Sottomesso del capo (Cap. 5) Il contratto. Finale.
di
Sebaservizio
genere
dominazione
Come si allontana il capo, il cameriere sparecchia i piatti vuoti. E’ il momento giusto per prepararmi al mio destino. Prendo la cartelletta e la penna, li appoggio sul tavolo d’avanti al posto del capo e mi rimetto seduto. Mi sale la paura.
Dopo qualche minuto il capo ritorna e mentre si siede prendo subito la parola: “Padrone ti ho preparato come avevi chiesto il contratto che ci vede qui oggi. In questa cartelletta trovi lo scritto e ho pensato di preparare anche la penna per le firme del caso se approvi i termini contrattuali e se desideri che sia immediata la sua validità.”
Senza dire nulla, le sua grosse e perfette mani accarezzano il velluto della cartelletta e la apre. Alza lo sguardo, mi guarda, ritorna sulla cartelletta, sposta il foglio per controllare quanti fogli sono, mi riguarda e con un sorriso e un cenno della testa capisco che la cosa di trovare un foglio e poche righe è stata la mossa giusta.
Inizia a leggere. Probabilmente un paio di volte perché sette righe, otto con data, luogo e firma, non ci vuole così tanto a leggerle. Finalmente alza lo sguardo e la sua espressione mi sembra soddisfatta: “ Frocetto una domanda, hai usato un termine che devo essere sicuro tu sappia cosa significa, spiegami cosa intendi tu per libero arbitrio.” – “libero arbitrio è la condizione in cui una persona ha il potere di decidere sul proprio agire e sul pensare in piena libertà e senza costrizione di nessun’altro individuo o condizione, Signore.” – “ Molto bene. Sei veramente consapevole di cosa hai scritto qui dentro e di cosa succede se firmiamo ognuno per la propria parte?” – “Si signore. Questa condizione non farà più parte di me fino a quando tu non me la ridarai. Ho pensato che per adempiere a quel tutto che mi hai detto l’unica soluzione possibile è questa.” – “Aggiungi solo una cosa, a sinistra come scritto sotto data e luogo firmerò io a sinistra voglio che aggiungi la parola Slave e sotto firmerai tu. Tutto Chiaro?” – “ Si, Signore!”
Il capo appoggia il foglio, chiude la cartelletta e me la passa: “Prima tu, firma e perdi per sempre il libero arbitrio!” Apre la scatolina in legno e mi passa la penna.
Appena apro la cartelletta fatico a trattenere delle lacrime che scivolano sulle mie guance. Paura, felicità, eccitazione, rassegnazione, fierezza e una serie indefinita di emozioni si accalcano. Asciugo gli occhi, scrivo a destra la parola Slave, alzo lo sguardo e guardo il capo che mi sorride e fa un cenno con la testa, abbasso lo sguardo e inizio a scrivere. Sul foglio, sotto la parola Slave ora c’è la mia firma: Seba Servizio, frocetto.
Tremante dalle emozioni che continuano a spingere dentro, chiudo la cartelletta e la ripasso al capo, risistemo la penna nella sua scatolina di legno e attendo.
“Sei ancora in tempo frocetto. E’ la tua ultima occasione per restare libero. Sei sicuro di quello che stai facendo? Sei sicuro di cosa mi stai consegnando?” Resto in silenzio e non dico niente. Voglio rispondere con un ok non ne facciamo nulla ma non lo faccio.
“Bene, frocetto” La mano del capo si allunga sulla penna, la prende e con una mossa inconfondibile, rapida e veloce vista migliaia di volte mette fine alla mia libertà di uomo con la sua firma.
“Frocetto ora sei definitivamente nessuno. Non hai più niente. Sei mio!”
Le lacrime leggere sono diventate pianto silenzioso ma più copiose. “Il dolce non lo mangiamo e il caffè lo prendo a casa. Ora mi faccio portare una cosa e poi andiamo.”
Fa un cenno e dopo pochi istanti arriva un cameriere con una scatola e la da al capo che la gira subito a me. “Aprila e indossa subito il contenuto.”
Apro e trovo una catena con un lucchetto e le chiavi. Metto la catena al collo, chiudo il lucchetto e senza che che mi venga detto do le chiavi al capo.
“Raccogli tutte le nostre cose e vai alla macchina. Io vado in bagno, pago e arrivo. Quando sei alla macchina, ora hai capito perché ho parcheggiato in quel posto, metti le chiavi nel quadro, ti spogli nudo e i vestiti li lasci sul sedile posteriore e ti chiudi nel baule. Tutto chiaro!” – “Si, Signore.”
Raccolgo le cose, mi avvio alla macchina che ancora piango non so per quale delle emozioni. Mi guardo intorno, ne sa sempre una in più il capo. In effetti non c’è l’ombra di nessuno nei paraggi e all’arrivo non me ne sono nemmeno accorto.
Faccio comunque in fretta, apro la macchina, il baule e la portiera dietro. Mi spoglio velocemente, butto tutto in macchina, una sistemata alla gabbia mentre vado verso il baule, salto dentro e con uno strattone chiudo il portellone. Non passa molto e sento la portiera aprirsi e chiudersi, il motore che si mette in moto e la macchina che si muove.
Il mio secondo viaggio chiuso nel baule. Il primo senza più nessun diritto. Il primo come una cosa qualsiasi di proprietà del capo. Il primo da schiavo. Non sono più nulla e ora ho una nuova e insignificante vita. Sono lo schiavo del capo.
