Sottomesso del capo (Cap. 5) Il processo. Il contratto. Terza perte..
di
Sebaservizio
genere
dominazione
Questa sera voglio restare nudo in giro per casa quindi accertati che le porte siano chiuse nel caso dovesse arrivare qualcuno o dovesse fare qualche improvvisata qualche pirla di qualche mio socio.” Lo lascio e scendo e penso che mi vuole proprio torturare mentalmente questa sera. In giro per casa nudo. Io muoio!
Nonostante la sua presenza nudo in giro per casa la serata si svolge normalmente tra i miei compiti. Finito di sistemare la cucina mi anticipa il capo. Solitamente sono io che vado a dire che ho finito, ma inaspettatamente questa sera quando finisco l’ultima azione lui è li seduto sullo sgabello della cucina: “ Frocetto vedo che hai finito. Questa sera sono un po' triste perché ti devo legare e non ti vedrò più per i prossimi quattro giorni. Voglio bere una cosa assieme a te prima di salutarti. Prendi il prosecco della cantinetta dei vini e due calici.” Io eseguo e penso che sta facendo un gesto carino e anche le parole che ha detto mi danno carica per i prossimi quattro giorni particolari. Nonostante il ruolo che forse prenderò ci tiene veramente allora a me.
Porto tutto quello che mi ha chiesto. Il capo prende la bottiglia e da maestro la stappa con un sonoro colpo del tappo. Versa un bicchiere e poi si alza dallo sgabello. Lo vedo prendere il bicchiere vuoto e se lo avvicina al cazzo e ci piscia dentro. Quando ha finito me lo porge e prende l’altro calice di spumante: “Buon pro di faccia frocetto. E non essere ingordo assaggia bene che è pregiato questo spumante!”
Sono scioccato. Non aveva ancora provato o fatto richiesta di darmi da bere il suo piscio e in una sera senza nemmeno chiedere o avvisare me lo ha offerto da bere per “brindare” con lui. Faccio un grosso sorriso e penso che questa parentesi di questa sera è veramente carina e che conferma che ci tiene veramente a me. Ha già vinto. Avrà il suo contratto. Dovrò impegnarmi nella stesura.
Sono le ventidue precise quando le dita del capo chiudono il lucchetto temporizzato, click. Mi giustifico dicendo che sto piangendo per l’emozione di questo nuovo passo e il capo mio accarezza la tesata come se fossi un cagnolino: “Sono fiero di te frocetto. Ci vediamo domenica alle undici e trenta.
Li per li non ho fatto caso alla frase, ma mi sono accorto dopo la prima notte che non avrei ricevuto visite e tantomeno cibo fino lo scadere del tempo, fino a domenica alle undici e trenta.
Quella prima notte non ho chiuso occhio. Il pensiero di cosa e come scrivere il contratto mi tormenta. Scrivo e cancello varie righe. Scrivo, rileggo e non sono soddisfatto. Scrivo e mi sembra troppo poco riduttivo, scrivo e butto. Così per tre notti di seguito. Ogni volta che cestino lo scritto piango per un bel po'. Sento che sto andando verso il baratro e non so più se mi fa paura il deludere e essere abbandonato e rifiutato come schiavo o per la paura di essere uno schiavo. Sfinito e stanco dopo l’ennesimo pianto arriva l’illuminazione. Tutto diventa chiaro. Mi eccita il solo pensiero. Prendo un foglio e scrivo il contratto:
SCRITTURA PRIVATA DI CESSIONE E POSSESSO TRA INDIVIDUI.
Con la presente scrittura si attesta che il candidato schiavo cede totalmente il suo libero arbitrio, fin ora esercitato in piena libertà, al Padrone acquisitore dello stesso.
Con la data e la firma del presente contratto, lo schiavo diventa prigioniero e cede ogni diritto di possesso della sua persona al Padrone richiedente che ne diventa proprietario e ne usufruirà secondo suo volere in piena libertà.
A partire dalla data di inizio del contratto il Padrone usa, condivide o presta lo schiavo come vuole fissando lui stesso le regole. Lo schiavo potrà essere obbligatoriamente venduto a terzi se il Padrone non sarà soddisfatto.
