una sera uscimmo tutti a cena, e al termine della serata ci spostammo in un locale in centro dove si ballava.
Mi ritrovai nell’euforia generale, a ballare sul bancone del bar.
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