Cosa mi succederà e cosa mi aspetta è un altro capitolo di questa mia storia.
Dopo qualche minuto il capo ritorna e mentre si siede prendo subito la parola: “Padrone ti ho preparato come avevi chiesto il contratto che ci vede qui oggi. In questa cartelletta trovi lo scritto e ho pensato di preparare anche la penna per le firme del caso se approvi i termini contrattuali e se desideri che sia immediata la sua validità.”
Senza dire nulla, le sua grosse e perfette mani accarezzano il velluto della cartelletta e la apre. Alza lo sguardo, mi guarda, ritorna sulla cartelletta, sposta il foglio per controllare quanti fogli sono, mi riguarda e con un sorriso e un cenno della testa capisco che la cosa di trovare un foglio e poche righe è stata la mossa giusta.
Inizia a leggere. Probabilmente un paio di volte perché sette righe, otto con data, luogo e firma, non ci vuole così tanto a leggerle. Finalmente alza lo sguardo e la sua espressione mi sembra soddisfatta: “ Frocetto una domanda, hai usato un termine che devo essere sicuro tu sappia cosa significa, spiegami cosa intendi tu per libero arbitrio.” – “libero arbitrio è la condizione in cui una persona ha il potere di decidere sul proprio agire e sul pensare in piena libertà e senza costrizione di nessun’altro individuo o condizione, Signore.” – “ Molto bene. Sei veramente consapevole di cosa hai scritto qui dentro e di cosa succede se firmiamo ognuno per la propria parte?” – “Si signore. Questa condizione non farà più parte di me fino a quando tu non me la ridarai. Ho pensato che per adempiere a quel tutto che mi hai detto l’unica soluzione possibile è questa.” – “Aggiungi solo una cosa, a sinistra come scritto sotto data e luogo firmerò io a sinistra voglio che aggiungi la parola Slave e sotto firmerai tu. Tutto Chiaro?” – “ Si, Signore!”
Il capo appoggia il foglio, chiude la cartelletta e me la passa: “Prima tu, firma e perdi per sempre il libero arbitrio!” Apre la scatolina in legno e mi passa la penna.
Appena apro la cartelletta fatico a trattenere delle lacrime che scivolano sulle mie guance. Paura, felicità, eccitazione, rassegnazione, fierezza e una serie indefinita di emozioni si accalcano. Asciugo gli occhi, scrivo a destra la parola Slave, alzo lo sguardo e guardo il capo che mi sorride e fa un cenno con la testa, abbasso lo sguardo e inizio a scrivere. Sul foglio, sotto la parola Slave ora c’è la mia firma: Seba Servizio, frocetto.
Tremante dalle emozioni che continuano a spingere dentro, chiudo la cartelletta e la ripasso al capo, risistemo la penna nella sua scatolina di legno e attendo.
“Sei ancora in tempo frocetto. E’ la tua ultima occasione per restare libero. Sei sicuro di quello che stai facendo? Sei sicuro di cosa mi stai consegnando?” Resto in silenzio e non dico niente. Voglio rispondere con un ok non ne facciamo nulla ma non lo faccio.
“Bene, frocetto” La mano del capo si allunga sulla penna, la prende e con una mossa inconfondibile, rapida e veloce vista migliaia di volte mette fine alla mia libertà di uomo con la sua firma.
“Frocetto ora sei definitivamente nessuno. Non hai più niente. Sei mio!”
Le lacrime leggere sono diventate pianto silenzioso ma più copiose. “Il dolce non lo mangiamo e il caffè lo prendo a casa. Ora mi faccio portare una cosa e poi andiamo.”
Fa un cenno e dopo pochi istanti arriva un cameriere con una scatola e la da al capo che la gira subito a me. “Aprila e indossa subito il contenuto.”
Apro e trovo una catena con un lucchetto e le chiavi. Metto la catena al collo, chiudo il lucchetto e senza che che mi venga detto do le chiavi al capo.
“Raccogli tutte le nostre cose e vai alla macchina. Io vado in bagno, pago e arrivo. Quando sei alla macchina, ora hai capito perché ho parcheggiato in quel posto, metti le chiavi nel quadro, ti spogli nudo e i vestiti li lasci sul sedile posteriore e ti chiudi nel baule. Tutto chiaro!” – “Si, Signore.”
Raccolgo le cose, mi avvio alla macchina che ancora piango non so per quale delle emozioni. Mi guardo intorno, ne sa sempre una in più il capo. In effetti non c’è l’ombra di nessuno nei paraggi e all’arrivo non me ne sono nemmeno accorto.
Faccio comunque in fretta, apro la macchina, il baule e la portiera dietro. Mi spoglio velocemente, butto tutto in macchina, una sistemata alla gabbia mentre vado verso il baule, salto dentro e con uno strattone chiudo il portellone. Non passa molto e sento la portiera aprirsi e chiudersi, il motore che si mette in moto e la macchina che si muove.
Il mio secondo viaggio chiuso nel baule. Il primo senza più nessun diritto. Il primo come una cosa qualsiasi di proprietà del capo. Il primo da schiavo. Non sono più nulla e ora ho una nuova e insignificante vita. Sono lo schiavo del capo.
Cosa mi succederà e cosa mi aspetta è un altro capitolo di questa mia storia.
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