Data, luogo e firme.
Quando poso la penna mi sento sollevato e felice. Sono stanco, mi sdraio e senza accorgermene mi addormento.
Nonostante la sua presenza nudo in giro per casa la serata si svolge normalmente tra i miei compiti. Finito di sistemare la cucina mi anticipa il capo. Solitamente sono io che vado a dire che ho finito, ma inaspettatamente questa sera quando finisco l’ultima azione lui è li seduto sullo sgabello della cucina: “ Frocetto vedo che hai finito. Questa sera sono un po' triste perché ti devo legare e non ti vedrò più per i prossimi quattro giorni. Voglio bere una cosa assieme a te prima di salutarti. Prendi il prosecco della cantinetta dei vini e due calici.” Io eseguo e penso che sta facendo un gesto carino e anche le parole che ha detto mi danno carica per i prossimi quattro giorni particolari. Nonostante il ruolo che forse prenderò ci tiene veramente allora a me.
Porto tutto quello che mi ha chiesto. Il capo prende la bottiglia e da maestro la stappa con un sonoro colpo del tappo. Versa un bicchiere e poi si alza dallo sgabello. Lo vedo prendere il bicchiere vuoto e se lo avvicina al cazzo e ci piscia dentro. Quando ha finito me lo porge e prende l’altro calice di spumante: “Buon pro di faccia frocetto. E non essere ingordo assaggia bene che è pregiato questo spumante!”
Sono scioccato. Non aveva ancora provato o fatto richiesta di darmi da bere il suo piscio e in una sera senza nemmeno chiedere o avvisare me lo ha offerto da bere per “brindare” con lui. Faccio un grosso sorriso e penso che questa parentesi di questa sera è veramente carina e che conferma che ci tiene veramente a me. Ha già vinto. Avrà il suo contratto. Dovrò impegnarmi nella stesura.
Sono le ventidue precise quando le dita del capo chiudono il lucchetto temporizzato, click. Mi giustifico dicendo che sto piangendo per l’emozione di questo nuovo passo e il capo mio accarezza la tesata come se fossi un cagnolino: “Sono fiero di te frocetto. Ci vediamo domenica alle undici e trenta.
Li per li non ho fatto caso alla frase, ma mi sono accorto dopo la prima notte che non avrei ricevuto visite e tantomeno cibo fino lo scadere del tempo, fino a domenica alle undici e trenta.
Quella prima notte non ho chiuso occhio. Il pensiero di cosa e come scrivere il contratto mi tormenta. Scrivo e cancello varie righe. Scrivo, rileggo e non sono soddisfatto. Scrivo e mi sembra troppo poco riduttivo, scrivo e butto. Così per tre notti di seguito. Ogni volta che cestino lo scritto piango per un bel po'. Sento che sto andando verso il baratro e non so più se mi fa paura il deludere e essere abbandonato e rifiutato come schiavo o per la paura di essere uno schiavo. Sfinito e stanco dopo l’ennesimo pianto arriva l’illuminazione. Tutto diventa chiaro. Mi eccita il solo pensiero. Prendo un foglio e scrivo il contratto:
SCRITTURA PRIVATA DI CESSIONE E POSSESSO TRA INDIVIDUI.
Con la presente scrittura si attesta che il candidato schiavo cede totalmente il suo libero arbitrio, fin ora esercitato in piena libertà, al Padrone acquisitore dello stesso.
Con la data e la firma del presente contratto, lo schiavo diventa prigioniero e cede ogni diritto di possesso della sua persona al Padrone richiedente che ne diventa proprietario e ne usufruirà secondo suo volere in piena libertà.
A partire dalla data di inizio del contratto il Padrone usa, condivide o presta lo schiavo come vuole fissando lui stesso le regole. Lo schiavo potrà essere obbligatoriamente venduto a terzi se il Padrone non sarà soddisfatto.
Data, luogo e firme.
Quando poso la penna mi sento sollevato e felice. Sono stanco, mi sdraio e senza accorgermene mi addormento.
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