Sottomesso del capo (Cap.4) Il processo terza parte

di
genere
dominazione

Dopo venti minuti mi avvicino e li invito ad accomodarsi al tavolo. Si siedono e servo il primo, appoggio l’avanzo e mi metto in piedi, come detto dal Padrone, con le braccia dietro la schiena poco scostato da lui. Un cenno della mano con due dita per chiedere di avvicinarmi, mi piego e mi accosto per sentire la richiesta: “Frocetto, mostra ai signori di cosa tengo in custodia le chiavi!” Con vergogna estrema e probabilmente rosso in faccia abbasso i boxer e mostro la gabbia in tutta la sua lucentezza. “Bene, ora passa da ognuno cosi la mostri meglio e possono vederla nel particolare.” Faccio un giro tavolo con le mani di ognuno che toccano, spostano, tirano, infilano dota tra gli spazzi e giocano con le mie palle. Finito il giro mi viene detto di rimettere i boxer e dopo che mi sono lavato le mani di servire il secondo. La cena prosegue senza più intoppi e interruzioni tra le chiacchiere dei signori fino al momento in cui si alzano e si mettono sul divano subito dopo il caffè. Il Padrone mi da le istruzioni: “ Frocetto hai a partire da ora trenta minuti per sistemare il tutto. Sparecchiare, preparare lavastoviglie ecc. ecc. se finisci prima mi chiami. Tutto chiaro?” – “Si Signore, come sempre.”

Faccio ovviamente il più veloce possibile perché spero mi succeda qualcosa. Gli ospiti del capo sono fighi, non quanto lui, ma si difendono bene. Mi hanno osservato tutta la sera e di tanto in tanto li sentivo commentare con “chissà com è se facessimo…., chissà cosa fa se …..” non vedo l’ora di scoprire come potrebbe finire la serata. E queta volta non sono agitato come la volta dello spogliatoio con il vice capo.

In poco tempo finisco e mi affaccio alla soglia del salotto: “Signore ho finito. La sala da pranzo è in ordine, la cucina rassettata e la lavastoviglie ha iniziato il ciclo di lavaggio. Attendo sue disposizioni.” Il capo si alza e viene verso di me, mi passa accanto e dice: “Seguimi!”. Mi giro e lo vedo dirigersi verso la mia stanza e un po' deluso penso mi vuole legare alla catena e congedarmi. E’ fermo sulla porta, lo raggiungo, gli passo davanti ed entro in garage, lui mi segue e chiude la porta. “Qui di fronte a me e ascolta bene. Ora tu ti spogli, resti solo con la gabbia ovviamente e attendi qui uno dei miei soci che viene a prenderti. Questa sera loro sono venuti perché come ti dicevo tu hai delle cose da “pagare”. Gli ho raccontato un paio di cosette e mi hanno suggerito che in effetti bisogna che sistemo alcune cose con te, quindi questa sera tu subirai un processo, verrà deliberata una sentenza e la stessa verrà eseguita. Da questo momento non puoi più ne chiedere, ne fare domande e nessun altra cosa se non ti viene detto esplicitamente. Da questo momento sei meno dello zero che sei di solito. Punto. Sei uno schiavo senza diritto alcuno. Puoi giusto piangere e avere paura. Preparati. A tra poco.” E se ne esce chiudendo la porta.

Tremo come non mai. Il tono di queste ultime parole mi hanno spaventato tantissimo e tremo come una foglia. Sento solo paura e mi viene da piangere mentre mi spoglio delle uniche due cose che ho addosso. Non sento eccitazione per quello che non so cosa sta per succedere come gli altri giorni, ma solo paura. In un secondo sono pronto e resto in attesa del mio imminente destino.

Sento dei rumori provenire dalla casa ed è forte il voler sbirciare cosa sta succedendo ma resto fermo immobile, potrei pentirmi di quello che posso scoprire. Dopo un quarto d’ora si apre la porta e entra uno degli amici del capo. Si sono cambiati perché lui prima non indossava i pantaloni attillati in pelle, si avvicina a me: “Braccia avanti e palmi verso terra.”, eseguo e con uno scatto fulmineo mi mette delle manette che non avevo notato, per la troppa paura, che aveva in mano. Dopo le manette mi mette al collo una catena a mo’ di collare per cani e attacca con un moschettone un altro pezzo di catena che mi arriva alle caviglie, mi fa indossare delle cavigliere e le aggancia alla catena che penzola dal collo, cosi come le manette che ho ai polsi. “Ecco frocetto, ora sei uno schiavo in attesa di giudizio. Sappi che la corte che oggi ti giudicherà è la più crudele che tu possa immaginare, non vanno mai per il sottile. Ora entreremo e come ti è stato detto lascerai che il destino si prenda gioco di te.” Mi da uno spintone sulla schiena e mi spinge a camminare verso la porta. La stanza si è trasformata. Il tavolo ora si trova sul lato lungo con le porte finestre sullo sfondo, le sedie messe in fila un adi fianco all’altra. Di fronte un inginocchiatoio di legno. Vengo lasciato di fronte all’inginocchiatoio e il mio accompagnatore prende posto nella sedia rimasta vuota. Nella postazione di mezzo siede il capo con indosso pantaloni in pelle e una cinghia pettorale che metteva in mostra tutto il suo splendore. Sguardo serio e fulminante come sempre. Prende la parola il socio alla sua destra: “Signori, questa sera siamo qui per due motivi che a questa corte sono ben noti e che ora andiamo a informare anche l’oggetto che è qui di fronte a noi.
scritto il
2023-07-28
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